ASPETTI PSICOSIMBOLICI DELLE TENDINOPATIE DEL POLSO E DELLA MANO

ASPETTI PSICOSIMBOLICI DELLE TENDINOPATIE DEL POLSO E DELLA MANO

Non sempre le radici psichiche si manifestano a livello dello shen, producendo una sofferenza psicoemotiva obiettivabile e percepibile dal paziente. Esiste infatti la possibilità che si tratti di un disturbo di somatizzazione dovuto ad un conflitto inconscio, totalmente inaccessibile alla coscienza, che si esprime unicamente attraverso uno o più sintomi fisici.

Dobbiamo pensare ad una possibilità del genere ogni qualvolta la tendinopatia presenti queste caratteristiche:

– sia particolarmente severa ed invalidante
– mostri tendenza alla cronicizzazione ed alla bilateralità, in assenza di evidenti meccanismi di overuse
– il paziente neghi una sofferenza emotiva e sintomi di ansia e depressione.

Talora si evidenzia qualche segno che orienta verso la cosiddetta “depressione mascherata “, come le alterazione del ritmo sonno-veglia, le disfunzioni sessuali ed il ritiro da ogni attività ludica e ricreativa; altre volte il paziente può ammettere di essere “disperato” e abbattuto, ma esclusivamente a causa del dolore e delle limitazioni funzionali, negando con fermezza di vivere conflitti psicoemotivi, che invece un attento osservatore coglie.
Vediamo questi aspetti.

Le mani possiedono un profondo significato relazionale, mediando il contatto con l’altro in tutte le sue forme: stretta di mano, carezze, gesti di affetto o viceversa il rifiuto, prendere per mano per condurre, donare e ricevere.
Il dolore, ad esempio, può impedire l’apertura della mano, che resta chiusa mimando il gesto di colpire con un pugno, denotando quindi un atteggiamento di ostilità. Il soggetto può anche essere incapace di stringere la mano, rivelando il rifiuto dell’altro.

Un problema ad uno o più tendini delle dita, con impossibilità di aprirle o chiuderle, può provocare posture della mano a volte molto bizzarre, ma cariche di un profondo significato simbolico, veicolando un preciso messaggio per le altre persone. Un conflitto psichico inconscio inerente alla relazione con l’altro può così tradursi con una tendinopatia della mano e delle dita.
Lo stesso può accadere quando è conflittuale la relazione tra la parte più profonda del sé ed il mondo esterno.

Attraverso i movimenti fini, le mani danno forma e vita al mondo interiore, trasformandolo in materia reale. Pensiamo ai gesti di accompagnamento alla comunicazione non verbale, altrimenti definiti “illustratori” , come quelli che disegnano nell’aria determinate forme per esprimere  meglio le  nostre idee ed i nostri concetti: con le mani dipingiamo la realtà, in modo che somigli al nostro mondo interiore.

Pensiamo ancora quando con i movimenti delle dita accompagniamo le note di un motivo musicale. Alcuni individui sono incapaci di dare risalto al loro mondo interiore, cosicché il microcosmo non risuona nel macrocosmo; la realtà che costruiscono, giorno dopo giorno, appare sbiadita, scolorita e senza forme oppure priva di musicalità e vibrazioni.

Le mani hanno anche una connessione con la nostra sfera spirituale e “magica”: da sempre i rituali religiosi, ma anche quelli magici e divinatori, si avvalgono di gesti specifici eseguiti con le mani (pregare, benedire, assolvere, purificare, ecc.).

In particolari contesti sociali e familiari l’individuo può essere portato a vivere questi aspetti in modo molto problematico, ad esempio temendo o subendo punizioni del tutto inappropriate. Lo stesso può accadere quando, la sfera sessuale, anch’essa basata sul contatto intimo delle mani, diventa carica di paure o viene censurata.

Dal punto di vista psicosimbolico, inoltre, i polsi sono correlati al senso di sicurezza dell’individuo: pensiamo alle espressioni “avere il polso della situazione” oppure “avere il polso di ferro”. Coerentemente a tale funzione, i vissuti profondi di inadeguatezza possono quindi tradursi in una tendinopatia del polso, con una tipica rigidità dei movimenti che possiede una finalità disadattiva di “compensazione”.

In questi contesti l’agopuntura aiuta la persona a riconnettersi in modo graduale e progressivo al nucleo profondo del proprio sé, migliorando la mentalizzazione, l’elaborazione e integrazione dei vissuti emotivi conflittuali.

abstract da G. Fatiga

Dott. Mauro Piccini   

 

IL SIMBOLISMO DELLA SPALLA IN MTC

IL SIMBOLISMO DELLA SPALLA IN MTC

La simbologia della spalla in Medicina Tradizionale Cinese è già insita nella raffigurazione del creatore del mondo, il mitico Pangu, mentre sorregge il cielo per tenerlo separato dalla terra: le spalle consentono di sostenere il peso delle forze cosmiche e di mantenere un perfetto equilibrio tra il cielo, di natura yang, e la terra, di natura yin.

