ARTROSI E FIBROMIALGIA: QUANDO I DOLORI NASCONO NELLA PSICHE

Il problema mente-corpo: quando i dolori nascono nella psiche.

Il nostro scheletro è un’impalcatura che ci dà una forma compiuta ma è anche un organo che, più degli altri, richiama la nostra realtà materiale. Gli antichi pensavano che l’osso fosse il simbolo della materializzazione dell’energia in quanto la luce che lo colpiva veniva arrestata e non si poteva più propagare. L’osso è anche il simbolo della rigenerazione; si pensi al midollo osseo in esso contenuto, dove l’energia plasmatrice ha bisogno della materia per potersi rinnovare.

Il termine reumatismo possiede, poi, un significato enigmatico (dolore che scorre), come a indicare le modificazioni costanti, fisiche e psicologiche, che avvengono con lo scorrere degli anni.

Tante teorie e tante cure hanno fatto il loro tempo, a partire da quella dei “foci settici” a livello di denti, tonsille e appendice per cui, per oltre trent’anni la tonsillectomia e l’appendicectomia preventive, hanno mutilato milioni di individui senza apportare reali benefìci, oppure alle ripetute operazioni di ernia del disco, sempre pensate ma mai state veramente risolutive.

Il famoso “colpo della strega“, occorso durante un minimo piegamento per lavarsi i denti o raccogliere un oggetto da terra, battezzato dai raggi X come alterazioni degenerative e discopatia, come si deve considerare quando il soggetto, passato il dolore, riprende a camminare, giocare a tennis e saltare? Se facessimo una nuova radiografia alla stessa persona in condizioni di benessere, risulterebbe la stessa diagnosi.

Ma qualcosa cambia nella mente delle persone, che va dal sentirsi malato al sentirsi sano e in forma, pur con la stessa colonna vertebrale. Dimenticheremmo tutto il sistema muscolare che con lo scheletro è intimamente collegato. Infatti la rigidità del collo, delle spalle, del rachide, richiama spesso un altro tipo di rigidità, morale, sentimentale, d’azione.

Secondo lo psicanalista americano F. Alexander, uno dei fondatori della medicina psicosomatica, le persone che soffrono di dolori articolari, sono frequentemente molto esigenti nei confronti di se stesse e dei propri familiari. A volte appaiono agli altri molto flessibili, ma la loro docilità è dettata dalla paura di fronte a persone autoritarie o che impersonano l’autorità. Spesso sono presenti in queste persone, sentimenti di collera o di ribellione, tenuti sotto controllo ma espressi dal corpo.

Nel caso dei reumatismi, il corpo appare come congelato, sperimentando un disagio o una difficoltà di adeguarsi a una situazione vissuta come angosciante o problematica.

Nel mal di schiena il nostro corpo tende a piegarsi sotto il peso di un’umiliazione, generalmente affettiva come per la fatica di sopportare fardelli troppo pesanti e compensati, ad esempio, da una marcata rigidità, nelle cervicalgie.

Per questi motivi, non tutti i gomiti del tennista sono conseguenti a sollecitazioni fisiche eccessive o tutte le cervicalgie e lombalgie risiedono sempre in una discopatia.

Nella fibromialgia, ad esempio, il dolore non deriva da uno specifico danno d’organo. Esso rappresenta un meccanismo di difesa che serve a scongiurare danni più gravi alla salute psicoemotiva dell’individuo, proteggendolo dal portare avanti meccanismi autodistruttivi. Infatti, una rabbia cronica inespressa e non canalizzata su sintomi fisici, può interferire anche con la sopravvivenza stessa dell’individuo.

Nella fibromialgia i sintomi nascono come reazione al male di vivere, similmente a quelli della sindrome da fatica cronica. Si ritrova solo in persone (prevalentemente donne) che vivono in società ad alta competizione e chi la sperimenta, raramente è cosciente della relazione tra la propria insoddisfazione, la rabbia e il sintomo dolore. Esiste un’impotenza di non poter scegliere la propria vita, di viverla senza esserne protagonisti, esacerbando la propria vulnerabilità.

