DEPRESSIONE, IL GRIDO DELL’ANIMA

Il male oscuro invisibile della nostra società.
Questa malattia è un segnale che ci avvisa in modo forte e chiaro che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Essa ci avvisa che occorre apportare un cambiamento e soprattutto ascoltare la propria anima per ritrovare il contatto con la nostra spiritualità e perseguire lo scopo della nostra vita, invece di seguire valori non nostri.

La depressione è un buco nero nell’anima, è assenza di luce, mancanza di libertà. Luce è energia, vita; laddove c’è assenza di luce, si manifesta la malattia ed infine al suo estremo, la morte. Questo accade sia a livello sottile, nella psiche, sia a livello materiale nel corpo. Corpo e mente non sono separati. Lo sapevano bene anche i latini con la locuzione “mente sana in corpo sano”, ma è vero anche il contrario, “corpo sano in mente sana”, poiché il nostro corpo altro non è che la proiezione della nostra mente.
Può capitare a tutti nella vita di sentirsi un po’ depressi, di avere un calo d’umore e di energia, di attraversare un periodo un po’ buio, ma si tratta di stati d’animo passeggeri che si alternano, un ciclo naturale come l’alternarsi del giorno e della notte. Si parla di depressione vera e propria, quando questo stato d’animo diventa persistente e difficilmente gestibile dall’interno, perdendo ogni interesse e motivazione per la vita. In sostanza, la depressione è un segnale che ci avvisa che qualcosa nella nostra vita non sta andando per il verso giusto, ci avvisa che si rende necessario apportare un cambiamento.
La depressione è il male oscuro, invisibile, della nostra società, il cui stile di vita ci ha allontanati sempre più dalla nostra natura selvaggia, portandoci ad uno squilibrio tra spirito e materia. Il materialismo, una vita abitudinaria e confortevole, ci hanno pian piano indeboliti e resi incapaci di accogliere, accettare ed apportare cambiamento. L’estremo individualismo, in una società dove apparentemente non manca nulla dal punto di vista materiale, ci ha condotti a chiuderci sempre più in noi stessi, portando via luce all’anima, lasciando morire lo spirito. Ed è evidente che oggi il bisogno primario quello di un ritorno alla spiritualità, ad un incontro con noi stessi. Abbiamo perso il nostro potere, quello legato all’istinto e all’intuito, e con questa perdita abbiamo perso la nostra originalità e creatività, per conformarci a modelli standard richiesti dalla società, imprigionando la nostra anima attraverso le dipendenze, le mode, il seguire strade tracciate da altri per noi. La dipendenza è una delle primarie cause della depressione. Ed essa può assumere diverse forme, dalla dipendenza affettiva, alla dipendenza lavorativa, alla dipendenza da internet.

Una pericolosa distorsione: scordare se stessi
Ogni volta che reprimiamo ciò che siamo, seguendo una strada che non sentiamo nostra, indossando maschere di falsa bontà per mascherare la rabbia, di falsa allegria per mascherare la tristezza, di falsa gentilezza per non mostrarci poco gentili; ogni volta che non ascoltiamo ciò che l’istinto e l’intuito ci suggeriscono, ogni volta che mettiamo a tacere e non ascoltiamo la voce interiore che nasce dalle nostre viscere, recidiamo le radici della natura selvaggia del nostro essere profondo. Quando si recidono le radici di un albero, esso muore. Quando s’imprigionano le radici di un albero circoscrivendole e rinchiudendole in un contenitore, impedendone l’espansione nella profondità della terra, anche la sua chioma, per riflesso, ne rispecchierà le radici e non potrà espandersi e protendere verso il cielo. Una mente chiusa da pregiudizi, tabù, principi morali sociali, condizionamenti, è una mente che non è libera di esprimersi attraverso il pensiero e quindi non è in grado di creare. Una mente che non è libera ed ha dei blocchi, ripercuote i suoi blocchi sul corpo fisico. Un corpo che non è libero di esprimersi, di conseguenza si ammala.

