Set 19, 2019 | MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA
Il virus Epstein-Barr responsabile di molte malattie autoimmuniFinalmente è stato chiarito il meccanismo attraverso il quale il virus Epstein-Barr, quarto componente della famiglia degli Herpes, provoca numerose malattie infiammatorie croniche, conosciute anche come autoimmuni.La scoperta è stata pubblicata nel mese di Aprile 2018 su una rivista scientifica di grande prestigio a livello mondiale: NATURE GENETICS.Un Team di ricercatori guidati da John Harley, del Centro Medico dell’Ospedale pediatrico di Cincinnati ha condotto un’analisi genetica dettagliata per studiare la relazione tra infezione da EBV e malattie infiammatorie.Lo studio è stato supportato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e da diversi altri componenti del National Institute of Health (NIH).Il team ha scoperto che una proteina virale chiamata EBNA2 era collegata a quasi la metà delle regioni genetiche associate al rischio di lupus.EBNA2 è nota per lavorare attraverso i fattori di trascrizione umana, che si legano al DNA e influenzano l’espressione dei geni circostanti.I ricercatori hanno visto che EBNA2 si lega con le regioni associate con il rischio di sclerosi multipla, artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 1, artrite idiopatica giovanile e celiachia.Questi risultati fanno ipotizzare che l’infezione da EBV stimoli l’attivazione di geni che contribuiscono allo sviluppo delle malattie autoimmuni.Molti casi di malattie autoimmuni sono difficili da curare e possono portare a sintomi debilitanti.Studi come questo stanno contribuendo a chiarire i fattori ambientali e genetici che possono causare l’attacco del sistema immunitario del corpo ai propri tessuti.Istanze di legame al DNA allele-dipendente e ripercussioni a valle sui geni supportano meccanismi genetici dipendenti da EBNA2.I risultati di questa ricerca nominano i meccanismi che operano a livello dei loci genici suggerendo nuovi modelli per le origini delle malattie infiammatorie autoimmuni.Fonte: Ordine Nazionale Dei Biologi. Continua la lettura: http://www.onb.it/…/il-virus-epstein-barr-responsabile-di-…/
Publiée par Vanda. Integrative Medicine sur Mercredi 10 juillet 2019
Finalmente è stato chiarito il meccanismo attraverso il quale il virus Epstein-Barr, quarto componente della famiglia degli Herpes, provoca numerose malattie infiammatorie croniche, conosciute anche come autoimmuni.
La scoperta è stata pubblicata nel mese di Aprile 2018 su una rivista scientifica di grande prestigio a livello mondiale: NATURE GENETICS.
Un Team di ricercatori guidati da John Harley, del Centro Medico dell’Ospedale pediatrico di Cincinnati ha condotto un’analisi genetica dettagliata per studiare la relazione tra infezione da EBV e malattie infiammatorie.
Lo studio è stato supportato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e da diversi altri componenti del National Institute of Health (NIH).
Il team ha scoperto che una proteina virale chiamata EBNA2 era collegata a quasi la metà delle regioni genetiche associate al rischio di lupus.
EBNA2 è nota per lavorare attraverso i fattori di trascrizione umana, che si legano al DNA e influenzano l’espressione dei geni circostanti.
I ricercatori hanno visto che EBNA2 si lega con le regioni associate con il rischio di sclerosi multipla, artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 1, artrite idiopatica giovanile e celiachia.
Questi risultati fanno ipotizzare che l’infezione da EBV stimoli l’attivazione di geni che contribuiscono allo sviluppo delle malattie autoimmuni.
Molti casi di malattie autoimmuni sono difficili da curare e possono portare a sintomi debilitanti.
Studi come questo stanno contribuendo a chiarire i fattori ambientali e genetici che possono causare l’attacco del sistema immunitario del corpo ai propri tessuti.
Istanze di legame al DNA allele-dipendente e ripercussioni a valle sui geni supportano meccanismi genetici dipendenti da EBNA2.
