Ott 11, 2020 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, LA BUSSOLA COSTITUZIONALE, MEDICINA FUNZIONALE, MEDICINA QUANTISTICA, OMEOPATIA, PILLOLE DI RIFLESSIONE
Partendo dall’ovvio presupposto che la salute vada conservata, e per questo motivo tutti dovrebbero conoscere le basi della prevenzione primaria, ci troviamo oggi di fronte ad un cambiamento importante delle aspettative del paziente circa la gestione della sua malattia.
La funzione “tempo” è stata accorciata in maniera importante dalla tecnologia:
la lettera ha lasciato spazio ai messaggi o alle e-mail che in qualche decimo di secondo raggiungono ogni angolo del globo.
La scoperta scientifica più recente fa il giro del mondo senza limiti di appartenenza culturale in pochi giorni; gli spostamenti sono rapidi ed economici.
L’inconscio collettivo si è trovato in un periodo estremamente breve a riformulare il concetto di tempo.
Parimenti, il malato pretende di andare dal medico e trovare la risposta immediata al proprio problema e riprendere i propri ritmi e la propria vita normale in tempi brevissimi.
Il concetto di ” vita normale ” è così radicato che anche l’atto della dimissione da un ospedale, persino dopo un doppio bypass coronarico, il consiglio di smettere di fumare viene accompagnato dalla frase “ora può riprendere la sua vita normale”, destituendo la stessa da ogni tipo di responsabilità in ciò che ha portato il paziente a rischiare di perdere la vita.
Alla contrazione del tempo hanno fatto eco i cambiamenti culturali nel trattamento e preparazione del cibo (basti pensare il termine fast food), nella gestione degli spostamenti, nelle comunicazioni.
In questa “rapida” evoluzione multifattoriale l’uomo non può non pretendere rapidità anche nel percorso di guarigione.
Questo sta creando un doppio movimento sociale.
Da un lato il predominio dei farmaci e dei trattamenti sintomatici rispetto a quelli causali, tanto che il messaggio chiave per la raggiunta guarigione è la scomparsa del sintomo, indipendentemente dalla reale scomparsa della malattia e degli eventuali effetti collaterali della terapia utilizzata.
Dall’altro, il sintomo stesso genera un processo di ricerca della soluzione in tempi ancora più rapidi, senza passare dal consulto medico, ma attingendo al mare di informazioni fornito dal mondo virtuale dei social.
Processo, questo, non indenne da ulteriore effetti collaterali perché, se nel 5% dei casi si potrebbe incorrere nella risposta corretta, occorre valutare come questa venga interpretata dal paziente che generalmente non possiede una formazione medica.
Sembra paradossale, dunque, ma diventa inevitabile indicare non solo la strada, ma anche la modalità per guarire.
1) La guarigione è un percorso attivo.
Nella gestione di una malattia occorre riposare, alimentarsi adeguatamente, idratarsi al meglio e ridurre i fattori stressogeni allo scopo di riservare energie per il processo di guarigione e non sprecarle per la routine. Questo cambiamento non viene dall’esterno ma dalla decisione propria del paziente e dal suo atteggiamento attivo e condiscendente.
2) La guarigione richiede tempo.
Dare dei tempi tecnici cercando riferimenti nella propria esperienza. Se l’aumento della temperatura serve al corpo per ripulirsi, la normalizzazione della stessa non è sufficiente per decretare la guarigione. E’ difficile convincere il paziente che il mondo “può andare avanti ” anche senza di lui.
3) La guarigione richiede regole.
Il paziente deve essere aiutato a comprendere che la guarigione è un insieme di comportamenti e regole che vanno dall’adattamento dello stile di vita al rispetto del riposo, alla formulazione di scelte alimentari corrette, alla riduzione dello stress e degli elementi stressogeni.
Si ottengono questi risultati applicando regole e disciplina. Un aspetto fondamentale di queste regole è rappresentato dalla capacità di aspettare il giusto tempo con la dovuta pazienza.
4) Lo stress rallenta la guarigione fino a renderla impossibile.
La malattia per sé è una condizione di stress.
