Ascoltarsi in profondità per aprire le porte alla guarigione

Un terapeuta può aiutare il proprio paziente a trovare un certo significato, ma la guarigione appartiene al malato.

Attenzione, tutto ciò non passa attraverso “una tecnica”.

Bisogna cominciare accettando semplicemente di riconoscere quel che proviamo ed osare parlarne, osare lasciare all’emozione la libertà di esprimersi. Ascoltare il profondo di noi stessi, prendere l’abitudine di dare un nome a ciò che proviamo: “Io provo questo”.

Non si tratta di “qualcuno”, si tratta di “me” e non è “ridicolo”.

Ma, se è vero che non bisogna fuggire l’emozione che si sta esprimendo, non per questo bisogna fissarsi su questa stessa emozione, rafforzandola così a livello del cervello: esprimerla non vuol dire “coltivarla”.

Vedremo presto che, per poter entrare nella struttura del nostro essere profondo, abbiamo da superare la dimensione emozionale.

E tuttavia, è la capacitá – o il rifiuto – di ognuno ad entrare in contatto con ciò che lo tocca più nel profondo che fa la differenza in questo approccio alla guarigione. Certo, è possibile scegliere di rimanere distanti dalla propria dimensione profonda, ma forse è importante rendersi conto che la guarigione passa, essenzialmente, attraverso il riconoscimento di quel che siamo.

Questo messaggio è rivolto a tutti, a qualsiasi età e qualunque sia la propria problematica, perchè, lo ripetiamo, nulla è irreversibile, mai, e finchè siamo vivi abbiamo qualcosa da fare…

Jean-Philippe Brébion

EMOZIONI E BLOCCHI MUSCOLARI

 

L’ingorgo delle energie pulsionali non rinnovate e scaricate porta all’insorgere delle nevrosi. Tali ingorghi si strutturano in blocchi muscolari determinando, nella loro varia composizione, precisi connotati caratteriali creando quindi degli specifici blocchi muscolo-caratteriali.
Tutto questo si è potuto determinare mediante alcune tecniche terapeutiche somatopsicologiche in cui era possibile superare le difese psichiche del paziente (spesso insormontabili con la tecnica psicoanalitica verbale) mediante lo scioglimento del blocco somatico funzionalmente corrispondente. Per comprendere meglio cosa significa blocco somatico corrispondente ad un ingorgo basterà pensare che una persona che viene aggredita da un cane ha automaticamente una reazione di paura. Dire automaticamente, significa affermare che si attivano forme di difesa automatiche comandate dal suo Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Questa reazione, è quindi involontaria e sfugge al controllo razionale. Essa serve ad attivire l’organismo perché possa mettere in atto nel minor tempo possibile una delle due possibili reazioni in questi casi: la fuga o l’attacco difensivo. L’attivazione di questa reazione si manifesta nell’organismo con precisi segni: aumento della tensione muscolare (bisogna avere forza per difendersi); dilatazione delle pupille (per vedere meglio il pericolo) aumento del battito cardiaco (il cuore deve pompare una maggiore quantità di sangue dato che serve ai muscoli); respiro affannoso (il ritmo cardiaco è responsabile di quello polmonare); pallore (il sangue refluisce dalla pelle verso i muscoli per irrorarli).
In sintesi, questo stato può essere definito di contrazione del sistema, dal momento che esso si chiude in sé per difendersi. La contrazione è, in senso generale, funzione appartenente a uno dei due rami SNA: il simpatico. L’altro ramo, quello con funzione di espansione del sistema, è il parasimpatico, chiamato anche vagale perché il Vago è il nervo principale che lo costituisce.
Quindi, se il cane se ne va senza attaccare, il parasimpatico tornerà a espandere il sistema e si ripristinerà un’ alternanza funzionale tra i due rami, necessaria al buon funzionamento dell’organismo. Tutto ciò avviene, come è stato detto, nella involontarietà e quindi sfugge al controllo della mente cosciente.
Ma immaginiamo che questa persona venga aggredita più volte al giorno da un cane: sarà quindi meno dispendioso per il suo SNA mantenersi in uno stato costante di simpaticotonia, cioè di allarme costante.
Le tensioni muscolari e le altre manifestazioni che da ciò dipendono diventeranno dunque costanti  e ne plasmeranno la struttura ed il carattere; ma egli non ne sarà cosciente, perché il suo stato deriva da una condizione involontaria e lo stato di tensione in cui si trova si è talmente connaturato in lui, che lo percepisce come una condizione normale. La sua paura sarà diventata dunque incosciente (l’incosciente, a differenza dell’inconscio freudiano, risiede dunque nella muscolarità e, a differenza dell’inconscio freudiano può riapparire alla coscienza sciogliendo il blocco muscolare che lo contiene).
Conducete ora questa persona con voi in un canile. Se ci riuscite, dovete poi convincerlo che i cani sono chiusi in gabbia e non possono aggredirlo. Sul piano logico egli obbietterà, portandovi non solo l’esperienza di altri ma anche una bibliografia sull’argomento, casi di gabbie che si sono inaspettatamente aperte, e che quindi la sua paura è giustificata. Sul piano logico, ha ragione; sul piano psicopatologico sta esprimendo un pensiero paranoico.
Esistono tecniche che portano il paziente all’allentamento dei blocchi muscolari (ipnosi, agopuntura, massaggio connettivale ecc.) che consentono alla persona di percepire come la sua paura attuale abbia avuto origine nel suo passato biografico e biologico. Compresa quindi la ragione, percepita l’emozione paura legata alla muscolarità, e capita la modalità psicologica attraverso la quale essa si è espressa (il carattere), egli avrà la possibilità di liberarsene e rendere disponibile per la vitalità, l’energia che prima gli serviva a contrarre i muscoli.

