LA MEDICINA E’ UNA SOLA

LA MEDICINA E’ UNA SOLA

“Come scienziato non mi interessa attribuire grande importanza a termini quali non convenzionale, integrata, alternativa quando sono riferiti alla medicina. Per me, nella scienza, la cosa realmente importante è mantenere un approccio alla procedura sperimentale aperto, privo di chiusure aprioristiche e dogmatiche tale per cui ciò che a prima vista potrebbe apparire come un errore, o qualcosa di insignificante, potrebbe rivelarsi una grande scoperta se solo siamo capaci di cambiare l’angolazione, la prospettiva, da cui osserviamo il fenomeno in esame.”

Quando si parla di serendipity ci si riferisce alla scoperta di qualcosa mentre si stava cercando qualcos’altro. L’esempio classico, in questi casi, è quello relativo alla penicillina.
Fleming stava studiando lo Staphylococcus influenzae quando una delle sue piastrine di coltura si contaminò e su di essa si sviluppò un’area ben delimitata priva di batteri: il resto della storia lo conosciamo tutti. Nel 2008 il «Financial Time» ha pubblicato un articolo provocatorio sul ruolo della serendipity nel futuro della medicina. In realtà la serendipity ha avuto un ruolo chiave nella scoperta di un’am-pia gamma di farmaci psicotropi, tra cui l’anilina viola, il dietilamide dell’acido lisergico, il meprobamato, la clorpromazina e l’imipramina.
Quando un ricercatore fa una scoperta mediata dalla serendipità deve prestare un alto livello di attenzione a tutto ciò che sta accadendo attorno a lui, a trecentosessanta gradi. Ma questo non basta: per scoprire qualcosa che sia veramente nuovo e fuori dagli schemi occorre mantenere una mente sufficientemente sganciata dalle tradizionali infrastrutture cognitive e culturali che normalmente rendono estremamente focalizzata su un particolare punto di arrivo – spesso predefinito – l’attività di ricerca.

Io credo che un ricercatore in medicina debba mantenere lo sguardo curioso e innocente di un bambino.

Max Planck disse che la scienza non progredisce perché gli scienziati cambiano idea, ma piuttosto perché gli scienziati attaccati a opinioni errate muoiono e vengono rimpiazzati. Otto Warburg ha usato le stesse parole per commentare il fatto che le sue idee – non mainstream sulla genesi del cancro – faticassero a essere accettate. Personalmente ritengo che le ricerche non mainstream nella scienza vadano incoraggiate e che abbiano avuto – e possano avere – un ruolo fondamentale nello sviluppo della medicina…

Stefano Fais
Medico, dirigente di ricerca presso l’ISS
https://www.scienzaeconoscenza.it/data/newsletter/serendipity-stefano-fais.htm?idn=719&idx=69511&idlink=1&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=2019-07-10-la-medicina-e-una-s

L’AGOPUNTURA COME SOSTEGNO AL TRATTAMENTO DI DOLORE CRONICO E DEPRESSIONE

L’AGOPUNTURA COME SOSTEGNO AL TRATTAMENTO DI DOLORE CRONICO E DEPRESSIONE

Nonostante le controversie sull’efficacia dell’agopuntura, una review ha dimostrato come sia un sostegno nel trattamento di dolore cronico e depressione.

L’ agopuntura aiuta e potenzia l’efficacia dei trattamenti medici standard, diminuendo la gravità di patologie quali dolore cronico e depressione, secondo quanto emerso da recenti studi. Recentemente, i ricercatori dell’Università inglese di York hanno dimostrato quanto effettivamente possa essere utile l’utilizzo dell’agopuntura, e non solo grazie ad un mero effetto placebo.

Un programma di studi sulle pratiche a sostegno dei pazienti con patologie fisiche e mentali

Lo studio, svolto dal professor MacPherson, del Department of Health Sciences, in collaborazione con un team di studiosi inglesi ed americani, è parte del Programme Grants for Applied Research (PGfAR) del National Institute for Health Research (NIHR), programma messo in atto con lo scopo di produrre risultati empirici con applicazioni pratiche immediate che possano andare a beneficio dei pazienti con patologie mentali e fisiche. Lo scopo ultimo del programma è proprio quello di promuovere la salute della popolazione inglese, cercando di prevenire lo sviluppo di patologie e la gestione del disagio nel modo più ottimale, promuovendo la messa in atto di una serie di ricerche indipendenti.

L’agopuntura e le dispute sull’efficacia

L’agopuntura è una pratica di derivazione cinese volta alla promozione della salute e del benessere dell’individuo tramite l’inserimento di piccoli aghi in specifiche parti del corpo. In Italia l’agopuntura rientra tra le cosiddette “medicine e pratiche non convenzionali” ritenute rilevanti dal punto di vista sociale (FNOMCeO, 2002) e può essere praticata solo da medici e veterinari laureati, in quanto considerata un atto eminentemente medico. Nonostante alcune proposte di legge risalgano già al 1987, solo nel 2013, nella conferenza permanente Stato-Regioni, è stato emanato un accordo che regolamenta la qualità della formazione e della pratica dell’agopuntura, riconoscendo legalmente la professione di medico agopuntore e istituendo elenchi dei professionisti esercenti l’agopuntura presso gli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Regioni, Conferenza Stato, 2013).

Per anni, l’utilizzo dell’agopuntura è stato oggetto di accese dispute e perplessità riguardanti, tra l’altro, il consentirne o meno un accesso più ampio, soprattutto a fronte dell’aumento della pratica stessa come intervento medico. A tal proposito, nell’intento di dipanare una volta per tutte la diffidenza nei confronti di questa tecnica, la ricerca di MacPherson e collaboratori è stata svolta proprio allo scopo di raccogliere dati provenienti da trial clinici altamente controllati e validati, che fornissero un insieme di prove sufficientemente convincenti a favore dell’effettiva utilità dell’agopuntura a livello clinico e terapeutico, dando così modo ai professionisti della salute di prendere decisioni scientificamente validate.

Infatti, per quanto l’agopuntura risulti essere una pratica largamente utilizzata, soprattutto per la cura del dolore cronico, le prove scientifiche in merito risultano essere ancora abbastanza disomogenee e frammentarie. Fin dalla fine del XX si è assistito ad una proliferazione di ricerche empiriche volte ad analizzarne rigorosamente l’efficacia, le quali hanno però portato a risultati fra loro contrastanti, acuendo le controversie soprattutto per quanto riguarda l’efficacia della pratica a livello clinico e quanto possa essere vantaggiosa in termini di rapporto tra costi e benefici. Inoltre, dal momento che ancora molto poco si sa circa i meccanismi sottostanti il funzionamento dell’agopuntura, si è spesso pensato che potesse riguardare l’induzione di un mero effetto placebo (Ernst et al., 2007).