E’ molto probabile che il paziente si trovi nella fase di adattamento. Ciò implica che alcune funzioni ricevono meno energia ed importanza rispetto a quelle focalizzate sulla sopravvivenza.
Per questo motivo è importante, se non addirittura vitale, che le fonti di stress evitabili possano essere accantonate per tutta la durata della terapia e della convalescenza, anche se questo dovesse allontanare il paziente dalla routine lavorativa o dalle problematiche della vita sociale.
5) Non sprecare energie durante il processo di guarigione.
Nel processo di guarigione si assiste al dirottamento delle energie verso la lotta nei confronti dell’agente patogeno, al drenaggio delle tossine prodotte in questa lotta ed al recupero omeostatico della normalità.
Tutto questo richiede energia.
Ciò che obbliga ad un utilizzo superfluo dell’energia va a discapito della guarigione.
da La Medicina Biologica n. 165
Dott. Mauro Piccini
Mag 7, 2020 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA
Negli ultimi anni l’oncologia sta andando verso una rapida evoluzione. L’aspetto globale del paziente non solo dal punto di vista fisico, ma anche psico-emozionale ha trovato una crescente considerazione, anche grazie ai diversi Plan Cancer che ci hanno consentito di rimettere il paziente al centro delle nostre priorità non vedendolo più come un organo ammalato ma come un insieme di sistemi interagenti tra loro.
Le medicine complementari non sono più stigmatizzate come una volta; sempre più dipartimenti di oncologia “integrano” le competenze degli specialisti in queste medicine cosiddette dolci e, come negli Stati Uniti, cominciano ad apparire lavori scientifici che assegnano un posto adeguato alle cure non convenzionali.
I dati pubblicati dimostrano che i pazienti affetti da tumore fanno uso delle medicine complementari, spesso senza comunicarlo al proprio oncologo.
Sta avvenendo sempre di più il riconoscimento da parte degli oncologi dell’efficacia e dell’innocuità di questi approcci.
Molte volte, a causa della forte tossicità, a molti pazienti non è permesso il trattamento oncologico tradizionale. Quindi l’approccio con la medicina integrata rimane l’unica possibilità che può essere data per gestire la malattia.
Diverse discipline si possono articolare insieme nella cura del paziente oncologico.
L’agopuntura aiuta a stimolare e a mantenere il più attiva possibile l’energia globale del paziente riuscendo a modulare l’astenia e la bassa vitalità alle quali vanno incontro la maggior parte dei pazienti oncologici.
L’omeopatia permette, oltre a contrastare gli effetti secondari negativi, di mantenere in equilibrio i sistemi più esposti al carico del trattamento convenzionale chemioterapico e/o radioterapico e di modulare egregiamente l’aspetto psico-emozionale inevitabilmente messo alla prova dalla malattia.
La fitoterapia e la micologia agiscono direttamente sul sistema immunitario attivandolo in modo specifico verso le cellule cancerogene e fornendo sostanze ad azione antiossidante ed antiinfiammatoria.
Dott. Mauro Piccini
Apr 10, 2020 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, MEDICINA QUANTISTICA, OMEOPATIA
Prima dell’epidemia originatasi a Wuhan ad opera del SARS-CoV-2 è probabile che la maggior parte dei non addetti ai lavori non avesse mai sentito parlare di questo virus, nonostante fossero già salite alla ribalta della cronaca altre forme di coronavirus come, appunto, la SARS o la MERS.
L’epidemia da SARS-CoV-2 è stata denominata COVID -19 dove CO sta per corona, VI sta per virus, D sta per disease (malattia) e 19 è l’ anno di manifestazione.
Molti trattamenti farmacologici sperimentali si stanno utilizzando allo scopo di trovare, al più presto, una possibile soluzione alla malattia.
In questo ambito può essere inserito, non tanto come metodo di cura, ma principalmente come approccio preventivo una schema di trattamento nutriceutico e funzionale che permette di stimolare le cellule implicate nel sistema difensivo. Tale trattamento può contribuire a favorire una migliore reattività organica in caso di infezioni virali.
Il sistema immunitario è un meccanismo di difesa complesso e potente. La sua funzione è quella di difendere il corpo da agenti patogeni, come batteri e virus, che causano malattie. Una complessa rete di tessuti, cellule e proteine lavorano insieme per raggiungere questo risultato.
