CELLULE UMANE POSSONO CONVERTIRE RNA IN DNA: VACILLA IL “DOGMA DELLA BIOLOGIA”.

CELLULE UMANE POSSONO CONVERTIRE RNA IN DNA: VACILLA IL “DOGMA DELLA BIOLOGIA”.

È quanto emerso dai risultati di una ricerca dell’università americana Thomas Jefferson che, se confermati, potrebbero costringere a riscrivere i libri di biologia in quanto confutano l’assunto secondo cui le informazioni genetiche possano seguire una sola direzione

Le cellule umane possono convertire l’Rna in Dna. È quanto emerso dai risultati di uno studio dell’università americana Thomas Jefferson che, se confermati, potrebbero costringere a riscrivere i libri di biologia perché confutano il “dogma della biologia molecolare”, l’assunto fondamentale della biologia molecolare secondo cui le informazioni genetiche possano seguire una sola direzione.

Lo studio, condotto sotto la guida di Gurushankar Chandramouly e pubblicato sulle pagine della rivista specializzata Science Advances, potrebbe avere ampie implicazioni che interessano molti campi della biologia e apre la strada anche a nuove terapie contro i tumori.

Lo studio nel dettaglio

“Si tratta di una scoperta che se confermata ha un grande impatto sia a livello teorico che pratico. Dagli anni ’50 sapevamo infatti che le informazioni biologiche nelle cellule umane si trasferissero dal Dna all’Rna per poi arrivare alla produzione di proteine. Un meccanismo talmente importante e inconfutabile da essere considerato il Dogma della biologia. Negli ultimi anni questa certezza aveva iniziato a vacillare ma ora questo studio sembra, va sottolineato che serviranno altri approfondimenti, demolirlo completamente”, ha commentato il genetista Edoardo Boncinelli.
Nel corso dello studio, il team di ricerca si è focalizzato sull’analisi di una speciale variante della polimerasi (le macchine molecolari che si occupano generalmente di riparare il filamento di Dna) chiamata polimerasi teta. Tramite una serie di test, i ricercatori sono riusciti a dimostrare le polimerasi teta sono anche in grado di convertire sequenze di Rna all’interno del Dna con un meccanismo simile a quello utilizzato dall’Hiv per modificare le cellule umane.
“La nostra ricerca suggerisce che la funzione principale della polimerasi teta è quella di agire come una trascrittasi inversa”, ha commentato Richard Pomerantz, della Thomas Jefferson University, spiegando che nelle cellule sane lo scopo di questa molecola potrebbe essere la “riparazione del Dna mediata dall’Rna”.

Possibili applicazioni

Secondo Boncinelli, questa “scoperta dimostra quanto sia ancora vasto quel che non sappiamo e che potrà avere molte ricadute per lo sviluppo dell’ingegneria genetica”. I risultati emersi possono “avere un’importanza enorme in ambito medico perché i meccanismi della polimerasi sono direttamente legati alla proliferazione delle cellule tumorali e alla loro resistenza ai trattamenti. Nei prossimi anni avremo sicuramente un fiorire di nuove soluzioni contro i tumori e in tanti altri settori”, ha sottolineato Stefano Gustincich, responsabile scientifico del Non-coding RNAs and RNA-based all’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit).

Da: https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/06/14/dna-rna-studio-dogma-biologia
Dott. Mauro Piccini

LA NUOVA MEDICINA

LA NUOVA MEDICINA

I maestri  hanno sempre saputo che il nostro corpo può essere programmato con la parola e con il pensiero. Ora questo è provato dalla scienza, se accettiamo l’ipotesi che il genoma umano funziona come una versione biologica di Internet, essendo molto più potente dell’internet che conosciamo. I recenti esperimenti degli scienziati russi spiegano i fenomeni coma la chiaroveggenza, l’intuizione, la guarigione a distanza, l’autoguarigione, l’efficacia degli affermazioni, l’influenza della mente sui pattern meteorologici e molto altro.

Inoltre, si sta sviluppando la nuova medicina che riprogramma la molecola del DNA con aiuto della parola e delle frequenze, senza l’estrazione/cambio dei singoli geni.