In tutte le culture, possedere spalle larghe e poi simbolo di forza e resistenza, mentre l’incurvamento delle medesime e del collo denota sottomissione e rassegnazione.
Il sollevamento delle braccia possiede anche un altro significato simbolico: la resa, cioè l’accettazione di un volere più grande di noi.
Attraverso le spalle, infine, è possibile muovere gli arti superiori nelle varie direzioni e consentire un movimento “finalizzato” delle mani; in altre parole è possibile incontrare il nostro destino.
Proprio il concetto di “destino” era alla base di un’ antica pratica divinatoria cinese che utilizzava ossa oracolari, come ad esempio, la scapola dei bovini, per predire il futuro.

In sintesi, la spalla rappresenta la capacità di assumersi le responsabilità delle proprie decisioni, senza tornare indietro sui propri passi e senza lasciarsi avvincere dalla rabbia, dal senso di colpa e da vissuti di impotenza se le cose non vanno nella direzione auspicata.
Nelle patologie più severe della spalla esiste, quindi, sempre una componente psico-simbolica più o meno manifesta, che va indagata a fondo se si vuole ottenere una guarigione completa e definitiva.

Soprattutto quando si è sviluppata una significativa compromissione funzionale della spalla, dobbiamo sempre ricercare la presenza di pregressi traumi psichici o una depressione mascherata, trattando la radice sottostante oltre all’aspetto manifesto del disturbo; in questi casi bisogna armonizzare le “entità psichiche” e lo shen nel suo complesso, attraverso punti idonei di agopuntura.

abstract da G. Fatiga

Dott. Mauro Piccini   

MENOPAUSA IN MEDICINA COMPLEMENTARE

MENOPAUSA IN MEDICINA COMPLEMENTARE

La menopausa è un passaggio naturale ed obbligato con cui ogni donna, nella propria vita, si trova a confrontarsi. Nonostante sia caratterizzata da notevoli cambiamenti nell’organismo la menopausa non è una malattia: coincide, infatti, con la cessazione del ciclo mestruale e della vita riproduttiva femminile.
Si definisce “menopausa” l’ultima mestruazione della donna. La donna è in menopausa quando è trascorso almeno un anno dall’ultimo ciclo mestruale.

Si parla di menopausa quando le mestruazioni cessano definitivamente ed in modo irreversibile, mentre il periodo che precede e segue la menopausa (detto perimenopausa), di durata variabile, è caratterizzato da una complessa sintomatologia fisica ed emotiva, tra cui le note vampate di calore, sonno disturbato, irritabilità, tristezza, ansia, tachicardia, modificazioni della libido, depressione, secchezza vulvo-vaginale.
Si definisce, invece, climaterio il periodo di transizione tra la vita riproduttiva e la menopausa.

La menopausa è fisiologica quando avviene tra i 48 e 52 anni si presenta a seguito della cessazione di produzione, da parte delle ovaie, degli ormoni riproduttivi (estrogeni).
Alcune donne entrano in menopausa senza particolari fastidi, quasi senza accorgersi dei mutamenti a cui va incontro il proprio organismo, mentre altre manifestano sintomi che possono anche essere importanti. La fluttuazione prima, e il calo dopo, dei livelli di estrogeni sono infatti responsabili di diverse modificazioni fisiche e psichiche definite nel complesso “sintomi della menopausa”.

Nonostante la menopausa sia un passaggio naturale non sempre esso arriva in modo “indolore”.
E’ importante accompagnare la persona attraverso un lavoro sinergico tra mente e corpo affinché possa attraversare questa fase così delicata nel miglior modo possibile.
L’approccio della medicina convenzionale si basa sulla somministrazione di una terapia ormonale detta sostitutiva che mira a ridurre i sintomi presentati. L’approccio della medicina complementare (agopuntura, omeopatia, omotossicologia, fitoterapia, medicina funzionale ecc.) cerca in modo più dolce e fisiologico di aiutare la donna ad affrontare al meglio il periodo di transizione modulando non solo gli aspetti fisici ma anche quelli psico-emozionali che si possono presentare.

Il trattamento è più efficace se la donna si sottopone a regolazione già nella prima fase di rottura degli equilibri senza aspettare ad affrontare il carico quando questo è nel massimo delle sue potenzialità.
La vita può essere paragonata al corso di un fiume. Il periodo della menopausa è solo un tratto di fiume che presenta delle rapide. Lo scopo della terapia è quello di permettere di attraversare questo tratto al meglio per poter giungere di nuovo nelle calme e rassicuranti acque della vita.