In letteratura scientifica esistono molti studi che dimostrano quanto malattie, carenze nutrizionali e vitaminiche, cattivi stili di vita, disidratazione, fumo, invecchiamento gravano sul corretto funzionamento del sistema di difesa.
Altro fattore di enorme rischio, come si è visto, è determinato da una eccessivo quadro infiammatorio, espresso anche da un enorme innalzamento della IL 6, che predispone a maggiori possibilità di essere attaccati dal virus.
Il controllo dello stato di acidosi mediante elementi alcalinizzanti ed il controllo del quadro di infiammazione (molte volte subclinica e quindi asintomatica) può giovare enormemente ad ostacolare qualunque attacco, non solo virale.
Diventa fondamentale valutare anche l’aspetto legato all’equilibrio del sistema delle mucose (principalmente quella intestinale), dato che queste sono il primo baluardo di difesa nei confronti dei patogeni.
Secondo vari studi, compreso quello cinese, è possibile che la COVID-19 possa essere correlata ad un’alterazione del microbiota intestinale, essendoci (secondo la Medicina Tradizionale Cinese) un ponte di collegamento tra polmone e intestino, organi che se in perfetto funzionamento determinano uno stato di equilibrio e salute degli stessi.
Uno stato minimo di infiammazione è necessario perché permette al sistema di attivare tutti i meccanismi utili alla difesa. Quello che occorre capire è che se questo effetto supera valori soglia, il quadro innesca un meccanismo controproducente. Diventa quindi, di fondamentale importanza mantenere questi parametri entro un limite considerato di normalità.
Per fare ciò occorre capire quali sono i fattori predisponenti all’innalzamento di questo parametro.
Lo stile di vita gioca un ruolo primario e fondamentale in questo gioco di equilibri.
La gestione dei fattori di stress, l’assunzione di alimenti corretti e integratori specifici, l’eliminazione del fumo di sigaretta e dell’alcool, una sana attività fisica e una buona qualità del sonno, l’uso dei farmaci solo se necessario sono fattori che appartengono ad un buon stile di vita.
Ma quante persone mettono in atto questi accorgimenti?
Nell’emergenza, se non si è seguito un corretto stile di vita, non ha alcun senso assumere tutta una serie di sostanze allo scopo di contrastare il problema, queste sostanze sono sì utili e magari fondamentali ma necessitano di diversi mesi per poter manifestare la propria efficacia e modulare l’effetto. Quale senso ha, per esempio, assumere sostanze antiossidanti, vitamine ecc., se non si modificano i parametri che innalzano i radicali liberi in modo vertiginoso? E’ come voler pretendere di addolcire l’acqua salata del mare con un una bottiglia di acqua dolce.
Quante persone preferiscono, invece di cambiare, assumere farmaci a palate come fossero caramelle per il controllo dei sintomi?
Viviamo in una società dove il malessere deve essere subito annullato, dove quasi nessuno è disposto a mettersi in gioco personalmente per modificare il proprio stato fisico e le proprie difficoltà emozionali.
Lo stato di paralisi che stiamo vivendo tutti, indistintamente, potrebbe e dovrebbe farci riflettere non solo sul senso della vita, ma sulla qualità della vita stessa.
Dott. Mauro Piccini
Gen 23, 2020 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE
Sotto il profilo medico, l’anno del Topo sarà sotto il controllo del Metallo Yang, dominato dalla Secchezza e con il Grosso Intestino in pericolo. Saranno frequenti pertanto le coliti o forme più gravi come diverticolosi, diverticoliti, torsioni intestinali, rettocolite ulcerosa, poliposi o neoplasie. Bisognerà evitare eccesso di latte e latticini e al contempo mantenere integro il microbiota intestinale con yogurt o fermenti lattici. Bisognerà inoltre usare droghe da cucina e frutta cotta, soprattutto pere.
Ancora, sia per la Secchezza ambientale sia perché il Grosso Intestino produce i Liquidi Superficiali (jin), avremo disidratazione di pelle e mucose, con secchezza degli occhi, del naso, xerostomia, cute secca, desquamante e ragadizzata.