IL DNA – SPAZZATURA RICORDA IL LINGUAGGIO UMANO

Solo il 10% del nostro DNA è utilizzato per costruire proteine, ed è proprio questa parte del DNA che è stata studiata e catalogata dagli scienziati occidentali. Il restante 90% della molecola è considerata “scarto” o “spazzatura”. Essendo convinti cha la Natura non poteva essere così sciocca, gli scienziati russi hanno messo insieme genetisti e linguisti per studiare il DNA-spazzatura. E i loro risultati sono rivoluzionari: non è solo responsabile della costruzione del nostro corpo, ma è anche un mezzo di immagazzinamento di dati ed informazioni.
Il DNA spazzatura, gli alcalini del nostro DNA, seguono la normale grammatica e le regole del linguaggio umano.
Premesso che la struttura base del DNA e il linguaggio sono simili, non è necessaria alcuna decodifica del DNA, basta parlargli! Questo spiega scientificamente perché affermazioni, ipnosi e simili possono avere effetto tanto potente sugli esseri umani (la sostanza viva del DNA nel tessuto vivo reagisce ai raggi laser modulati dal linguaggio ma anche dalle onde radio).

L’EFFETTO FANTASMA

E’ stato scoperto che il DNA funziona come una spugna che assorbe la luce: una molecola del DNA messa in un contenitore di quartz aveva assorbito tutti i fotoni di luce conservandoli poi sotto forma di una spirale.
Non siamo abituati a pensare alla luce come a qualcosa che può essere conservato; la luce vola nello spazio a velocità incredibile. Anche le piante non sono capaci di conservare la luce durante la fotosintesi, trasformandola subito in clorofilla. Che cosa conserva la luce nel DNA? Come essa si conserva? Perché?
Quando Gariaev aveva tolto il DNA dal contenitore non pensava che potesse accadere qualcosa, ma era accaduto questo: laddove fino a poco tempo fa c’era la molecola del DNA, la luce continuava a esistere sotto forma di una spirale.
Come si spiega il fenomeno? L’unica spiegazione razionale e scientifica era questa: esiste un campo di energia che si unisce al “fantasma”, al “doppio” energetico del DNA. Questo “fantasma” mantiene e conserva la luce.
Stando a questa scoperta, tutto il nostro corpo deve avere il suo doppio energetico, e quindi, esiste un campo informazionale che detta alle nostre cellule il lavoro da fare.
Anche dopo essere coperto dall’azoto liquido il fantasma non muore: prima sparisce ma ritorna già tra 5-8 minuti. Per quanto tempo continua a vivere il fantasma? Per circa 30 giorni.
Si pensa che noi abbiamo un doppio energetico che interagisce con un campo energetico sconosciuto alla scienza tradizionale; si potrebbe chiamarlo il campo della Fonte. Se in questo momento voi siete seduti sulla sedia leggendo queste righe, ma poi vi alzate e se ne andate, il vostro doppio energetico continua a comporre piccole spirali di luce laddove eravate seduti, dentro trilioni di molecole del DNA per almeno 30 giorni. Gariaev è riuscito a misurare il nostro doppio: assomiglia a un perfetto ologramma del nostro corpo.