Proprio a tal proposito, il National Council Against Health Fraud (NCAHF) nel 1991 ha pubblicato uno studio che avrebbe dimostrato la mancanza di comprovata validità dell’agopuntura come modalità di trattamento. Nei vent’anni precedenti, infatti, la ricerca avrebbe “fallito nel dimostrare che l’agopuntura sia efficace contro qualunque malattia” e gli effetti percepiti dopo un trattamento sarebbero “probabilmente causati da una combinazione di aspettative, suggestione, revulsione, condizionamento e altri meccanismi psicologici”. Per quanto siano passati più di vent’anni da questa pubblicazione, la confusione, frequente precursore della denigrazione, e la controversia in merito all’utilizzo e all’efficacia di questa pratica resta tuttora ampia, anche a causa della messa in discussione dell’accuratezza di molti degli studi svolti (Ernst, 2006).

Una review sull’efficacia dell’agopuntura nel trattamento di dolore cronico e depressione

Ad ogni modo, approfittando della presenza di una vasta letteratura sul tema e selezionando solamente quella più rigorosa e validata, MacPherson e collaboratori hanno implementato una review proprio con lo scopo di analizzare i risultati di trial clinici, nello specifico 29, riguardanti il trattamento di pazienti tramite agopuntura e cure mediche standard. All’interno dei trial, i pazienti, affetti da dolore cronico, venivano trattati con una combinazione di agopuntura e cure tradizionali e confrontati con coloro i quali erano trattati solo in modo standard (ad es. farmaci anti-infiammatori, fisioterapia) o con un’agopuntura di tipo fittizio (sham). Nel complesso, i trial hanno coinvolto un totale di circa 18,000 pazienti affetti da dolore cronico di tipo muscoloscheletrico al collo o alla zona lombare, osteoartrite alle ginocchia o dolori alla testa, come emicranie e mal di testa.

Dall’analisi dei trial è stato possibile notare come l’aggiunta di sedute di agopuntura ai trattamenti tradizionali, in confronto alla somministrazione dei trattamenti in modo isolato, portasse ad una significativa riduzione della gravità e dell’intensità del dolore percepito nella zona lombare o alle ginocchia e del numero di mal di testa e cefalee.

Dalle analisi è anche emerso come l’agopuntura sembri effettivamente essere economicamente vantaggiosa, anche nel ridurre e alleviare il dolore e la disabilità date dall’artrite cronica (osteoartrite alle ginocchia), che, conseguentemente, andrebbe a diminuire notevolmente anche i livelli di dipendenza dei pazienti dall’assunzione di farmaci anti-infiammatori, assunti, spesso in quantità sempre maggiori, nel tentativo di controllare il dolore.

Infine, per quanto l’efficacia dell’agopuntura sia stata spesso almeno parzialmente associata al cosiddetto effetto placebo (Ernst et al., 2007; Linda, 1991), gli autori hanno messo in luce come l’uso dell’agopuntura nel trattamento del dolore cronico sembri essere in grado di portare ad una riduzione della sofferenza in modo significativamente più marcato ed ingente rispetto a quanto avverrebbe con l’uso di placebo (agopuntura sham).

In aggiunta a quanto emerso per il dolore cronico, il gruppo di ricerca ha implementato un ulteriore trial clinico focalizzato sull’uso dell’agopuntura nel trattamento della depressione. Questo nuovo studio, svolto nel nord dell’Inghilterra, ha coinvolto un totale di 755 pazienti depressi, sottoponendo gli stessi a sedute di agopuntura o di counseling e confrontandone l’efficacia con quella di trattamenti diversi, come l’assunzione di farmaci antidepressivi.

Analizzando i dati di quest’ultimo trial, è stato possibile notare come sia l’uso dell’agopuntura sia la fruizione di incontri di counseling sembrino essere in grado di ridurre in modo significativo la gravità dei sintomi depressivi, con una persistenza di tali benefici in media fino a 12 mesi dopo la fine del trattamento, indipendentemente da quale dei due fosse stato fatto.

Gli autori affermano che questa ricerca, la più ampia che sia mai stata svolta sul tema, può potenzialmente apportare una buona mole di dati affidabili in grado di dimostrare non solo come l’agopuntura e il counseling siano in grado di aiutare efficacemente i pazienti con episodi depressivi, ma anche come i miglioramenti ottenuti da questi trattamenti sembrino essere sufficientemente stabili anche ad un anno di distanza.

Studi empirici di questo tipo, che mostrano l’esistenza e la fruibilità di terapie alternative ed efficaci, possono risultare estremamente utili e preziose soprattutto per quanto riguarda la prassi clinica. Infatti, ad esempio, il trattamento d’elezione per la depressione comprende solitamente, soprattutto a livello di assistenza primaria, l’utilizzo di terapie farmacologiche, a volte senza nemmeno un sostegno psicoterapeutico adeguato. In circa la metà dei pazienti trattati, però, questo si rivela essere inefficace ai fini di un miglioramento, sia per resistenza al trattamento a livello fisico sia per mancanza di compliance del paziente stesso.

Conclusioni: l’efficacia dell’agopuntura nel trattamento di dolore cronico e depressione

In conclusione, quanto emerso, per quanto necessiti di ulteriori conferme empiriche, potrebbe considerarsi un significativo passo in avanti per quanto riguarda il trattamento di dolore cronico e depressione, chiarendo, per lo meno in parte, le annose controversie sul tema e permettendo così anche a pazienti e a professionisti della salute di fare scelte più consapevoli circa l’utilizzo dell’agopuntura. Il trattamento tramite agopuntura di dolore cronico e depressione, infatti, risulta essere vantaggioso non solo a livello di bilancio tra costi e benefici, ma anche nella riduzione sostanziale dei livelli di dolore cronico e depressione e nel miglioramento dell’umore, limitando anche la presenza di eventuali effetti collaterali, causati invece frequentemente dai farmaci (NIH, 1997).

Infine, i ricercatori hanno evidenziato come possa risultare estremamente interessante approfondire e studiare in modo più mirato i meccanismi potenzialmente sottostanti l’efficacia dell’agopuntura, in particolar modo a livello neuroendocrino. Ad esempio, Goldman e collaboratori (2010) hanno dimostrato come l’agopuntura sembrerebbe agire a livello cerebrale favorendo il rilascio di adenosina, un neuromodulatore con proprietà anti-nocicettive e analgesiche. Questo tipo di alterazione metabolica sarebbe potenzialmente in grado di spiegare anche perché questa pratica porti a benefici apparentemente stabili nel tempo.

