COME INTERVENIRE CON ASMA E ALLERGIE

Asma ed allergia sono disturbi estremamente comuni nella nostra società. Il loro impatto negativo sulla qualità di vita del paziente è molto elevato, per la serie di sintomi fisici che comportano, tra cui ostruzione delle vie respiratorie, ipersensibilità processi infiammatori. Ad oggi, uno dei trattamenti standard consiste in una terapia farmacologica che, tuttavia, mira a ridurre solamente la componente infiammatoria del processo, a volte in modo non definitivo. Da un’analisi della letteratura degli ultimi 50 anni [1], emerge come l’ipnosi si sia dimostrata una procedura efficace per il trattamento dell’asma. Considerando gli studi citati nel loro complesso, i risultati riportano un miglioramento dei sintomi soggettivi, registrato facendo ricorso alla compilazione dettagliata di diari giornalieri e monitorando la frequenza di utilizzo di trattamenti farmacologici. Un aspetto spesso trascurato nella gestione di asma ed allergie è proprio rappresentato dalla componente psicologica e soggettiva di questi disturbi. Quando i sintomi sono interpretati senza considerare i correlati psicologici, quali ansia, esperienze pregresse e abilità cognitive del paziente, la terapia non può portare al livello ottimale di guarigione. In un recente case report [2], è stata sottolineata l’importanza dei fattori soggettivi nella gestione dell’asma illustrando Il caso di una bambina con una grave sintomatologia asmatica. Dopo 2 sessioni da 45 minuti di educazione all’ipnosi, fornita dal pediatra esperto di ipnosi, la paziente ha praticato regolarmente le tecniche di rilassamento proposte trovando un giovamento soggettivo importante: da un lato favorendo la riduzione dell’ansia, fattore in comorbilità con l’asma, dall’altro regolarizzando il respiro e diminuendo gli attacchi di iperventilazione. Sul miglioramento di sintomi oggettivi, come bronco dilatazione e potenza respiratoria, i dati sono più confusi, fornendo un quadro meno preciso [1]. Questo fatto è dovuto ad almeno due ordini di fattori: da un lato gli studi sull’argomento, non più recenti, hanno peccato di rigorosità scientifica, escludendo a volte il gruppo di storia naturale (ovvero un gruppo sperimentale che non riceve alcun trattamento, rappresentando quindi il normale decorso della patologia) o il gruppo placebo (ovvero un gruppo sperimentale che crede di ricevere il trattamento attivo, ma che in realtà riceve una terapia aspecifica). Dall’altro lato gli studi hanno selezionato i pazienti con differenti criteri, rendendo impossibile un preciso controllo della sintomatologia oggettiva. Nel campo dell’allergia, invece, sono state utilizzate procedure per indurre sperimentalmente una reazione allergica (tali procedure prevedono l’applicazione cutanea di istamina che determina una reazione locale allergica o l’applicazione di tubercolina che provoca reazioni urticanti) in modo da manipolare in modo più rigoroso gli effetti dell’ipnosi anche a livello oggettivo [3]. Ad esempio è stato dimostrato che soggetti altamente suggestionabili, in seguito ad induzione ipnotica mirata alla riduzione della reazione allergica, riportavano una significativa riduzione dell’area colpita dall’eritema rispetto ad un gruppo di controllo sottoposto allo stesso test istaminergico ma senza la procedura ipnotica. Inoltre suggestioni opposte di aumento o diminuzione della reazione urticante, date rispettivamente ad un arto piuttosto che all’altro, hanno portato a differenze significative ed oggettive, tra cui grandezza dell’eritema e indurimento dell’area infiammata. Questi risultati dimostrano come l’utilizzo dell’ipnosi per il trattamento di asma ed allergie sia una strada possibile e da valutare con estrema attenzione.

[1] Hackman RM, Stern JS, Gershwin ME. Hypnosis and Asthma: a critical review. Journal of Asthma, 2000, 37, 1-15.
[2] Anbar RD. Self-hypnosis for anxiety associated with severe asthma: a case report. BMC Pediatrics, 2003, 3, 7.
[3] Zachariae R, Bjerring P, Arendt-Nielsen L. Modulation of Type I immediate and Type IV delayed immunoreactivity using direct suggestion and guided imagery during hypnosis. Allergy, 1989, 8, 537-42.

MILTON H. ERICKSON INSTITUTE di Torino

PSICHE “MALATA”

I disturbi della sfera psichica sono sempre più frequenti e caratterizzano, primariamente o come espressioni secondarie, la maggior parte delle malattie.
Vi è la tendenza ad inquadrare la causa di queste patologie in ambito esclusivamente biochimico o psicologico.
Questa dicotomia comporta a sua volta delle scelte terapeutiche differenziate, con il prevalere dell’uso degli psicofarmaci o dell’applicazione di psicoterapie.

Diverse sono le scuole di pensiero ed i filoni di ricerca, numerosi sono i passi avanti compiuti, frequenti le estremizzazioni e la radicalizzazione di alcune posizioni.
C’è chi esalta l’origine psichica di questi disturbi ed arriva ad affermare che tutte le malattie, indistintamente, hanno questa origine. Altri, assimilando la psiche ad  un insieme di reazioni biochimiche, individua la causa di queste problematiche esclusivamente in un’alterazione della funzionalità biologica dell’essere umano.
La medicina naturale, basata su principi olistici, non solo accetta la possibilità di una causa sia psichica che biochimica di qualsiasi malattia, quindi anche di quelle a manifestazione psicologica, ma ne comprende anche una strutturale e ne individua una esistenziale, espressione di disagio rispetto ad un nucleo energetico che contemporaneamente trascende e comprende le tre componenti citate.

Riallacciandoci alle leggi del – triangolo della salute -, infatti, ricordiamo che ogni essere umano è costituito da una componente morfologica-strutturale, biochimica-funzionale e psicologica-mentale. Questi tre elementi sono racchiusi in un complesso che ha alla sua base un nucleo energetico più profondo: anima, spirito, ki, ecc.
Qualsiasi malattia, ovunque abbia origine, si riflette sempre e comunque su tutto il complesso. Una malattia, inoltre, non sempre trova espressione primaria sulla componente dove ha avuto origine.
Se vogliamo veramente curare, dobbiamo individuare l’elemento che ha dato origine alla malattia e dedicarci principalmente ad esso, ovviamente senza trascurare gli aspetti su cui si riversa secondariamente.
Attenzione dunque, perché un disturbo psichico può essere causato da alterazioni biochimiche innescate, ad esempio, dall’azione di un virus o un parassita, da un trauma cranico o del rachide, al pari di uno shock sul piano psicologico; ancor più può essere espressione di un disagio profondo, che mette in discussione la nostra stessa esistenza.

Alla base di tutto ciò, vale la pena ricordarlo, c’è un essere umano con una sua specifica connotazione costituzionale, dinamica, in profonda evoluzione rispetto agli input che gli provengono dall’ambiente che lo circonda; il che significa che lo studio del paziente non può essere disconnesso dall’ambiente in cui vive.