Dott. Mauro Piccini

PERCHE’ CI INFIAMMIAMO

infiammazione

Oltre che l’ambiente in senso lato, con i ben noti fattori di infiammazione indotti, per esempio, dall’esposizione ad un eccesso di radicali liberi o l’accumulo di tossine (inquinanti, tossine alimentari, radiazioni, interferenti endocrini presenti nella alimentazione quotidiana o negli strumenti di cottura o di conservazione degli alimenti) etc, anche altre modalità più “subdole” della nostra vita quotidiana possono concorrere a infiammarci.

Modalità e fattori di vita “infiammanti”

Le modalità e i fattori di vita “infiammanti” corrispondono a:

  • carenze di sonno prolungate;
  • stati di stress psicoemotivi prolungati e non compensati (con accumulo di Tossine Emotive, per motivi affettivi, lavorativi, sociali etc);
  • abitudini voluttuarie dannose (il fumo sopra a tutti);
  • ambienti di lavoro non salubri e poco ossigenati;
  • modalità di lavoro associate a sedentarietà e scarsa attività fisica o contestuale persistenza di abitudini mentali o alimentari;
  • diete iperproteiche prolungate;
  • scarsa introduzione nella dieta quotidiana di minerali, e vitamine (sia derivanti da frutta e verdura, che da cereali non raffinati) e grassi polinsaturi di oli e semi oleosi in particolare ricchi di acidi grassi omega 3, e altre sostanze che contrastano l’iperossidazione (come i polifenoli, le antocianine di frutta e verdure di colore dal blu al rosso, etc) con grande potere antiossidante ed antinfiammante;
  • turni di lavoro notturni (per sovvertimento nella produzione fisiologica di melatonina);
  • prolungata esposizione al sole.

    Biotipologia dell’infiammazione

Accanto alle moderne e stimolanti conoscenze di epigenetica, gli studi costituzionali della Biotipologia in Materia Medica Omeopatica, ci insegnavano, già molto tempo fa, che ogni soggetto presenta modalità reattive e diatesiche individuali, che lo predispongono a un tipo di equilibrio salutegenico o di malattia.

I moderni e affascinanti studi scientifici però arricchiscono queste conoscenze, creandone un fantastico connubio (nella Medicina Integrata o Funzionale) e descrivendo, per esempio per ogni soggetto, la probabilità che questo metabolizzi in senso prioritariamente acidosico o alcalino, o anabolico o catabolico, ossidativo, o ormonale in senso infiammatorio o meno.

Ogni soggetto cioè presenta un determinato assetto ormonale preponderante geneticamente determinato, cui corrisponderà un determinato temperamento psico-emotivo (che ne condiziona non solo gli atteggiamenti mentali ad affrontare i problemi, a vivere la vita e ad “emozionare”, ma anche quelli che condizionano un determinato approccio alimentare e, in ultima analisi, una individuale modalità di risposta dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene allo stress quotidiano), oltre che un fenotipo specifico, costituito non solo da una diversa forma fisica (nel rapporto degli arti con il tronco per lunghezza, struttura muscolare, o dei diversi piani masticatorio, respiratori e cerebrali del viso), ma anche all’espressione di proteine, di fatto responsabili di un invecchiamento fisiologico o meno (proteine della fase infiammatoria cerebro- e cardio-vascolare nelle costituzioni di stimolo prevalentemente cortisolico surrenale; o di ormoni a carattere infiammatorio nelle costituzioni di stimolo prevalentemente tiroideo, o di molecole del dismetabolismo lipidico, glucidico o ormonale Leptinico, nelle costituzioni a maggior prevalenza anabolica). E così via.

 Quali le strategie di prevenzione o di riequilibrio

Alimentazione, stile di vita, aiuti terapeutici non per forza farmacologici e nutraceutici, di riequilibro dei diversi sistemi (compresi quelli deputati a “smaltimento, disintossicazione, detossificazione e drenaggio” dei tessuti), e pratiche di riequilibrio e coaching psicologico sono alla base delle strategie per un buon invecchiamento.