Consapevoli della loro fragilità, i fibromialgici vagano da un ambulatorio all’altro, convinti di trovare una cura che, magicamente, faccia scomparire i dolori e, ovviamente, non trovano quello che cercano poiché i medici non hanno il coraggio di dire loro la verità, preferendo trattarli con antidolorifici, miorilassanti o antidepressivi.

Molte donne che hanno cominciato la loro vita in contesti depressogeni, anaffettivi e ansiogeni, presentano una particolare vulnerabilità e, nei momenti di stress cronico, di invischiamento affettivo, di eccesso di senso di responsabilità, cadono nel circolo vizioso della fibromialgia.

Questo stress interiore cronico, con il quale i fibromialgici convivono, finisce per alterare anche gli stessi neurotrasmettitori cerebrali con ripercussioni negative anche nei meccanismi del sonno.

Le loro storie parlano, spesso, di disagi affettivi nella famiglia di origine, di incomprensioni nel mondo del lavoro e degli affetti, sentendosi spesso vittime di prevaricazioni e ingiustizie da parte del prossimo. Per questo motivo, questi pazienti hanno tanto bisogno di aiuto emotivo quanto poca necessità dei farmaci.

I soggetti affetti da artrite reumatoide, poi, presentano simili tratti della personalità. Spesso si trovano in uno stato di tormento interiore; è probabile che siano eccessivamente coscienti della malattia, timorosi della critica, depressi e con una cattiva immagine di se stessi. In definitiva, anche questi soggetti hanno tanta rabbia repressa.

Ad esempio, i bambini che presentano un’artrite reumatoide giovanile, hanno spesso una storia di disagi familiari con divorzi traumatici dei genitori o la morte di uno di essi. Il fattore reumatoide presente nel sangue, infatti, non è predittivo sicuramente della malattia, ma devono concorrere altri fattori, soprattutto psicologici, per determinarla.

Anche in queste malattie le donne sono affette quattro volte più degli uomini, vivendo in un mondo dove manifestare la propria indole o disinibizione risulta sconveniente e moralmente sanzionabile.

Già da piccole si insegna alle bambine a tenere a freno la propria aggressività rispetto a quello che si fa con i maschietti.

Queste considerazioni sono tanto più importanti in una visione psicosomatica dove il corpo interagisce continuamente con la psiche e, forse, riescono a spiegare molto più di tante radiografie.

Tratto da “Curare i reumatismi con Metodi Naturali” di Paolo Giordo

LA FLORA BATTERICA INTESTINALE FA BENE ALLO SVILUPPO DEL CERVELLO

Vi trasmetto questo articolo tratto dal Congresso Sip – Società Italiana di Psichiatria – dove si evince l’importanza dei probiotici nell’asse intestino cervello e la disbiosi come fattore neuroinfiammatorio.

Congresso Sip. “Psicobiotica”: la flora batterica fa bene allo sviluppo del cervello

Lo studio che annuncia la correlazione benefica tra flora batterica e cervello è stato presentato aggi nella giornata conclusiva del 47° Congresso Sip a Giardini Naxos. Le funzionalità e la prontezza del cervello dipendono dalla buona composizione della flora batterica intestinale.

15 OTT – Inizia l’era della “psicobiotica”. Intestino e cervello vanno di pari passo; se la flora batterica che alberga nell’intestino ha una buona composizione, il cervello si svilupperà in modo perfetto, sia durante la vita fetale, che nell’infanzia. I risultati dello studio che ha portato a questa scoperta sono stati presentati nell’ultima giornata del 47° Congresso della Società italiana di psichiatria (Sip) a Giardini Naxos da John F. Cryan, neuroscienziato della University College Cork. La “psicobiotica”, dunque, analizza il rapporto tra i microorganismi che vivono nel nostro corpo, quelli intestinali in particolare, e i disturbi mentali. Questo inedito legame è ricchissimo di implicazioni, sia a livello terapeutico che preventivo. Secondo lo studio il rapporto tra microbioma intestinale e psiche sarebbe dovuto al fatto che i batteri presenti nell’intestino, producendo molto Dna, sintetizzano molecole che, per un complesso meccanismo di mediazione immunitario, ormonale e neurale, modulano lo sviluppo del cervello sia nella vita fetale sia dopo. La novità sta proprio nell’aver chiarito in buona parte in cosa consiste questo meccanismo. Scoprendo  anche correlazioni con l’autismo nei bambini.