Questa visione globale, olistica, del disturbo psichico, permette un approccio terapeutico più ampio ed articolato, che mette al centro dell’attenzione il paziente e non esclusivamente la malattia, estrapolata dal contesto in cui trova espressione. In un’ottica integrata della medicina, dunque, la risposta può essere multipla, diretta ad una o più componenti, applicando più forme terapeutiche , contemporaneamente o in opportuna sequenza.

In sintesi: non criminalizziamo l’uso degli psicofarmaci, ma usiamoli nelle situazioni, nei modi, tempi e posologie giuste; non esaltiamo l’azione della psicoterapia ma applichiamola secondo opportuna tipologia ed ove se ne richieda necessità; non disdegniamo l’applicazione di forme di medicina naturale che, per quanto valide non possono essere sempre e comunque l’acqua santa in alternativa al diavolo degli psicofarmaci.
Questi ultimi, ricordiamolo, sono utilissimi soprattutto nelle forme acute e più impegnative, ove occorra un controllo della situazione in tempi opportuni; le terapie naturali vanno riservate alle forme meno eclatanti oppure, come integrazione, in quelle più croniche ed inveterate, magari insieme ai farmaci di sintesi al fine di eliminare o quanto meno ridurne l’uso.

La fitoterapia, la floriterapia, l’omeopatia, la medicina funzionale, l’ipnosi, entrano a pieno titolo in queste strategie, avendo, in tal senso, una lunga storia e tradizione.

Ascoltarsi in profondità per aprire le porte alla guarigione

Un terapeuta può aiutare il proprio paziente a trovare un certo significato, ma la guarigione appartiene al malato.

Attenzione, tutto ciò non passa attraverso “una tecnica”.

Bisogna cominciare accettando semplicemente di riconoscere quel che proviamo ed osare parlarne, osare lasciare all’emozione la libertà di esprimersi. Ascoltare il profondo di noi stessi, prendere l’abitudine di dare un nome a ciò che proviamo: “Io provo questo”.

Non si tratta di “qualcuno”, si tratta di “me” e non è “ridicolo”.

Ma, se è vero che non bisogna fuggire l’emozione che si sta esprimendo, non per questo bisogna fissarsi su questa stessa emozione, rafforzandola così a livello del cervello: esprimerla non vuol dire “coltivarla”.

Vedremo presto che, per poter entrare nella struttura del nostro essere profondo, abbiamo da superare la dimensione emozionale.

E tuttavia, è la capacitá – o il rifiuto – di ognuno ad entrare in contatto con ciò che lo tocca più nel profondo che fa la differenza in questo approccio alla guarigione. Certo, è possibile scegliere di rimanere distanti dalla propria dimensione profonda, ma forse è importante rendersi conto che la guarigione passa, essenzialmente, attraverso il riconoscimento di quel che siamo.

Questo messaggio è rivolto a tutti, a qualsiasi età e qualunque sia la propria problematica, perchè, lo ripetiamo, nulla è irreversibile, mai, e finchè siamo vivi abbiamo qualcosa da fare…

Jean-Philippe Brébion

EMOZIONI E BLOCCHI MUSCOLARI

 

L’ingorgo delle energie pulsionali non rinnovate e scaricate porta all’insorgere delle nevrosi. Tali ingorghi si strutturano in blocchi muscolari determinando, nella loro varia composizione, precisi connotati caratteriali creando quindi degli specifici blocchi muscolo-caratteriali.
Tutto questo si è potuto determinare mediante alcune tecniche terapeutiche somatopsicologiche in cui era possibile superare le difese psichiche del paziente (spesso insormontabili con la tecnica psicoanalitica verbale) mediante lo scioglimento del blocco somatico funzionalmente corrispondente. Per comprendere meglio cosa significa blocco somatico corrispondente ad un ingorgo basterà pensare che una persona che viene aggredita da un cane ha automaticamente una reazione di paura. Dire automaticamente, significa affermare che si attivano forme di difesa automatiche comandate dal suo Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Questa reazione, è quindi involontaria e sfugge al controllo razionale. Essa serve ad attivire l’organismo perché possa mettere in atto nel minor tempo possibile una delle due possibili reazioni in questi casi: la fuga o l’attacco difensivo. L’attivazione di questa reazione si manifesta nell’organismo con precisi segni: aumento della tensione muscolare (bisogna avere forza per difendersi); dilatazione delle pupille (per vedere meglio il pericolo) aumento del battito cardiaco (il cuore deve pompare una maggiore quantità di sangue dato che serve ai muscoli); respiro affannoso (il ritmo cardiaco è responsabile di quello polmonare); pallore (il sangue refluisce dalla pelle verso i muscoli per irrorarli).
In sintesi, questo stato può essere definito di contrazione del sistema, dal momento che esso si chiude in sé per difendersi. La contrazione è, in senso generale, funzione appartenente a uno dei due rami SNA: il simpatico. L’altro ramo, quello con funzione di espansione del sistema, è il parasimpatico, chiamato anche vagale perché il Vago è il nervo principale che lo costituisce.
Quindi, se il cane se ne va senza attaccare, il parasimpatico tornerà a espandere il sistema e si ripristinerà un’ alternanza funzionale tra i due rami, necessaria al buon funzionamento dell’organismo. Tutto ciò avviene, come è stato detto, nella involontarietà e quindi sfugge al controllo della mente cosciente.
Ma immaginiamo che questa persona venga aggredita più volte al giorno da un cane: sarà quindi meno dispendioso per il suo SNA mantenersi in uno stato costante di simpaticotonia, cioè di allarme costante.
Le tensioni muscolari e le altre manifestazioni che da ciò dipendono diventeranno dunque costanti  e ne plasmeranno la struttura ed il carattere; ma egli non ne sarà cosciente, perché il suo stato deriva da una condizione involontaria e lo stato di tensione in cui si trova si è talmente connaturato in lui, che lo percepisce come una condizione normale. La sua paura sarà diventata dunque incosciente (l’incosciente, a differenza dell’inconscio freudiano, risiede dunque nella muscolarità e, a differenza dell’inconscio freudiano può riapparire alla coscienza sciogliendo il blocco muscolare che lo contiene).
Conducete ora questa persona con voi in un canile. Se ci riuscite, dovete poi convincerlo che i cani sono chiusi in gabbia e non possono aggredirlo. Sul piano logico egli obbietterà, portandovi non solo l’esperienza di altri ma anche una bibliografia sull’argomento, casi di gabbie che si sono inaspettatamente aperte, e che quindi la sua paura è giustificata. Sul piano logico, ha ragione; sul piano psicopatologico sta esprimendo un pensiero paranoico.
Esistono tecniche che portano il paziente all’allentamento dei blocchi muscolari (ipnosi, agopuntura, massaggio connettivale ecc.) che consentono alla persona di percepire come la sua paura attuale abbia avuto origine nel suo passato biografico e biologico. Compresa quindi la ragione, percepita l’emozione paura legata alla muscolarità, e capita la modalità psicologica attraverso la quale essa si è espressa (il carattere), egli avrà la possibilità di liberarsene e rendere disponibile per la vitalità, l’energia che prima gli serviva a contrarre i muscoli.