L’ego: il falso centro

 Come prima cosa, si deve comprendere cos’è l’ego. Un bimbo nasce. Egli viene al mondo senza alcuna cognizione, né coscienza del suo sé. E quando un bimbo nasce la prima cosa di cui diventa consapevole non è se stesso: come prima cosa diventa consapevole dell’altro. E’ naturale, perché gli occhi si aprono verso l’esterno, le mani toccano gli altri, le orecchie ascoltano gli altri, la lingua sente il sapore del cibo e il naso sente gli odori esterni. Tutti questi sensi sono aperti verso l’esterno. Nascere significa questo. Nascita significa venire in questo mondo: il mondo di ciò che sta fuori. Per cui, quando nasce un bambino, egli nasce a questo mondo. Apre gli occhi, vede gli altri.

Gli “Altri” significano il tu. Egli dapprima diventa consapevole della madre. Poi, un po’ alla volta, diventa consapevole del suo corpo. Anche questo è l’altro, anche questo appartiene al mondo esterno. Ha fame e sente il suo corpo; il suo bisogno viene soddisfatto, ed egli si dimentica del corpo. E’ così che un bimbo cresce. Prima diventa consapevole dell’altro, e poi, a poco a poco, in contrasto con l’altro, diviene consapevole di se stesso.

Tale consapevolezza è una consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui. Se sorride, se gli fa dei complimenti, se gli dice: “Quanto sei bello”, se lo abbraccia e lo bacia, il bimbo è soddisfatto di sé. In questo modo, è nato l’ego. Attraverso i complimenti, l’amore, le cure, egli si sente bene, sente di essere apprezzato, sente di avere un significato. Nasce un centro. Ma questo centro è un centro riflesso. Non è il suo vero essere.

Egli non sa chi è; sa solo quello che gli altri pensano di lui. E questo è l’ego: il riflesso, ciò che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno gli fa i complimenti, se nessuno gli sorride, anche in questo caso nasce un ego: un ego malato, triste, rifiutato, simile a una ferita; un ego che si sente inferiore, indegno. Anche questo è ego. Anche questo è un riflesso. Dapprima viene la madre, e all’inizio la madre rappresenta tutto il mondo. Poi alla madre si uniscono gli altri, e il mondo continua a crescere. E più il mondo cresce, più l’ego diventa complesso, perché vi si riflettono le opinioni di molte altre persone.

L’ego è un fenomeno di accumulazione, un sottoprodotto della vita vissuta con gli altri. Se un bambino vive completamente solo, non accadrà che in lui cresca un ego. Ma questo non aiuta affatto. Egli rimarrà come un animale. Questo non vuol dire che arriverà a conoscere il suo autentico sé, per nulla! Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso. E’ una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione.

Non potete conoscere la verità direttamente. Prima dovete conoscere ciò che non è vero. Prima dovete scontrarvi con il falso: questo incontro, vi aiuterà a conoscere la verità. Se conoscete il falso in quanto tale, la verità sorgerà in voi. L’ego è una necessità; è una necessità sociale, è una conseguenza della società. La società è tutto ciò che vi circonda: non siete voi, ma quello che vi sta intorno. Tutto, eccetto voi, è la società. E tutti riflettono. Andrai a scuola e il maestro rifletterà chi sei. Diventerai amico di altri bambini, e gli altri bambini rifletteranno chi sei. Pian piano, tutti quanti aggiungono qualcosa al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo, in modo tale che tu non divenga un problema per la società. Gli altri non si preoccupano di te. Il loro unico interesse è la società.

La società si preoccupa di se stessa, e così dev’essere. A loro non importa che tu divenga un conoscitore di te stesso. A loro importa che tu divenga una parte efficiente del meccanismo della società: devi adattarti allo schema. Quindi, cercano di darti un ego compatibile con la società. Ti insegnano una morale. La morale comporta il darti un ego compatibile con la società. Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato. Ecco perché mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato; non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi… semplicemente, essi non sono compatibili.

Sono fonte di problemi. Hanno ego particolari, che la società non approva. Se la società li approvasse, tutto andrebbe bene. Un uomo ammazza qualcuno: è un assassino. E lo stesso uomo, in tempo di guerra, uccide migliaia di persone… e diventa un grande eroe. La società non è disturbata da un delitto, però il delitto deve essere commesso negli interessi della società: in questo caso è pienamente accettato.