Nel complesso, l’agoupuntura risulta un sostegno valido nel trattamento di dolore cronico e depressione.


https://www.stateofmind.it/2017/03/agopuntura-dolore-cronico-depressione/

 

 

 

LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE

LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE

 

La sindrome dell’intestino irritabile ( SII o IBS ) è una condizione sempre più diffusa che interessa circa il 10% della popolazione, soprattutto di sesso femminile e con un tasso di incidenza più alto dai 20 ai 50 anni.
E’ caratterizzata da fastidio o dolore addominale, associati all’ alterazione della funzione intestinale e accompagnati da gonfiore o distensione.
Questa sindrome, che una volta veniva chiamata anche “colite spastica” o “colon irritabile” presenta un intestino che può essere stitico, diarroico oppure di tipo misto ossia con alternanza di stipsi e diarrea.
L’andamento è cronico con caratteristiche variabili e spessissimo le riacutizzazioni dei sintomi avvengono a causa di eventi stressanti, sia di tipo fisico (interventi, infezioni ecc) che di tipo psichico (lutti, separazioni, stress).
I pazienti affetti da IBS presentano spesso anche sintomi di dispepsia e reflusso gastrico, fibromialgia, lombalgia e dolore pelvico, cistite, ansia e depressione, emicrania, fatica cronica, debolezza.

CAUSE

Le cause sono molteplici. Da un lato abbiamo fattori biologici, come la predisposizione  e la suscettibilità individuale, alterazione della motilità del tratto digestivo, la sensibilità dei visceri, l’alterazione della  flora batterica, la disbiosi e le infezioni intestinali. Inoltre e non meno importanti vi possono essere anche allergie, intolleranze e sovraccarichi alimentari e infiammazione causata da cibi disturbanti, l’utilizzo cronico dei farmaci come antiinfiammatori ed antibiotici e lo stress; dall’altro lato fattori psico-emozionali e sociali. Tutto questo può avere un ruolo nel determinare e perpetuare la presenza dei disturbi.
A livello addominale c’è il cosiddetto “secondo cervello” che è costantemente in comunicazione con il “primo cervello” ed è per questo motivo che molti degli eventi stressanti a livello psichico si riflettono sull’intestino e viceversa (problemi addominali che causano stress psicologici).

SINTOMI

I sintomi sono tipici e caratteristici. Il dolore o fastidio addominale deve essere presente per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi in associazione a 2 o più di questi sintomi: migliora dopo l’evacuazione, modificazione della frequenza dell’evacuazione ed associato a modificazioni dell’aspetto delle feci, presenza di muco, difficoltà o urgenza nell’evacuazione, gonfiore o distensione addominale.

TERAPIA

La terapia allopatica consiste nell’utilizzo di farmaci antidiarroici o lassativi, antispastici, antinfiammatori, antibiotici  e ansiolitici ed antidepressivi per la sfera psico emozionale.

Le terapie complementari come agopuntura e medicina funzionale indagano il più possibile le cause sopra esposte, per poter al meglio inquadrare le origini dei sintomi del paziente e, partendo da queste, impostare un approccio terapeutico specifico sia sotto l’aspetto fisico che psico-emozionale specifico per ogni paziente.

Dott. Mauro Piccini
https://www.facebook.com/StudioMedicoDottMauroPiccini/

I 4 MODI PER AFFRONTARE LA PRIMAVERA SENZA EFFETTI COLLATERALI

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I 4 modi per affrontare la Primavera senza effetti collaterali.
Allergie respiratorie e cutanee in Medicina Integrata

Novara, 21 Marzo 2019

Programma

Sindrome da disadattamento psico-neuro-endocrino-immunitario

Conoscenza dell’allergia secondo la Medicina tradizionale cinese

Relazione tra allergie, ambiente ed emozioni.

Diagnosi differenziale tra allergia, intolleranza alimentare e
Campo di Disturbo alimentare o ambientale

Relatore
Dottor Mauro Piccini
Medico chirurgo – esperto di Medicina Complementare

Ideazione e organizzazione
Michela Tubiello
Informatore Medico Scientifico
Tel: +39 339 6106542
Email: michela.tubiello@vandaomeopatici.it

Segreteria organizzativa
Loredana Quofici
Tel: 06 79312185
Email: segreteria@vanda.it

INFORMAZIONI
Hotel Cavour ****
Via San Francesco D’Assisi, 6
28100 Novara (NO)
tel. +39 0321 659889
fax +39 0321 659230
e-mail info@hotelcavournovara.com
web www.hotelcavournovara.com

Programma
Apericena ore 19.30
Inizio lavori ore 20.30
Fine lavori ore 22.30

Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria.
Il seminario è riservato ai Professionisti del Settore Salute

RIPOSO E BENEFICI SULL’EQUILIBRIO PSICO-FISICO

RIPOSO E BENEFICI SULL’EQUILIBRIO PSICO-FISICO

Perché il riposo è così importante? Durante il sonno il nostro corpo elimina le tossine e rigenera le cellule e i tessuti. Durante la fase REM il sonno diventa più leggero e … si sogna

Chi dorme troppo. Chi dorme troppo poco. Chi si sente stanco anche dopo una lunga notte di sonno e chi invece dopo poche ore si trova nel letto con gli occhi sbarrati. Chi ha un cedimento a metà giornata, chi è più reattivo la mattina e chi, al contrario, è più lento a carburare e si attiva quasi al crepuscolo… Il rapporto che ognuno di noi ha col sonno e col concetto di riposo è assolutamente unico e personale.

Questo non significa che non ci siano delle “regole di buona condotta”. Perché, per quanto soggettivo possa essere, il sonno è un bene prezioso e fondamentale per il benessere di tutti. Nessuno escluso. E i disturbi del sonno possono creare problemi a chiunque. Ma perché è così importante? Cosa succede quando dormiamo?

PERCHÉ IL RIPOSO È COSÌ IMPORTANTE

Nel momento in cui il nostro corpo è nella fase di sonno, il suo assetto biochimico cambia e si attivano una serie di funzioni vitali fondamentali per il mantenimento del benessere psicofisico. In questo gioca un ruolo fondamentale il nostro cervello che, nonostante la sensazione di perdita di coscienza che associamo al sonno, resta in realtà in parte vigile. Diciamo, per semplificare, che è come se, non dovendo prestare attenzione a tutto ciò che abbiamo intorno, alle reazioni che dovremmo mettere in atto, alle risposte che dovremmo dare all’ambiente, il nostro cervello riuscisse, nella quiete della notte, a concentrarsi su tutte quelle piccole e grandi azioni che richiedono calma, pazienza e silenzio.

