MATRIMONIO COME RELAZIONE PSICOLOGICA

Sempre più frequentemente mi imbatto in situazioni dove il conflitto di relazione impedisce ad entrambi i coniugi di esprimere se stessi, il loro sentire profondo o il loro modo di vedere le cose, vivendo una relazione “infantile” dove predominano controllo, esercizio di potere, manipolazione e dipendenza. E’ interessante osservare come il tipo di legame con i genitori influenzi o abbia influenzato la scelta del partner.
All’interno della relazione è importante  che ogni individuo rispetti la propria integrità e autenticità, sapendo che il migliore amore che si può dare all’altro consiste nel rispettare l’unicità che si è in se stessi, senza esercitare alcun potere gli uni sugli altri.

Riporto una poesia SUL MATRIMONIO di Kahlil Gibran e un estratto da MATRIMONIO COME RELAZIONE PSICOLOGICA di Carl Gustav Jung

Allora Almitra di nuovo parlò e disse: Che cos’è il Matrimonio, maestro?
E lui rispose dicendo:
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l’un l’altro, ma non fatene una prigione d’amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l’un l’altro le coppe, ma non bevete da un’unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.
Donatevi il cuore, ma l’uno non sia di rifugio all’altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

 

“II giovane in età di sposarsi ha certo acquisito coscienza di sé (le ragazze più dei ragazzi) ma é trascorso ben poco tempo da quando è emerso dalle nebbie dell’inconsapevolezza originaria. Ci sono quindi in lui vaste regioni ancora immerse nel buio dell’incoscienza e che, fin dove giungono, non permettono il crearsi di una relazione psicologica. In pratica significa che al giovane è data solo una conoscenza parziale, tanto dell’altro, quanto di sé stesso, perciò possono non essergli sufficientemente note sia le motivazioni dell’altro, sia le proprie. Egli agisce in genere spinto da motivazioni per la maggior parte inconsce. Naturalmente gli sembra di essere molto consapevole a livello soggettivo; infatti si sopravvaluta sempre lo stato di coscienza del momento, e ogni volta è strano e sorprendente scoprire che quel che pensavamo fosse un traguardo finalmente raggiunto non è in realtà che il gradino più basso di una lunghissima scala. Più è vasta l’inconsapevolezza, più la libertà di scelta in fatto di matrimonio è limitata; il senso di fatalità chiaramente  avvertibile nell’innamoramento è la percezione soggettiva di questa costrizione. Ma anche senza l’innamoramento può esserci costrizione, certo  in forma meno piacevole.
Le motivazioni ancora inconsce sono di natura personale e collettiva. Sono anzitutto motivazioni che traggono origine dall’influsso dei genitori. A questo proposito per il ragazzo è determinante la relazione con la madre, per la ragazza quella con il padre. È in primo luogo il tipo di legame con i genitori a influenzare a livello inconscio la scelta del coniuge, favorendola od ostacolandola. Un amore consapevole per i genitori favorisce la scelta di un partner simile alla madre o al padre. Un legame inconscio invece (che a livello conscio non necessariamente si manifesta come amore) impedisce una scelta di questo genere e determina modificazioni specifiche, per capire le quali bisogna in primo luogo sapere da dove tragga origine il legame inconscio con i genitori e in quali circostanze esso condizioni la scelta a livello conscio, modificandola o addirittura impedendola. Di norma i figli ereditano e fanno proprio tutto ciò che i genitori avrebbero potuto vivere se non se lo fossero impedito con motivazioni fittizie; a livello inconscio essi sono cioè costretti a orientare la loro vita in modo da compensare ciò che è rimasto irrealizzato nella vita dei genitori. Così si spiega che genitori eccessivamente morali abbiano figli cosiddetti immorali, che un padre irresponsabile e fannullone abbia un figlio pieno di morbosa ambizione e così via. Ad avere le conseguenze più gravi è la finta inconsapevolezza dei genitori. Per esempio, una madre che eviti di prendere coscienza di sé per non rovinare   le apparenze di una buona vita coniugale, inconsciamente incatena  a sé il figlio, quasi come sostituto del marito. Questa situazione, se non sempre induce il ragazzo all’omosessualità, lo spinge comunque a modificare altrimenti la sua scelta, in direzioni che in realtà non gli sono proprie. Per esempio sposerà una ragazza palesemente inferiore alla madre (di lui) e che quindi non possa competere con lei, oppure finirà con una donna tirannica e presuntuosa, che in qualche modo lo strappi alla madre. Un sano istinto può guidare la scelta del partner a prescindere da questi influssi, presto o tardi però questi ultimi si faranno sentire, creando delle inibizioni. Dal punto di vista della conservazione della specie, una scelta più o meno puramente istintiva potrebbe certo essere la migliore, dal   punto di vista psicologico però è una scelta non sempre felice, perché  c’è spesso una distanza enorme tra il piano puramente istintivo e quello della personalità differenziata nella sua individualità. In un caso del genere, una scelta puramente istintiva potrà sicuramente migliorare e rinnovare la razza, a prezzo però della felicità dell’individuo”.