La società non si preoccupa della moralità. La moralità presuppone semplicemente che tu ti debba adattare alla società. Se la società è in guerra, la morale cambia. Se la società è in pace, esiste una morale diversa. La morale è politica sociale. E’ diplomazia. E ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale, da rientrare negli schemi della società: questo è tutto, in quanto alla società interessa avere componenti efficienti. Alla società non interessa che tu raggiunga la conoscenza di te stesso.

La società crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato. Il sé non potrà mai essere né controllato né manipolato. Nessuno ha mai sentito parlare di un società che controlli il sé: non è possibile. E il bambino ha bisogno di un centro; il bambino è totalmente inconsapevole del suo centro. La società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società. Un bambino torna a casa: se è risultato il primo della classe, tutta la famiglia è felice. Lo abbracciate e lo baciate, ve lo prendete sulle spalle, lo fate ballare, e gli dite: “Figlio bello! Siamo orgogliosi di te.” Gli state dando un ego, un ego sottile. E se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, una frana — non ce l’ha fatta, oppure lo hanno messo nell’ultimo banco — allora nessuno gli fa complimenti, ed egli si sente rifiutato… la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso.

L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. E’ per questo motivo che chiedete continuamente attenzione. Ho sentito raccontare: Mulla Nasruddin e sua moglie stavano uscendo da un cocktail party, e Mulla disse: “Cara, nessuno ti ha mai detto che sei affascinante, che sei bella, che sei stupenda?” Sua moglie si sentì salire alle stelle, era felicissima. Rispose: “Mi domando come mai nessuno me l’abbia mai detto.” Nasruddin replicò: “E allora, cosa te lo fa pensare… ?” Tu prendi dagli altri l’idea di chi sei. Non è un’esperienza diretta. Sono gli altri a darti l’idea di chi sei. Essi danno forma al tuo centro.

Questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro. Nessun altro può metterci voce… non sono affari suoi! Nessun altro gli può dare una forma… vieni al mondo con quel centro. Tu sei nato con lui. Quindi, tu hai due centri. Un centro tuo, che ti è dato dall’esistenza stessa: questo è il sé. E l’altro creato dalla società: questo è l’ego.

E’ una cosa falsa… ed è in se stesso un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ti controlla: devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo; devi ridere in un certo modo; devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei.

Gli altri ti hanno dato quell’idea. Quell’idea è l’ego. Cercate di capirlo quanto più profondamente possibile, perché questa è una cosa che si deve gettare via. E a meno che non la gettiate via, non potrete mai raggiungere il sé… perché voi tutti siete dipendenti dal centro: non potete muovervi, e di conseguenza non siete in grado di guardare nella direzione del sé. E ricordate: ci sarà un periodo di transizione, un intervallo di tempo, durante il quale l’ego sarà fatto a pezzi; voi non saprete più dove siete né chi siete, e tutti i confini si confonderanno. Sarete confusi, nel caos. In questo caos, avrete paura di perdere il vostro ego, ma deve essere così.

Bisogna passare attraverso il caos per arrivare a toccare il vero centro. Se avrete coraggio, questo periodo sarà breve. Se invece avete paura e ricadete nell’ego, e ricominciate ancora una volta a organizzarlo, allora ci vorrà moltissimo tempo, forse addirittura intere vite. Una volta un bambino andò a far visita ai nonni; aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo mise a letto, improvvisamente si mise a gridare, a piangere: “Voglio andare a casa, ho paura del buio.” La nonna allora gli disse: “So bene che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto la luce accesa, perché allora qui hai paura?” Il bambino rispose: “E’ vero, ma quello è il mio buio; questo buio qui, invece, non lo conosco.” Anche dell’oscurità si pensa: “Questa è la mia”. All’esterno… un’oscurità sconosciuta. Con l’ego la sensazione è: “Questa è la mia oscurità.” Può anche essere difficoltoso; può creare molte sofferenze, tuttavia si pensa: è mio. Qualcosa da afferrare; qualcosa a cui aggrapparsi; qualcosa sotto i piedi… non siete in un limbo, nel vuoto. Puoi anche essere infelice, ma perlomeno esisti. Persino l’essere sofferente ti dà il senso di “Io sono”.

Se te ne allontani, arriva la paura; inizi a temere l’oscurità che non conosci e il caos… perché la società è riuscita a far luce solo su una piccola parte del tuo essere. E’ come entrare in una foresta: fai un po’ di pulizia, liberi un piccolo spazio, lo recinti, costruisci una capanna, un giardinetto, un prato… e sei soddisfatto. Oltre la siepe, la foresta, il mondo selvaggio. Qui tutto è a posto: hai pianificato tutto. E’ accaduta la stessa cosa. La società ha fatto un po’ di pulizia nella vostra consapevolezza. Ha ripulito perfettamente una piccola parte e l’ha recintata. E lì dentro tutto è a posto. E’ questo che fanno tutte le vostre università.