IL DNA CONSERVA, TRASFORMA E EMANA UNA LUCE ARMONICA

Il ricercatore Fritz Albert Popp (fisico teorico dell’università di Marburg, Germania) non aveva scoperto il fantasma del DNA ma il suo lavoro è strettamente collegato con le ricerche di Gariaev.
Trattando il benzopirene – una sostanza altamente cancerogena – con una luce ultravioletta, aveva scoperto che questa assorbiva la luce per poi emanarla ma con un’altra lunghezza d’onda, assolutamente innocua per un organismo vivente. Aveva scoperto anche che altre 37 sostanze chimiche, tra cui alcune cancerogene, trasformavano così la luce ultravioletta. Tutte queste sostanze prendevano la luce avente la lunghezza d’onda pari a 380 nanometri e la trasformavano. Evidentemente, la luce con questa lunghezza d’onda è molto importante per la nostra salute.
In seguito Popp aveva stabilito che se una cellula, morta al 99%, riceveva un impulso con questa lunghezza d’onda, era capace di risorgere in brevissimo tempo.
Dunque, si pensa che quando l’energia della Fonte entra nella nostra realtà misurabile lascia la sua firma elettromagnetica con la lunghezza d’onda di 380 nm.
Popp aveva supposto che uno degli aspetti – chiave del funzionamento del DNA è la capacità di conservare e di emanare luce, la tesi confermata più tardi da Gariaev.
Popp aveva anche scoperto che tutto ciò che vive emana fotoni di luce armonica simile ad una luce laser.
Quando siamo stressati cominciamo a perdere i fotoni di luce senza accumulare la luce complementare. Questo è molto importante, dal momento che sappiamo che molte malattie sorgono a causa dello stress: provando le emozioni negative noi perdiamo la luce che si conserva nel DNA delle nostre cellule. E quindi, per ripristinare la salute, dobbiamo ricaricare il DNA.
Ma se solo lo strato esterno dell’epidermide è sottoposto ad illuminazione, come allora la luce entrerà negli strati profondi dei nostri corpi? Forse i fotoni di luce possono arrivare direttamente dalla Fonte (strettamente collegata alla coscienza)? Possono i nostri pensieri e le nostre emozioni influenzare la quantità di luce che entra?

IL DNA REAGISCE ALLA COSCIENZA UMANA (E QUESTO PUO’ ESSERE MISURATO)

Le spirali DNA di una cellula morta sono staccate; esse si ricollegano quando la cellula cerca di riparare un danno (guarire).
Glenn Rein, Ph.D., dell’Università di Londra, aveva collocato un campione del DNA umano vivo nell’acqua distillata per esporla all’influenza mentale di un gruppo di persone. E’ risultato che le persone aventi l’attività cerebrale armonica riuscivano a influenzare di più la struttura del DNA, mentre le persone molto eccitate o di cattivo umore creavano uno spostamento della luce ultravioletta che il DNA assorbiva (alla lunghezza d’onda pari a 310 nm, molto vicina ai 380 nm di Popp). Dunque, i nostri pensieri riescono a procurare i cambiamenti chimico-fisici nella struttura della molecola del DNA, scollegarla e ricollegarla. Potrebbe esserci un collegamento tra i pensieri rabbiosi e la crescita del tessuto cancerogeno.
Ma le persone potevano influenzare il DNA solo se volevano farlo, e la distanza qui non ha nessuna importanza: Valery Sadirin stando a Mosca poteva scollegare e ricollegare le spirali del DNA che si trovavavo nel laboratorio di Rein in California, a migliaia di km di distanza. Secondo Rein l’amore è la chiave per armonizzare l’attività cerebrale ed influenzare il DNA.
Si pensa che il campo della Fonte crei il DNA-fantasma e conservi la luce nella molecola del DNA.
Si pensa che il pensiero cambi prima il DNA-fantasma e solo dopo si riscontrano cambiamenti nella molecola fisica.
Si pensa che è l’Amore sia la caratteristica più importante dell’energia della Fonte.
Per la prima volta abbiamo una definizione scientifica dell’Amore: significa una maggiore organizzazione, una maggiore strutturazione, una maggiore cristallizzazione delle molecole, delle cellule, dei campi energetici nei nostri corpi.
Più siamo armonici, più siamo cristallizzati, più amore circola. E come evidenziano le ricerche fatte sulle Piramidi Russe, questo influenza direttamente lo stato della Terra, di nuovo facendo supporre che, in un certo modo, stiamo vivendo dentro un sogno lucido collettivo.