Volendo riassumere in due macro aree, il sonno permette al nostro corpo di compiere principalmente 2 azioni:

1. L’ELIMINAZIONE DELLE TOSSINE

Durante il sonno, l’attività metabolica rallenta e il sistema glinfatico (una sorta di sistema linfatico che agisce in sinergia con le cellule gliali, strettamente collegate al funzionamento dei neuroni nel sistema nervoso) si attiva per drenare ed espellere le proteine tossiche prodotte dal cervello nella fase di veglia. Questi scarti vengono drenati attraverso gli spazi intercellulari che aumentano durante il sonno proprio per permettere il drenaggio1. Verranno poi indirizzati al fegato che provvederà al loro smaltimento2.

2. LA RIGENERAZIONE CELLULARE E DEI TESSUTI

Con le attività metaboliche rallentate e l’attività cerebrale più “libera” dalle incombenze della veglia, anche l’attività cellulare si concentra maggiormente su se stessa e sulla sua propria rigenerazione e riparazione. Questo accade ad esempio ai muscoli che, mentre dormiamo, si rilassano e hanno modo di rigenerarsi riparando le microlesioni che le attività della giornata hanno comportato; o anche alla pelle: durante il giorno, infatti, il nostro corpo rilascia ad essa proteine ed enzimi in quantità minore rispetto alla notte, perché durante la fase di veglia servono per altri scopi. Mentre riposiamo, invece, le attività metaboliche si riducono e c’è una maggior disponibilità di questi elementi da dedicare al rinnovamento cellulare epidermico.

Inoltre, un recente studio condotto da Michele Bellesi, Giulio Tononi e Chiara Cirelli, dell’Università del Wisconsin, e pubblicato su The Journal of Neuroscience3, dimostra che, durante il sonno, aumenta la produzione delle cellule che vanno a formare la mielina, una sorta di guaina protettiva isolante che consente la corretta veicolazione degli impulsi nervosi: questo spiegherebbe perché un sonno ristoratore e la giusta quantità di riposo ci permettono di essere più lucidi, reattivi e durante il giorno e di come, invece, i disturbi del sonno possono metterci in difficoltà.

Non solo. Il sonno serve per riorganizzare e consolidare la memoria. Il cervello infatti approfitta della “pausa” notturna per rielaborare ciò che ci è successo durante la giornata. Attraverso il monitoraggio dell’attività cerebrale durante il sonno, infatti, si è scoperto che il tipo di onde prodotte dal cervello e le aree cerebrali che si attivano sono le stesse di quando ricordiamo eventi passati che ci sono capitati. In più, rielaborando l’accaduto e memorizzandolo, il cervello apprende.

Insomma, anche se durante il sonno viviamo una situazione di non-coscienza, non si può dire lo stesso del cervello.

Ma se mentre riposiamo accade tutto questo, cosa accade se non dormiamo abbastanza?

EFFETTI DELLA MANCANZA DI RIPOSO SULL’ORGANISMO

Abbiamo visto cosa accade al nostro corpo quando siamo “impegnati” a dormire. Ma se non dormiamo gli effetti non si limitano al fatto che non accade tutto ciò. Le implicazioni, le conseguenze e gli effetti dei disturbi del sonno sulla nostra quotidianità infatti possono essere molto pesanti.

Basti pensare a cosa ci accade, nel piccolo, quando attraversiamo un periodo nel quale siamo costretti a rinunciare a qualche ora di sonno: ci sentiamo più affaticati, lo sforzo fisico ci pesa di più, abbiamo difficoltà a concentrarci, siamo più irascibili… e il pensiero vola al tanto agognato momento in cui andremo finalmente a dormire! Se la situazione diventa reiterata e, peggio ancora, cronica, gli effetti del cattivo riposo possono condizionare la nostra vita sociale con episodi di perdita della memoriamal di testa, stress, sbalzi d’umore, ansia, diminuzione dell’attenzione, della capacità di vigilanza e, nei casi più estremi, persino allucinazioni e psicosi. Non per niente la deprivazione del sonno è una delle torture utilizzate per indurre i prigionieri a rivelare i loro segreti. Quando non dormiamo siamo più fragili, meno reattivi, meno lucidi e in un certo senso più indifesi.

DORMIRE E RIPOSARE

Capita che anche dopo una notte di sonno ci svegliamo con la sensazione di essere ancora molto stanchi. Questo succede quando, anche se effettivamente abbiamo dormito, non abbiamo, di fatto, riposato. Stress, tensioni, comportamenti scorretti che ostacolano i cicli del sonno possono essere alcune delle cause. Ma prima di capire come evitare questa spiacevole sensazione, vediamo brevemente come funziona il sonno.

COME FUNZIONA IL SONNO NOTTURNO

Il sonno si sviluppa in fasi:

  • Fase NON REM 1: addormentamento. La muscolatura si rilassa, la temperatura corporea inizia a calare e l’attività cerebrale rallenta. Si può essere svegliati facilmente. È in questa fase che a qualcuno capita di avvertire quella strana sensazione di cadere nel vuoto e che causa un’improvvisa contrazione muscolare.
  • Fase NON REM 2: fase di sonno leggero. La temperatura continua a scendere, le attività metaboliche rallentano, il cervello continua a lavorare come in fase di veglia (le onde cerebrali prodotte sono infatti molto simili) e i muscoli alternano fasi di tonicità a fasi di rilassamento.
  • Fase NON REM 3 e 4: fase di sonno profondo. Rallenta il battito cardiaco, la temperatura scende ancora, le attività metaboliche sono ridotte al minimo, l’organismo inizia a rigenerarsi.
  • Fase REM: avviene dopo circa 90 minuti dall’addormentamento. Il sonno si fa più leggero, le attività cerebrali si fanno più intense (talvolta simili a quelle di veglia) ed è caratterizzata da movimenti degli occhi molto rapidi e in diverse direzioni. È in questa fase che sogniamo.

Queste fasi si ripetono ciclicamente nell’arco della notte con questa struttura, anche se tendenzialmente le fasi NREM 3 e 4 si verificano nei primi due cicli, mentre la fase REM diventa più lunga avanzando nel corso del sonno, andando da 10 minuti iniziali fino a raggiungere i 90 minuti.

Ma perché l’alternanza sonno/veglia viene generalmente a coincidere con l’alternanza notte/giorno? Non è un caso né una convenzione. Questo rapporto ha invece una stretta correlazione di causa/effetto legata ai cosiddetti ritmi circadiani, ovvero le sequenze che il bioritmo del corpo umano segue per assicurarsi la sopravvivenza. I ritmi circadiani sono governati principalmente dal bilanciamento fra cortisolo, l’ormone che tiene svegli, e la melatonina, che invece induce, e che sono particolarmente recettivi e reattivi alla presenza o assenza di luce. Insomma, il nostro corpo riconosce quando si fa buio e si auto indirizza verso una fase di riposo.