Quando ignoriamo le nostre capacità, il valore della nostra luce, che emaniamo attraverso la creatività, l’intelligenza, la bellezza, la generosità, diveniamo facili prede dell’oscurità. Se siamo ignari di questa nostra luce, non la valorizziamo e non la proteggiamo, essa diventa un bersaglio, permettiamo cioè agli altri di abusare di noi. Non dire mai di no per paura di perdere le persone o l’amore significa permettere l’abuso di sé. Se non ci neghiamo la possibilità di amare e creare, allora anche la depressione non avrebbe senso di esistere. Il primo passo, il più importante, è iniziare ad amare se stessi. Spesso l’amore per sé è stato etichettato come egoismo, mentre la nostra cultura religiosa ha sempre esaltato l’amore verso gli altri, prima gli altri e poi tu. Ed è proprio questo che a mio avviso ha generato l’egoismo. L’idea di altruismo nella nostra cultura cristiana è legata intimamente a quella di rinuncia a se stessi: sacrificio considerato come uno dei grandi valori che devono ispirare la vita.

L’altruismo, una maschera per manipolare gli altri
Un principio che proclami l’amore per il prossimo, ma che consideri tabù l’amore per se stessi, ci bandisce dal genere umano. Eppure l’esperienza più profonda di cui è capace un uomo è proprio l’esperienza di sé in quanto essere umano. Amarsi in modo totale, permette all’amore di traboccare e raggiungere gli altri in condivisione.
 Spesso, dietro all’altruismo si nasconde un trucco per possedere gli altri. 
L’altruismo, interpretato come dovere e non come un semplice moto spontaneo di solidarietà amichevole, può diventare una maschera, uno schermo dietro il quale si celano emozioni e intenzioni ben diverse da quelle sbandierate: freddezza, arroganza, prepotenza. L’altruismo è sovente un modo per manipolare la personalità dell’altro.
Nel nostro amore per il prossimo non vi è forse celato un impulso verso la proprietà? Quando vediamo soffrire qualcuno, sfruttiamo, se pur inconsciamente, l’occasione che ci si offre di prenderne possesso. 
Se un individuo può amare solo gli altri, non può amare completamente.

L’egoista in realtà si odia e trae soddisfazione, autostima ed apprezzamento solo attraverso il soddisfacimento dei bisogni altrui, illudendosi così di colmare il suo vuoto, generato dalla non considerazione dei propri bisogni. La necessità di sentirsi indispensabile ed assicurarsi l’amore in cambio, lo induce a creare dipendenze, lasciandolo infine frustrato e deluso ogni volta che i suoi sforzi non vengono riconosciuti e contraccambiati secondo le sue aspettative. È solo un essere infelice e ansioso di trarre dalla vita le soddisfazioni di cui si è privato. 
È più facile capire l’egoismo se lo si paragona ad un morboso interesse per gli altri, come lo troviamo nelle persone troppo premurose. Persone che devono compensare la loro incapacità di amare e che spesso nascondono la paura dell’abbandono, quindi incapaci di un sano distacco e di lasciar andare.
 Questa è una forma di altruismo nevrotico, un sintomo che colpisce molti già affetti da altri sintomi, quali la depressione, la stanchezza, l’incapacità di lavorare, il fallimento nei rapporti col prossimo. Spesso l’altruismo è considerato un tratto positivo del carattere del quale i soggetti si vantano. La persona altruista non vuole niente per sé, vive solo per gli altri, si vanta di non considerarsi importante. È poi sorpresa di scoprire che, ad onta del proprio altruismo, è assai infelice e che i suoi rapporti con coloro che la circondano non l’appagano. Tale persona è inibita nelle proprie capacità di amare e di godere; è piena di ostilità verso la vita e dietro la facciata dell’altruismo si nasconde un sottile ma intenso egocentrismo, nonchè masochismo legato alla sofferenza e al sacrificio. Alla base di queste persone dalla facciata altruistica c’è l’aridità. Solo quando dissolviamo le nostre tenebre, allora la nostra stessa luce si diffonde ed inonda anche agli altri, coloro che circondano. Partire da noi stessi, aiutandoci a ritrovare l’armonia dentro di noi ed amandoci, è il primo passo verso l’altruismo.
di Silvia Deni

L’approccio alla depressione, unito ad un profondo e fondamentale ascolto di sé stessi, può essere affrontato con la Medicina Complementare, la Tecnica Metamorfica ecc. sia per aiutare a sbloccare le cause profonde scatenanti, sia nell’alleviare tutta la serie di disturbi che questa comporta.