Dovremo bere almeno due litri di acqua al giorno e, per produrre liquidi, usare il sapore acido, mangiando pomodori, olive, agrumi e carni ovine. Utile ai pasti un bicchiere di vino con tannini: trebbiano o verdicchio fra i bianchi; shirah, primitivo di Manduria, tra i rossi.
Per giovare al grosso intestino, molto utili le tisane, 10 giorni al mese, di Malva e per idratare pelle e Mucose di Borragine. La pelle disidratata tenderà ad un accumulo di radicali acidi, soprattutto nelle condizioni termiche estreme come l’inverno e l’estate, stagioni in cui saranno frequenti forme psoriasiche, orticaria, geloni e rosacea.
Per prevenire ciò occorrerà bere acqua alcalina con pH superiore a 7 ed usare piante che arrivano l’idratazione interna attraverso la circolazione capillare, come la Centella Asiatica.
In generale poi l’anno del Topo ci porterà ad un grande dinamismo che però cozza con la necessità di riposo del Metallo. Pertanto, se si esagera con gli impegni ed il lavoro, è consigliato usare come fiore di Bach Impatiens, 4 gocce, 4 volte al dì, per cicli di terapia di una o due settimane, da ripetere al bisogno.
https://www.agopuntura.org/blog/capodanno-cinese-2020
Dott. Mauro Piccini
Set 9, 2019 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, NEURALTERAPIA, OMEOPATIA, PILLOLE DI RIFLESSIONE
La menopausa è un passaggio naturale ed obbligato con cui ogni donna, nella propria vita, si trova a confrontarsi. Nonostante sia caratterizzata da notevoli cambiamenti nell’organismo la menopausa non è una malattia: coincide, infatti, con la cessazione del ciclo mestruale e della vita riproduttiva femminile.
Si definisce “menopausa” l’ultima mestruazione della donna. La donna è in menopausa quando è trascorso almeno un anno dall’ultimo ciclo mestruale.
Si parla di menopausa quando le mestruazioni cessano definitivamente ed in modo irreversibile, mentre il periodo che precede e segue la menopausa (detto perimenopausa), di durata variabile, è caratterizzato da una complessa sintomatologia fisica ed emotiva, tra cui le note vampate di calore, sonno disturbato, irritabilità, tristezza, ansia, tachicardia, modificazioni della libido, depressione, secchezza vulvo-vaginale.
Si definisce, invece, climaterio il periodo di transizione tra la vita riproduttiva e la menopausa.
La menopausa è fisiologica quando avviene tra i 48 e 52 anni si presenta a seguito della cessazione di produzione, da parte delle ovaie, degli ormoni riproduttivi (estrogeni).
Alcune donne entrano in menopausa senza particolari fastidi, quasi senza accorgersi dei mutamenti a cui va incontro il proprio organismo, mentre altre manifestano sintomi che possono anche essere importanti. La fluttuazione prima, e il calo dopo, dei livelli di estrogeni sono infatti responsabili di diverse modificazioni fisiche e psichiche definite nel complesso “sintomi della menopausa”.
Nonostante la menopausa sia un passaggio naturale non sempre esso arriva in modo “indolore”.
E’ importante accompagnare la persona attraverso un lavoro sinergico tra mente e corpo affinché possa attraversare questa fase così delicata nel miglior modo possibile.
L’approccio della medicina convenzionale si basa sulla somministrazione di una terapia ormonale detta sostitutiva che mira a ridurre i sintomi presentati. L’approccio della medicina complementare (agopuntura, omeopatia, omotossicologia, fitoterapia, medicina funzionale ecc.) cerca in modo più dolce e fisiologico di aiutare la donna ad affrontare al meglio il periodo di transizione modulando non solo gli aspetti fisici ma anche quelli psico-emozionali che si possono presentare.
Il trattamento è più efficace se la donna si sottopone a regolazione già nella prima fase di rottura degli equilibri senza aspettare ad affrontare il carico quando questo è nel massimo delle sue potenzialità.
La vita può essere paragonata al corso di un fiume. Il periodo della menopausa è solo un tratto di fiume che presenta delle rapide. Lo scopo della terapia è quello di permettere di attraversare questo tratto al meglio per poter giungere di nuovo nelle calme e rassicuranti acque della vita.