  “Con questa scoperta si aprono possibilità interessantissime e rivoluzionarie dal punto di vista clinico, afferma Giovanni Biggio, Ordinario di Farmacologia all’università di Cagliari -. Parliamo infatti di poter trattare, in un prossimo futuro, i disturbi cerebrali e mentali modificando la flora batterica intestinale. Sembra fantascienza, ma è la conseguenza diretta di evidenze scientifiche. Per esempio si può ipotizzare di usare probiotici mirati in funzione antidepressiva. Ma da questa scoperta derivano anche preziose indicazioni per prevenire molti problemi nervosi e mentali. Si pensi che, alla nascita, il microbioma intestinale del neonato viene stabilito dalla flora del canale vaginale della madre con la quale viene a contatto”. Quindi, spiega Biggio, ecco una prima considerazione: “attenzione all’equilibrio di questa flora vaginale, perché se è alterata risulterà alterato anche quella intestinale del bambino, con conseguenze anche sul cervello e sulla psiche. Infine, ecco un’ulteriore ragione per affermare che il parto naturale è migliore di quello cesareo, in cui questo contatto è assente, con conseguenze che sono tutte da studiare. Inoltre questa scoperta prova, se mai ce ne fosse bisogno, che bisogna stare molto attenti con gli antibiotici in alte dosi e somministrazioni prolungate: distruggendo la flora intestinale potrebbero provocare o disturbi anche cerebrali, psichici”, conclude Biggio.

“I recenti studi in questo campo – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente del Congresso – confermano la necessità di porre particolare attenzione in gravidanza allo stress e agli stili di vita negativi (alcol tabacco e droghe). Anche l’alimentazione può influenzare in senso positivo negativo la comparsa di una depressione perinatale e il successivo sviluppo cerebrale del nascituro e poi del bambino. Aspetti legati all’alimentazione possono aumentare la resilienza, ridurre lo stress. Le ricerche sul ruolo della flora intestinale sui comportamenti umani, in particolare sull’ansia e sulle paure, stanno evidenziando delle nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili”.

“Secondo l’American Psychological Association (APA) – precisa Eugenio Aguglia, presidente del comitato scientifico locale del Congresso SIP e direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Catania – i batteri intestinali producono una vasta gamma di sostanze neurochimiche che il cervello utilizza per la regolazione dei processi fisiologici e mentali, compresa la memoria, l’apprendimento e l’umore. Infatti il 95% della fornitura al corpo di serotonina è prodotto dai batteri intestinali. Ma non solo. Nel 2013, uno studio condotto da ricercatori della Arizona State University – prosegue Aguglia – ha scoperto che i bambini con autismo possedevano livelli più bassi di tre tipi di batteri intestinali (Prevotella, Coprococcus e Veillonellaceae) rispetto ai bambini liberi dalla condizione. Uno studio più recente dello stesso team ha scoperto che le concentrazioni di sostanze chimiche specifiche prodotte da batteri intestinali – i metaboliti – in campioni fecali di bambini con autismo, differivano per le concentrazioni da quelle rilevate nei bambini senza il disordine. Proprio questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che i microbi intestinali alterano i metaboliti associati con la comunicazione tra l’intestino e il cervello e interferiscono con le funzioni cerebrali”, conclude.
Marzia Capos

PATOLOGIE NEUROLOGICHE: IL FUTURO PORTERÀ AD UNA DIAGNOSI PRECOCE

L’ Associazione Nazionale Malati Reumatici ANMAR ha indetto per il prossimo 11 Ottobre la giornata mondiale dedicata ad artrite reumatoide e fibromialgia. L’evento mira a rendere consapevole l’ascoltatore sull’ importanza dell’alimentazione per la cura delle suddette patologie reumatiche.