LO STRESS DURANTE LA GRAVIDANZA PUO’ ESSERE TRAMANDATO ATTRAVERSO LE GENERAZIONI

Ecco un interessante articolo che dimostra scientificamente l’importanza del periodo di gestazione durante il quale si forma non solo il corpo fisico del futuro nascituro ma anche la sua struttura mentale, emotiva e comportamentale.
Lavorando con la Tecnica Metamorfica e l’ipnosi ci diamo la possibilità di liberare gli schemi formatisi durante tale periodo permettendoci di crescere e vivere in modo equilibrato e senza costrizioni.
Importante trattare con la Tecnica Metamorfica la donna in gestazione, il bambino appena nato e ciascun individuo voglia liberare il proprio potenziale attraverso il risveglio della propria forza vitale e vivere così in una maggior libertà interiore.

                     ———————————————————–

Se la gravidanza presenta delle complicanze o problemi che non si spiegano altrimenti, potrebbe essere lo stress vissuto da una nostra ava (bisnonna, nonna) durante la gravidanza che, come suggerito da uno nuovo studio, può essere trasmesso di generazione in generazione.
Ci sono delle gravidanze che presentano delle complicanze o problemi che, spesso, non si spiegano altrimenti o che insorgono per un motivo non ben chiaro. Oggi, un nuovo studio pubblicato su BMC Medicine (di BioMed Central) suggerisce che potrebbe trattarsi di stress. Ma non lo stress della donna attualmente incinta, ma quello vissuto magari dalla bisnonna o un’altra parente vissuta generazioni prima.

I ricercatori dell’Università di Lethbridge in Canada hanno così scoperto che gli effetti epigenetici ereditati dello stress possono influenzare le gravidanze per generazioni. E per arrivare a queste conclusioni hanno condotto uno studio su modello animale in cui sono stati osservati gli effetti dello stress su quattro generazioni.
Il focus dello studio erano i parti pretermine, o prematuri. Questo genere di complicanza è piuttosto diffusa ed è causa principale di morte neonatale, oltre a essere causa di problemi di salute più tardi nella vita.

La decisione di lavorare con le gravidanze dei ratti è stata presa perché queste presentano solo una piccola variazione tra di esse, quanto a lunghezza.
Il primo passo è stato quello di sottoporre una prima generazione di ratti a stress verso la fine della gravidanza. Le seguenti due generazioni sono state poi divise in due gruppi, che erano o stressati o meno stressati. I risultati dei test hanno rivelato che le figlie dei topi femmina stressati avevano gravidanze più brevi rispetto alle figlie di coloro che non erano state poste sotto stress. Ma ciò che ha più sorpreso i ricercatori è stato che le nipoti dei topi stressati avevano gravidanze più brevi, anche se le loro madri non erano state sotto stress.
Altre evidenze emerse dallo studio erano che, oltre alle gravidanze più brevi, i topi femmina le cui nonne e mamme avevano vissuto esperienze di stress, mostravano livelli di glucosio più elevati rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, i ratti le cui nonne o madri sono state stressate pesavano meno.

«Abbiamo dimostrato che lo stress attraverso le generazioni diventa abbastanza potente per accorciare la lunghezza della gravidanza nei ratti e indurre un caratteristico parallelo parto pretermine umano – spiega la dott.ssa Gerlinde Metz, autore senior dello studio – Un risultato sorprendente è che da lieve a moderato stress durante la gravidanza aveva un effetto di capitalizzazione attraverso le generazioni. Pertanto, gli effetti dello stress crescevano sempre più con ogni generazione».