Tutta la cultura e tutti i condizionamenti, servono solo a ripulire quella piccola porzione del vostro essere in modo tale da farvi sentire a casa. Ma ecco che vi spaventate. Oltre la siepe c’è il pericolo. Voi esistete oltre la siepe, così come esistete al suo interno, e la vostra mente cosciente è appena una parte, un decimo di tutto il vostro essere. Gli altri nove decimi sono in attesa, nell’oscurità, e in questi nove decimi è nascosto, da qualche parte, il vostro centro reale. E’ necessario rischiare… essere coraggiosi.

Occorre fare un passo nell’ignoto. Per un attimo, tutti i confini spariranno. Per un attimo, avrete le vertigini. Per un attimo, sarete spaventati e sconcertati, come se fosse avvenuto un terremoto. Ma se siete coraggiosi e non tornate indietro, se non ricadete di nuovo nell’ego e continuate ad andare avanti… dentro di voi esiste un centro, che possedete da vite intere. Questa è la vostra anima, il vostro sé.

Quando vi ci avvicinerete, tutto cambierà, tutto si organizzerà di nuovo. Ma questa volta l’assestamento non sarà opera della società. Ora ogni cosa diventerà un tutto organico e armonico, non un caos: nascerà un nuovo ordine. Ma questo non è più l’ordine della società: è l’ordine stesso dell’esistenza: è ciò che Buddha, chiama Dhamma; Lao Tzu, Tao; Eraclito, Logos. Non è fatto dall’uomo: è l’ordine stesso dell’esistenza. Ecco che allora, all’improvviso, tutto sarà di nuovo bello; anzi, per la prima volta, è davvero bello, perché le cose fatte dall’uomo non possono essere belle.

Al massimo se ne può nascondere la bruttezza, ma niente di più. Si può cercare di renderle attraenti, ma non potranno mai essere belle. La differenza è la stessa che esiste tra un fiore vero e uno di plastica o di carta. L’ego è un fiore di plastica, morto. Sembra un fiore, ma non lo è. Di fatto, non lo si può chiamare fiore. Anche da un punto di vista linguistico è sbagliato, perché un fiore è qualcosa che fiorisce, mentre questo oggetto di plastica è solo un oggetto, non può fiorire. E’ morto, in lui non c’è vita alcuna. Tu hai, dentro di te, un centro in fiore. E’ per questo che gli hindu lo chiamano Fior di Loto, perché è qualcosa che fiorisce. Lo chiamano il loto dai mille petali.” Mille”, significa “infiniti petali”.

E continua a fiorire, non si ferma mai, non muore mai. Voi però, vi accontentate di un ego di plastica. E sono molti i motivi per cui vi accontentate. Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai. Non può… non è mai stata viva. Quindi, potete comprare fiori di plastica; sotto un certo aspetto vanno bene: durano molto… non sono eterni, ma durano a lungo. Il fiore vero, che spunta in giardino, è eterno, ma non dura a lungo. E ciò che è eterno ha un suo modo di esserlo.

E questa è la via di ciò che è eterno: nascere e morire continuamente. Con la morte si ricrea, torna a essere di nuovo giovane. A noi sembra che il fiore vero sia morto… non muore mai, cambia semplicemente corpo, e in questo modo è sempre fresco.

Lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte… e continua a fiorire. Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore… non vediamo mai la continuità. E’ lo stesso fiore che è sbocciato ieri. E’ lo stesso sole… ma con un abito diverso. L’ego ha una sua qualità: è morto, è una cosa di plastica. Ed è molto facile averlo, perché sono gli altri a dartelo. Non hai bisogno di cercarlo, non è richiesta nessuna ricerca.

Ecco perché solo diventando un ricercatore dell’ignoto, potrai essere un individuo, altrimenti non lo sarai mai. Tu sei solo parte della folla. Sei tu stesso una folla. Se non hai un centro reale, come farai a essere un individuo? L’ego non è dell’individuo. E’ un fenomeno sociale, appartiene alla società, non è tuo. Ti dà però una funzione nella società, ti inserisce in una gerarchia. E se ti accontenti di questo, perderai ogni occasione di trovare il tuo “sé”. Ed è per questo che sei così infelice. Con un vita artificiale, come puoi essere felice? Con una vita falsa, come puoi vivere in estasi e in beatitudine? Ed ecco che questo ego crea molte sofferenze, milioni di sofferenze.

Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa. Non hai mai notato che tutti i tipi di infelicità penetrano in te attraverso l’ego? Non ti può rendere beato, può solo renderti infelice. L’ego è l’inferno. Ogni volta che soffri, cerca semplicemente di osservare, di analizzare… e scoprirai, che è l’ego, in qualche modo, la causa di tutto. Inoltre, esso continua a scoprire nuovi motivi di sofferenza. Una volta mi trovavo a casa di Mulla Nasruddin, e la moglie diceva cose terribili su di lui in modo rabbioso, villano, aggressivo, era quasi sul punto di scoppiare, con violenza.

Il Mulla se ne stava però seduto in silenzio, e ascoltava. All’improvviso la moglie si voltò verso di lui e gli disse: “E così, hai ancora da ridire, vero?” Mulla rispose: “Ma se non ho aperto bocca.” “Lo so”, rispose la moglie, “ma stai ascoltando in modo molto aggressivo.” Sei un egoista, come tutti. Alcuni problemi sono grossolani, superficiali, e non presentano troppe difficoltà. Altri invece sono sottili, profondi e sono questi i veri problemi.