In particolare con il termine artrite reumatoide si intende una malattia autoimmune di origine infiammatoria che colpisce nel nostro Paese circa 300 mila persone. La patologia può provocare deformazione e dolore che possono portare fino alla perdita della funzionalità articolare. Laura Bazzichi, responsabile dell’Ambulatorio di Fibromialgia e Fatica Cronica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana sottolinea che: “Nelle persone che soffrono di questa malattia l’obiettivo principale è la riduzione di peso e la modificazione nella composizione dei pasti”, ed afferma, inoltre, che “Le diete a bassa immunogeneticità, come ad esempio la vegana libera da glutine, sembrano ridurre l’immunoreattività nei confronti di antigeni contenuti nei cibi”.

Si dovrebbero preferire a tavola cibi freschi e si dovrebbero evitare cibi conservati dei fast food. Gli esperti consigliano di seguire la dieta mediterranea che è in grado di ridurre il dolore e la rigidità articolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide possedendo caratteristiche antinfiammatorie, antiossidanti e protettive del sistema cardiovascolare.

Per quanto concerne la fibromialgia, una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso e stanchezza che affligge circa un milione di italiani, anche in questo caso una alimentazione accurata apporta notevoli benefici. A tal proposito sempre Laura Bazzichi sostiene che: ”Il paziente affetto da fibromialgia è spesso sovrappeso o obeso, e questa condizione aumenta il dolore, la stanchezza, peggiora la qualità del sonno e aumenta i disturbi dell’umore”. Il consiglio principale dell’esperta è quello di rendere la dieta ricca di frutta e verdura, soprattutto cruda, che aumenta l’introito di vitamine e sali minerali, una protezione per questi pazienti carenti di difese antiossidanti. Indagini effettuate su un gruppo di soggetti con fibromialgia hanno dimostrato che seguire una dieta vegetariana diminuisca l’impatto della patologia sulla vita del paziente del 46% (punteggi FIQ) dopo 7 mesi di dieta e del 33% dopo soli 60 giorni. Infine dopo 7 mesi di dieta vegetariana il soggetto mostra  in termini di vitalità, salute generale, ruolo emotivo e salute mentale (scale dell’SF36) una qualità di vita identica a quello dell’individuo sano.

Concludendo, appare evidente il fondamentale ruolo dell’alimentazione e appare ben chiaro come già a tavola si possano alleviare i sintomi delle patologie reumatiche, contribuendo anche a colmare le carenze che si verificano in seguito alle terapie.

La fonte: La Stampa

Il trattamento di queste patologie mediante agopuntura, mesoterapia e neuralterapia trova soluzioni positive nel ridurre la sintomatologia e l’utilizzo de farmaci. Fermo restando che un approccio funzionale che tende ad eliminare  i fattori di disturbo alimentari e non rimane fondamentale.

LA MALATTIA COME BLOCCO DEL FLUSSO DI ENERGIA

La prospettiva energetico-spirituale è un modo prezioso e complementare di conoscere l’origine dei nostri disturbi e/o malattie.

Che la malattia sia un messaggio del corpo fisico, che ci dice che si è alterato un equilibrio, è banale e scontato. Non è invece banale sapere e comprendere che la causa non è esterna, ma interna e che quindi si può guarire. Virus e microbi ci colpiscono infatti dove e quando siamo più vulnerabili, non per cause genetiche, ma per cause interne, legate alle tensioni che creiamo dentro di noi quando facciamo scelte o prendiamo decisioni che non ci fanno sentire bene.

Questo succede quando non ascoltiamo la nostra guida interiore, alterando di conseguenza il nostro equilibrio energetico. La tecnica energetico-spirituale parte dalla considerazione che, a monte della malattia, ci sia un blocco energetico, un blocco del flusso di energia, un disequilibrio che genera la malattia, la quale si localizza proprio dove avviene tale blocco. Per spiegare il nostro sistema energetico, dobbiamo prima capire che l’unità infinitesimale di ogni cellula è energia, di cui il tessuto, l’organo, il corpo fisico sono la parte più densa, ovvero quella che vediamo. Tutto ciò non è invenzione, bensì scienza, quella quantistica.