TRASFORMAZIONE GENETICA E LA GUARIGIONE

La luce del laser è molto armonica ed è altamente strutturata. Durante un esperimento sui topi fu stabilito che l’informazione raccolta dal laser dopo essere inviata sul pancreas sano riesce a guarire i topi con il pancreas colpito da alloxan (tossina che provoca una morte di diabete in pochi giorni). Sfruttando l’effetto non locale, Gariaev diresse la luce dal pancreas sano a distanza di molti km, e l’effetto fu altrettanto forte. Già nel 2005 il ricercatore aveva comunicato che con queste tecniche si riusciva a far crescere i denti e a fermare il processo d’invecchiamento. Denunciò i risultati ottenuti durante la cura di una donna anziana caricandola dell’energia che conteneva il sangue di suo nipote di 10 anni. Secondo il modello di Gariaev, il DNA del bambino contiene le firme energetiche dei suoi antenati ma in una configurazione giovane e sana. Per questo si usa il laser rosso a largo spettro, modificato appositamente.

Un altro scienziato russo, Budakovski, aveva provato l’inutilità di trapianto degli organi. Inviando l’ologramma di un esemplare di lampone ottenuto con il laser rosso su quello colpito da un tumore, vide sparire completamente il tumore. Questo prova che tutto ciò che ci serve è l’informazione codificata, ma per ottenerla non serve il tessuto vivo, perché il codice informazionale si può ottenere tramite la luce armonica. In questo caso, l’ologramma del lampone aveva codificato l’informazione che aveva”suggerito” al tessuto la via per guarire.

Anche noi siamo in grado di aiutare le altre persone, gli animali, le piante ecc se riusciremo ad armonizzare i nostri pensieri, solo così miglioreremo la nostra capacità di “centrare” il campo della Fonte per accedere ai codici della vita che vi si trovano. Questa informazione la otteniamo tramite la luce ultravioletta (l’unica che la fa passare), così come otteniamo l’informazione visiva tramite la ghiandola pineale e i nostri corpi sottili.

IL DNA E’ COLLEGATO ALL’ENERGIA DEL “VUOTO”

Secondo gli scienziati russi il DNA può creare dei pattern invisibili nel vuoto cosmico, creando così nell’Universo dei collegamenti-tunnel capaci di trasmettere l’informazione al di là del tempo e dello spazio (ipercomunicazione). La ipercomunicazione esiste nella matura da milioni di anni (i “campi morfogenetici”), noi possiamo accedervi sotto forma d’intuizione o d’ispirazione.
Gli effetti collaterali che a volte si osservano durante la ipercomunicazione tra persone è la creazione degli inspiegabili campi elettromagnetici (guasti negli apparecchi ecc). In realtà, il campo elettromagnetico deriva dal campo torsionale (l’energia della coscienza collegata al DNA), è il campo torsionale che crea dei micro tunnel spazio-temporali.

LE APPLICAZIONI PRATICHE DELLA GENETICA ONDULATORIA: LE MATRICI DELLA GUARIGIONE

Una delle principali applicazioni delle ricerche russe è la messa a punto dei principi della correzione dello stato bio-chimico-fisiologico dell’organismo umano, allo scopo di ritardare l’invecchiamento.

Il raggio del bio-computer quantistico sonda il campione (una goccia di sangue contenente le cellule staminali, un follicolo del capello, una fotografia del soggetto). Avviene una scansione /lettura spin-torsionale dell’equivalente ondulatorio dei dati genetico-metabolici, e la sua istantanea trasmissione non locale, utilizzando i fotoni del raggio laser. Di fatto, la funzione del bio-computer quantistico è la stessa della cellula nei confronti del proprio apparato genetico: esso legge in tempo reale l’informazione ondulatoria, polarizzata, delle cellule e dei tessuti dell’organismo. Proprio l’informazione polarizzata è il principale fattore della gestione dell’organismo. In seguito questa informazione viene convertita in una banda di lunghezza d’onda ampia, comprese le onde radio.

Le matrici che utilizzano le onde ampie dell’irradiazione elettromagnetica rappresentano il fattore che spingono il soggetto a ritornare nello stato giovane. Una “matrice” così ottenuta può essere trasformata in un file audio (mp3) che conserva l’informazione ottenuta con i metodi descritti prima.