L’ego lotta in continuazione con gli altri, perché non ha nessuna confidenza con se stesso; non può averne, è qualcosa di falso. Quando non hai niente in mano e invece pensi di avere qualcosa, ecco che nasce il problema. Se qualcuno dice: “Non c’è niente”, comincerà subito la lotta, perché anche tu senti che non c’è niente… l’altro ti rende cosciente di questa evidenza. L’ego è falso, è nulla, e questo lo sai anche tu. Come puoi non saperlo? E’ impossibile.

Un essere consapevole, come può non sapere che il suo ego è semplicemente falso? Gli altri gli dicono che non c’è niente, e tutte le volte che gli altri ti dicono che non c’è niente, ti feriscono, dicono la verità, e niente colpisce come la verità. Devi difenderti: se non lo fai, se non stai sulla difensiva, che cosa accadrà di te? Ti perderai. La tua identità si spezzerà. Per questo devi difenderti e lottare: qui nasce il conflitto. Chi è centrato nel suo sé, non è mai in conflitto. Possono essere gli altri a lottare con lui, ma lui non si metterà mai in conflitto con nessuno.

Una volta, mentre un maestro Zen camminava per la strada, un uomo si precipitò su di lui e lo colpì duramente. Il maestro cadde, poi si rialzò, e riprese a camminare nella stessa direzione di prima, senza neppure voltarsi indietro. Un discepolo che era con il maestro rimase molto colpito e chiese: “Chi è quell’uomo? Che cosa vuol dire tutto questo? Nessuno può voler uccidere un essere che vive come te; e tu non lo hai neppure guardato. Chi è, e perché l’ha fatto?” Il maestro rispose: “E’ un problema suo, non mio.” Puoi metterti a combattere con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se tu rimani ferito in quella lotta, anche questo sarà un tuo problema, non suo. L’illuminato non può colpirti. E’ come picchiare contro un muro: ti potrai anche ferire, ma non è il muro che ti colpisce. L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché? Perché se nessuno ti presta attenzione, il tuo ego inizia a sentirsi affamato.

Vive sull’attenzione degli altri. Perciò, anche se qualcuno lotta ed è in collera con te, questo ti va bene: per lo meno ti ha prestato attenzione. Se qualcuno ti ama tutto va bene; ma se nessuno ti ama, ti va bene anche la rabbia. Perlomeno sei oggetto di attenzione. Se però questa attenzione non esiste, se nessuno pensa che sia importante, che tu sia qualcuno, come farai a nutrire l’ego? E’ necessaria l’attenzione degli altri… e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare.

Quando percepisci che la situazione è di un certo tipo, ti adegui immediatamente, in modo che la gente ti presti attenzione. Questo è vero e proprio mendicare. Un vero mendicante è colui che ricerca e chiede attenzione. E un vero imperatore è colui che vive di se stesso, che ha un proprio centro e non dipende da nessun’altro. Buddha è seduto sotto l’albero del bodhi… se il mondo di colpo scomparisse, farebbe forse qualche differenza per lui? No, per nulla. Se il mondo intero scomparisse, non farebbe alcuna differenza, perché egli ha conseguito il proprio centro.

Tu invece, se tua moglie scappa, divorzia, va con qualcun altro, vai in pezzi, resti completamente sconvolto: lei, infatti, ti prestava attenzione, si dedicava a te, ti amava, ti stava sempre attorno, ti faceva sentire qualcuno. Ora, il tuo impero è completamente perduto, sei semplicemente distrutto. Cominci a pensare al suicidio. Ma perché? Perché se la moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché se il marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai nessun centro che sia davvero tuo. Erano il marito o la moglie a dartelo. Questo è il modo in cui la gente vive. Questo è il modo in cui si diventa dipendenti dagli altri. E’ una vera e propria schiavitù, ed è molto profonda. L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri. Solo una persona priva di ego è per la prima volta un maestro, non più uno schiavo. Cerca di capirlo. Inizia a cercare l’ego: non negli altri — che non ti riguarda — ma in te stesso.

Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno. Ti aspetti qualcosa… e non succede niente. Ti aspetti qualcosa… e accade tutto il contrario: il tuo ego ne rimane sconvolto, cadi nell’infelicità più nera. Limitati ad osservarlo: quando ti senti infelice prova a scoprirne il motivo. Le cause non stanno al di fuori di te. Il motivo fondamentale è dentro di te, ma tu guardi sempre al di fuori, chiedi sempre: chi mi rende così infelice? Chi provoca questa mia rabbia, questa mia angoscia? Se guardi all’esterno, non lo scoprirai mai.

Limitati a chiudere gli occhi e a guardare sempre dentro di te. La fonte di ogni miseria, rabbia, angoscia, è nascosta dentro di te: è il tuo ego. E se trovi la fonte, sarà facile andare oltre. Se riesci a vedere che il tuo stesso ego è la causa di ogni sofferenza, preferirai abbandonarlo, perché nessuno può portarsi dietro la causa della propria sofferenza, una volta che la conosce.