 I “motori” che regolano il flusso del nostro sistema energetico sono i chakra. La funzione dei chakra è simile a quella del cuore: regolare il flusso dell’energia nel nostro sistema energetico, che è governato dalla coscienza. E’ importante sottolineare che, in questo contesto, il significato di coscienza è esteso a tutto ciò che possiamo sperimentare a livello fisico, emotivo, mentale e spirituale nella nostra esistenza.

Tutto procede bene se le decisioni che prendiamo sono coerenti con la nostra essenza, con il nostro progetto intimo di vita, ma se non ci ascoltiamo, se neghiamo la nostra essenza, iniziano a sorgere problemi. “Può accadere, ad esempio, che per una decisione errata si crei un blocco, una tensione. Da quel momento in avanti la nuova configurazione della nostra energia funzionerà come una calamita, attirandoci esperienze che confermano la tensione originaria” ci racconta Rossella Panigatti, studiosa e praticante della tecnica.

Conoscere i chakra diviene così indispensabile per capire la malattia e sbloccare il flusso energetico. Sottolinea ancora R. Panigatti: per riacquistare la salute, dobbiamo intraprendere un lavoro personale di ricerca, comprendendo ciò che stiamo facendo ‘contro di noi’ e, soprattutto, dobbiamo attuare una serie di cambiamenti nella nostra vita, lasciando andare quei modi di essere che ci creano tensione, ritrovando la nostra vera essenza. Dobbiamo semplicemente tornare ad essere noi stessi, e in questo cammino il sintomo è un nostro alleato, e ci aiuta.

Questo lavoro personale di ricerca, di collocazione del sintomo all’interno del sistema energetico, per essere ben capito, deve anche tenere in considerazione il lato, destro o sinistro, in cui la patologia si manifesta; questo aspetto è importante perché legato alla polarità Yin (delle emozioni) e Yang (della volontà).

I chakra sono i nostri centri energetici, sono sette e sono associati a specifici organi e parti del corpo. Il sintomo localizzato in una specifica parte del corpo è quindi rapportabile ad un blocco nel chakra corrispondente, per effetto di una decisione presa riguardante la nostra vita, che non è in sintonia con la nostra unicità ed essenza.
Da fisica quantistica

AFTE RICORRENTI… SE FOSSE CELIACHIA?

Pz: Dottore, probabilmente ho un dente spezzato. Periodicamente ho la guancia destra che si riempie di piccole lesioni. Sono dolorosissime…

D: Vediamo… non mi sembra. Tutti i suoi denti godono di ottima salute!
Pz: Allora sarà lo stress del lavoro. Ultimamente sono sempre più stanca e anche l’intestino fa capricci e…
D: Posso permettermi di consigliarle un prelievo ematico?
Pz: Ma lei è un dentista!?

Poche battute per introdurre un argomento oggi “di moda”: celiachia e dieta gluten free. Il dentista, protagonista del colloquio, ha sicuramente avuto una brillante quanto illuminata intuizione semplicemente ascoltando attentamente il racconto della paziente.

Le afte ricorrenti, meglio note ai professionisti del settore come stomatite aftosa, sono piccole ulcere (lesioni) ovali o rotonde, singole o multiple, con margini rilevati circondati da un alone arrossato e con una parte centrale di colore biancastro, che circa in una settimana regrediscono. Sono manifestazioni di una patologia immuno-mediata e possono essere avvisaglia di celiachia.
La celiachia, una patologia autoimmune geneticamente determinata, peculiare dell’età pediatrica è diagnosticata oggi anche nell’adulto e nell’anziano. Il distretto corporeo bersaglio della patologia e della sua sintomatologia è l’intestino, ma non solo. Diarrea, arresto della crescita, addome globoso ma anche poli-abortività, dolori addominali, alopecia, cefalea, rappresentano i sintomi più ricorrenti.