I ricercatori ritengono che questi cambiamenti siano dovuti all’epigenetica, ossia la disposizione e l’espressione dei nostri geni. E, sulla base di questo studio, i ricercatori ritengono che i cambiamenti epigenetici sono dovuti ai microRNA (miRNA) – o molecole non codificanti di RNA – che svolgono un ruolo nella regolazione dell’espressione genica.
«Gli studi epigenetici precedenti hanno riguardato principalmente l’eredità delle siglature della metilazione del DNA – fa notare la Metz – Quello che non sapevamo era se i microRNA, che sono importanti biomarcatori della malattia umana, possono essere generati da esperienze ed ereditati attraverso le generazioni. Ora abbiamo mostrato che lo stress materno può generare modifiche miRNA con effetti nelle diverse generazioni. Penso che questa sia una caratteristica interessante del nostro lavoro».

Gli scienziati ritengono che siano necessari altri approfondimenti e ricerche per comprendere i meccanismi che generano queste firme epigenetiche e come queste vengono tramandate di generazione in generazione. Con la conoscenza di questi meccanismi può essere possibile prevedere e prevenire un parto prematuro, ma anche altri disturbi.
«Le nascite pretermine possono essere causate da molti fattori. Nel nostro studio forniamo nuove informazioni su come lo stress nelle nostre mamme, nonne e oltre potrebbe influenzare il nostro rischio per la gravidanza e le complicazioni del parto. I risultati hanno implicazioni al di fuori della gravidanza, in quanto suggeriscono che le cause di molte malattie complesse potrebbero essere radicate nelle esperienze dei nostri antenati. Quando comprenderemo meglio i meccanismi delle firme epigenetiche ereditarie, saremo in grado di predire il rischio di malattie e potenzialmente ridurre il rischio futuro di patologie», conclude la dott.ssa Gerlinde Metz.

Altri autori dello studio: Youli Yao, Alexandra M Robinson, Fabiola CR Zucchi, Jerrah C Robbins, Olena Babenko, Olga Kovalchuk, Igor Kovalchuk, David M Olson.

 

MATRIMONIO COME RELAZIONE PSICOLOGICA

Sempre più frequentemente mi imbatto in situazioni dove il conflitto di relazione impedisce ad entrambi i coniugi di esprimere se stessi, il loro sentire profondo o il loro modo di vedere le cose, vivendo una relazione “infantile” dove predominano controllo, esercizio di potere, manipolazione e dipendenza. E’ interessante osservare come il tipo di legame con i genitori influenzi o abbia influenzato la scelta del partner.
All’interno della relazione è importante  che ogni individuo rispetti la propria integrità e autenticità, sapendo che il migliore amore che si può dare all’altro consiste nel rispettare l’unicità che si è in se stessi, senza esercitare alcun potere gli uni sugli altri.

Riporto una poesia SUL MATRIMONIO di Kahlil Gibran e un estratto da MATRIMONIO COME RELAZIONE PSICOLOGICA di Carl Gustav Jung

Allora Almitra di nuovo parlò e disse: Che cos’è il Matrimonio, maestro?
E lui rispose dicendo:
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l’un l’altro, ma non fatene una prigione d’amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l’un l’altro le coppe, ma non bevete da un’unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.
Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

 