Dott. Mauro Piccini
http://radionicaesoterico-scientificarussa.blogspot.it/2013/01/la-wavegenetic-di-piotr-gariaev-e-la.html

FIBROMIALGIA: QUESTA SCONOSCIUTA

FIBROMIALGIA: QUESTA SCONOSCIUTA

Il termine Fibromialgia (FM) si utilizza per indicare una sindrome caratterizzata da stanchezza profonda e dolore muscoloscheletrico diffuso. La caratteristica del dolore è di tipo cronico, non sempre presente, e colpisce principalmente le spalle, le braccia, i polsi, le cosce, la colonna vertebrale ed il bacino. La FM è prevalente nel sesso femminile, con un inizio tra i 20 e i 30 anni.

La diagnosi è molto articolata e complicata, dato che questa sindrome può essere confusa facilmente con altre patologie come la sindrome da stanchezza cronica, i disturbi reumatici e la depressione. Per avere conferma di FM il paziente deve avvertire dolori muscolari senza causa scatenante per oltre 3 mesi, dolori che non rispondono alla terapia con antidolorifici ed antinfiammatori, senza alcuna alterazione delle strutture colpite a livello muscolare, articolare e neurologico e senza evidenti alterazioni specifiche dei test ematologici, compresi quelli usati come indice di infiammazione.

Ciò che distingue la FM è la presenza di particolari punti chiamati tender points. Ne sono stati individuati e mappati 18. Questi punti che si trovano a livello tendineo e muscolare reagiscono con dolore alla digitopressione e, se abbiamo una risposta dolorosa su almeno 11 di questi, la diagnosi può essere confermata. Il dolore scatenato è dato dal continuo stato di tensione a livello muscolare, e questo continuo stato tensivo consuma energie e porta il paziente in uno stato di astenia profonda che può anche diventare invalidante.

Il dolore nella FM, che è il sintomo fondamentale della patologia, è atipico, diffuso e migrante. La sindrome porta anche una serie di sintomi che spesso rendono difficile la diagnosi. Tra questi i più diffusi sono formicolii, parestesie, cefalea, disturbi addominali, ipersensibilità al freddo, acufeni, vertigini, tachicardia, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e disturbi della memoria. Molti soggetti affetti da FM manifestano fenomeni ansiosi o depressivi, associati spesso ad attacchi di panico.
Le cause della FM sono multifattoriali e risiedono nei traumi, negli stati di stress psico-fisico, nell’esposizione al freddo-umidità ed a sovraccarichi alimentari, principalmente nei confronti di glutine e proteine del latte.

Capire l’aspetto psichico-emozionale è di fondamentale importanza perché fa parte delle cause di innesco del quadro. Lo stress continuo derivato da lutti, separazioni, eventi negativi e la presenza nel contesto sociale del paziente di uno stimolo ansiogeno può scatenare la sindrome in individui predisposti. La caratteristica che accomuna molti pazienti è quella di una forte ipersensibilità, cattiva gestione delle emozioni, senso del dovere e dipendenza affettiva che li porta a chiedere continue conferma all’esterno. La costante tendenza a reprimere le emozioni, principalmente la rabbia, provoca una implosione di energie negative che si tramuta nel corpo in una gabbia che imprigiona i muscoli, bloccando l’azione.

Il trattamento messo in campo dalla medicina integrata focalizza il problema sulla rottura del sistema PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) che vede nello stress la rottura dell’equilbrio nei vari settori di regolazione. Con l’utilizzo di rimedi omeopatici si può lavora sul terreno costituzionale del paziente, con l’omotossicologia e la fitoterapia si può affrontare l’aspetto fisico della manifestazione, con la floriterapia si valutano gli aspetti psico-emozionali e con l’agopuntura e la mesoterapia omotossicologica si affrontano i sintomi nella loro totalità.

Dott. Mauro Piccini

COVID-19 E MICROBIOTA

COVID-19 E MICROBIOTA

Dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia, si sta sempre più vedendo che il bersaglio del coronavirus sars-cov2 non è solo l’apparato respiratorio, ma anche quello gastrointestinale.