TECNICHE DI RILASSAMENTO PER RIPOSARE MEGLIO

Proprio per riposare al meglio e trarre i massimi benefìci dalle ore di sonno è bene assecondare questa predisposizione naturale. Per farlo basta adottare qualche piccolo accorgimento. Ad esempio:

  • evitare di usare computer o cellulare prima di andare a dormire, perché la luminosità degli schermi di questi dispositivi, infatti, viene percepita dagli occhi (e quindi dal cervello) come la luce diurna, cosa che inibisce la produzione di melatonina e l’attivazione del suo effetto soporifero, allontanando quindi il momento del sonno;
  • fare un bagno caldo un’ora prima di andare a dormire favorisce il rilassamento muscolare e, l’abbassamento della temperatura corporea uscendo dall’acqua calda, mima al nostro corpo l’abbassamento di temperatura che si verifica mentre dormiamo, preparandolo così al sonno;
  • cercare di dormire in una stanza quanto più possibile buia e con una temperatura di 15°-20°C;
  • evitare la presenza di campi elettromagnetici nella stanza nella quale si dorme, poiché interferiscono con la produzione di melatonina e serotonina e vanno allontanati quanto più possibile dal corpo;
  • ridurre lo sport e l’attività fisica intensa a ridosso delle ore da dedicare al sonno: lo sforzo fisico e la tensione emotiva legati all’attività sportiva infatti producono adrenalina, fondamentale per la reattività, ma controproducente, per ovvi motivi, se si vuole prendere sonno;
  • mangiare cibi sani a qualche ora di distanza prima del sonno, in modo da non sovraccaricare il metabolismo e permettere una corretta e completa digestione prima di coricarsi. Col sonno infatti anche la digestione rallenterebbe gravando sulla qualità del nostro riposo.

CIBO E SONNO: DUE BISOGNI PRIMARI LEGATI FRA LORO.

Come abbiamo visto è meglio non mangiare troppo a ridosso del momento in cui andremo a dormire: di notte le attività metaboliche rallentano e tutto ciò che introdurremo non verrà trasformato in energia e bruciato, ma al contrario verrà assimilato e non smaltito.

Al di là di quando mangiamo, poi, ci sono cibi che favoriscono il buon riposo e altri che lo ostacolano. Ad esempio, nella prima categoria troviamo i legumi, la frutta secca, il latte, gli spinaci, le banane, le ciliegie, le uova, il pesce, la carne.

Alimenti e bevande che, al contrario, ostacolano il naturale avviamento al sonno e che possono creare disturbi al suo corso naturale, sono i cibi speziati, gli insaccati, i formaggi stagionati, la soia, il tofu e il miso (contengono alte quantità di tiamina, da evitare prima di dormire) e ovviamente gli energy drink e la caffeina. Un discorso a parte va fatto per l’alcol che, se da un lato favorisce il rilassamento, dall’altro induce frequenti risvegli diventando quindi foriero di sonno disturbato.

Ma se è vero che il cibo influenza il riposo, è anche vero il contrario: dormire troppo o troppo poco ha dei riflessi sulla sensazione di fame e sulla nostra tendenza a mettere su peso. Restando svegli troppo a lungo, infatti, e interferendo col naturale andamento del ritmo circadiano, portiamo il nostro corpo a pensare di dover far fronte al periodo di veglia: viene indotto quindi a farci sentire lo stimolo della fame per poter far fronte alla richiesta di energia che lo stato di veglia richiede. Anche se è notte fonda.

Al contrario, dormendo troppo, il metabolismo rallenta per un periodo prolungato aumentando il rischio di incorrere, a lungo andare, in disfunzioni metaboliche.

E come la mettiamo con il “mitico” sonnellino pomeridiano?

IL RIPOSO POMERIDIANO

Sembrerebbe che una pausa riposante a metà giornata aiuti ad essere più reattivipiù di buon umore e addirittura a diminuire il rischio di malattie cardiovascolari. Ma per essere davvero funzionale, il riposo pomeridiano non deve sconfinare nel vero e proprio sonno, innanzitutto per non alterare il normale e benefico ritmo sonno/veglia e i ritmi circadiani, e, in secondo luogo, per non compromettere la qualità del sonno notturno.

È dimostrato che basta un riposo di 30 minuti per permettere al corpo e soprattutto al cervello di rigenerarsi per far fronte alle attività quotidiane che ancora ci aspettano. Non solo, ha un effetto ristoratore che può (per brevi periodi, si intende!) alleviare le conseguenze dannose di un cattivo sonno notturno.

L’orario migliore per farlo sarebbe fra le 14 e le 16 e per non più di 45 minuti: quello dopo il pranzo è infatti il momento nel quale l’organismo presenta una naturale flessione dell’energia fisica e mentale e non è affatto controproducente assecondare questa tendenza fisiologica.

L’aspetto più difficile è conciliare questa tanto agognata pratica con i ritmi e gli impegni quotidiani, e soprattutto con i doveri lavorativi.

QUANTE ORE DI RIPOSO AL GIORNO

Ecco la domanda che tutti si pongono almeno una volta nella vita: quante ore bisogna dormire per stare bene? Non c’è un numero preciso di ore: come abbiamo visto, molto dipende dal tipo di vita che si conduce, dai ritmi ai quali si deve fare fronte, dalla qualità del sonno delle notti precedenti…

Diciamo che fra le 6 e le 8 ore a notte siamo “al sicuro”. Non di meno e non di più. Ma a una condizione: che sia un sonno di qualità. Al di sotto e al di sopra di tale soglia, infatti, si riscontra nel lungo periodo una maggiore tendenza a sviluppare diabete, ipertensione, patologie cardiovascolari e depressione.

Quindi, monitorare gli aspetti che riguardano la qualità del nostro sonno vuol dire impegnarsi in prima persona a proteggere il proprio benessere e poter dire buonanotte alle preoccupazioni!

QUANDO IL RIPOSO NON BASTA

A volte capita che, nonostante tutti i consigli e le accortezze, proprio non si riesca a riposare bene. Allora, per contrastare i disturbi del sonno, si può scegliere di affidarsi a prodotti specifici che possono rivelarsi gli aiuti ideali in due diversi momenti della giornata: prima di andare a dormire, per prepararsi al meglio al riposo, e dopo il risveglio, per affrontare la giornata con la carica e la lucidità giusta…


1 NIH/National Institute of Neurological Disorders and Stroke – October 17, 2013
2 Gli studi della dottoressa Maiken Nedergard, neuroscienziata della University of Rochester Medical Center, sul sistema di eliminazione delle tossine e la scoperta del sistema glinfatico (a lei si deve questo nome frutto dell’unione fra gliale e linfatico) sono un fondamentale riferimento per l’approfondimento di questa tematica.
3Effects of Sleep and Wake on Oligodendrocytes and Their Precursors – doi: 10 1523 / JNEUROSCI 5102-12 2013 – Settembre

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CANDIDOSI SISTEMICA: PANDEMIA DEL 21° SECOLO

CANDIDOSI SISTEMICA: PANDEMIA DEL 21° SECOLO

Di seguito riportiamo l’articolo di approfondimento redatto dal Dott. George John Georgiou Direttore e Fondatore del Centro di Medicina Olistica Da Vinci Cipro e del College Da Vinci di Medicina Olistica (www.collegenaturalmedicine.com) a Larnaca, Cypro e pubblicato sulla rivista Omeopatia Oggi per la rubrica Prospettive di terapia.