“II giovane in età di sposarsi ha certo acquisito coscienza di sé (le ragazze più dei ragazzi) ma é trascorso ben poco tempo da quando è emerso dalle nebbie dell’inconsapevolezza originaria. Ci sono quindi in lui vaste regioni ancora immerse nel buio dell’incoscienza e che, fin dove giungono, non permettono il crearsi di una relazione psicologica. In pratica significa che al giovane è data solo una conoscenza parziale, tanto dell’altro, quanto di sé stesso, perciò possono non essergli sufficientemente note sia le motivazioni dell’altro, sia le proprie. Egli agisce in genere spinto da motivazioni per la maggior parte inconsce. Naturalmente gli sembra di essere molto consapevole a livello soggettivo; infatti si sopravvaluta sempre lo stato di coscienza del momento, e ogni volta è strano e sorprendente scoprire che quel che pensavamo fosse un traguardo finalmente raggiunto non è in realtà che il gradino più basso di una lunghissima scala. Più è vasta l’inconsapevolezza, più la libertà di scelta in fatto di matrimonio è limitata; il senso di fatalità chiaramente  avvertibile nell’innamoramento è la percezione soggettiva di questa costrizione. Ma anche senza l’innamoramento può esserci costrizione, certo  in forma meno piacevole.
Le motivazioni ancora inconsce sono di natura personale e collettiva. Sono anzitutto motivazioni che traggono origine dall’influsso dei genitori. A questo proposito per il ragazzo è determinante la relazione con la madre, per la ragazza quella con il padre. È in primo luogo il tipo di legame con i genitori a influenzare a livello inconscio la scelta del coniuge, favorendola od ostacolandola. Un amore consapevole per i genitori favorisce la scelta di un partner simile alla madre o al padre. Un legame inconscio invece (che a livello conscio non necessariamente si manifesta come amore) impedisce una scelta di questo genere e determina modificazioni specifiche, per capire le quali bisogna in primo luogo sapere da dove tragga origine il legame inconscio con i genitori e in quali circostanze esso condizioni la scelta a livello conscio, modificandola o addirittura impedendola. Di norma i figli ereditano e fanno proprio tutto ciò che i genitori avrebbero potuto vivere se non se lo fossero impedito con motivazioni fittizie; a livello inconscio essi sono cioè costretti a orientare la loro vita in modo da compensare ciò che è rimasto irrealizzato nella vita dei genitori. Così si spiega che genitori eccessivamente morali abbiano figli cosiddetti immorali, che un padre irresponsabile e fannullone abbia un figlio pieno di morbosa ambizione e così via. Ad avere le conseguenze più gravi è la finta inconsapevolezza dei genitori. Per esempio, una madre che eviti di prendere coscienza di sé per non rovinare   le apparenze di una buona vita coniugale, inconsciamente incatena  a sé il figlio, quasi come sostituto del marito. Questa situazione, se non sempre induce il ragazzo all’omosessualità, lo spinge comunque a modificare altrimenti la sua scelta, in direzioni che in realtà non gli sono proprie. Per esempio sposerà una ragazza palesemente inferiore alla madre (di lui) e che quindi non possa competere con lei, oppure finirà con una donna tirannica e presuntuosa, che in qualche modo lo strappi alla madre. Un sano istinto può guidare la scelta del partner a prescindere da questi influssi, presto o tardi però questi ultimi si faranno sentire, creando delle inibizioni. Dal punto di vista della conservazione della specie, una scelta più o meno puramente istintiva potrebbe certo essere la migliore, dal   punto di vista psicologico però è una scelta non sempre felice, perché  c’è spesso una distanza enorme tra il piano puramente istintivo e quello della personalità differenziata nella sua individualità. In un caso del genere, una scelta puramente istintiva potrà sicuramente migliorare e rinnovare la razza, a prezzo però della felicità dell’individuo”.

(Carl Gustav Jung, Il Matrimonio come relazione psicologica)

PER VEDERE CHIARO L’ALTRO, BISOGNA IMPARARE A VEDERE DAPPRIMA SE STESSI E LE PROPRIE TENEBRE

“Ancora oggi dobbiamo essere estremamente prudenti per non proiettare troppo spudoratamente la nostra ombra; ancora oggi siamo sommersi dalle illusioni proiettate. Un individuo abbastanza coraggioso per ritirare tutte queste proiezioni è un individuo cosciente della propria ombra. Un individuo siffatto si è accollato nuovi problemi e nuovi conflitti. Egli è diventato per se stesso un serio problema, poichè egli non è più in grado di dire che gli altri fanno questo o quello, che essi sono in errore e che essi devono venire combattuti. Egli vive nella casa dell’accoglienza del sè, del raccoglimento interiore. Un tale uomo sa che qualunque cosa vada a rovescio nel mondo va a rovescio anche in lui stesso, e che col solo imparare a tener testa alla propria ombra egli ha fatto qualcosa di positivo per il mondo. E’ riuscito a rispondere a una parte infinitesimale dei giganteschi problemi insoluti dei nostri giorni. La difficoltà di questi problemi sta in gran parte nel veleno delle mutue proiezioni. Come è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, nè quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione?”
(Carl Gustav Jung, Storia e psicologia d’un simbolo naturale, Psicologia e religione)