Il cosiddetto asse-intestino-polmone è sicuramente da considerare sullo spostamento del virus dalle vie aeree a quelle intestinali. Tenere in visione il sistema gastrointestinale come altra sede di infezione, e quindi di possibile trasmissione, diventa fondamentale nella gestione del problema.
A prova del coinvolgimento intestinale non abbiamo solo i sintomi come diarrea, nausea e vomito che si presentano nel 40% dei pazienti, ma anche la presenza di RNA virale nelle feci (vedi tampone anale), anche con negatività al tampone rinofaringeo. Una volta che l’infezione si attiva si scatena una cascata immunitaria ed infiammatoria con il rilascio massivo di citochine pro-infiammatorie, come IL12-6-17 e TNF, che attivano la risposta. Grande protagonista in tutto questo è anche il nostro microbiota.
Il microbiota intestinale è basilare e moltissimi studi lo stanno dimostrando, non solo nello sviluppo, ma anche nella regolazione del sistema immunitario, che a sua volta ne influenza la sua composizione e le sue caratteristiche.
Il microbiota polmonare condivide con quello intestinale la maggior parte dei phyla e dei rapporti tra essi.

Quindi un’alterazione dell’eubiosi intestinale (disbiosi) potrebbe essere una causa nell’aumentare la possibilità di infezione e di  influenzare l’andamento e la gravità della sindrome.
Se si prende in considerazione questo aspetto, diventa automatico pensare che la compromissione dell’integrità e funzionalità della barriera intestinale influenzi anche la condizione polmonare mediante lo spostamento di microrganismi e loro metaboliti.
Alla luce di tutto ciò, si potrebbe affermare che intervenire sulla composizione del microbiota intestinale potrebbe migliorare la sintomatologia o ridurre la possibilità di contagio.

Infatti le linee guida messe in atto in Cina raccomandano l’uso di probiotici in pazienti gravi per salvaguardare l’equilibrio del microbioma e contrastare il diffondersi dell’infezione. La Medicina Cinese riconosce tra intestino e polmone un legame bidirezionale molto forte (quello che oggi viene denominato asse intestino-polmone), dove si assiste ad un coinvolgimento di entrambi gli organi, anche se lo stimolo nocivo inizialmente si scatena solo su uno di essi.
Di conseguenza, qualsiasi problematica su questi organi deve essere valutata nel suo insieme, mettendo in atto tutti quegli accorgimenti che attraverso l’equilibrio del microbiota vanno a limitare l’infiammazione sistemica di base che oramai viene chiamata in causa nello scatenare la patologia, sia acuta che cronica.

L’eubiosi del nostro intestino è una responsabilità che ognuno di noi deve assumere e mettere in atto, visto che a quanto sembra sia il primo atto di vera prevenzione.
Prevenzione come?  Alimentazione con cibi vivi e naturali che non innescano la risposta infiammatoria di mucosa, sospensione dei cibi disturbanti, dieta ricca di fibra, cibi integrali. Eliminazione del cibo spazzatura (ad esempio, fast food) per assumere alimenti il più possibilmente biologici e di qualità (slow food). Controllo del peso corporeo, dato che il sovrappeso innesca un processo infiammatorio cronico costante.
Oltre a tutto ciò, ovviamente, occorre aggiungere attività fisica, rispetto dei ritmi sonno-veglia e, non meno importante di tutti questi, l’aspetto psico-emozionale che deve essere il più equilibrato possibile e il meno influenzato da tutto ciò che innesca ansia e paura.

Dott. Mauro Piccini 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NEL MICROBIOTA INTESTINALE LA “FIRMA” DELLA DEPRESSIONE

NEL MICROBIOTA INTESTINALE LA “FIRMA” DELLA DEPRESSIONE

I pazienti affetti da depressione sono caratterizzati da alterazioni del microbiota intestinale che potrebbero quindi facilitare la diagnosi di questa patologia.

Il microbiota intestinale è stato associato a una pletora di disturbi, incluse alcune patologie che coinvolgono il cervello. Di recente, un gruppo di ricercatori ha scoperto che i pazienti con disturbo depressivo maggiore (MDD) hanno una “firma” microbica diversa rispetto alle persone sane.