(Carl Gustav Jung, Il Matrimonio come relazione psicologica)

PER VEDERE CHIARO L’ALTRO, BISOGNA IMPARARE A VEDERE DAPPRIMA SE STESSI E LE PROPRIE TENEBRE

“Ancora oggi dobbiamo essere estremamente prudenti per non proiettare troppo spudoratamente la nostra ombra; ancora oggi siamo sommersi dalle illusioni proiettate. Un individuo abbastanza coraggioso per ritirare tutte queste proiezioni è un individuo cosciente della propria ombra. Un individuo siffatto si è accollato nuovi problemi e nuovi conflitti. Egli è diventato per se stesso un serio problema, poichè egli non è più in grado di dire che gli altri fanno questo o quello, che essi sono in errore e che essi devono venire combattuti. Egli vive nella casa dell’accoglienza del sè, del raccoglimento interiore. Un tale uomo sa che qualunque cosa vada a rovescio nel mondo va a rovescio anche in lui stesso, e che col solo imparare a tener testa alla propria ombra egli ha fatto qualcosa di positivo per il mondo. E’ riuscito a rispondere a una parte infinitesimale dei giganteschi problemi insoluti dei nostri giorni. La difficoltà di questi problemi sta in gran parte nel veleno delle mutue proiezioni. Come è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, nè quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione?”
(Carl Gustav Jung, Storia e psicologia d’un simbolo naturale, Psicologia e religione)

«Si fa di tutto, anche le cose più strane, pur di sfuggire alla propria anima. Si compiono esercizi di Yoga indiano di qualsiasi osservanza, si seguono regimi alimentari, si impara a memoria la teosofia, si ripetono testi mistici della letteratura mondiale, tutto, perché non si sa affrontare sé stessi, e perché a gente simile manca ogni fiducia che dalla loro anima possa scaturirne qualcosa di utile. Così gradatamente l’anima è diventata quella Nazareth dalla quale non può nascere nulla di buono; per questa ragione la si va cercando ai quattro venti, e quanto più è lontana e bizzarra meglio è.»
(C.G.Jung)

«La rimozione è una specie di semi conscio e indeciso lasciar correre le cose, oppure disprezzare l’uva che non si puó raggiungere,oppure un volgersi da un’altra parte per non guardare in faccia i propri desideri.»
(C.G.Jung – Psicologia e religione, pag. 77)

 da Carl Gustav Jung Italia

LA DEPRESSIONE

Si dice che la depressione sia la malattia del secolo. Sicuramente la depressione è ciò che noi consideriamo maggiormente come malattia.
La depressione oggi viene vista come un elemento negativo della personalità e come tale un elemento da combattere, evitare e curare attraverso i farmaci. Ma cosa è realmente una depressione? E’ un momento di vita, un angolo della nostra personalità che vuole comunicare con noi. La depressione è una parte della nostra psiche che vuole esprimersi. La domanda giusta da porsi non è “come curarla?”, ma “perchè la depressione è venuta da me?”, “cosa vuole da me?”
Nell’antica Grecia Saturno era il Dio che simboleggiava la depressione: il dio del tempo (nell’antica Grecia era appellato Cronos), della lentezza (la lentezza dell’astro del cielo), della castrazione quando castrò suo padre con un falcetto, ed è inoltre divoratore, così come viviamo noi la depressione. Tuttavia Saturno-Cronos ha anche un altro volto, e ci permette di scoprire lati nuovi della Depressione; infatti il nome stesso Saturno, etimologicamente, significa ricchezza; lui stesso è il dio dell’età dell’oro; vi erano giorni, i Saturnalia, nei quali tutto si capovolgeva, e dove il padrone diventava servo e viceversa.
Oggi viviamo in una società che non ci permette di vivere a pieno la depressione, perché vivendola e assaporandola scopriremmo nuovi lati di noi e dell’anima, e tutto si capovolgerebbe, ci donerebbe ricchezze, ed età dell’oro inaspettate.
Inoltre viviamo in un mondo che assomiglia ad un frenetico spettacolo dell’orrido in cui la psiche reclama la sua naturale lentezza, la sua riflessione e la sua depressione.
In natura la depressione è un elemento costituente rappresentato ad esempio dall’inverno nel quale piante ed animali “vanno in depressione”. Anche nell’uomo esiste l’inverno, e non possiamo cacciarlo via con farmaci,  bensì dobbiamo viverlo cercando un dialogo.