Breve storia della candida

Ippocrate descrive la Candidosi orale (circa 400 a.C.) come “bocche affette da afte ulcerose”. Nel 1665, Pepys Diary riporta il caso di un paziente con una febbre, un’afta e una forma di singhiozzo, così immortalando l’idea che l’afta si installi nell’organismo ospite. Nel 1779, Rosen von Rosenstein la definisce una forma invasiva di afta. Nel 1839, Langenbeck è accreditato come il primo ad aver riconosciuto un fungo in un paziente affetto da febbre tifoide. Egli descrive nel dettaglio ciò che al giorno d’oggi è conosciuto come ife settate, pseudoife ramificate e blastospore, ma attribuisce la causa al batterio tifoide e non al fungo. Nel 1847, il micologo francese Charles Philippe Robin classifica il fungo come Oidium albicans usando il termine Albicans per riferirsi al fungo che causava l’afta. Christine Berckhout e altri fanno alcune osservazioni a proposito dell’abilità del fungo nell’infettare la specie umana. Berckhout lo riclassifica sotto l’attuale genere di Candida nel 1923 e la sua tassonomia viene successivamente diffusa dai micologi francesi Maurice Langeron e Paul Guerra come l’inizio di una sistematizzazione razionale dei lieviti non ascosporigeni.

Una panoramica sulla candidosi cronica

Una delle sfide che la specie umana deve affrontare ai nostri giorni è l’infezione pandemica micotica conosciuta come Candida o Candidosi sistemica, là dove per “sistemica” si intende: “diffusa in tutto il corpo”. Molti tra coloro che si occupano di medicina integrata hanno provato a trattare la Candida con successi altalenanti. Per individuare la terapia più indicata, è necessario capire il comportamento della Candida nel suo ciclo vitale. Una serie di studi ha mostrato che il 90% dei bambini appena nati presenta un inizio di Candida nell’intestino. Si tratta di un organismo unicellulare che si riproduce in maniera asessuata producendo una cellula-figlia; non è patogena, risiede negli intestini senza produrre sintomi; appartiene alla famiglia dei Saccaromiceti. Le forme di Candida, come le loro “cugine”, le muffe, vivono tutte intorno all’uomo. Una ampia famiglia di lieviti è composta dalla Candida albicans, con oltre 81 specie diverse, che vivono armonicamente nella bocca, nella gola, negli intestini, nell’apparato genitale, nelle vie urinarie della maggior parte degli esseri umani e sono di solito considerate come una parte normale della flora batterica interna. La C. albicans è un organismo diploide con 8 coppie di cromosomi; è uno dei pochi microorganismi a possedere un gene diploide: questo lo indica come un organismo capace di una attività pleomorfica, in grado di mutare da una forma di blastospora in gemmazione alla forma micotica e patogena. Il problema inizia a porsi quando “normali” blastospore di Candida, cellule che tutti noi abbiamo nei nostri apparati intestinali, subiscono una mutazione pleomorfica e comincia a mutare in forme miceliali o di ife – questo tipo di Candida è patogeno e può causare moltissimi sintomi. Questo avviene quando l’ambiente intestinale e di altri tessuti diventa più acido, causando così la morte di specie batteriche “amiche” (Lattobacilli e Bifidobatteri). Questo può accadere se ci si sottopone a terapia antibiotica, cortisonica, con anti-infiammatori o chemioterapia. L’alterazione del microbiota intestinale può anche essere conseguente a un eccesso di acidi nell’organismo a causa del consumo in grandi quantità di zuccheri semplici e altri prodotti raffinati. Questa modificazione del pH può indurre una mutazione pleomorfica della Candida in un organismo invisibile ma molto attivo. Se alimentata con zucchero, può aumentare da 1 a 100 cellule nell’arco di 24 ore; ciascuna di queste 100 cellule ne produrrà a sua volta altre 100 e così via. Dopo quattro giorni nell’organismo ci sarà un milione di cellule di Candida. La maggior parte delle terapie intraprese per la Candidosi si concentra sul tentativo di eliminare la forma miceliale, patogena, tralasciando però di considerare come riportare la forma pleomorfica nella sua condizione originale apatogena. Un’altra ragione dell’elevato numero di fallimenti terapeutici in questo ambito è che non viene trattato il “terreno” così come la dieta dei pazienti, fattore a sua volta di fondamentale importanza. Ritorneremo su questi aspetti basilari quando parleremo dei protocolli di trattamento.

Il ruolo parassita della candida

La candida ha due funzioni parassitarie:

  1. Si nutre di ogni cibo putrefatto nel nostro sistema digestivo (causato soprattutto da una digestione impropria dovuta a ridotta acidità gastrica);
  2. Quando le condizioni cambiano, la Candida può trasformarsi da blastospora a micelio (vedi sopra), nel quale i filamenti, come radici, invadono in profondità la mucosa in cerca di nutrimento.

I miceli rilasciano fosfolipasi, un enzima che attacca le membrane cellulari della mucosa, liberando acidi grassi, generando radicali liberi e causando infiammazione nell’intestino. Dovunque i lieviti colonizzino, producono sintomi, che possono essere prurito all’ano, alla vagina, diarrea o mal di gola. Queste forme miceliali rilasciano 79 diverse tossine, attraverso prodotti che danneggiano tessuti e organi specifici, che determinano i sintomi. Queste micotossine possono competere con i siti recettoriali degli ormoni, causando ipotiroidismo, ipoestrogenismo; nello stesso tempo sequestrano cortisone, progesterone e altri ormoni per farne uso proprio determinando così stati di deficit endocrino.

Altri fattori che inducono patogenesi

La patogenesi della malattia associata alla Candida negli esseri umani è causata da un insieme di fattori. Alcune specie di Candida producono una gliotossina che può compromettere la funzione neutrofila. In ogni caso, la Candida è un organismo poliantigenico che contiene fino a 178 differenti antigeni, che possono spiegare il numero di reazioni crociate a lieviti, funghi e persino tessuti umani.