E ricordarti che non c’è bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi farlo. Se ci provi, arriverai ad avere un ego più raffinato che dirà: “Sono diventato umile”. Non cercare di essere umile. Di nuovo sarà una maschera dell’ego, ancora non sarà morto. Non cercare di essere umile. Nessuno può darsi da fare per essere umile; e nessuno lo può diventare attraverso lo sforzo.

Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione: è l’ombra del vero centro. Un uomo davvero umile, non è né umile né egoista. E’ unicamente semplice. Non è neppure consapevole di esser umile.

Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora. Guarda le persone umili… ce ne sono a milioni che credono di esserlo. Si inchinano molto profondamente, ma osservali: sono gli egoisti più elusivi. Ora si nutrono alla fonte dell’umiltà. Dicono: “Sono umile”, e poi ti guardano e aspettano la tua approvazione. “Come sei umile!” vorrebbero sentirti dire. “Sei davvero l’uomo più umile del mondo; nessuno è umile come te.” E osserva il sorriso che compare sui loro volti.

Che cos’è l’ego? L’ego è una gerarchia che si fonda sull’idea: ” Nessuno è come me”, e che può benissimo alimentarsi con l’umiltà. “Nessuno è come me, sono il più umile di tutti gli uomini.” Una volta, accadde che un fachiro, un mendicante, pregasse in una moschea, la mattina presto, quando era ancora buio.

Era una festa religiosa per i mussulmani, e lui pregava dicendo: “Non sono nessuno, sono il più povero dei poveri, il più peccatore tra i peccatori.” All’ improvviso, un’altra persona cominciò a pregare. Era l’imperatore di quel Paese, che non si era accorto che qualcun altro stava pregando — era ancora buio — e anche lui cominciò a dire: “Non sono nessuno, non sono niente. Sono semplicemente vuoto, un mendicante che bussa alla tua porta.” E quando si accorse che qualcun altro stava dicendo la stessa cosa, sbottò: “Smettila! Chi è che cerca di superarmi? Chi sei? Come osi dire davanti al tuo imperatore che non sei nessuno, mentre anche lui lo sta dicendo?”

Ecco come funziona l’ego. E’ così sottile e astuto, che bisogna stare molto, molto attenti: solo così lo si può vedere. Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego. Osserva semplicemente! Non c’è bisogno di lasciarlo cadere, non si può. Chi ci riuscirà? A quel punto, colui che lo lascerà cadere, diventerà un nuovo ego, perché l’ego ritorna sempre. Qualunque cosa tu faccia, limitati a metterti in disparte e osserva, guarda: non fare altro.

Qualunque cosa tu faccia — umiliarti, renderti modesto e semplice — niente ti sarà di aiuto. Puoi solo fare una cosa: limitarti a osservare che l’ego è la fonte di ogni miseria. Ma non dirlo, non ripeterlo, osserva. Perché dire che è la fonte di ogni infelicità, e continuare a ripeterlo, non serve a niente.

Tu devi arrivare a capirlo. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi semplicemente gli occhi: non cercare di scoprirne le cause all’esterno; prova a vedere da dove viene questa disperazione. E’ il tuo stesso ego. Se continui a sentire e a capire, se questa comprensione che l’ego ne sia la causa, si radica profondamente in te, un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso. Nessuno lo lascia cadere; nessuno è in grado di lasciarlo cadere.

Puoi semplicemente osservare che, a un certo punto, è scomparso, perché la comprensione stessa che sia l’ego a creare ogni sofferenza, lo fa cadere. Questa profonda comprensione, è la caduta stessa dell’ego. Ma tu sei bravissimo a vedere l’ego degli altri; anche se nessuno, in realtà, è in grado di vedere l’ego di un altro…. quando invece riguarda te, nasce il problema, perché non conosci questa regione, non l’hai mai attraversata.

Il vero sentiero verso il divino, verso l’assoluto, deve passare attraverso la regione dell’ego. Bisogna riconoscere come falso ciò che è falso. Bisogna riconoscere la fonte della nostra sofferenza in quanto tale, e a questo punto l’ego cade da solo, semplicemente. Quando ti rendi conto che è un veleno, cade da sé. Quando ti rendi conto che è fuoco, cade da sé. Quando ti rendi conto che è l’inferno, cade da sé.

Quindi non affermare mai: “Ho lasciato cadere l’ego”. Ridi semplicemente di tutto, del fatto che eri tu stesso l’autore di tutta la tua sofferenza. Stavo guardando dei fumetti di Charlie Brown. In uno di questi, gioca con i cubi, per costruirsi una casa. E’ seduto al centro, e monta le pareti… a un certo punto, si trova chiuso dentro: ha costruito pareti tutt’intorno a sé, e si mette a gridare: “Aiuto! Aiuto!” E’ stato lui a fare tutto! E ora è chiuso dentro, imprigionato. E’ un atteggiamento infantile, ma è quello che avete fatto tutti voi, finora. Avete costruito una casa tutto intorno a voi, e ora gridate: “Aiuto! Aiuto!” E la sofferenza aumenta a dismisura, perché colui che dovrebbe portarvi aiuto, si trova sulla stessa barca. Una donna bellissima va dallo psicanalista per la prima seduta, e lui, d’acchito, le chiede: “Per favore si avvicini”. E non appena la paziente gli si avvicina, il dottore le salta addosso, stringendosela tra le braccia e baciandola.