L’ego: il falso centro

 Come prima cosa, si deve comprendere cos’è l’ego. Un bimbo nasce. Egli viene al mondo senza alcuna cognizione, né coscienza del suo sé. E quando un bimbo nasce la prima cosa di cui diventa consapevole non è se stesso: come prima cosa diventa consapevole dell’altro. E’ naturale, perché gli occhi si aprono verso l’esterno, le mani toccano gli altri, le orecchie ascoltano gli altri, la lingua sente il sapore del cibo e il naso sente gli odori esterni. Tutti questi sensi sono aperti verso l’esterno. Nascere significa questo. Nascita significa venire in questo mondo: il mondo di ciò che sta fuori. Per cui, quando nasce un bambino, egli nasce a questo mondo. Apre gli occhi, vede gli altri.

Gli “Altri” significano il tu. Egli dapprima diventa consapevole della madre. Poi, un po’ alla volta, diventa consapevole del suo corpo. Anche questo è l’altro, anche questo appartiene al mondo esterno. Ha fame e sente il suo corpo; il suo bisogno viene soddisfatto, ed egli si dimentica del corpo. E’ così che un bimbo cresce. Prima diventa consapevole dell’altro, e poi, a poco a poco, in contrasto con l’altro, diviene consapevole di se stesso.

Tale consapevolezza è una consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui. Se sorride, se gli fa dei complimenti, se gli dice: “Quanto sei bello”, se lo abbraccia e lo bacia, il bimbo è soddisfatto di sé. In questo modo, è nato l’ego. Attraverso i complimenti, l’amore, le cure, egli si sente bene, sente di essere apprezzato, sente di avere un significato. Nasce un centro. Ma questo centro è un centro riflesso. Non è il suo vero essere.

Egli non sa chi è; sa solo quello che gli altri pensano di lui. E questo è l’ego: il riflesso, ciò che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno gli fa i complimenti, se nessuno gli sorride, anche in questo caso nasce un ego: un ego malato, triste, rifiutato, simile a una ferita; un ego che si sente inferiore, indegno. Anche questo è ego. Anche questo è un riflesso. Dapprima viene la madre, e all’inizio la madre rappresenta tutto il mondo. Poi alla madre si uniscono gli altri, e il mondo continua a crescere. E più il mondo cresce, più l’ego diventa complesso, perché vi si riflettono le opinioni di molte altre persone.

L’ego è un fenomeno di accumulazione, un sottoprodotto della vita vissuta con gli altri. Se un bambino vive completamente solo, non accadrà che in lui cresca un ego. Ma questo non aiuta affatto. Egli rimarrà come un animale. Questo non vuol dire che arriverà a conoscere il suo autentico sé, per nulla! Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso. E’ una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione.

Non potete conoscere la verità direttamente. Prima dovete conoscere ciò che non è vero. Prima dovete scontrarvi con il falso: questo incontro, vi aiuterà a conoscere la verità. Se conoscete il falso in quanto tale, la verità sorgerà in voi. L’ego è una necessità; è una necessità sociale, è una conseguenza della società. La società è tutto ciò che vi circonda: non siete voi, ma quello che vi sta intorno. Tutto, eccetto voi, è la società. E tutti riflettono. Andrai a scuola e il maestro rifletterà chi sei. Diventerai amico di altri bambini, e gli altri bambini rifletteranno chi sei. Pian piano, tutti quanti aggiungono qualcosa al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo, in modo tale che tu non divenga un problema per la società. Gli altri non si preoccupano di te. Il loro unico interesse è la società.

La società si preoccupa di se stessa, e così dev’essere. A loro non importa che tu divenga un conoscitore di te stesso. A loro importa che tu divenga una parte efficiente del meccanismo della società: devi adattarti allo schema. Quindi, cercano di darti un ego compatibile con la società. Ti insegnano una morale. La morale comporta il darti un ego compatibile con la società. Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato. Ecco perché mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato; non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi… semplicemente, essi non sono compatibili.

Sono fonte di problemi. Hanno ego particolari, che la società non approva. Se la società li approvasse, tutto andrebbe bene. Un uomo ammazza qualcuno: è un assassino. E lo stesso uomo, in tempo di guerra, uccide migliaia di persone… e diventa un grande eroe. La società non è disturbata da un delitto, però il delitto deve essere commesso negli interessi della società: in questo caso è pienamente accettato.

La società non si preoccupa della moralità. La moralità presuppone semplicemente che tu ti debba adattare alla società. Se la società è in guerra, la morale cambia. Se la società è in pace, esiste una morale diversa. La morale è politica sociale. E’ diplomazia. E ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale, da rientrare negli schemi della società: questo è tutto, in quanto alla società interessa avere componenti efficienti. Alla società non interessa che tu raggiunga la conoscenza di te stesso.

La società crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato. Il sé non potrà mai essere né controllato né manipolato. Nessuno ha mai sentito parlare di un società che controlli il sé: non è possibile. E il bambino ha bisogno di un centro; il bambino è totalmente inconsapevole del suo centro. La società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società. Un bambino torna a casa: se è risultato il primo della classe, tutta la famiglia è felice. Lo abbracciate e lo baciate, ve lo prendete sulle spalle, lo fate ballare, e gli dite: “Figlio bello! Siamo orgogliosi di te.” Gli state dando un ego, un ego sottile. E se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, una frana — non ce l’ha fatta, oppure lo hanno messo nell’ultimo banco — allora nessuno gli fa complimenti, ed egli si sente rifiutato… la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso.

L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. E’ per questo motivo che chiedete continuamente attenzione. Ho sentito raccontare: Mulla Nasruddin e sua moglie stavano uscendo da un cocktail party, e Mulla disse: “Cara, nessuno ti ha mai detto che sei affascinante, che sei bella, che sei stupenda?” Sua moglie si sentì salire alle stelle, era felicissima. Rispose: “Mi domando come mai nessuno me l’abbia mai detto.” Nasruddin replicò: “E allora, cosa te lo fa pensare… ?” Tu prendi dagli altri l’idea di chi sei. Non è un’esperienza diretta. Sono gli altri a darti l’idea di chi sei. Essi danno forma al tuo centro.

Questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro. Nessun altro può metterci voce… non sono affari suoi! Nessun altro gli può dare una forma… vieni al mondo con quel centro. Tu sei nato con lui. Quindi, tu hai due centri. Un centro tuo, che ti è dato dall’esistenza stessa: questo è il sé. E l’altro creato dalla società: questo è l’ego.

E’ una cosa falsa… ed è in se stesso un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ti controlla: devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo; devi ridere in un certo modo; devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei.

Gli altri ti hanno dato quell’idea. Quell’idea è l’ego. Cercate di capirlo quanto più profondamente possibile, perché questa è una cosa che si deve gettare via. E a meno che non la gettiate via, non potrete mai raggiungere il sé… perché voi tutti siete dipendenti dal centro: non potete muovervi, e di conseguenza non siete in grado di guardare nella direzione del sé. E ricordate: ci sarà un periodo di transizione, un intervallo di tempo, durante il quale l’ego sarà fatto a pezzi; voi non saprete più dove siete né chi siete, e tutti i confini si confonderanno. Sarete confusi, nel caos. In questo caos, avrete paura di perdere il vostro ego, ma deve essere così.