Nel caso della nostra protagonista, il binomio comprovato da numerosi studi scientifici è celiachia e afte. Poco si sa del meccanismo bio-molecolare che sottende alla relazione afte-celiachia non diagnosticata. Quello che si suppone è che la destrutturazione dei villi, strutture deputate all’assorbimento, peculiare della celiachia porti a carenza di ferro, vitamina B12 e acido folico. La mancanza di questi micronutrienti faciliterebbe la formazione di afte. L’evidenza clinica di correlazione e il riscontro della remissione delle lesioni quando si realizza l’alimentazione priva di glutine rendono queste lesioni un importante dato obiettivo e/o anamnestico nella diagnosi di celiaca.

Il giusto input per una corretta diagnosi è suggerire esami sierologici specifici:
– anticorpi anti-transglutaminasi IgA e dosaggio delle IgA sieriche
– anticorpi anti-gliadina deamidata (AGAD)
– anticorpi anti-endomisio (EmA).

Successivamente si inizierà una corretta alimentazione e un sano stile di vita che prevedono l’allontanamento del glutine, miscela proteica peculiare dei cereali e derivati.

Per approfondimenti:
Z Slebioda et al. Etiopathogenesis of recurrent aphthous stomatitis and the role of immunologic aspects: literature review. Arch Immunol Ther Exp. 2014 Jun; 62(3):205-15. doi: 10.1007/s00005-013-0261-y.

U Volta et al. The changing clinical profile of celiac disease: a 15-year experience (1998-2012) in an Italian referral center. BMC Gastroenterol. 2014 Nov 18;14:194. doi: 10.1186/s12876-014-0194-x.

K Cantekin et al. Presence and distribution of dental enamel defects, recurrent aphthous lesions and dental caries in children with celiac disease. Pak J Med Sci. 2015;31(3):606-9. doi:10.12669/pjms.313.6960.

Letizia Saturni – Da Nutrizione 33

SPIEGAZIONE PSICOSOMATICA DEI PROBLEMI ALLA TIROIDE

La tiroide è una ghiandola endocrina che regola tutto il metabolismo energetico attraverso la produzione di ormoni tiroidei, la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4). Questi ultimi, per essere prodotti, hanno bisogno della presenza di iodio e calcitonina; la sintesi e la secrezione di queste sostanze, a loro volta, è regolata da due ghiandole posizionate nel cervello, l’ipotalamo (ormoni TRH) e l’ipofisi (ormoni THS).

Questo complesso meccanismo di interconnessioni svela l’importanza della tiroide; gli ormoni tiroidei hanno un’azione specifica sul sistema nervoso, così come le reazioni emozionali (tensione e stati ansiosi) influiscono sull’alterazione della secrezione ormonale.

Patologia tiroidea in chiave psicosomatica

La localizzazione della tiroide vicino alla gola rimanda a quegli aspetti della coscienza che si riferiscono all’ ”esprimere” e al “ricevere”; quest’ultimo tema, molto ampio e complesso, racchiude sia le cose materiali che l’affettività assimilata.
In tutte le patologie tiroidee c’è uno stretto legame con la relazione materna; alla base dello squilibrio psicosomatico emerge un vissuto angosciante caratterizzato da una madre assente e abbandonica che non viene, però, messa in discussione. La mancata elaborazione si traduce in due squilibri funzionali, entrambi riflessi di una “rivolta” interiore nei confronti della frustrazione d’amore: una risposta “in eccesso”, come avviene nell’ipertiroidismo, in cui il dolore represso esplode, e una di rinuncia e paura dell’autonomia, espresse nell’ipotiroidismo, generate dalla sofferenza profonda e dalla sensazione di non meritare amore.

Ipotiroidismo, sintomi

L’ipotiroidismo è una patologia causata da una ridotta funzionalità della tiroide, che, per una serie di fattori, produce una quantità di ormoni tiroidei troppo bassa e non adeguata alla “richiesta” dell’organismo. La riduzione della concentrazione dell’ormone tiroideo produce un rallentamento di tutti i processi fisiologici del corpo.