La donna rimane esterrefatta. Lo psicanalista continua: “Ora si segga pure. Questo risolve i miei problemi… adesso parliamo dei suoi!” Il problema diventa complesso, perché chi dovrebbe portare aiuto, si trova sulla stessa barca. Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti.

Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli. Anzi, li danneggerai. Chi ha ancora i propri problemi, non può essere di grande aiuto. Solo chi non ne ha più, può aiutarti. Solo allora, avrà la chiarezza per vedere attraverso di te: una mente che non ha problemi propri, può vederti: per lei diventi trasparente.

Una mente che non ha problemi, può vedere dentro di sé, ed è per questo che è in grado di vedere attraverso gli altri. In Occidente, esistono numerose scuole di psicoanalisi, ma non sono di aiuto alle persone, anzi sono piuttosto un danno. E questo perché chi aiuta gli altri, o cerca di aiutarli, o si propone in quanto aiuto, in realtà si trova sulla stessa barca di coloro che vorrebbe salvare. E’ difficile vedere il proprio ego. E’ molto facile vedere quello degli altri. Ma non è questo il punto, tu non li puoi aiutare. Prova a vedere il tuo ego.

Osservalo semplicemente. E non avere fretta di lasciarlo cadere, osservalo semplicemente. Quanto più lo osservi, tanto più sarai in grado di osservarlo. E un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che è semplicemente caduto. E quando cade per conto suo, solo in questo caso cade veramente. Non c’è altro modo. Non puoi farlo cadere prima del tempo. Cade esattamente come una foglia secca.

L’albero non fa niente: basta un soffio di vento, qualcosa che accade… e la foglia secca semplicemente si stacca. L’albero non si accorge nemmeno che la foglia secca sia caduta. Non fa rumore, non pretende niente, proprio niente. La foglia secca cade semplicemente, e non fa altro che frantumarsi sul terreno. Proprio così…

Quando, attraverso la comprensione e la consapevolezza, maturerai, e avrai realizzato davvero che l’ego è la causa di tutta la tua sofferenza, un giorno vedrai semplicemente cadere quella foglia secca. Si poserà a terra, morirà per conto suo, senza che tu abbia fatto nulla, senza la pretesa di essere stato tu a farla cadere. Ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso, e in quel momento emergerà il vero centro. Questo vero centro è l’anima, il sé, dio, la verità o qualsiasi altro nome gli vogliate dare. E’ senza nome, per cui gli si può dare qualunque nome. Puoi dargli tu stesso il nome che preferisci.

Copyright © 2003 Osho International Foundation Osho,

tratto da: Tantra: La comprensione suprema

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Ma l’ego è il mio senso di me stesso, no?

No. L’ego è ciò che credi di essere. Non ha nulla a che fare con Chi Sei Realmente.

Questo non contraddice un tuo precedente insegnamento, cioè che è giusto avere un amor proprio?

No. Avere amor proprio è un’ottima cosa: l’ego è necessario per sperimentare ciò che stai provando adesso, cioè la sensazione di essere un’entità separata in un mondo relativo.

Okay, adesso sono totalmente confuso.

Anche questo va benissimo. La confusione è il primo passo verso la saggezza. Folle è chi crede di avere tutte le risposte.

Insomma, avere un ego va bene o non va bene?