Bisogna passare attraverso il caos per arrivare a toccare il vero centro. Se avrete coraggio, questo periodo sarà breve. Se invece avete paura e ricadete nell’ego, e ricominciate ancora una volta a organizzarlo, allora ci vorrà moltissimo tempo, forse addirittura intere vite. Una volta un bambino andò a far visita ai nonni; aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo mise a letto, improvvisamente si mise a gridare, a piangere: “Voglio andare a casa, ho paura del buio.” La nonna allora gli disse: “So bene che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto la luce accesa, perché allora qui hai paura?” Il bambino rispose: “E’ vero, ma quello è il mio buio; questo buio qui, invece, non lo conosco.” Anche dell’oscurità si pensa: “Questa è la mia”. All’esterno… un’oscurità sconosciuta. Con l’ego la sensazione è: “Questa è la mia oscurità.” Può anche essere difficoltoso; può creare molte sofferenze, tuttavia si pensa: è mio. Qualcosa da afferrare; qualcosa a cui aggrapparsi; qualcosa sotto i piedi… non siete in un limbo, nel vuoto. Puoi anche essere infelice, ma perlomeno esisti. Persino l’essere sofferente ti dà il senso di “Io sono”.

Se te ne allontani, arriva la paura; inizi a temere l’oscurità che non conosci e il caos… perché la società è riuscita a far luce solo su una piccola parte del tuo essere. E’ come entrare in una foresta: fai un po’ di pulizia, liberi un piccolo spazio, lo recinti, costruisci una capanna, un giardinetto, un prato… e sei soddisfatto. Oltre la siepe, la foresta, il mondo selvaggio. Qui tutto è a posto: hai pianificato tutto. E’ accaduta la stessa cosa. La società ha fatto un po’ di pulizia nella vostra consapevolezza. Ha ripulito perfettamente una piccola parte e l’ha recintata. E lì dentro tutto è a posto. E’ questo che fanno tutte le vostre università.

Tutta la cultura e tutti i condizionamenti, servono solo a ripulire quella piccola porzione del vostro essere in modo tale da farvi sentire a casa. Ma ecco che vi spaventate. Oltre la siepe c’è il pericolo. Voi esistete oltre la siepe, così come esistete al suo interno, e la vostra mente cosciente è appena una parte, un decimo di tutto il vostro essere. Gli altri nove decimi sono in attesa, nell’oscurità, e in questi nove decimi è nascosto, da qualche parte, il vostro centro reale. E’ necessario rischiare… essere coraggiosi.

Occorre fare un passo nell’ignoto. Per un attimo, tutti i confini spariranno. Per un attimo, avrete le vertigini. Per un attimo, sarete spaventati e sconcertati, come se fosse avvenuto un terremoto. Ma se siete coraggiosi e non tornate indietro, se non ricadete di nuovo nell’ego e continuate ad andare avanti… dentro di voi esiste un centro, che possedete da vite intere. Questa è la vostra anima, il vostro sé.

Quando vi ci avvicinerete, tutto cambierà, tutto si organizzerà di nuovo. Ma questa volta l’assestamento non sarà opera della società. Ora ogni cosa diventerà un tutto organico e armonico, non un caos: nascerà un nuovo ordine. Ma questo non è più l’ordine della società: è l’ordine stesso dell’esistenza: è ciò che Buddha, chiama Dhamma; Lao Tzu, Tao; Eraclito, Logos. Non è fatto dall’uomo: è l’ordine stesso dell’esistenza. Ecco che allora, all’improvviso, tutto sarà di nuovo bello; anzi, per la prima volta, è davvero bello, perché le cose fatte dall’uomo non possono essere belle.

Al massimo se ne può nascondere la bruttezza, ma niente di più. Si può cercare di renderle attraenti, ma non potranno mai essere belle. La differenza è la stessa che esiste tra un fiore vero e uno di plastica o di carta. L’ego è un fiore di plastica, morto. Sembra un fiore, ma non lo è. Di fatto, non lo si può chiamare fiore. Anche da un punto di vista linguistico è sbagliato, perché un fiore è qualcosa che fiorisce, mentre questo oggetto di plastica è solo un oggetto, non può fiorire. E’ morto, in lui non c’è vita alcuna. Tu hai, dentro di te, un centro in fiore. E’ per questo che gli hindu lo chiamano Fior di Loto, perché è qualcosa che fiorisce. Lo chiamano il loto dai mille petali.” Mille”, significa “infiniti petali”.

E continua a fiorire, non si ferma mai, non muore mai. Voi però, vi accontentate di un ego di plastica. E sono molti i motivi per cui vi accontentate. Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai. Non può… non è mai stata viva. Quindi, potete comprare fiori di plastica; sotto un certo aspetto vanno bene: durano molto… non sono eterni, ma durano a lungo. Il fiore vero, che spunta in giardino, è eterno, ma non dura a lungo. E ciò che è eterno ha un suo modo di esserlo.

E questa è la via di ciò che è eterno: nascere e morire continuamente. Con la morte si ricrea, torna a essere di nuovo giovane. A noi sembra che il fiore vero sia morto… non muore mai, cambia semplicemente corpo, e in questo modo è sempre fresco.

Lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte… e continua a fiorire. Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore… non vediamo mai la continuità. E’ lo stesso fiore che è sbocciato ieri. E’ lo stesso sole… ma con un abito diverso. L’ego ha una sua qualità: è morto, è una cosa di plastica. Ed è molto facile averlo, perché sono gli altri a dartelo. Non hai bisogno di cercarlo, non è richiesta nessuna ricerca.

Ecco perché solo diventando un ricercatore dell’ignoto, potrai essere un individuo, altrimenti non lo sarai mai. Tu sei solo parte della folla. Sei tu stesso una folla. Se non hai un centro reale, come farai a essere un individuo? L’ego non è dell’individuo. E’ un fenomeno sociale, appartiene alla società, non è tuo. Ti dà però una funzione nella società, ti inserisce in una gerarchia. E se ti accontenti di questo, perderai ogni occasione di trovare il tuo “sé”. Ed è per questo che sei così infelice. Con un vita artificiale, come puoi essere felice? Con una vita falsa, come puoi vivere in estasi e in beatitudine? Ed ecco che questo ego crea molte sofferenze, milioni di sofferenze.

Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa. Non hai mai notato che tutti i tipi di infelicità penetrano in te attraverso l’ego? Non ti può rendere beato, può solo renderti infelice. L’ego è l’inferno. Ogni volta che soffri, cerca semplicemente di osservare, di analizzare… e scoprirai, che è l’ego, in qualche modo, la causa di tutto. Inoltre, esso continua a scoprire nuovi motivi di sofferenza. Una volta mi trovavo a casa di Mulla Nasruddin, e la moglie diceva cose terribili su di lui in modo rabbioso, villano, aggressivo, era quasi sul punto di scoppiare, con violenza.