Dott. Michele Mezzanotte

LA PROIEZIONE: CIO’ CHE VEDIAMO NEGLI ALTRI QUANTO CI APPARTIENE?

Il fenomeno psichico della “PROIEZIONE” è uno dei fenomeni più discussi e rivoluzionari della mente umana scoperti  dalla psicologia.
Come molti altri fenomeni psicologici anche questo ha un fortissimo correlato neurofisiologico, legato anche ai nuclei di personalità più o meno autonomi chiamati in psichiatria e psicologia “Complessi a tonalità affettiva” (cliccare per leggere il post sui Complessi).
Qui di seguito vari estratti molto esaustivi di noti autori che descrivono il fenomeno della proiezione in maniera brillante con relativi esempi.

SULLA PROIEZIONE

«Se provate a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a voi, vi accorgete che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di voi: questo può servire a ricordarvi che quando denigriamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.46)

«La proiezione è un fenomeno affascinante che a scuola difficilmente ci viene insegnato. E’ un trasferimento involontario del nostro comportamento inconscio sugli altri, in modo da farci credere che queste qualità in realtà appartengano ad altre persone. Quando siamo ansiosi riguardo alle nostre emozioni o ai lati inaccettabili della nostra personalità, per un meccanismo di difesa attribuiamo queste qualità agli oggetti esterni e agli altri. Se per esempio abbiamo scarsa tolleranza nei confronti degli altri, probabilmente è perché tendiamo ad attribuire loro il nostro stesso senso di inferiorità. Ovviamente c’è sempre un “gancio” che ci invita a compiere la proiezione; una particolare qualità imperfetta degli altri attiva alcuni aspetti del nostro io che rivendicano la nostra attenzione. Così qualunque cosa dell’io non riconosciamo come nostra viene proiettata sugli altri. Tutti noi vediamo solo ciò che siamo. Mi piace pensare a questo fenomeno in termini di energia elettrica. Immaginate di avere un centinaio di prese elettriche differenti sul petto, e ognuna di esse rappresenti una qualità. Le qualità che riconosciamo e abbracciamo hanno un coperchio di protezione, perciò sono sicure: non sono percorse dalla corrente. Invece le qualità che ci creano problemi, quelle che non abbiamo ancora riconosciuto e fatto nostre, hanno carica elettrica. Così, quando si presentano individui che mettono in atto una di queste qualità, è come se essi inserissero la spina direttamente nella nostra presa. Se per esempio siamo a disagio con la nostra rabbia o la neghiamo, attireremo persone colleriche nella nostra vita, sopprimeremo il nostro personale senso di rabbia e sentenzieremo che gli altri sono collerici. Dal momento che mentiamo a noi stessi riguardo ai nostri sentimenti più intimi, l’unico modo per ritrovarli è vederli negli altri: essi ci rimandano l’immagine riflessa delle nostre emozioni nascoste, e questo ci permette di riconoscerle e riappropriarcene. Istintivamente ci ritraiamo dalle nostre proiezioni negative: è più facile esaminare ciò da cui siamo attratti piuttosto che guardare ciò che ci ripugna. Se mi offendo della tua arroganza è perché non sto accettando la mia stessa arroganza. Si può trattare di un sentimento che senza accorgermene sto manifestando nella vita presente, oppure di arroganza che nego di poter manifestare nel futuro. Se la tua arroganza mi offende, devo rivolgere uno sguardo attento a tutte le aree della mia vita e devo pormi qualche domanda. Quando sono stato arrogante in passato? Mi sto comportando in modo arrogante nel presente? Potrei essere arrogante in futuro? Sarebbe certo arrogante da parte mia rispondere negativamente a tutte queste domande senza davvero esaminare me stesso o senza chiedere agli altri se abbiano mai visto in me atteggiamenti arroganti. L’atto di giudicare qualcun altro è arrogante, perciò ovviamente noi tutti siamo capaci di arroganza. Se abbraccio la mia stessa arroganza, quella altrui non mi potrà turbare: potrò notarla, ma non avrà alcun effetto su di me. (…)
E’ solo quando mentiamo a noi stessi o odiamo qualche aspetto del nostro io che riceviamo una scossa emozionale dal comportamento di qualcun altro. (…)
Se non fosse per il fenomeno della proiezione, (l’ombra) potrebbe rimanere nascosta per tutta la vita perché alcuni di noi hanno seppellito questi tratti quando avevano tre o quattro anni.
(…) Ciò che proiettiamo, se non lo possedessimo anche noi, non potremmo riconoscerlo nemmeno negli altri. (…) Un vecchio detto dice: “Si riconosce solo ciò che si conosce”. Negli altri vediamo solo quello che ci piace o non ci piace di noi stessi. (…)
Non possiamo vedere noi stessi: dobbiamo avere uno specchio per farlo. Voi siete il mio specchio e io sono il vostro.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.56-70)