«Si fa di tutto, anche le cose più strane, pur di sfuggire alla propria anima. Si compiono esercizi di Yoga indiano di qualsiasi osservanza, si seguono regimi alimentari, si impara a memoria la teosofia, si ripetono testi mistici della letteratura mondiale, tutto, perché non si sa affrontare sé stessi, e perché a gente simile manca ogni fiducia che dalla loro anima possa scaturirne qualcosa di utile. Così gradatamente l’anima è diventata quella Nazareth dalla quale non può nascere nulla di buono; per questa ragione la si va cercando ai quattro venti, e quanto più è lontana e bizzarra meglio è.»
(C.G.Jung)

«La rimozione è una specie di semi conscio e indeciso lasciar correre le cose, oppure disprezzare l’uva che non si puó raggiungere,oppure un volgersi da un’altra parte per non guardare in faccia i propri desideri.»
(C.G.Jung – Psicologia e religione, pag. 77)

 da Carl Gustav Jung Italia

LA DEPRESSIONE

Si dice che la depressione sia la malattia del secolo. Sicuramente la depressione è ciò che noi consideriamo maggiormente come malattia.
La depressione oggi viene vista come un elemento negativo della personalità e come tale un elemento da combattere, evitare e curare attraverso i farmaci. Ma cosa è realmente una depressione? E’ un momento di vita, un angolo della nostra personalità che vuole comunicare con noi. La depressione è una parte della nostra psiche che vuole esprimersi. La domanda giusta da porsi non è “come curarla?”, ma “perchè la depressione è venuta da me?”, “cosa vuole da me?”
Nell’antica Grecia Saturno era il Dio che simboleggiava la depressione: il dio del tempo (nell’antica Grecia era appellato Cronos), della lentezza (la lentezza dell’astro del cielo), della castrazione quando castrò suo padre con un falcetto, ed è inoltre divoratore, così come viviamo noi la depressione. Tuttavia Saturno-Cronos ha anche un altro volto, e ci permette di scoprire lati nuovi della Depressione; infatti il nome stesso Saturno, etimologicamente, significa ricchezza; lui stesso è il dio dell’età dell’oro; vi erano giorni, i Saturnalia, nei quali tutto si capovolgeva, e dove il padrone diventava servo e viceversa.
Oggi viviamo in una società che non ci permette di vivere a pieno la depressione, perché vivendola e assaporandola scopriremmo nuovi lati di noi e dell’anima, e tutto si capovolgerebbe, ci donerebbe ricchezze, ed età dell’oro inaspettate.
Inoltre viviamo in un mondo che assomiglia ad un frenetico spettacolo dell’orrido in cui la psiche reclama la sua naturale lentezza, la sua riflessione e la sua depressione.
In natura la depressione è un elemento costituente rappresentato ad esempio dall’inverno nel quale piante ed animali “vanno in depressione”. Anche nell’uomo esiste l’inverno, e non possiamo cacciarlo via con farmaci,  bensì dobbiamo viverlo cercando un dialogo.

Dott. Michele Mezzanotte

LA PROIEZIONE: CIO’ CHE VEDIAMO NEGLI ALTRI QUANTO CI APPARTIENE?