Il Mulla se ne stava però seduto in silenzio, e ascoltava. All’improvviso la moglie si voltò verso di lui e gli disse: “E così, hai ancora da ridire, vero?” Mulla rispose: “Ma se non ho aperto bocca.” “Lo so”, rispose la moglie, “ma stai ascoltando in modo molto aggressivo.” Sei un egoista, come tutti. Alcuni problemi sono grossolani, superficiali, e non presentano troppe difficoltà. Altri invece sono sottili, profondi e sono questi i veri problemi.

L’ego lotta in continuazione con gli altri, perché non ha nessuna confidenza con se stesso; non può averne, è qualcosa di falso. Quando non hai niente in mano e invece pensi di avere qualcosa, ecco che nasce il problema. Se qualcuno dice: “Non c’è niente”, comincerà subito la lotta, perché anche tu senti che non c’è niente… l’altro ti rende cosciente di questa evidenza. L’ego è falso, è nulla, e questo lo sai anche tu. Come puoi non saperlo? E’ impossibile.

Un essere consapevole, come può non sapere che il suo ego è semplicemente falso? Gli altri gli dicono che non c’è niente, e tutte le volte che gli altri ti dicono che non c’è niente, ti feriscono, dicono la verità, e niente colpisce come la verità. Devi difenderti: se non lo fai, se non stai sulla difensiva, che cosa accadrà di te? Ti perderai. La tua identità si spezzerà. Per questo devi difenderti e lottare: qui nasce il conflitto. Chi è centrato nel suo sé, non è mai in conflitto. Possono essere gli altri a lottare con lui, ma lui non si metterà mai in conflitto con nessuno.

Una volta, mentre un maestro Zen camminava per la strada, un uomo si precipitò su di lui e lo colpì duramente. Il maestro cadde, poi si rialzò, e riprese a camminare nella stessa direzione di prima, senza neppure voltarsi indietro. Un discepolo che era con il maestro rimase molto colpito e chiese: “Chi è quell’uomo? Che cosa vuol dire tutto questo? Nessuno può voler uccidere un essere che vive come te; e tu non lo hai neppure guardato. Chi è, e perché l’ha fatto?” Il maestro rispose: “E’ un problema suo, non mio.” Puoi metterti a combattere con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se tu rimani ferito in quella lotta, anche questo sarà un tuo problema, non suo. L’illuminato non può colpirti. E’ come picchiare contro un muro: ti potrai anche ferire, ma non è il muro che ti colpisce. L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché? Perché se nessuno ti presta attenzione, il tuo ego inizia a sentirsi affamato.

Vive sull’attenzione degli altri. Perciò, anche se qualcuno lotta ed è in collera con te, questo ti va bene: per lo meno ti ha prestato attenzione. Se qualcuno ti ama tutto va bene; ma se nessuno ti ama, ti va bene anche la rabbia. Perlomeno sei oggetto di attenzione. Se però questa attenzione non esiste, se nessuno pensa che sia importante, che tu sia qualcuno, come farai a nutrire l’ego? E’ necessaria l’attenzione degli altri… e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare.

Quando percepisci che la situazione è di un certo tipo, ti adegui immediatamente, in modo che la gente ti presti attenzione. Questo è vero e proprio mendicare. Un vero mendicante è colui che ricerca e chiede attenzione. E un vero imperatore è colui che vive di se stesso, che ha un proprio centro e non dipende da nessun’altro. Buddha è seduto sotto l’albero del bodhi… se il mondo di colpo scomparisse, farebbe forse qualche differenza per lui? No, per nulla. Se il mondo intero scomparisse, non farebbe alcuna differenza, perché egli ha conseguito il proprio centro.

Tu invece, se tua moglie scappa, divorzia, va con qualcun altro, vai in pezzi, resti completamente sconvolto: lei, infatti, ti prestava attenzione, si dedicava a te, ti amava, ti stava sempre attorno, ti faceva sentire qualcuno. Ora, il tuo impero è completamente perduto, sei semplicemente distrutto. Cominci a pensare al suicidio. Ma perché? Perché se la moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché se il marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai nessun centro che sia davvero tuo. Erano il marito o la moglie a dartelo. Questo è il modo in cui la gente vive. Questo è il modo in cui si diventa dipendenti dagli altri. E’ una vera e propria schiavitù, ed è molto profonda. L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri. Solo una persona priva di ego è per la prima volta un maestro, non più uno schiavo. Cerca di capirlo. Inizia a cercare l’ego: non negli altri — che non ti riguarda — ma in te stesso.

Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno. Ti aspetti qualcosa… e non succede niente. Ti aspetti qualcosa… e accade tutto il contrario: il tuo ego ne rimane sconvolto, cadi nell’infelicità più nera. Limitati ad osservarlo: quando ti senti infelice prova a scoprirne il motivo. Le cause non stanno al di fuori di te. Il motivo fondamentale è dentro di te, ma tu guardi sempre al di fuori, chiedi sempre: chi mi rende così infelice? Chi provoca questa mia rabbia, questa mia angoscia? Se guardi all’esterno, non lo scoprirai mai.

Limitati a chiudere gli occhi e a guardare sempre dentro di te. La fonte di ogni miseria, rabbia, angoscia, è nascosta dentro di te: è il tuo ego. E se trovi la fonte, sarà facile andare oltre. Se riesci a vedere che il tuo stesso ego è la causa di ogni sofferenza, preferirai abbandonarlo, perché nessuno può portarsi dietro la causa della propria sofferenza, una volta che la conosce.

E ricordarti che non c’è bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi farlo. Se ci provi, arriverai ad avere un ego più raffinato che dirà: “Sono diventato umile”. Non cercare di essere umile. Di nuovo sarà una maschera dell’ego, ancora non sarà morto. Non cercare di essere umile. Nessuno può darsi da fare per essere umile; e nessuno lo può diventare attraverso lo sforzo.

Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione: è l’ombra del vero centro. Un uomo davvero umile, non è né umile né egoista. E’ unicamente semplice. Non è neppure consapevole di esser umile.

Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora. Guarda le persone umili… ce ne sono a milioni che credono di esserlo. Si inchinano molto profondamente, ma osservali: sono gli egoisti più elusivi. Ora si nutrono alla fonte dell’umiltà. Dicono: “Sono umile”, e poi ti guardano e aspettano la tua approvazione. “Come sei umile!” vorrebbero sentirti dire. “Sei davvero l’uomo più umile del mondo; nessuno è umile come te.” E osserva il sorriso che compare sui loro volti.

Che cos’è l’ego? L’ego è una gerarchia che si fonda sull’idea: ” Nessuno è come me”, e che può benissimo alimentarsi con l’umiltà. “Nessuno è come me, sono il più umile di tutti gli uomini.” Una volta, accadde che un fachiro, un mendicante, pregasse in una moschea, la mattina presto, quando era ancora buio.