«La proiezione è molto facile da identificare sul piano dell’ego: se qualcosa o qualcuno nel nostro ambiente ci informa, probabilmente non stiamo proiettando; se invece ci turba, ci sono buone possibilità che siamo vittime delle nostre stesse proiezioni.»
(Ken Wilber – Meeting The Shadow)

«Sappiamo che la proiezione ha luogo quando qualcuno è emotivamente colpito dal comportamento di un’altra persona, positivo o negativo che sia.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.66)

“Siamo tutti maestri nell’uso della proiezione, un meccanismo di autodifesa che ci toglie dall’imbarazzo di doverci guardare
dentro.”(Deepak  Chopra)

“Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi”
(Carl Gustav Jung)

” (…) il portatore di proiezione non è infatti, e l’esperienza ce lo insegna, un oggetto preso a piacere, ma è sempre un oggetto che offre per così dire un aggancio adatto a ciò che è destinato a sostenere.” (Carl Gustav Jung, 1946)

«Di solito la nostra indignazione per il comportamento degli altri riguarda un aspetto irrisolto del nostro io.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.61)

“Jung definì la proiezione come un trasferimento inconscio, cioè inconsapevole e non intenzionale, di elementi psichici soggettivi su un oggetto esterno. L’individuo vede in questo oggetto qualcosa che non c’è, o c’è solo in piccola parte. Talvolta nell’oggetto non è presente nulla di ciò che viene proiettato (…). Non sono soltanto le qualità negative di una persona a essere proiettate all’esterno in questo modo, ma in uguale misura anche quelle positive. La proiezione di queste ultime genera una valutazione e ammirazione eccessive, illusorie e inadeguate dell’oggetto. L’introspezione nelle proprie proiezioni d’Ombra implica in primo luogo una umiltà morale e una intensa sofferenza. Invece l’introspezione nelle forme di proiezione dell’Animus e dell’Anima richiede, più che umiltà, soprattutto riflessione, nel senso di saggezza e umanità. Infatti quelle figure intendono sedurci e allontanarci dalla realtà, assorbendoci e conquistandoci. Chi non si impegna in questo non ha vissuto. Chi vi si perde non ha compreso nulla.”
(Marie Louise Von Franz – Rispecchiamenti dell’anima. Proiezione e raccoglimento interno nella psicologia di C. G. Jung)

«Per quel che ci è dato sapere, i contenuti inconsci “costellati” (vale a dire attivati) sono sempre proiettati, il che significa che o vengono scoperti in oggetti esterni o per lo meno vengono asseriti come esistenti fuori della propria psiche. Un conflitto rimosso e il suo tono affettivo devono riapparire da qualche parte. La proiezione causata dalla rimozione non è fatta coscientemente dall’individuo, ma sempre automaticamente, e non è riconosciuta come tale a meno che non intervengano condizioni del tutto particolari le quali costringano al ritiro di essa.
Il “vantaggio” della proiezione consiste nel fatto che ci si libera definitivamente (almeno in apparenza) di un conflitto penoso: ne divengono responsabili un’altra persona o circostanze esterne.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Edizioni Bollati Boringhieri, p.70)