I risultati di questa ricerca nominano i meccanismi che operano a livello dei loci genici suggerendo nuovi modelli per le origini delle malattie infiammatorie autoimmuni.
https://www.onb.it/2018/12/02/il-virus-epstein-barr-responsabile-di-molte-malattie-autoimmuni/
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Set 12, 2019 | ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA
La ricerca – pubblicata ad Aprile 2016 sulla rivista “Alternative therapies in health and medicine” – costituisce uno studio pilota condotto per nove settimane su 10 casi clinici presso il Dipartimento medico omeopatico dell’Università di Johannesburg a Johannesburg, Sudafrica.
In ciascun singolo caso preso in esame, i rimedi omeopatici individualizzati sono stati prescritti per sei settimane, con una approfondita analisi che per ciascuno ha documentato e valutato i cambiamenti nel tempo.
Lo studio – che ha avuto lo scopo di misurare l’efficacia di trattamenti omeopatici (ad alte diluizioni oltre il numero di Avogadro) individualizzati per il binge eating in maschi adulti – ha riportato in tutti i partecipanti miglioramento con una diminuzione della gravità e della frequenza del comportamento binging; Sono stati, inoltre, descritti anche miglioramenti concorrenti nella salute generale.
Questo studio pilota è importante poiché mostra i potenziali benefici del trattamento omeopatico individualizzato nei casi di binge eating in pazienti maschi. Il ruolo, infatti, delle terapie omeopatiche nel trattamento del binge eating rimane ancora scarsamente esplorato.
La ricerca, inoltre, nel contribuire ad arricchire la conoscenza sull’uso di un trattamento omeopatico individualizzato ad alte diluizioni per il binge eating negli adulti, serve ad aprire il campo per ulteriori studi da condurre su pazienti affetti da disturbi alimentari caratterizzati da binge eating: come la bulimia nervosa (BN) e il disturbo alimentare binge (BED).
Lo studio mette, infatti, in evidenza i potenziali vantaggi terapeutici dell’omeopatia come opzione di trattamento complementare, che può essere di grande valore sia per i medici, che per pazienti.
Nello specifico della ricerca, sono stati prescritti in totale otto diversi medicinali omeopatici ad alte diluizioni (LM), di cui tre rimedi sono stati prescritti due volte (Natrum muriaticum, Phosphorus e Sulphur) e cinque rimedi sono stati prescritti una volta (Arsenicum album, Aurum metallicum, Staphysagria, Lachesis mutans e Rhus toxicodendron ).
Al termine della ricerca, tutti i partecipanti hanno riportato una diminuzione della frequenza e della gravità del loro binge eating in una misura più o meno ampia. La maggior parte dei partecipanti ha sperimentato un miglioramento contemporaneo di altri aspetti della loro salute, come le loro abitudini di sonno, la libido, la pressione sanguigna, il loro livello di fiducia e / o un senso generale di benessere.
L’analisi statistica dei risultati conferma un significativo miglioramento sia della frequenza e della gravità di binging dopo il trattamento con il medicinale omeopatico più individualizzato.
[Per leggere l’Articolo per intero clicca QUI]
Binge eating è un sintomo comune associato a disturbi alimentari. Il binge eating è spesso accompagnato da disagio gastrointestinale, stipsi e distensione addominale che contribuisce a una scarsa qualità della vita. I disturbi alimentari sono spesso associati a disturbi sottostanti nella regolazione emotiva e nell’immagine corporea che porta alla scarsa autostima e all’isolamento sociale. Inoltre i disturbi alimentari possono provocare complicazioni mediche come le anomalie degli elettroliti, l’edema, le anomalie della conduzione cardiaca e le complicazioni gastrointestinali.