Negli ultimi anni è stata evidenziata l’esistenza di una potenziale cross-reattività con il glutine a causa di sequenze amminoacidiche altamente omologhe alla alfa-gliadina e alla gamma-gliadina. Questo meccanismo può portare a una intolleranza al frumento con i suoi sintomi di accompagnamento e persino innescare la malattia celiaca in soggetti geneticamente predisposti. Inoltre, uno studio cross-over placebo-controllato ha evidenziato che i lieviti alimentari possono influenzare il morbo di Crohn. La Candida produce alcol e contiene glicoproteine che hanno la capacità di stimolare i mastociti a rilasciare istamina e sostanze infiammatorie, prostaglandine, che possono causare sintomi simili a quelli dell’IBS.

Micotossine

Il carico tossico da micotossine delle infezioni da Candida può anche essere assorbito nel sangue, causando una ipersensibilità a tossine da lieviti che porta a sintomi come ansiadepressione e diminuite funzioni intellettuali.

La principale tossina coinvolta in questo processo è l’acetaldeide, che è un normale catabolita, prodotto in piccole quantità e neutralizzato dal fegato. Tuttavia, là dove se ne verifichi una iperproduzione causata dalla Candida, soprattutto in condizioni di ipossia così come una mancanza di appropriati enzimi epatici (che tendono a essere deficitari nel 5% della popolazione), l’acetaldeide tende a legarsi al tessuto umano. Questo può causare un’alterata neurotrasmissione nel cervello, procurando ansia, depressione, deficit di memoria e annebbiamento del pensiero.

Il 40-60% di tutte le cellule immunitarie presenti nel corpo umano risiede nell’intestino. Il sistema immunitario può anche risentire contemporaneamente di malnutrizione, alta esposizione a muffe ambientali, così come di un numero crescente di additivi chimici presenti nel cibo, nell’aria e nell’acqua (per esempio: residui petrolchimici, profumi, formaldeide, prodotti per pulire, insetticidi, tabacco e altri agenti inquinanti, sia interni sia esterni).

I lieviti tendono a produrre una tossina, chiamata gliotossina, che può danneggiare il sistema immunitario rendendo inattivo il sistema degli enzimi e producendo radicali liberi che interferiscono con il DNA dei leucociti. Il conseguente abbassamento delle difese immunitarie può causare non solo un complessivo senso di malessere, ma può portare allo sviluppo di sintomi respiratori, digestivi o di altra natura sistemica. In alcuni soggetti predisposti si può sviluppare una sensibilità ad alcuni cibi o residui chimici presenti nell’ambiente.

In presenza di candidosi, si riscontrano elevate quantità di metalli pesanti come il mercurio, poiché i lieviti immagazzinano i metalli nelle loro cellule e li rilasciano quando la Candida muore durante la terapia. È questa la ragione per la quale è importante sottoporsi a una disintossicazione naturale dai metalli quando si sta trattando una Candidosi sistemica.

La Candida è sensibile a una serie di agenti antimicotici, come la nistatina, che non viene assorbita nel tratto gastrointestinale dopo somministrazione per os.

La nistatina, data l’affinità per gli steroli presenti nella membrana cellulare dei funghi, è in grado di inserirsi all’interno di quest’ultima e di aumentarne la permeabilità.

Quest’aumento di permeabilità fa sì che le cellule fungine perdano costituenti per loro essenziali (come ioni e piccole molecole organiche) e, di conseguenza, muoiano.

Là dove siano coinvolte altre condizioni di salute, la Candida è nota come CRC (Candida-Related Complex): Complesso di Candidosi sistemica o Sindrome da Candidosi Cronica. Il CRC, un eccesso di Candida nel nostro sistema, può portare un numero di sintomi e segni sgradevoli, vere e proprie sindromi come la sindrome da fatica cronica, ipoglicemia, leaky gut syndrome, fibromialgia, allergia o sensibilità, disfunzioni ormonali, tiroidee o adrenergiche. Queste sindromi non sono causate direttamente dalla Candida presente nelle mucose, che causa irritazione, infiammazione, prurito e dolore, ma dall’insieme dei fattori metabolici causati dalle colonie di lieviti rilasciati nel colon in quantità non più tollerabili.

Pazienti con CRC spesso hanno una varietà di sintomi che colpiscono molti organi, per esempio:

  • disturbi gastrointestinali;
  • senso di affaticamento inspiegabile (ci si sente spesso stanchi);
  • senso di annebbiamento, cambi di umore, depressione;
  • rash cutanei, infezioni micotiche;
  • desiderio di zuccheri, pane, birra.

Il livello di tossicità nel colon influenza lo stato di salute dell’intero organismo, specie nel caso di stipsi dovuta a una flora intestinale sbilanciata. Il delicato equilibrio ormonale e chimico che presiede alla nostra salute emotiva ne può risultare colpito, causando sintomi di alterazione mentale.

Chiunque può essere colpito dalla candida!

Al giorno d’oggi, chiunque può essere colpito dalla Candida! Nelle donne, antibiotici, steroidi, antinfiammatori, ormoni, e pillole anticoncezionali possono generare forme patogene di Candida. Anche gli uomini possono sviluppare forme patogene di Candida da antibiotici, steroidi, antinfiammatori, antidolorifici e rapporti sessuali con partner infetti, anche se le conseguenze sono nella maggior parte dei casi una infezione topica e non una Candidosi sistemica.

Gli adolescenti possono contrarre la Candida attraverso l’assunzione sistematica di tetraciclina o altri antibiotici per l’acne. I neonati contraggono la Candida durante il passaggio nel canale uterino, o durante l’allattamento al seno da una madre infetta. È la ragione per la quale i neonati hanno spesso forme di mughetto (lingua rivestita di bianco).

Milioni di persone nel mondo sviluppano Candidosi. Si stima che almeno una persona su tre nel mondo occidentale sia affetta da questa patologia. Visto che un così grande numero di persone può essere affetto dalla Candida, e dato l’ingente numero di fattori che può causarla, la Candida attualmente rappresenta un problema rilevante di salute tanto da aver raggiunto le proporzioni di una vera pandemia.

Nel nostro organismo la Candida coesiste con molte specie di batteri in un equilibrio competitivo. Alcuni di questi agiscono parzialmente per tenere sotto controllo l’incremento della Candida nell’ecologia fisiologica. In condizioni di salute, il sistema immunitario mantiene la proliferazione della Candida sotto controllo, ma quando la risposta immunitaria è indebolita la crescita della Candida può avvenire in maniera incontrollata. È un organismo opportunista, che, se ne ha appunto l’opportunità, tenterà di colonizzare tutti i tessuti acidi dell’organismo. Questa è una delle ragioni per le quali è presente negli stati cancerosi, dove il pH è molto acido.