Era una festa religiosa per i mussulmani, e lui pregava dicendo: “Non sono nessuno, sono il più povero dei poveri, il più peccatore tra i peccatori.” All’ improvviso, un’altra persona cominciò a pregare. Era l’imperatore di quel Paese, che non si era accorto che qualcun altro stava pregando — era ancora buio — e anche lui cominciò a dire: “Non sono nessuno, non sono niente. Sono semplicemente vuoto, un mendicante che bussa alla tua porta.” E quando si accorse che qualcun altro stava dicendo la stessa cosa, sbottò: “Smettila! Chi è che cerca di superarmi? Chi sei? Come osi dire davanti al tuo imperatore che non sei nessuno, mentre anche lui lo sta dicendo?”

Ecco come funziona l’ego. E’ così sottile e astuto, che bisogna stare molto, molto attenti: solo così lo si può vedere. Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego. Osserva semplicemente! Non c’è bisogno di lasciarlo cadere, non si può. Chi ci riuscirà? A quel punto, colui che lo lascerà cadere, diventerà un nuovo ego, perché l’ego ritorna sempre. Qualunque cosa tu faccia, limitati a metterti in disparte e osserva, guarda: non fare altro.

Qualunque cosa tu faccia — umiliarti, renderti modesto e semplice — niente ti sarà di aiuto. Puoi solo fare una cosa: limitarti a osservare che l’ego è la fonte di ogni miseria. Ma non dirlo, non ripeterlo, osserva. Perché dire che è la fonte di ogni infelicità, e continuare a ripeterlo, non serve a niente.

Tu devi arrivare a capirlo. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi semplicemente gli occhi: non cercare di scoprirne le cause all’esterno; prova a vedere da dove viene questa disperazione. E’ il tuo stesso ego. Se continui a sentire e a capire, se questa comprensione che l’ego ne sia la causa, si radica profondamente in te, un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso. Nessuno lo lascia cadere; nessuno è in grado di lasciarlo cadere.

Puoi semplicemente osservare che, a un certo punto, è scomparso, perché la comprensione stessa che sia l’ego a creare ogni sofferenza, lo fa cadere. Questa profonda comprensione, è la caduta stessa dell’ego. Ma tu sei bravissimo a vedere l’ego degli altri; anche se nessuno, in realtà, è in grado di vedere l’ego di un altro…. quando invece riguarda te, nasce il problema, perché non conosci questa regione, non l’hai mai attraversata.

Il vero sentiero verso il divino, verso l’assoluto, deve passare attraverso la regione dell’ego. Bisogna riconoscere come falso ciò che è falso. Bisogna riconoscere la fonte della nostra sofferenza in quanto tale, e a questo punto l’ego cade da solo, semplicemente. Quando ti rendi conto che è un veleno, cade da sé. Quando ti rendi conto che è fuoco, cade da sé. Quando ti rendi conto che è l’inferno, cade da sé.

Quindi non affermare mai: “Ho lasciato cadere l’ego”. Ridi semplicemente di tutto, del fatto che eri tu stesso l’autore di tutta la tua sofferenza. Stavo guardando dei fumetti di Charlie Brown. In uno di questi, gioca con i cubi, per costruirsi una casa. E’ seduto al centro, e monta le pareti… a un certo punto, si trova chiuso dentro: ha costruito pareti tutt’intorno a sé, e si mette a gridare: “Aiuto! Aiuto!” E’ stato lui a fare tutto! E ora è chiuso dentro, imprigionato. E’ un atteggiamento infantile, ma è quello che avete fatto tutti voi, finora. Avete costruito una casa tutto intorno a voi, e ora gridate: “Aiuto! Aiuto!” E la sofferenza aumenta a dismisura, perché colui che dovrebbe portarvi aiuto, si trova sulla stessa barca. Una donna bellissima va dallo psicanalista per la prima seduta, e lui, d’acchito, le chiede: “Per favore si avvicini”. E non appena la paziente gli si avvicina, il dottore le salta addosso, stringendosela tra le braccia e baciandola.

La donna rimane esterrefatta. Lo psicanalista continua: “Ora si segga pure. Questo risolve i miei problemi… adesso parliamo dei suoi!” Il problema diventa complesso, perché chi dovrebbe portare aiuto, si trova sulla stessa barca. Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti.

Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli. Anzi, li danneggerai. Chi ha ancora i propri problemi, non può essere di grande aiuto. Solo chi non ne ha più, può aiutarti. Solo allora, avrà la chiarezza per vedere attraverso di te: una mente che non ha problemi propri, può vederti: per lei diventi trasparente.

Una mente che non ha problemi, può vedere dentro di sé, ed è per questo che è in grado di vedere attraverso gli altri. In Occidente, esistono numerose scuole di psicoanalisi, ma non sono di aiuto alle persone, anzi sono piuttosto un danno. E questo perché chi aiuta gli altri, o cerca di aiutarli, o si propone in quanto aiuto, in realtà si trova sulla stessa barca di coloro che vorrebbe salvare. E’ difficile vedere il proprio ego. E’ molto facile vedere quello degli altri. Ma non è questo il punto, tu non li puoi aiutare. Prova a vedere il tuo ego.

Osservalo semplicemente. E non avere fretta di lasciarlo cadere, osservalo semplicemente. Quanto più lo osservi, tanto più sarai in grado di osservarlo. E un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che è semplicemente caduto. E quando cade per conto suo, solo in questo caso cade veramente. Non c’è altro modo. Non puoi farlo cadere prima del tempo. Cade esattamente come una foglia secca.

L’albero non fa niente: basta un soffio di vento, qualcosa che accade… e la foglia secca semplicemente si stacca. L’albero non si accorge nemmeno che la foglia secca sia caduta. Non fa rumore, non pretende niente, proprio niente. La foglia secca cade semplicemente, e non fa altro che frantumarsi sul terreno. Proprio così…

Quando, attraverso la comprensione e la consapevolezza, maturerai, e avrai realizzato davvero che l’ego è la causa di tutta la tua sofferenza, un giorno vedrai semplicemente cadere quella foglia secca. Si poserà a terra, morirà per conto suo, senza che tu abbia fatto nulla, senza la pretesa di essere stato tu a farla cadere. Ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso, e in quel momento emergerà il vero centro. Questo vero centro è l’anima, il sé, dio, la verità o qualsiasi altro nome gli vogliate dare. E’ senza nome, per cui gli si può dare qualunque nome. Puoi dargli tu stesso il nome che preferisci.

Copyright © 2003 Osho International Foundation Osho,

tratto da: Tantra: La comprensione suprema

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Ma l’ego è il mio senso di me stesso, no?

No. L’ego è ciò che credi di essere. Non ha nulla a che fare con Chi Sei Realmente.

Questo non contraddice un tuo precedente insegnamento, cioè che è giusto avere un amor proprio?

No. Avere amor proprio è un’ottima cosa: l’ego è necessario per sperimentare ciò che stai provando adesso, cioè la sensazione di essere un’entità separata in un mondo relativo.

Okay, adesso sono totalmente confuso.

Anche questo va benissimo. La confusione è il primo passo verso la saggezza. Folle è chi crede di avere tutte le risposte.

Insomma, avere un ego va bene o non va bene?