Dott. Mauro Piccini
Set 2, 2019 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, IPNOSI, MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA, PILLOLE DI RIFLESSIONE
Lo stress è diventato nel corso di pochi decenni uno dei disturbi più diffusi nella società occidentale, una condizione endemica e quotidiana che non sembriamo più in grado di arginare. Secondo una ricerca di Assosalute l’85% degli italiani soffre di disturbi legati allo stress, mentre uno studio dell’Anxiety and Depression Association of America ha rilevato che più di 40 milioni di statunitensi (circa 18% della popolazione) presenta sintomi riconducibili all’ansia. Questi numeri sono aggravati dall’incidenza potenziale della sindrome da burnout, che colpisce più facilmente chi soffre già di ansia, stress o depressione. Nel maggio 2019 l’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il burnout come “sindrome”, riconoscendone l’esistenza dopo decenni di studio. Secondo l’Oms, anche se non si tratta di una condizione medica, ha un livello di pericolosità tale da diventare una condizione cronica e difficilmente curabile.
A soffrire di sindrome da burnout è soprattutto chi svolge una professione di tipo assistenziale come poliziotti, vigili del fuoco, infermieri e insegnanti. I primi sintomi del burnout sono stati osservati proprio in ambito sanitario: il primo a occuparsene fu lo psicologo Herbert Freudenberger che introdusse il termine burnout nel 1974 per indicare lo stress emotivo degli infermieri costretti a interfacciarsi con colleghi e pazienti per lunghi periodi di tempo. Nel 1980, con il libro Burnout: The High Cost of High Achievement, Freudenberger iniziò a diffondere il concetto anche tra il pubblico, individuando le cause del disturbo nell’elevata pressione sul luogo di lavoro.
Nell’arco di 40 anni il burnout è diventato una minaccia riconosciuta non solo per la salute dei professionisti e delle persone con cui si interfacciano quotidianamente, ma anche per il buon andamento dell’economia. Per il sistema sanitario, ad esempio, la sindrome è la causa di un progressivo deterioramento del servizio e di un abbassamento degli standard qualitativi. L’inefficienza, lo spreco di risorse, l’insoddisfazione degli utenti hanno inevitabilmente un impatto economico, sia perché è maggiore il numero di cause intentate per malasanità, sia perché il sistema deve provvedere a curare gli operatori affetti da burnout. Uno studio recente negli Stati Uniti ha dimostrato che la sindrome costa alla sanità circa 4,6 miliardi di dollari ogni anno.
Se gli insegnanti sono a rischio, non va meglio per i loro allievi. Gli studenti italiani vedono la scuola come un luogo performativo e competitivo che causa loro ansia. In una ricerca del 2016 dell’Osservatorio nazionale adolescenza condotta a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico su un campione di 1700 studenti, l’85% ha ammesso di essere nervoso al pensiero di rivedere professori e compagni, il 61% ha sostenuto di non dormire bene la notte e il 56% di soffrire di stanchezza, dolori allo stomaco, mal di testa, dolori al collo e alla schiena. La condizione si aggrava tra gli studenti universitari: l’American College Health Association Survey ha rilevato che, stando a una ricerca del 2015, l’86% degli studenti statunitensi intervistati ha dichiarato di sentirsi sovraccarico, mentre l’82% si descrive come “emotivamente esausto” e il 35% si sente così depresso da non riuscire a fare niente.
Le dichiarazioni descrivono alla perfezione i sintomi del burnout: nel 1975 la psichiatra Christina Maslach ha indicato fra i sintomi principali una perdita di interesse vissuta dal malato nei confronti dei compagni, dei colleghi di lavoro, dei clienti, dei pazienti assistiti. A questo si accompagnano episodi di spersonalizzazione, svuotamento emotivo, mancanza di adattamento nel luogo di lavoro. Chi è affetto da burnout si mostra cinico, scostante, depresso o rabbioso, inefficiente nelle proprie mansioni. La psichiatra ha messo a punto il Maslach Burnout Inventory, un test che misura i sintomi della sindrome seguendo i parametri di depersonalizzazione, realizzazione personale e soddisfazione emotiva, ovvero le tre aree dell’umore interessate maggiormente dal burnout. Grazie a questo test è possibile circoscrivere e quantificare la condizione di stress e capire il livello di gravità del disturbo.