Dott. Mauro Piccini
http://www.omeopatiasimoh.org/studio-pilota-sul-trattamento-dei-disturbi-alimentazione-incontrollata-binge-eating-terapie-omeopatiche-ad-alte-diluizioni/
Set 9, 2019 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, NEURALTERAPIA, OMEOPATIA, PILLOLE DI RIFLESSIONE
La menopausa è un passaggio naturale ed obbligato con cui ogni donna, nella propria vita, si trova a confrontarsi. Nonostante sia caratterizzata da notevoli cambiamenti nell’organismo la menopausa non è una malattia: coincide, infatti, con la cessazione del ciclo mestruale e della vita riproduttiva femminile.
Si definisce “menopausa” l’ultima mestruazione della donna. La donna è in menopausa quando è trascorso almeno un anno dall’ultimo ciclo mestruale.
Si parla di menopausa quando le mestruazioni cessano definitivamente ed in modo irreversibile, mentre il periodo che precede e segue la menopausa (detto perimenopausa), di durata variabile, è caratterizzato da una complessa sintomatologia fisica ed emotiva, tra cui le note vampate di calore, sonno disturbato, irritabilità, tristezza, ansia, tachicardia, modificazioni della libido, depressione, secchezza vulvo-vaginale.
Si definisce, invece, climaterio il periodo di transizione tra la vita riproduttiva e la menopausa.
La menopausa è fisiologica quando avviene tra i 48 e 52 anni si presenta a seguito della cessazione di produzione, da parte delle ovaie, degli ormoni riproduttivi (estrogeni).
Alcune donne entrano in menopausa senza particolari fastidi, quasi senza accorgersi dei mutamenti a cui va incontro il proprio organismo, mentre altre manifestano sintomi che possono anche essere importanti. La fluttuazione prima, e il calo dopo, dei livelli di estrogeni sono infatti responsabili di diverse modificazioni fisiche e psichiche definite nel complesso “sintomi della menopausa”.
Nonostante la menopausa sia un passaggio naturale non sempre esso arriva in modo “indolore”.
E’ importante accompagnare la persona attraverso un lavoro sinergico tra mente e corpo affinché possa attraversare questa fase così delicata nel miglior modo possibile.
L’approccio della medicina convenzionale si basa sulla somministrazione di una terapia ormonale detta sostitutiva che mira a ridurre i sintomi presentati. L’approccio della medicina complementare (agopuntura, omeopatia, omotossicologia, fitoterapia, medicina funzionale ecc.) cerca in modo più dolce e fisiologico di aiutare la donna ad affrontare al meglio il periodo di transizione modulando non solo gli aspetti fisici ma anche quelli psico-emozionali che si possono presentare.
Il trattamento è più efficace se la donna si sottopone a regolazione già nella prima fase di rottura degli equilibri senza aspettare ad affrontare il carico quando questo è nel massimo delle sue potenzialità.
La vita può essere paragonata al corso di un fiume. Il periodo della menopausa è solo un tratto di fiume che presenta delle rapide. Lo scopo della terapia è quello di permettere di attraversare questo tratto al meglio per poter giungere di nuovo nelle calme e rassicuranti acque della vita.
Dott. Mauro Piccini
Ago 27, 2019 | MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA
Robert Hahn, medico-chirurgo, responsabile della ricerca scientifica presso Ospedale Södertälje in Svezia. Professore di Anestesiologia e Terapia intensiva presso l’Università di Linköping, Ricercatore presso Karolinska institutet e Membro del Comitato di ricerca della European Society of Anaesthesiology (ESA).
La maggior parte degli studi clinici dimostrano che le terapie omeopatiche hanno un’azione superiore al placebo.
Per poter affermare il contrario la ricerca deve necessariamente invalidare un’ampia parte degli studi pubblicati sull’omeopatia, nonché basarsi sull’adozione di dati virtuali o di metodi statistici inappropriati.
Per concludere che l’omeopatia sia priva di effetti clinici è, infatti, necessario ignorare arbitrariamente più del 90% di tutti i trials disponibili sulla medicina omeopatica.