Questa è una domanda complessa. Voi siete entrati nel mondo relativo (quello che Io definisco il Regno del Relativo) per sperimentare ciò che non potreste provare nel Regno dell’Assoluto. Cercate di sperimentare Chi Siete Realmente. Nell’Assoluto potete saperlo, ma non sperimentarlo. E il desiderio della vostra anima è quello di conoscersi attraverso l’esperienza. Il motivo per cui nel Regno dell’Assoluto non potete sperimentare nessun aspetto di Chi Siete Realmente è che in quella dimensione non c’è nulla che voi non siate. L’Assoluto è l’assoluto. Il Tutto di Ogni Cosa. L’Alfa e Omega, senza nulla nel mezzo. Non ci sono gradi dì “assolutezza”. I gradi di qualunque cosa possono esistere soltanto a livello relativo. Il Regno del Relativo è stato creato allo scopo di permettervi di conoscere Voi Stessi come esseri magnifici, tramite l’esperienza. Nel Regno dell’Assoluto non c’è altro che la magnificenza, quindi la magnificenza “non è”. Ovvero, non può essere sperimentata, non può esseRe conosciuta tramite l’esperienza, perché non è possibile sperimentare la magnificenza in assenza di ciò che, non è magnifico. In verità, siete Uno con tutte le cose. questa è la vostra magnificenza! Eppure, mentre siete in questo stato di unità con il tutto, non potete conoscerla, perché non esiste nient’altro, e quindi essere Uno con tutte le cose non significa nulla. Nella vostra esperienza, siete semplicemente “voi” e non sperimentate in alcun modo la magnificenza di tutto ciò. L’unico modo che avete per sperimentare la magnificenza di questa unità è quello di creare una condizione in cui non essere Uno con tutte le cose sia possibile. Ma poiché nel Regno dell’Assoluto, che rappresenta la realtà ultima, tutto è Uno, creare qualcosa che non sia parte di tale unità è impossibile. Non è impossibile, tuttavia, creare l’illusione di non essere Uno con tutto. È stato questo il motivo per cui è stato creato il Regno del Relativo. Come il paese delle meraviglie di Alice, in cui le cose non sono ciò che sembrano. Il vostro ego è lo strumento principale che avete a disposizione per creare tale illusione. Vi permette di immaginarvi separati da Tutto il Resto di Voi. È la parte di voi che vi vede come individui. Voi non siete individui, eppure dovete individualizzarvi, per comprendere e apprezzare l’esperienza del tutto. Perciò, in questo senso, avere amor proprio è “bene”. Lo è alla luce dì ciò che tentate di fare. Ma averne troppo non va bene, rispetto a ciò che state cercando di fare. Il vostro scopo è quello di usare l’illusione della separazione per comprendere e apprezzare meglio l’esperienza dell’Unione, che rappresenta Chi Siete Realmente. Quando l’amor proprio diventa così forte che riuscite a vedere soltanto il vostro Sé separato, perdete ogni possibilità di sperimentare il Sé unificato e siete perduti. Vi siete letteralmente smarriti nel mondo dell’illusione e vi tocca restarci per molte vite, finché riuscirete a liberarvene, o finché qualcun altro, un’altra anima, non vi aiuterà a uscirne. Questo significa l’espressione “restituire le persone a se stesse”. Questo è ciò che le Chiese cristiane intendevano con il concetto di “salvatore”. L’unico loro errore è stato quello di proporsi quale unico strumento di “salvazione”, rafforzando così l’illusione della separazione, proprio quella separazione da cui in teoria cercano di salvarvi. Insomma, capire se è o meno una buona cosa avere amor proprio è una questione complessa: tutto dipende da ciò che state cercando di fare. Se usate l’ego come uno strumento attraverso il quale sperimentare la Realtà Unica, è un bene. Se è l’ego a usare voi per impedirvi di sperimentare tale realtà, non è un bene. Comunque potrete sempre scegliere liberamente, rispetto a ciò che siete venuti a fare qui. Se trovate piacevole non sperimentare voi stessi come parte dell’Uno, avete la scelta di non fare quell’esperienza proprio adesso. Solo quando ne avrete avuto abbastanza della separazione, dell’illusione, della solitudine e del dolore, cercherete la via per tornare a casa. E scoprirete che Io sono lì, che sono sempre stato lì.

Sempre. In tutti i modi.

Tratto dal libro “Conversazioni con Dio Un dialogo fuori dal comune” di Neale Donald Walsch

visionealchemica

 

IL “SACERDOZIO DELLA MENTE” DELL’INDUSTRIA PSICOFARMACEUTICA 2° Parte

 