Il fenomeno psichico della “PROIEZIONE” è uno dei fenomeni più discussi e rivoluzionari della mente umana scoperti  dalla psicologia.
Come molti altri fenomeni psicologici anche questo ha un fortissimo correlato neurofisiologico, legato anche ai nuclei di personalità più o meno autonomi chiamati in psichiatria e psicologia “Complessi a tonalità affettiva” (cliccare per leggere il post sui Complessi).
Qui di seguito vari estratti molto esaustivi di noti autori che descrivono il fenomeno della proiezione in maniera brillante con relativi esempi.

SULLA PROIEZIONE

«Se provate a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a voi, vi accorgete che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di voi: questo può servire a ricordarvi che quando denigriamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.46)

«La proiezione è un fenomeno affascinante che a scuola difficilmente ci viene insegnato. E’ un trasferimento involontario del nostro comportamento inconscio sugli altri, in modo da farci credere che queste qualità in realtà appartengano ad altre persone. Quando siamo ansiosi riguardo alle nostre emozioni o ai lati inaccettabili della nostra personalità, per un meccanismo di difesa attribuiamo queste qualità agli oggetti esterni e agli altri. Se per esempio abbiamo scarsa tolleranza nei confronti degli altri, probabilmente è perché tendiamo ad attribuire loro il nostro stesso senso di inferiorità. Ovviamente c’è sempre un “gancio” che ci invita a compiere la proiezione; una particolare qualità imperfetta degli altri attiva alcuni aspetti del nostro io che rivendicano la nostra attenzione. Così qualunque cosa dell’io non riconosciamo come nostra viene proiettata sugli altri. Tutti noi vediamo solo ciò che siamo. Mi piace pensare a questo fenomeno in termini di energia elettrica. Immaginate di avere un centinaio di prese elettriche differenti sul petto, e ognuna di esse rappresenti una qualità. Le qualità che riconosciamo e abbracciamo hanno un coperchio di protezione, perciò sono sicure: non sono percorse dalla corrente. Invece le qualità che ci creano problemi, quelle che non abbiamo ancora riconosciuto e fatto nostre, hanno carica elettrica. Così, quando si presentano individui che mettono in atto una di queste qualità, è come se essi inserissero la spina direttamente nella nostra presa. Se per esempio siamo a disagio con la nostra rabbia o la neghiamo, attireremo persone colleriche nella nostra vita, sopprimeremo il nostro personale senso di rabbia e sentenzieremo che gli altri sono collerici. Dal momento che mentiamo a noi stessi riguardo ai nostri sentimenti più intimi, l’unico modo per ritrovarli è vederli negli altri: essi ci rimandano l’immagine riflessa delle nostre emozioni nascoste, e questo ci permette di riconoscerle e riappropriarcene. Istintivamente ci ritraiamo dalle nostre proiezioni negative: è più facile esaminare ciò da cui siamo attratti piuttosto che guardare ciò che ci ripugna. Se mi offendo della tua arroganza è perché non sto accettando la mia stessa arroganza. Si può trattare di un sentimento che senza accorgermene sto manifestando nella vita presente, oppure di arroganza che nego di poter manifestare nel futuro. Se la tua arroganza mi offende, devo rivolgere uno sguardo attento a tutte le aree della mia vita e devo pormi qualche domanda. Quando sono stato arrogante in passato? Mi sto comportando in modo arrogante nel presente? Potrei essere arrogante in futuro? Sarebbe certo arrogante da parte mia rispondere negativamente a tutte queste domande senza davvero esaminare me stesso o senza chiedere agli altri se abbiano mai visto in me atteggiamenti arroganti. L’atto di giudicare qualcun altro è arrogante, perciò ovviamente noi tutti siamo capaci di arroganza. Se abbraccio la mia stessa arroganza, quella altrui non mi potrà turbare: potrò notarla, ma non avrà alcun effetto su di me. (…)
E’ solo quando mentiamo a noi stessi o odiamo qualche aspetto del nostro io che riceviamo una scossa emozionale dal comportamento di qualcun altro. (…)
Se non fosse per il fenomeno della proiezione, (l’ombra) potrebbe rimanere nascosta per tutta la vita perché alcuni di noi hanno seppellito questi tratti quando avevano tre o quattro anni.
(…) Ciò che proiettiamo, se non lo possedessimo anche noi, non potremmo riconoscerlo nemmeno negli altri. (…) Un vecchio detto dice: “Si riconosce solo ciò che si conosce”. Negli altri vediamo solo quello che ci piace o non ci piace di noi stessi. (…)
Non possiamo vedere noi stessi: dobbiamo avere uno specchio per farlo. Voi siete il mio specchio e io sono il vostro.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.56-70)