Squilibrio ecologico dell’organismo

Nella società moderna sono presenti sfortunatamente molti fattori che possono portare a uno sbilanciamento dell’equilibrio ecologico del corpo, indebolendo il sistema immunitario e dunque consentendo una crescita eccessiva di lieviti.

I maggiori fattori di rischio sono:

  • Ormoni steroidei o immunosoppressori come il cortisone, che sono usati per trattare gravi problemi allergici, paralizzando la capacità del sistema immunitario di reagire.
  • Farmaci contraccettivi che scombinano l’equilibrio ormonale.
  • Diete ricche di carboidrati e zuccheri, lieviti e derivati, cibi fermentati.
  • Esposizione prolungata ad ambienti con presenza di muffe.
  • Antibiotici e sulfamidici, che uccidendo qualsiasi tipo di batterio, compresi quelli buoni, facilitano una crescita incontrollata della Candida nel tratto intestinale.

La stessa cosa avviene, in modalità varie, con l’uso degli steroidi come il cortisone. Tutti gli steroidi, inclusi gli anticoncezionali, hanno l’effetto di deprimere il sistema immunitario, così come di uccidere i batteri benefici per l’organismo.

Infezioni da lieviti sono comuni in pazienti sottoposti a cure ripetute o prolungate di amoxicillina, cefalosporine, tetracicline o altri antibiotici ad ampio spettro durante l’infanzia e l’adolescenza, ma anche da adulti.

Fattori alimentari

La Candida si nutre principalmente di zuccheri.

I lieviti in generale proliferano in presenza di zuccheri semplici, dolcificanti, ma anche zuccheri naturali della frutta, così come con il consumo eccessivo di carboidrati complessi.

Ci sono molte ragioni per limitare o eliminare il consumo di latte in pazienti con Candidosi cronica:

  • Un alto contenuto di lattosio provoca una sovracrescita di Candida.
  • Il latte rappresenta uno dei principali allergeni alimentari.
  • Il latte può contenere residui di antibiotici che possono ulteriormente danneggiare il microbiota intestinale e promuovere sovracrescita di Candida.

Come trattare la candida

Passiamo adesso a esaminare il concetto di trattamento, che è abbastanza complesso se si vogliono avere risultati davvero positivi. Esistono numerosi approcci per trattare la Candida: da quelli che sono usati dai medici tradizionali, e che prevedono l’uso di medicinali antimicotici, a quelli in uso tra i medici che praticano medicina integrata e i nutrizionisti, basati su una varietà di prodotti naturali che ristabiliscono l’eubiosi intestinale.

Tutti questi trattamenti presentano lo stesso effetto secondario: il paziente si sente meglio inizialmente, per poi scoprire però che la Candida fa di nuovo capolino nell’organismo dopo essere stata silente per qualche mese.

Poiché questo protocollo di trattamento è stato implementato presso il Centro di medicina olistica Da Vinci, a Larnaca, Cipro, dove il Dr. Georgiou è Direttore e Fondatore, viene chiamato “Protocollo Da Vinci per la cura della Candida”. Il Dr. Georgiou cura pazienti che provengono da tutto il mondo.

Il protocollo Da Vinci per la cura della candida

Esistono tossine nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo. Anche il nostro organismo produce tossine, come risultato dei processi metabolici che ci tengono in vita. Prima di implementare la cura della Candida coi suoi pazienti, di conseguenza, il Dr. Georgiou si accerta che il paziente si sottoponga a un protocollo disintossicante che riporti in equilibro il sistema dell’organismo. Uno dei metodi più veloci, economici ed efficienti per raggiungere questo risultato è sottoporsi a una dieta disintossicante alcalina per 15 giorni. Il protocollo prevede frutta fresca, verdure, succhi vegetali, zuppe, verdure bollite condite con olio di oliva ed erbe, tisane.

La disintossicazione produce una serie di effetti positivi:

  • Il tratto digestivo viene ripulito da scorie e da fermenti.
  • Si ottiene una purificazione di fegato, reni e sangue, ciò che non è possibile seguendo un regime alimentare regolare e tradizionale.
  • Migliora la lucidità mentale, solitamente ridotta dal sovraccarico di additivi chimici e alimentari.
  • Diminuisce la dipendenza da zucchero, caffeina, nicotina, alcol e medicinali.
  • Si riduce la capacità dello stomaco, attraverso la riduzione di cattive abitudini alimentari.
  • Il sistema ormonale è potenziato.
  • Viene stimolato il sistema immunitario.

Lo scopo di questa dieta è disintossicare l’organismo, rimuovere le tossine dalle cellule lipidiche, dai tessuti e dagli organi, così che il corpo possa tornare a un livello di funzionalità ottimale.

Parassiti, metalli pesanti e altre tossine

Come parte del processo di disintossicazione, il centro Da Vinci cerca anche di disintossicare il corpo dalla presenza di metalli pesanti che possono essere facilmente individuati mandando un campione di capelli a un laboratorio accreditato. Inoltre, esistono parassiti almeno nel 90% della popolazione, dunque è bene introdurre anche un protocollo di depurazione dai parassiti durante i 15 giorni di dieta detox.

I metalli pesanti si trovano nel pesce e nelle otturazioni contenenti amalgama (mercurio), l’alluminio si trova nelle polveri lievitanti, nelle farine per dolci e autolievitanti, nei cosmetici, nei dentifrici, negli antitraspiranti e in alcune medicine come gli antiacidi.

In alcuni Paesi viene somministrato arsenico al pollame per facilitarne la crescita, si trovano tracce di cadmio in tè e caffè, così come nel fumo di sigarette. Il piombo è presente in vernici, carburanti, gomma, plastiche, inchiostri, coloranti, giocattoli, materiali da costruzione e prodotti per capelli.

Esaminiamo ora il “Protocollo Da Vinci per la cura della Candida” in maniera approfondita.

  1. “Affamare” la Candida eliminando i cibi che la nutrono.
  2. Uccidere la Candida usando dei prodotti naturali anti-Candida.
  3. Ripopolare la flora intestinale con un probiotico
  4. Regolare la disbiosi e riportare le forme micotiche patologiche di Candida al loro stato originario attraverso i medicinali SANUM prodotti dalla Sanum Kehlbeck (Germania).
  5. Ristabilire l’equilibrio biochimico dell’organismo e rinforzare sistema immunitario. Questo permetterà all’organismo di riguadagnare e mantenere il controllo sulla crescita della Candida attraverso una ottimizzazione della alimentazione. Ciò sarà possibile controllando le intolleranze e seguendo la Dieta Metabolica di Bill Wolcott, che è in grado anche di uccidere i parassiti ed eliminare i metalli pesanti dal sistema…

 Da: https://www.acidosimetabolica.it/candidosi-sistemica-prospettive-terapeutiche/

 

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