L’architettura della sorveglianza
“La scienza non possiede la tecnologia per misurare gli squilibri biochimici all’interno del cervello vivo”, osserva il medico scrittore Peter R. Breggin. “La speculazione sugli squilibri biochimici è in realtà una campagna di marketing delle aziende farmaceutiche per vendere le medicine.” Così, agli “screening” sulla salute mentale mancano i parametri scientifici oggettivi e la valutazione di indicatori fisici per determinare l’esistenza di un disturbo. Piuttosto, l’opinione si basa sulla risposta del soggetto a una serie di domande.
Negli ultimi anni, sono stati implementati scrupolosamente dei metodi di marketing nei campus dei college americani per condizionare una generazione verso l’accettazione della natura di routine dei controlli per la salute mentale. Nei primi anni del Duemila, la Wyeth, produttrice dell’antidepressivo Effexor, sponsorizzò “campagne educative per la salute mentale” in dieci campus universitari. Il programma di 90 minuti, intitolato La depressione al college: mondo vero, vita vera, problemi veri, si svolgeva negli auditorium dei campus ed era presentato dalla star di MTV, nonchè consumatrice di Effexor, Cara Kahn. Agli “screening” per la depressione associati al programma, che oggi sono diventati parte normale del regime sanitario pubblico, si accompagnavano slogan vivaci, come “Sei stressato? Vieni a scoprire quanto”, e “Vieni a testare il tuo umore”. I rappresentanti del settore osservavano come queste sollecitazioni incontravano un interesse maggiore fra i potenziali partecipanti rispetto a quello che avrebbe riscosso un più prosaico ” test di controllo per la depressione”.
Se è vero che il fascino dei rimedi psicotropi si sta esaurendo come suggeriscono alcune tendenze del settore del mercato, è essenziale creare in qualsiasi modo un nuovo bisogno di terapie e prodotti psicofarmaceutici. Considerando l’effettivo calo delle vendite di antidepressivi e l’ampia accettazione da parte dei governi delle superficiali definizioni degli psichiatri sulle anomalie del comportamento con i relativi rimedi, ci si può spiegare la comparsa recente di studi, ampiamente pubblicizzati, a sostegno di una crescente epidemia di malattie mentali e i programmi statali che impongono ai giovani controlli psicologici obbligatori, completi di eventuali trattamenti farmaceutici. Che cosa, esattamente, costituisce un disturbo mentale che richiede un trattamento? Ancora una volta, l’assorbimento ampliato di peculiarità descritte nell’imminente DSM-5 fornirà alcune indicazioni di ciò su cui si focalizzeranno i futuri screening. Una persona che esprime piacere nel fumare una sigaretta occasionale sarà classificata come sofferente di “disturbo da uso di tabacco”. A uno che ama bere in compagnia potrebbe essere applicata l’etichetta del “disturbo da uso di alcool”. A qualcuno che beve regolarmente troppe tazze di caffè o lattine di tè freddo potrebbe venire una “intossicazione da caffeina” o, peggio, un “disturbo d’ansia indotto da caffeina”. Chi passa troppo tempo a navigare in rete, visitando siti di scommesse online o siti porno o facendo troppi acquisti online, potrebbe essere giudicato rispettivamente come affetto da “dipendenza da Internet”, “disturbo da gioco d’azzardo”, “ipersessualità” o “disturbo da shopping compulsivo”, e gli si potrà prescrivere di conseguenza un adeguato regime farmacologico. Inoltre, l’espansione della psichiatria sotto l’elgida federale aumenta il potenziale per un abuso in stile sovietico per mettere a tacere i dissidenti politici, come illustra il caso di un ex Marine statunitense, Brandon Raub.
Esprimere la ferma convinzione che esistano le manipolazioni climatiche o discutere dell’inspiegabile collasso,  l’11 settembre, dell’edificio 7 del World Trade Center potrebbe essere motivo di diagnosi di un “disturbo deliratante paranoide”. Gli attivisti che richiamano l’attenzione sulla logica poco credibile della “guerra al terrorismo”, sulla Federal Reserve o sulle prevaricazioni di quello che sta diventando uno stato di polizia si potranno facilmente classificare come affetti da problemi irrisolti di “disturbo oppositivo provocatorio”.
Con una gamma talmente vasta di malattie a loro volta soggette all’interpretazione del medico psichiatra, quasi tutti siamo vulnerabili allo sguardo inquisitore della lobby psicofarmaceutica, specialmente se questo sguardo cade sui gruppi d’età più giovani.
“[La nuova legge sulla sanità accessibile] è studiata per contribuire ad aumentare gli incentivi ai professionisti della medicina e della salute mentale affinchè si prendano cura dei pazienti nell’intera sfera dell’assistenza”, sottolinea lo psicologo John M. Grohol, redattore del popolare sito PsychCentral. “Le ricerche indicano che questo tipo di assistenza integrata e coordinata si rivela benefica per il paziente. Può contribuire a portare allo scoperto i problemi di salute prima che si trasformino in disturbi più gravi”.
Il diffondersi di un’epidemia di malattie mentali, o il fatto che la professione psichiatrica ne sostenga l’esistenza, ha conseguenze gravi non solo in termini di pene personale, ma anche per interi settori economici.
Gli esperti di salute mentale sostengono che quasi il 40% degli europei soffra di disturbi mentali: questo problema costerebbe all’economia europea centinai di miliardi di euro all’anno. Uno studio del 2011 conclude che 165 milioni di residenti nell’Unione Europea sono afflitti da una forma di malattia mentale. “E’ assolutamente necessario colmare l’immenso vuoto esistente nella cura dei disturbi mentali”, afferma l’autore principale dello studio. “Dato che i disturbi mentali iniziano spesso in età giovanile, hanno un forte impatto negativo nelle fasi successive della vita… Solo un trattamento precoce e mirato nei giovani riuscirà a prevenire con efficacia il rischio di una proporzione sempre maggiore di malati gravi… i pazienti del futuro”.
Negli USA, dove la legge sulla sanità accessibile sottolinea “l’importanza di integrare e coordinare l’offerta di servizi per la salute fisica e mentale e fornisce degli incentivi agli operatori sanitari per integrare l’assistenza”, anche un individuo che ha un’assicurazione privata e che va all’ospedale per un malore fisico o un infortunio sarà sempre più soggetto alla sorveglianza e valutazione secondo gli standard stabiliti dal DSM. Il rapporto “Vigilanza sulle malattie mentali 2011” dei Centri per il Controllo delle Malattie evidenzia che il 25% degli americani soffre di malattie mentali e che uno su due svilupperà una malattia mentale in futuro. In questo modo un programma di “vigilanza sulla salute pubblica” comprende “funzionari della sanità pubblica, accademici, personale medico e paramedico e gruppi di sostegno” metterà a disposizione “più sistemi di vigilanza” per “ridurre l’incidenza, la diffusione, la gravità e l’impatto economico delle malattie mentali; valutare le associazioni fra le malattie mentali e altri problemi medici cronici (obesità, diabete, cardiopatie e abuso di alcool o sostanze); identificare gruppi ad alto rischio di malattie mentali e fornire interventi, trattamenti e misure preventive mirati; offrire parametri misurabili per valutare la riuscita degli interventi sulle malattie mentali. Il progetto si avvale del DSM per identificare e diagnosticare queste malattie.
I CDC notano poi che “l’importanza per la salute pubblica delle misure per aumentare i tassi di trattamento della depressione si riflette in Healthy People 2020″, un piano decennale del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani che include “obbiettivi nazionali per accrescere il trattamento della depressione negli adulti e il trattamento per i problemi di salute mentale nei minori”.
Per contribuire al programma, il governo degli Stati Uniti ha stabilito una Task Force per la Prevenzione che oggi raccomanda “screening della salute mentale” ai ragazzi dai 12 ai 18 anni. Così come il programma Vigilanza sulle Malattie Mentali, la Task Force utilizza il DSM come modello per le diagnosi.

Conclusione
Dato che il governo federale degli Stati Uniti e il settore assicurativo oggi sono impegnati in un investimento combinato per mitigare i rischi associati a una miriade di comportamenti personali classificati dal DSM, i singoli individui, e la società più in generale, devono chiedersi: “Ma fin dove si spinge questa vigilanza?”
Attualmente, l’individuo può ancora esercitare un certo grado di controllo rispetto a quali informazioni mediche desidera rivelare all’apparato di vigilanza medica. Tuttavia, il sempre maggiore dispiegamento di tecnologie biometriche e il rapido passaggio a una base elettronica, senza contanti, delle transazioni finanziarie praticamente assicura la fine di questa modesta sfera di privacy, nonchè la realizzazione completa di una rete panottica e di vasta portata in grado di identificare e localizzare le idiosincrasie private, producendo così dei candidati per “interventi” e trattamenti.
Per sfidare e contrastare il complesso psicofarmaceutico e la sua morsa sulla società, che va sempre più estendendosi, è assolutamente necessario comprendere e riconoscere come la sua storia si intrecci a giochi di pubblicità e pubbliche relazioni per modellare la percezione pubblica e quello che oggi costituisce un sistema di convinzioni ampiamente accettato nei confronti della salute e della malattia mentale. Il fatto che questo complesso oggi sia più che mai alleato della sovrastruttura della sanità nazionale e costituisca un elemento centrale in ambito medico delle macchinazioni del governo suggerisce l’imminente realizzazione di una vera e propria tecnocrazia farmacologica in cui, attraverso una incessante persuasione di massa e direttive legislative, sarà una falsa medicina con i suoi farmaci a riempire il vuoto di un’esistenza sciupata e insoddisfatta.

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