«Il mio amico Bill Spinoza (…) sostiene:
“Ciò con cui non riuscite ad essere non vi lascerà essere”.
Dovete imparare a consentire di esistere a tutto ciò che siete: se volete essere liberi, dovete essere capaci di “essere”.»
(Illumina il tuo lato Oscuro – Debbie Ford. Macro Edizioni 2012, p.22)

carljungitaliawordpress.com

Lavorando con la Tecnica Metamorfica, guardiamo la realtà secondo il principio di corrispondenza, in base al quale tutto è specchio di qualcos’altro…

COME INTERVENIRE CON ASMA E ALLERGIE

Asma ed allergia sono disturbi estremamente comuni nella nostra società. Il loro impatto negativo sulla qualità di vita del paziente è molto elevato, per la serie di sintomi fisici che comportano, tra cui ostruzione delle vie respiratorie, ipersensibilità processi infiammatori. Ad oggi, uno dei trattamenti standard consiste in una terapia farmacologica che, tuttavia, mira a ridurre solamente la componente infiammatoria del processo, a volte in modo non definitivo. Da un’analisi della letteratura degli ultimi 50 anni [1], emerge come l’ipnosi si sia dimostrata una procedura efficace per il trattamento dell’asma. Considerando gli studi citati nel loro complesso, i risultati riportano un miglioramento dei sintomi soggettivi, registrato facendo ricorso alla compilazione dettagliata di diari giornalieri e monitorando la frequenza di utilizzo di trattamenti farmacologici. Un aspetto spesso trascurato nella gestione di asma ed allergie è proprio rappresentato dalla componente psicologica e soggettiva di questi disturbi. Quando i sintomi sono interpretati senza considerare i correlati psicologici, quali ansia, esperienze pregresse e abilità cognitive del paziente, la terapia non può portare al livello ottimale di guarigione. In un recente case report [2], è stata sottolineata l’importanza dei fattori soggettivi nella gestione dell’asma illustrando Il caso di una bambina con una grave sintomatologia asmatica. Dopo 2 sessioni da 45 minuti di educazione all’ipnosi, fornita dal pediatra esperto di ipnosi, la paziente ha praticato regolarmente le tecniche di rilassamento proposte trovando un giovamento soggettivo importante: da un lato favorendo la riduzione dell’ansia, fattore in comorbilità con l’asma, dall’altro regolarizzando il respiro e diminuendo gli attacchi di iperventilazione. Sul miglioramento di sintomi oggettivi, come bronco dilatazione e potenza respiratoria, i dati sono più confusi, fornendo un quadro meno preciso [1]. Questo fatto è dovuto ad almeno due ordini di fattori: da un lato gli studi sull’argomento, non più recenti, hanno peccato di rigorosità scientifica, escludendo a volte il gruppo di storia naturale (ovvero un gruppo sperimentale che non riceve alcun trattamento, rappresentando quindi il normale decorso della patologia) o il gruppo placebo (ovvero un gruppo sperimentale che crede di ricevere il trattamento attivo, ma che in realtà riceve una terapia aspecifica). Dall’altro lato gli studi hanno selezionato i pazienti con differenti criteri, rendendo impossibile un preciso controllo della sintomatologia oggettiva. Nel campo dell’allergia, invece, sono state utilizzate procedure per indurre sperimentalmente una reazione allergica (tali procedure prevedono l’applicazione cutanea di istamina che determina una reazione locale allergica o l’applicazione di tubercolina che provoca reazioni urticanti) in modo da manipolare in modo più rigoroso gli effetti dell’ipnosi anche a livello oggettivo [3]. Ad esempio è stato dimostrato che soggetti altamente suggestionabili, in seguito ad induzione ipnotica mirata alla riduzione della reazione allergica, riportavano una significativa riduzione dell’area colpita dall’eritema rispetto ad un gruppo di controllo sottoposto allo stesso test istaminergico ma senza la procedura ipnotica. Inoltre suggestioni opposte di aumento o diminuzione della reazione urticante, date rispettivamente ad un arto piuttosto che all’altro, hanno portato a differenze significative ed oggettive, tra cui grandezza dell’eritema e indurimento dell’area infiammata. Questi risultati dimostrano come l’utilizzo dell’ipnosi per il trattamento di asma ed allergie sia una strada possibile e da valutare con estrema attenzione.

[1] Hackman RM, Stern JS, Gershwin ME. Hypnosis and Asthma: a critical review. Journal of Asthma, 2000, 37, 1-15.
[2] Anbar RD. Self-hypnosis for anxiety associated with severe asthma: a case report. BMC Pediatrics, 2003, 3, 7.
[3] Zachariae R, Bjerring P, Arendt-Nielsen L. Modulation of Type I immediate and Type IV delayed immunoreactivity using direct suggestion and guided imagery during hypnosis. Allergy, 1989, 8, 537-42.