I sintomi principali di questa patologia sono astenia, scarsa concentrazione, ipotensione, torpore psicofisico, intolleranza al freddo per rallentamento metabolico, aumento di peso, senso di gonfiore, bassa frequenza del cuore (bradicardia), problemi di memoria e di concentrazione. Il sottocutaneo si gonfia di liquido, fenomeno che genera l’aspetto tipico del volto, detto mixedema (presente anche nel bambino): palpebre tumefatte, volto largo, pelle secca fredda e desquamata, colorito cereo, sguardo inespressivo e rigido, lingua e naso ingrossati.

Altri disturbi comuni sono stipsi, edema agli occhi, alle mani e ai piedi, crampi muscolari, assottigliamento e perdita dei capelli, aumento del volume della tiroide (gozzo). A livello psichico le manifestazioni più frequenti sono apatia, depressione, lentezza nel pensiero.

Interpretazione psicosomatica dell’ipotiroidismo

Per comprendere la dimensione simbolica dell’ipotiroidismo, bisogna partire da un sintomo chiave della patologia, il rallentamento fisico e psichico. Quando all’interno del soggetto avviene una ribellione nei confronti di uno stile di vita che non vuole più accettare, la psiche smette di affrontare la realtà in quella modalità; decide di farlo attraverso il corpo, con sintomi significativi come staticità, ristagno dell’energia vitale, aumento di peso, stanchezza, lentezza nel linguaggio, apatia, difficoltà di concentrazione, esaurimento. Chi si ammala di ipotiroidismo ha la sensazione di “affondare” nel proprio corpo e in tutto se stesso, meccanismo simile a quello che si verifica nello stato depressivo.

L’ipotiroidismo insorge dopo eventi traumatici che hanno fatto perdere alla persona il senso della quotidianità oppure che sono in forte contrasto con ciò che il soggetto desidera e vuole. Il “no” inconscio che il soggetto vorrebbe dire diventa passività, resa, rinuncia. Il danno metabolico, caratterizzato da una diminuzione del livello di energia e di calore prodotto dal corpo, rappresenta l’origine del disagio profondo di questi soggetti, che non riescono ad opporsi con forza e autonomia a quei meccanismi disfunzionali che vengono vissuti come “dogmi sociali”. L’ipotiroideo soffre di una grande paura, quella di non meritare nulla, soprattutto l’amore degli altri. È proprio il timore di non essere amati a bloccare la reazione, l’affermazione che potrebbe generare dispiacere nell’altro.

L’ipotiroidismo si instaura quando il soggetto decide di non esprimersi in alcuni o in tutti gli aspetti della vita, come quello dell’affettività o della sessualità. Nei casi più avanzati della patologia, si verifica un fenomeno tipico dell’insufficienza tiroidea denominato mixedema, una particolare forma di rigonfiamento dei tessuti che si manifesta con viso gonfio, rigido e fisso, pelle secca, ptosi palpebrale (una o entrambe le palpebre sono più abbassate rispetto al loro livello normale). L’aspetto tipico del volto simboleggia la maschera che il soggetto indossa impedendosi di essere se stesso.

Le personalità più soggette all’ipotiroidismo sono quelle con una depressione mascherata, che vivono una situazione esistenziale critica, oppure, più in generale, hanno uno stile di vita che rifiutano ma a cui non riescono ad opporsi. Il rallentamento di tutte le funzioni vitali simboleggia un’energia che resta bloccata, che “ristagna”, così come avviene per i liquidi corporei che gonfiano i tessuti. In particolare l’apatia indica un “ritiro” emotivo dalla realtà quotidiana, un’incapacità di affermazione di sé legata d un profondo senso di insicurezza e non riconoscimento del proprio valore. Molto spesso l’ipotiroideo è vissuto in un contesto familiare che non gli ha consentito di svincolarsi, di evolvere nell’autonomia.
I sintomi, che si riconducono quasi sempre ad una debolezza del corpo, mostrano una mancanza di forze che rende impossibile l’azione verso le soluzioni e, quindi, verso la vita.