All’origine del burnout c’è una combinazione di fattori soggettivi e ambientali, come spiega la dottoressa Marina Osnaghi: “Lo stress in realtà è qualcosa di biochimico, naturale, che tutti produciamo. È un insieme di sostanze che il cervello produce per obbligarci ad agire, e questo viene supportato da ogni tipo di emozione (gioia, rabbia, delusione ecc.). Lo stress, quindi, di per sé è sano”. I problemi sorgono quando si moltiplicano gli input dell’ambiente circostante e il livello di stress diventa insostenibile. Il primo passo per impedirgli di trasformarsi in qualcosa di più pericoloso è riconoscere il disturbo in quanto tale: “Bisogna prima di tutto – sostiene la dottoressa – ammettere di essere stressati, avere il coraggio di dirlo. La frenesia può essere uno dei primi allarmi. Tra gli altri sintomi si annoverano le dimenticanze o il commettere errori stupidi, oppure il soffrire di piccoli disturbi cronici che indicano dei livelli troppo alti di stress”.
Bisogna anche fare molta attenzione all’incontro nocivo tra contesto lavorativo e nuove tecnologie. Gli smartphone e la casella mail sempre a portata di mano hanno compresso i tempi di risposta e moltiplicato i feedback che riceviamo quotidianamente, con un maggior carico di informazioni da gestire. Per questo l’’iperconnessione è diventata un nuovo fattore di stress nelle realtà aziendali. Per Carlos Manuel Soave, direttore di Hays Italia, i professionisti devono tenere sotto controllo l’abuso di tecnologia: “Le aziende hanno approfittato degli ultimi ritrovati tecnologici, offrendo ai propri dipendenti modalità di lavoro più smart e flessibili. C’è però un rovescio della medaglia: con devicesempre online e una reperibilità spalmata sull’arco dell’intera giornata, è cresciuto notevolmente il volume di chi soffre o ha sofferto di vere e proprie crisi di burnout”. Allungando la giornata lavorativa e portando il lavoro a casa, si diventa sempre reperibili e investiti di responsabilità, con la pressione e lo stress che aumentano al punto tale da diventare ingestibili.
Curare la sindrome da burnout richiede un processo lungo: bisogna diminuire il carico delle proprie mansioni, rallentare i ritmi lavorativi e trovare il modo di prendersi delle pause dall’ambiente causa di stress. Purtroppo non è sempre possibile prendersi del tempo per se stessi, quando sono richieste performance spesso insostenibili. Per questo la responsabilità psicofisica dei dipendenti dovrebbe essere a carico del datore del lavoro, con una legislazione che tuteli la salute, anche emotiva e mentale, sul luogo di lavoro. Nel 2008 in Francia è stata introdotta una legge che obbliga i datori di lavoro a rispondere dello “stress da lavoro correlato” dei propri dipendenti, facendo un primo passo verso il riconoscimento della gravità del problema. Negli ultimi anni, inoltre, è stata aperta una clinica psichiatrica, diretta dal dottor Thierry Javelot, che si occupa della salute mentale di chi lavora nel settore sanitario. In Italia la situazione è ben diversa, se si pensa che tra il 2010 e il 2014 sono stati indennizzati 132 casi di stress dovuto al troppo lavoro, una cifra irrisoria rispetto alle percentuali dei lavoratori colpiti da burnout. Questo perché la sindrome non è inserita nelle tabelle Inail che regolano gli indennizzi tra aziende e dipendenti.
Nonostante le istituzioni italiane non siano ancora riuscite a cogliere la gravità del problema, il burnout è una realtà sempre più evidente che riduce l’efficienza dei lavoratori e impoverisce il loro stato emotivo, diventando uno stigma a livello personale e sociale. Fingere che si tratti solo di un fastidio passeggero, senza riconoscere la responsabilità dei datori di lavoro, significa condannarsi a una vita da automi in una società che ha dimenticato del tutto il suo lato umano.