«La proiezione è molto facile da identificare sul piano dell’ego: se qualcosa o qualcuno nel nostro ambiente ci informa, probabilmente non stiamo proiettando; se invece ci turba, ci sono buone possibilità che siamo vittime delle nostre stesse proiezioni.»
(Ken Wilber – Meeting The Shadow)

«Sappiamo che la proiezione ha luogo quando qualcuno è emotivamente colpito dal comportamento di un’altra persona, positivo o negativo che sia.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.66)

“Siamo tutti maestri nell’uso della proiezione, un meccanismo di autodifesa che ci toglie dall’imbarazzo di doverci guardare
dentro.”(Deepak  Chopra)

“Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi”
(Carl Gustav Jung)

” (…) il portatore di proiezione non è infatti, e l’esperienza ce lo insegna, un oggetto preso a piacere, ma è sempre un oggetto che offre per così dire un aggancio adatto a ciò che è destinato a sostenere.” (Carl Gustav Jung, 1946)

«Di solito la nostra indignazione per il comportamento degli altri riguarda un aspetto irrisolto del nostro io.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.61)

“Jung definì la proiezione come un trasferimento inconscio, cioè inconsapevole e non intenzionale, di elementi psichici soggettivi su un oggetto esterno. L’individuo vede in questo oggetto qualcosa che non c’è, o c’è solo in piccola parte. Talvolta nell’oggetto non è presente nulla di ciò che viene proiettato (…). Non sono soltanto le qualità negative di una persona a essere proiettate all’esterno in questo modo, ma in uguale misura anche quelle positive. La proiezione di queste ultime genera una valutazione e ammirazione eccessive, illusorie e inadeguate dell’oggetto. L’introspezione nelle proprie proiezioni d’Ombra implica in primo luogo una umiltà morale e una intensa sofferenza. Invece l’introspezione nelle forme di proiezione dell’Animus e dell’Anima richiede, più che umiltà, soprattutto riflessione, nel senso di saggezza e umanità. Infatti quelle figure intendono sedurci e allontanarci dalla realtà, assorbendoci e conquistandoci. Chi non si impegna in questo non ha vissuto. Chi vi si perde non ha compreso nulla.”
(Marie Louise Von Franz – Rispecchiamenti dell’anima. Proiezione e raccoglimento interno nella psicologia di C. G. Jung)

«Per quel che ci è dato sapere, i contenuti inconsci “costellati” (vale a dire attivati) sono sempre proiettati, il che significa che o vengono scoperti in oggetti esterni o per lo meno vengono asseriti come esistenti fuori della propria psiche. Un conflitto rimosso e il suo tono affettivo devono riapparire da qualche parte. La proiezione causata dalla rimozione non è fatta coscientemente dall’individuo, ma sempre automaticamente, e non è riconosciuta come tale a meno che non intervengano condizioni del tutto particolari le quali costringano al ritiro di essa.
Il “vantaggio” della proiezione consiste nel fatto che ci si libera definitivamente (almeno in apparenza) di un conflitto penoso: ne divengono responsabili un’altra persona o circostanze esterne.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Edizioni Bollati Boringhieri, p.70)

«Il mio amico Bill Spinoza (…) sostiene:
“Ciò con cui non riuscite ad essere non vi lascerà essere”.
Dovete imparare a consentire di esistere a tutto ciò che siete: se volete essere liberi, dovete essere capaci di “essere”.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.22)

carljungitaliawordpress.com

Lavorando con la Tecnica Metamorfica, guardiamo la realtà secondo il principio di corrispondenza, in base al quale tutto è specchio di qualcos’altro…

Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.