Ipertiroidismo sintomi

L’ipertiroidismo è una condizione patologica in cui la tiroide lavora più del dovuto, producendo un’elevata quantità di ormoni tiroidei nell’organismo.
L’eccesso di ormoni comporta un’accentuazione e un’accelerazione di tutti i processi metabolici, producendo una sintomatologia complessa che coinvolge molti apparati. La patologia inizia con sintomi tipici come nervosismo, palpitazioni, forte dimagrimento, aumento della sete, diarrea e si aggrava progressivamente nel giro di poche settimane.

Ai sintomi iniziali si aggiungono quelli relativi ad un’iperattività generale dell’organismo: aumento della temperatura corporea, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, intolleranza al caldo, stanchezza muscolare. L’eccitabilità coinvolge anche il sistema nervoso causando tremori agli arti, irrequietezza, insonnia, disturbi endocrini e sessuali (irregolarità mestruali nelle donne ed eiaculazione precoce negli uomini). Come nell’ipotiroidismo, anche nell’ipertiroidismo il volto del malato ha una fisionomia tipica con globi oculari sporgenti (esoftalmo) e occhio lucente, rima palpebrale dilatata, sguardo fisso e spaventato, cute arrossata e sudata.

Interpretazione psicosomatica dell’ipertiroidismo

L’ipertiroidismo è intriso di simbolismi, primo fra tutti quello di un’eterna “fuga in avanti” (da qui l’accelerazione espressa dai sintomi) alla ricerca, da un lato, di un’autonomia quotidiana racchiusa nel “fare”; dall’altro, di un tentativo di colmare il vuoto che si sente dentro “tamponandolo” con una vita dal ritmo accelerato e con rapporti pieni e simbiotici. Il vuoto corrisponde all’angoscia di morte e al terrore di sentirsi annientati.

Un sintomo comune dell’ipertiroidismo, l’esoftalmo (occhi sporgenti) rappresenta perfettamente questo terrore profondo. Anche qui, le cause di tali meccanismi psichici si possono rintracciare nell’infanzia e nell’adolescenza. Mentre nell’ipotiroidismo il ruolo genitoriale è stato inibente per lo sviluppo di sé e dell’autonomia, nel vissuto dell’ipertiroideo c’è un bambino che ha avuto una maturazione precoce, per concrete necessità o per aspettative genitoriali, che è stato privato della naturale e necessaria fase di dipendenza affettiva fatta di sostegno, approvazione, calore, affetto.

Questo “salto” si traduce, nella fase adulta, in una difficoltà a chiedere o a manifestare il bisogno emotivo e affettivo, esperienza che rievocherebbe l’idea della dipendenza frustrata. Queste interpretazioni si rivelano ancora più vere quando si studiano le fasi d’insorgenza della malattia; in moltissimi casi di soggetti adulti, l’ipertiroidismo si manifesta in seguito a traumi da perdita di elementi di autosufficienza (figure di riferimento, lavoro, casa, patologie che obbligano a richieste d’aiuto).

Come per tutte le altre patologie, ci sono sempre delle tipologie di personalità più a “rischio” di manifestare una determinata malattia o disturbo. Molto spesso gli ipertiroidei sono persone che hanno paura di fermarsi, di rallentare su tutti i piani della vita; si sentono vive solo se agiscono, intensamente e di fretta. Cercano continuamente consigli (che tuttavia non riescono a seguire), vogliono l’autonomia a tutti i costi ma dentro hanno un enorme bisogno dell’approvazione altrui.

Il disturbo è prevalente nelle donne tra i 20 e i 50 anni d’età, e insorge soprattutto in quelle persone che sono cresciute in fretta o sono state sottoposte a carichi non adatti alla loro età. Molto spesso gli ipertiroidei hanno perso i genitori.

Ana Maria Sepe da Psicoadvisor

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