Un esempio di questo modo di procedere può essere il lavoro di Shang et al. presentato nel 2005 su Lancet, in cui il risultato finale a sfavore dell’omeopatia è stato pesantemente condizionato dai risultati di un solo singolo studio (sul dolore muscolare in 400 corridori di lunga distanza), senza il quale il risultato conclusivo della ricerca sarebbe stato opposto e avrebbe mostrato, quindi, una superiorità statisticamente significativa dell’omeopatia rispetto al placebo. In questi casi è chiaro – ovviamente per chi non ha preconcetti in merito – che la eterogeneità dei dati raccolti non avrebbe dovuto permettere all’autore di procedere con considerazioni di valore circa la affidabilità della terapia omeopatica.
Shang et al. infatti, dopo aver inizialmente preso in esame ben 165 ricerche scientifiche sull’omeopatia, decisero di escluderne 60 adducendo varie ragioni.
Al termine della selezione il materiale finale del loro lavoro poteva contare su 110 trials omeopatici e 110 che utilizzavano farmaci convenzionali. Ma anche in questo caso i ricercatori, pur menzionando che il rapporto di probabilità era a favore dell’omeopatia versus placebo, decisero di non procedere alle stesura delle verifiche di efficacia.
Presero, invece, la decisione di ridurre ancora il numero dei trials omeopatici, escludendo dalla loro analisi tutti i lavori scientifici tranne 21 studi. Relativamente a questi trials, Shang et al. riportano che “21 trials omeopatici (19%) e 9 convenzionali (8%) sono stati giudicati di buona qualità” e “la maggior parte degli odds ratio indicavano un effetto benefico dell’intervento”.
Quindi, ad un primo giudizio le ricerche cliniche omeopatiche sono state giudicate di qualità comparabile se non migliore a quelle convenzionali e hanno dato entrambe un risultato complessivamente positivo.
Però anche in questo caso Shang et al. presero la decisione di non procedere alle verifiche statistiche e introdussero una nuova serie di esclusioni, attuando così un’ulteriore riduzione dei studi omeopatici che in questo modo passarono da 21 a 8 trials.
“Per concludere che l’omeopatia mancava di effetti clinici” scrive il Prof. Hahn “è stato necessario ignorare più del 90% di tutti i trials disponibili”, senza aver fatto una analisi rigorosa dei casi scartati.
Tale circostanza è già stata criticata anche da altri ricercatori in un successivo articolo pubblicato nel 2008 su Journal of Clinical Epidemiology (Lüdtke R, Rutten AL. J Clin Epidemiol. 2008; 61:1197-204).
I lettori critici dello studio di Shang et al. sospettano che gli autori abbiano giocato con la selezione dei trials fino a quando non hanno trovato il risultato desiderato.
Nel dibattito che è seguito nel mondo scientifico, lo studio di Shang è stato criticato per mancanza di trasparenza e per la natura altamente selezionata dei trials valutati.
La distorsione delle prove è un fatto noto nella società. Affermare oggi che l’omeopatia sia scarsamente studiata non è evidentemente vero, poiché il numero di sperimentazioni cliniche controllate (RCT Randomized Controlled Trial) in questo settore è abbastanza grande. E sappiamo che molte delle terapie farmacologiche utilizzate in medicina clinica convenzionale si basano su molti meno dati.
Un altro argomento diffuso dai detrattori dell’omeopatia e che in alcuni casi è stato ripreso anche da qualche politico, è che non esista neanche un singolo studio sull’omeopatia che mostri un effetto positivo del trattamento.
In realtà, la maggior parte degli RCT sull’omeopatia mostra effetti positivi.
Una terza affermazione che viene usata è quella secondo cui gli studi sull’omeopatia siano di bassa qualità. Anche questa considerazione non trova nessun fondamento da parte di ricercatori che hanno specificatamente valutato questo problema.
“Ogni ulteriore lavoro con le meta-analisi” – conclude il Prof. Hahn – “dovrebbe abbandonare il metodo di riassumere tutte le prove cliniche disponibili e concentrarsi invece sugli effetti dell’omeopatia versus placebo o altri trattamenti in specifiche malattie o gruppi di malattie.