MILTON H. ERICKSON INSTITUTE di Torino

PSICHE “MALATA”

I disturbi della sfera psichica sono sempre più frequenti e caratterizzano, primariamente o come espressioni secondarie, la maggior parte delle malattie.
Vi è la tendenza ad inquadrare la causa di queste patologie in ambito esclusivamente biochimico o psicologico.
Questa dicotomia comporta a sua volta delle scelte terapeutiche differenziate, con il prevalere dell’uso degli psicofarmaci o dell’applicazione di psicoterapie.

Diverse sono le scuole di pensiero ed i filoni di ricerca, numerosi sono i passi avanti compiuti, frequenti le estremizzazioni e la radicalizzazione di alcune posizioni.
C’è chi esalta l’origine psichica di questi disturbi ed arriva ad affermare che tutte le malattie, indistintamente, hanno questa origine. Altri, assimilando la psiche ad  un insieme di reazioni biochimiche, individua la causa di queste problematiche esclusivamente in un’alterazione della funzionalità biologica dell’essere umano.
La medicina naturale, basata su principi olistici, non solo accetta la possibilità di una causa sia psichica che biochimica di qualsiasi malattia, quindi anche di quelle a manifestazione psicologica, ma ne comprende anche una strutturale e ne individua una esistenziale, espressione di disagio rispetto ad un nucleo energetico che contemporaneamente trascende e comprende le tre componenti citate.

Riallacciandoci alle leggi del – triangolo della salute -, infatti, ricordiamo che ogni essere umano è costituito da una componente morfologica-strutturale, biochimica-funzionale e psicologica-mentale. Questi tre elementi sono racchiusi in un complesso che ha alla sua base un nucleo energetico più profondo: anima, spirito, ki, ecc.
Qualsiasi malattia, ovunque abbia origine, si riflette sempre e comunque su tutto il complesso. Una malattia, inoltre, non sempre trova espressione primaria sulla componente dove ha avuto origine.
Se vogliamo veramente curare, dobbiamo individuare l’elemento che ha dato origine alla malattia e dedicarci principalmente ad esso, ovviamente senza trascurare gli aspetti su cui si riversa secondariamente.
Attenzione dunque, perché un disturbo psichico può essere causato da alterazioni biochimiche innescate, ad esempio, dall’azione di un virus o un parassita, da un trauma cranico o del rachide, al pari di uno shock sul piano psicologico; ancor più può essere espressione di un disagio profondo, che mette in discussione la nostra stessa esistenza.

Alla base di tutto ciò, vale la pena ricordarlo, c’è un essere umano con una sua specifica connotazione costituzionale, dinamica, in profonda evoluzione rispetto agli input che gli provengono dall’ambiente che lo circonda; il che significa che lo studio del paziente non può essere disconnesso dall’ambiente in cui vive.

Questa visione globale, olistica, del disturbo psichico, permette un approccio terapeutico più ampio ed articolato, che mette al centro dell’attenzione il paziente e non esclusivamente la malattia, estrapolata dal contesto in cui trova espressione. In un’ottica integrata della medicina, dunque, la risposta può essere multipla, diretta ad una o più componenti, applicando più forme terapeutiche , contemporaneamente o in opportuna sequenza.

In sintesi: non criminalizziamo l’uso degli psicofarmaci, ma usiamoli nelle situazioni, nei modi, tempi e posologie giuste; non esaltiamo l’azione della psicoterapia ma applichiamola secondo opportuna tipologia ed ove se ne richieda necessità; non disdegniamo l’applicazione di forme di medicina naturale che, per quanto valide non possono essere sempre e comunque l’acqua santa in alternativa al diavolo degli psicofarmaci.
Questi ultimi, ricordiamolo, sono utilissimi soprattutto nelle forme acute e più impegnative, ove occorra un controllo della situazione in tempi opportuni; le terapie naturali vanno riservate alle forme meno eclatanti oppure, come integrazione, in quelle più croniche ed inveterate, magari insieme ai farmaci di sintesi al fine di eliminare o quanto meno ridurne l’uso.

La fitoterapia, la floriterapia, l’omeopatia, la medicina funzionale, l’ipnosi, entrano a pieno titolo in queste strategie, avendo, in tal senso, una lunga storia e tradizione.

Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.