I risultati, pubblicati su Science Advances, suggeriscono che i pazienti affetti da depressione sono caratterizzati da alterazioni del microbiota intestinale che potrebbero facilitare la diagnosi di questa patologia.

La depressione maggiore è un disturbo dell’umore caratterizzato da sentimenti persistenti di tristezza o mancanza di interesse per gli stimoli della vita ordinaria. Studi precedenti hanno scoperto che le persone con MDD hanno alterazioni del microbiota intestinale, ma si sa ancora poco su quali siano i microbi intestinali che differiscono tra le persone sane e i pazienti con questa patologia.

Per tracciare un quadro più preciso dei microrganismi presenti nell’intestino degli individui con MDD, un team di ricercatori guidato da Jian Yang della Capital Medical University e Peng Zheng della Chongqing Medical University, in Cina, ha analizzato 311 campioni fecali raccolti da 156 persone con MDD e 155 individui sani.

La depressione nasce nell’intestino?
I ricercatori hanno identificato 47 specie batteriche la cui abbondanza differisce significativamente nelle persone con depressione maggiore rispetto agli individui sani. In particolare, nei pazienti con MDD sono stati riscontrati livelli più alti di 18 specie batteriche, inclusi microbi appartenenti al genere Bacteroides, e livelli più bassi di 29 specie, tra cui Eubacterium e Blautia.

Una maggiore abbondanza di Bacteroides e livelli ridotti di Blautia nel microbiota intestinale potrebbero spiegare perché le persone depresse tendono ad avere livelli elevati di citochine e dell’infiammazione associata rispetto alla popolazione generale.

Sebbene i ricercatori non abbiano trovato differenze significative tra la composizione virale intestinale delle persone con depressione maggiore e controlli sani, sono stati identificati tre batteriofagi, ovvero virus che infettano solo i batteri, che sono risultati meno abbondanti negli individui con MDD.

Metaboliti intestinali possibili biomarker della depressione
Successivamente, il team di ricercatori ha analizzato le molecole prodotte dal microbiota intestinale dei due gruppi di partecipanti allo studio; sono stati così identificati 16 metaboliti più abbondanti e 34 meno abbondanti nelle persone con depressione rispetto ai controlli sani.

La maggior parte di queste molecole è risultata coinvolta nel metabolismo di molecole tra cui l’acido gamma-aminobutirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore inibitorio del cervello umano.

I ricercatori hanno quindi sviluppato un biomarker costituito da due specie batteriche, due batteriofagi e due metaboliti. Utilizzando questa “firma” microbica, i ricercatori sono stati in grado di distinguere le persone con depressione maggiore dai controlli sani in un gruppo di 75 individui.

Un biomarcatore simile potrebbe essere quindi utilizzato, nell’ambito dell’indagine diagnostica, per testare la presenza di alcuni elementi all’interno del microbiota intestinale.

Conclusioni
I risultati suggeriscono che la depressione maggiore è caratterizzata da alterazioni del microbiota intestinale che possono facilitare la diagnosi di questo disturbo mentale.

Da:https://microbioma.it/gastroenterologia/nel-microbiota-intestinale-la-firma-della-depressione/
Dott. Mauro Piccini