Un modo, inoltre, per ridurre la distorsione delle prove da parte di investigatori e scettici sarebbe quello di separare in modo chiaro il processo di ricerca delle prove, da quello della formulazione delle linee guida cliniche”.
Commento (del Prof. Paolo Bellavite):
In sintesi questa ricerca è stata caratterizzata da tre gravi evidenti scorrettezze, le prime due di carattere scientifico e la terza di tipo etico:
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L’analisi statistica è stata «ristretta» da 110 a 21 studi di buona qualità (con risultati positivi) e poi da 21 a 8 (ottenendo un risultato negativo) senza spiegare il cut-off e senza aver dimostrato la falsità degli studi scartati;
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Si è applicato il «funnel plot» nella meta-analisi di lavori tra loro eterogenei, estrapolandone una retta di regressione assurda;
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L’editoriale «The end of homeopathy» è stato trasmesso ai mass media prima che fosse pubblicato il fascicolo, manovra programmata tesa a colpire l’omeopatia, probabilmente in un momento in cui l’OMS stava per pubblicare un documento favorevole.
Comunicazione a cura di:
Centro Ricerche Biomediche SIMOH
http://www.omeopatiasimoh.org/ricerca-gli-studi-clinici-sui-rimedi-omeopatici-dimostrano-la-azione-superiore-al-placebo/
Ago 21, 2019 | ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA
Sebbene sia ormai provato il ruolo chiave dell’alimentazione per la nostra salute e anche in casi di tumori, la maggior parte degli ospedali propina ai pazienti una dieta sbagliata in quanto non tiene conto delle indicazioni contenute nel “Codice europeo contro il cancro” che nel documento del “Fondo mondiale per la ricerca sul cancro”.
“In generale, la classe medica non ha una preparazione adeguata sul ruolo della dieta per favorire la guarigione e prevenire l’insorgenza di recidive. In particolare, un giovane appena laureato in medicina non ha studi del genere alle spalle. Questa mancanza di cultura si riflette in una bassa attenzione alla dieta e alle linee guida alimentari all’interno degli ospedali”. Ad affermarlo è il professor Franco Berrino, epidemiologo di fama mondiale che ha incentrato negli anni i suoi studi nella prevenzione delle malattie giungendo a risultati sorprendenti. Gli studi di Berrino si sono concentrati in particolare sul comprendere come “cambiare l’alimentazione al fine di cambiare il nostro ambiente interno, in modo che le eventuali cellule tumorali non si riproducano”.
Berrino rileva che se da una parte la ricerca individua un nesso tra l’eccesso di zuccheri e la crescita dei tumori, in quanto l’aumento di insulina che ne deriva favorisce la divisione cellulare, negli ospedali vengono somministrati cibi che fanno molto aumentare la glicemia, ovvero il contenuto di glucosio nel sangue. Tra questi il professore cita il prosciutto con il purè di patate comunemente serviti nelle strutture ospedaliere.
Eppure il Codice europeo contro il cancro consiglia di evitare le carni lavorate(fondamentalmente i salumi) e limitare le carni rosse. Le carni rosse sono associate al cancro dell’intestino, soprattutto per colpa della presenza del ferro: esso è molto ossidante e aiuta la sintesi di sostanze cancerogene. Le carni conservate, invece, sono da evitare perché oltre a essere ricche di ferro, vengono trattate con nitriti e nitrati.
Il Codice europeo per la prevenzione dei tumori – redatto da una serie di commissioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS1), su incarico dell’Unione europea per dare consigli ai cittadini per non ammalarsi – raccomanda inoltre di evitare farine raffinate, bevande zuccherate e cibi ricchi di grassi e zuccheri.