Al pari degli effetti disastrosi che l’abitudine provoca nel sistema nervoso centrale e in quello digerente (ovvero inedia per il primo, con perdita della plasticità delle cellule nervose ed insorgenza di forme di deterioramento cognitivo fino alle demenze per il primo, e anche stagnazione per stipsi prolungate per esempio, con “semplice” insorgenza di alterazioni della tolleranza orale e di alterato riconoscimento degli alimenti come benefici o nocivi per noi, o con insorgenza di tumori intestinali per un prolungato tempo di permanenza di un possibile fattore di stimolo cancerogeno proveniente dalla dieta, per il secondo), l’ipocinesia protratta (ossia la riduzione del movimento) comporta alterazioni specifiche del nostro organismo. Non solo, come è inevitabile immaginare, a carico del sistema osteoarticolare, dal punto di vista meccanico e di stimolo all’osteoporosi, e di ipodinia (mancanza di forza e abilità muscolare), ma anche:

  • sull’accentuazione dello stimolo infiammatorio di malattie anche articolari (come l’artrite autoimmune);
  • sullo stato dell’umore; sui livelli di concentrazione e sulle capacità cognitive e comportamentali;
  • sul sistema metabolico e ormonale.

Studi progressivi e attuali di conoscenza degli sport e dell’impatto dei diversi tipi di attività fisica sul nostro organismo, hanno permesso di considerare l’attività sportiva come un vero e proprio strumento antinfiammatorio naturale, anabolizzante, antidepressivo, ansiolitico, immunomodulante.

Se è ormai ben noto che il reclutamento di grandi masse muscolari come avviene nel nuoto, nella corsa, nell’equitazione per esempio, porta alla liberazione in circolo delle endorfine, con funzione di oppiacei a livello del nostro sistema nervoso centrale (tanto da riconoscere il ben noto stato di euforia del corridore), di molecole quali la anandamide (termine che deriva dal sanscrito e che significa felicità), di neurotrasmettitori quali la adrenalina, la serotonina e la dopamina, responsabili di una miglior capacità di concentrazione, di progettazione e di funzioni creative e di intraprendenza, oltre che di serenità, è dell’ultimo decennio l’informazione che il tessuto muscolare (al pari del tessuto adiposo) si comporta da vero e proprio organo Neuro Endocrino.

Tale annoveramento si deve alla scoperta di molecole, cosiddette miochine, liberate dalla contrazione del muscolo nel corso di determinati esercizi fisici (aerobici ad alta intensità, esercizi di forza e gli allenamenti di tipo a intensità elevata intervallati), che hanno funzione:

  • anti infiammatoria: in particolare l’IL6, molecola conosciuta per essere pro-infiammatoria, induce, quando liberata dalla contrazione muscolare, un calo relativo di molecole PROINFIAMMATORIE (TNF Alfa, IL1) e l’incremento di altre antinfiammatorie (recettore solubile del TNF Alfa, recettore antagonista dell’IL1, e l’IL10). Tale fatto si è visto essere di enorme importanza nel contrastare la sintomatologia infiammatoria e dolorosa in patologie anche reumatologiche (come l’Artrite Reumatoide).
  • ormonale: la riduzione delle molecole proinfiammatorie (TNF Alfa e IL1) si è visto essere associata alla ipoespressione di un enzima (l’11-beta-idrossisteroido deidrogenasi tipo I), responsabile della conversione periferica del cortisone nella sua forma attiva (il cortisolo). Evento contrario a ciò che si assiste nella obesità viscerale e nella sindrome metabolica, dove vi è una iperespressione dello stesso, con secondario aumento del cortisolo e dell’insulina, uno tra i più potenti ormoni dell’infiammazione sistemica, come visto in precedenza.
  • metabolica: Miochine come la baiba (beta-aminoisobutyric acid) con una funzione termogenetica e, in particolare, l’IRISINA. Si è visto che quest’ultima è responsabile di una conversione del tessuto grasso bianco (WAT) in tessuto grasso bruno (BAT), tramite l’espressione negli adipociti, di una proteina (la termogenina UCP1), in grado di disaccoppiare a livello mitocondriale la produzione di calore da quella di energia (ATP). Come avviene negli animali in letargo o nei neonati, viene cioè indirizzata una azione di fosforilazione ossidativa in senso termogenetico (termogenesi senza brivido).
  • neurotrofica: La stessa irisina è in grado di stimolare l’espressione genetica del BDNF (Brain derived neurotrophic factor), neurotropina a funzione plastica della cellula nervosa, che si libera fisiologicamente, secondariamente a eventi di ischemia cerebrale, per un recupero del tessuto.

In altre parole, non è necessario cercare una fonte di “sballamento”, di euforia e di benessere, chimica o farmacologia o alimentare (sbagliata) dagli effetti deleteri: al pari di queste, una attività fisica adeguata per intensità e tipologia, sarà in grado di fornirci gli stessi ormoni, e neurotrasmettitori del piacere e della dipendenza (a ricercare quanto prima quello stimolo di appagamento e godimento), come la serotonina, la dopamina e le endorfine, e allo stesso tempo ci aiuterà a combattere stati di infiammazione cronica.

www.acidosimetabolica.it

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