LE 5 REGOLE DELLA GUARIGIONE

LE 5 REGOLE DELLA GUARIGIONE

Partendo dall’ovvio presupposto che la salute vada conservata, e per questo motivo tutti dovrebbero conoscere le basi della prevenzione primaria, ci troviamo oggi di fronte ad un cambiamento importante delle aspettative del paziente circa la gestione della sua malattia.
La funzione “tempo” è stata accorciata in maniera importante dalla tecnologia:
la lettera ha lasciato spazio ai messaggi o alle e-mail che in qualche decimo di secondo raggiungono ogni angolo del globo.
La scoperta scientifica più recente fa il giro del mondo senza limiti di appartenenza culturale in pochi giorni; gli spostamenti sono rapidi ed economici.
L’inconscio collettivo si è trovato in un periodo estremamente breve a riformulare il concetto di tempo.
Parimenti, il malato pretende di andare dal medico e trovare la risposta immediata al proprio problema e riprendere i propri ritmi e la propria vita normale in tempi brevissimi.
Il concetto di ” vita normale ” è così radicato che anche l’atto della dimissione da un ospedale, persino dopo un doppio bypass coronarico, il consiglio di smettere di fumare viene accompagnato dalla frase “ora può riprendere la sua vita normale”, destituendo la stessa da ogni tipo di responsabilità in ciò che ha portato il paziente a rischiare di perdere la vita.
Alla contrazione del tempo hanno fatto eco i cambiamenti culturali nel trattamento e preparazione del cibo (basti pensare il termine fast food), nella gestione degli spostamenti, nelle comunicazioni.
In questa  “rapida” evoluzione multifattoriale l’uomo non può non pretendere rapidità anche nel percorso di guarigione.
Questo sta creando un doppio movimento sociale.
Da un lato il predominio dei farmaci e dei trattamenti sintomatici rispetto a quelli causali, tanto che il messaggio chiave per la raggiunta guarigione è la scomparsa del sintomo, indipendentemente dalla reale scomparsa della malattia e degli eventuali effetti collaterali della terapia utilizzata.
Dall’altro, il sintomo stesso genera un processo di ricerca della soluzione in tempi ancora più rapidi, senza passare dal consulto medico, ma attingendo al mare di informazioni fornito dal mondo virtuale dei social.
Processo, questo, non indenne da ulteriore effetti collaterali perché, se nel 5% dei casi si potrebbe incorrere nella risposta corretta, occorre valutare come questa venga interpretata dal paziente che generalmente non possiede una formazione medica.

Sembra paradossale, dunque, ma diventa inevitabile indicare non solo la strada, ma anche la modalità per guarire.

1)  La guarigione è un percorso attivo.
Nella gestione di una malattia occorre riposare, alimentarsi adeguatamente, idratarsi al meglio e ridurre i fattori stressogeni allo scopo di riservare energie per il processo di guarigione e non sprecarle per la routine. Questo cambiamento non viene dall’esterno ma dalla decisione propria del paziente e dal suo atteggiamento attivo e condiscendente.

2) La guarigione richiede tempo.
Dare dei tempi tecnici cercando riferimenti nella propria esperienza. Se l’aumento della temperatura serve al corpo per ripulirsi, la normalizzazione della stessa non è sufficiente per decretare la guarigione. E’ difficile convincere il paziente che il mondo “può andare avanti ” anche senza di lui.

3) La guarigione richiede regole.
Il paziente deve essere aiutato a comprendere che la guarigione è un insieme di comportamenti e regole che vanno dall’adattamento dello stile di vita al rispetto del riposo, alla formulazione di scelte alimentari corrette, alla riduzione dello stress e degli elementi stressogeni.
Si ottengono questi risultati applicando regole e disciplina. Un aspetto fondamentale di queste regole è rappresentato dalla capacità di aspettare il giusto tempo con la dovuta pazienza.

4) Lo stress rallenta la guarigione fino a renderla impossibile.
La malattia per sé è una condizione di stress.
E’ molto probabile che il paziente si trovi nella fase di adattamento. Ciò implica che alcune funzioni ricevono meno energia ed importanza rispetto a quelle focalizzate sulla sopravvivenza.
Per questo motivo è importante, se non addirittura vitale, che le fonti di stress evitabili possano essere accantonate per tutta la durata della terapia e della convalescenza, anche se questo dovesse allontanare il paziente dalla routine lavorativa o dalle problematiche della vita sociale.

5) Non sprecare energie durante il processo di guarigione.
Nel processo di guarigione si assiste al dirottamento delle energie verso la lotta nei confronti dell’agente patogeno, al drenaggio delle tossine prodotte in questa lotta ed al recupero omeostatico della normalità.
Tutto questo richiede energia.
Ciò che obbliga ad un utilizzo superfluo dell’energia va a discapito della guarigione.

da La Medicina Biologica n. 165
Dott. Mauro Piccini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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