Malgrado la scarsa attenzione generale di molti ospedali verso queste indicazioni, esistono degli esempi virtuosi. È il caso, ad esempio, del Policlinico San Donato di Milano, del Policlinico Sant’Orsola di Bologna o l’Ospedale di Mantova. In queste strutture vengono rispettate le linee guida alimentari in campo oncologico, i pazienti vengono visitati da un nutrizionista o ricevono indicazioni chiare in merito all’alimentazione da seguire anche una volta usciti dall’ospedale.
Una dieta appropriata può essere infatti molto utile ai malati di tumore operati per evitare recidive. Uno studio, pubblicato su Plos One, che ha preso a campione oltre 500 pazienti oncologici dimessi dopo un intervento ha evidenziato proprio come dieta e attività fisica siano un binomio vincente per evitare il rischio di una morte precoce.
http://www.informasalus.it/it/articoli/alimentazioni-ospedali-linee-guida-cancro.php?fbclid=IwAR2YXdAVFbp0yJ9bau33gEwsml8C3snfkEYQGqXY0MiLCKsTxGSK34-vdEw
Dott. Mauro Piccini Agopuntura Omeopatia
Ago 5, 2019 | AGOPUNTURA, ALIMENTAZIONE E SALUTE, MEDICINA FUNZIONALE, OMEOPATIA, PILLOLE DI RIFLESSIONE
“Come scienziato non mi interessa attribuire grande importanza a termini quali non convenzionale, integrata, alternativa quando sono riferiti alla medicina. Per me, nella scienza, la cosa realmente importante è mantenere un approccio alla procedura sperimentale aperto, privo di chiusure aprioristiche e dogmatiche tale per cui ciò che a prima vista potrebbe apparire come un errore, o qualcosa di insignificante, potrebbe rivelarsi una grande scoperta se solo siamo capaci di cambiare l’angolazione, la prospettiva, da cui osserviamo il fenomeno in esame.”
Quando si parla di serendipity ci si riferisce alla scoperta di qualcosa mentre si stava cercando qualcos’altro. L’esempio classico, in questi casi, è quello relativo alla penicillina.
Fleming stava studiando lo Staphylococcus influenzae quando una delle sue piastrine di coltura si contaminò e su di essa si sviluppò un’area ben delimitata priva di batteri: il resto della storia lo conosciamo tutti. Nel 2008 il «Financial Time» ha pubblicato un articolo provocatorio sul ruolo della serendipity nel futuro della medicina. In realtà la serendipity ha avuto un ruolo chiave nella scoperta di un’am-pia gamma di farmaci psicotropi, tra cui l’anilina viola, il dietilamide dell’acido lisergico, il meprobamato, la clorpromazina e l’imipramina.
Quando un ricercatore fa una scoperta mediata dalla serendipità deve prestare un alto livello di attenzione a tutto ciò che sta accadendo attorno a lui, a trecentosessanta gradi. Ma questo non basta: per scoprire qualcosa che sia veramente nuovo e fuori dagli schemi occorre mantenere una mente sufficientemente sganciata dalle tradizionali infrastrutture cognitive e culturali che normalmente rendono estremamente focalizzata su un particolare punto di arrivo – spesso predefinito – l’attività di ricerca.
Io credo che un ricercatore in medicina debba mantenere lo sguardo curioso e innocente di un bambino.
Max Planck disse che la scienza non progredisce perché gli scienziati cambiano idea, ma piuttosto perché gli scienziati attaccati a opinioni errate muoiono e vengono rimpiazzati. Otto Warburg ha usato le stesse parole per commentare il fatto che le sue idee – non mainstream sulla genesi del cancro – faticassero a essere accettate. Personalmente ritengo che le ricerche non mainstream nella scienza vadano incoraggiate e che abbiano avuto – e possano avere – un ruolo fondamentale nello sviluppo della medicina…
Stefano Fais
Medico, dirigente di ricerca presso l’ISS
https://www.scienzaeconoscenza.it/data/newsletter/serendipity-stefano-fais.htm?idn=719&idx=69511&idlink=1&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=2019-07-10-la-medicina-e-una-s