Questa è una domanda complessa. Voi siete entrati nel mondo relativo (quello che Io definisco il Regno del Relativo) per sperimentare ciò che non potreste provare nel Regno dell’Assoluto. Cercate di sperimentare Chi Siete Realmente. Nell’Assoluto potete saperlo, ma non sperimentarlo. E il desiderio della vostra anima è quello di conoscersi attraverso l’esperienza. Il motivo per cui nel Regno dell’Assoluto non potete sperimentare nessun aspetto di Chi Siete Realmente è che in quella dimensione non c’è nulla che voi non siate. L’Assoluto è l’assoluto. Il Tutto di Ogni Cosa. L’Alfa e Omega, senza nulla nel mezzo. Non ci sono gradi dì “assolutezza”. I gradi di qualunque cosa possono esistere soltanto a livello relativo. Il Regno del Relativo è stato creato allo scopo di permettervi di conoscere Voi Stessi come esseri magnifici, tramite l’esperienza. Nel Regno dell’Assoluto non c’è altro che la magnificenza, quindi la magnificenza “non è”. Ovvero, non può essere sperimentata, non può esseRe conosciuta tramite l’esperienza, perché non è possibile sperimentare la magnificenza in assenza di ciò che, non è magnifico. In verità, siete Uno con tutte le cose. questa è la vostra magnificenza! Eppure, mentre siete in questo stato di unità con il tutto, non potete conoscerla, perché non esiste nient’altro, e quindi essere Uno con tutte le cose non significa nulla. Nella vostra esperienza, siete semplicemente “voi” e non sperimentate in alcun modo la magnificenza di tutto ciò. L’unico modo che avete per sperimentare la magnificenza di questa unità è quello di creare una condizione in cui non essere Uno con tutte le cose sia possibile. Ma poiché nel Regno dell’Assoluto, che rappresenta la realtà ultima, tutto è Uno, creare qualcosa che non sia parte di tale unità è impossibile. Non è impossibile, tuttavia, creare l’illusione di non essere Uno con tutto. È stato questo il motivo per cui è stato creato il Regno del Relativo. Come il paese delle meraviglie di Alice, in cui le cose non sono ciò che sembrano. Il vostro ego è lo strumento principale che avete a disposizione per creare tale illusione. Vi permette di immaginarvi separati da Tutto il Resto di Voi. È la parte di voi che vi vede come individui. Voi non siete individui, eppure dovete individualizzarvi, per comprendere e apprezzare l’esperienza del tutto. Perciò, in questo senso, avere amor proprio è “bene”. Lo è alla luce dì ciò che tentate di fare. Ma averne troppo non va bene, rispetto a ciò che state cercando di fare. Il vostro scopo è quello di usare l’illusione della separazione per comprendere e apprezzare meglio l’esperienza dell’Unione, che rappresenta Chi Siete Realmente. Quando l’amor proprio diventa così forte che riuscite a vedere soltanto il vostro Sé separato, perdete ogni possibilità di sperimentare il Sé unificato e siete perduti. Vi siete letteralmente smarriti nel mondo dell’illusione e vi tocca restarci per molte vite, finché riuscirete a liberarvene, o finché qualcun altro, un’altra anima, non vi aiuterà a uscirne. Questo significa l’espressione “restituire le persone a se stesse”. Questo è ciò che le Chiese cristiane intendevano con il concetto di “salvatore”. L’unico loro errore è stato quello di proporsi quale unico strumento di “salvazione”, rafforzando così l’illusione della separazione, proprio quella separazione da cui in teoria cercano di salvarvi. Insomma, capire se è o meno una buona cosa avere amor proprio è una questione complessa: tutto dipende da ciò che state cercando di fare. Se usate l’ego come uno strumento attraverso il quale sperimentare la Realtà Unica, è un bene. Se è l’ego a usare voi per impedirvi di sperimentare tale realtà, non è un bene. Comunque potrete sempre scegliere liberamente, rispetto a ciò che siete venuti a fare qui. Se trovate piacevole non sperimentare voi stessi come parte dell’Uno, avete la scelta di non fare quell’esperienza proprio adesso. Solo quando ne avrete avuto abbastanza della separazione, dell’illusione, della solitudine e del dolore, cercherete la via per tornare a casa. E scoprirete che Io sono lì, che sono sempre stato lì.

Sempre. In tutti i modi.

Tratto dal libro “Conversazioni con Dio Un dialogo fuori dal comune” di Neale Donald Walsch

visionealchemica

 

IL “SACERDOZIO DELLA MENTE” DELL’INDUSTRIA PSICOFARMACEUTICA 2° Parte

 

L’architettura della sorveglianza
“La scienza non possiede la tecnologia per misurare gli squilibri biochimici all’interno del cervello vivo”, osserva il medico scrittore Peter R. Breggin. “La speculazione sugli squilibri biochimici è in realtà una campagna di marketing delle aziende farmaceutiche per vendere le medicine.” Così, agli “screening” sulla salute mentale mancano i parametri scientifici oggettivi e la valutazione di indicatori fisici per determinare l’esistenza di un disturbo. Piuttosto, l’opinione si basa sulla risposta del soggetto a una serie di domande.
Negli ultimi anni, sono stati implementati scrupolosamente dei metodi di marketing nei campus dei college americani per condizionare una generazione verso l’accettazione della natura di routine dei controlli per la salute mentale. Nei primi anni del Duemila, la Wyeth, produttrice dell’antidepressivo Effexor, sponsorizzò “campagne educative per la salute mentale” in dieci campus universitari. Il programma di 90 minuti, intitolato La depressione al college: mondo vero, vita vera, problemi veri, si svolgeva negli auditorium dei campus ed era presentato dalla star di MTV, nonchè consumatrice di Effexor, Cara Kahn. Agli “screening” per la depressione associati al programma, che oggi sono diventati parte normale del regime sanitario pubblico, si accompagnavano slogan vivaci, come “Sei stressato? Vieni a scoprire quanto”, e “Vieni a testare il tuo umore”. I rappresentanti del settore osservavano come queste sollecitazioni incontravano un interesse maggiore fra i potenziali partecipanti rispetto a quello che avrebbe riscosso un più prosaico ” test di controllo per la depressione”.
Se è vero che il fascino dei rimedi psicotropi si sta esaurendo come suggeriscono alcune tendenze del settore del mercato, è essenziale creare in qualsiasi modo un nuovo bisogno di terapie e prodotti psicofarmaceutici. Considerando l’effettivo calo delle vendite di antidepressivi e l’ampia accettazione da parte dei governi delle superficiali definizioni degli psichiatri sulle anomalie del comportamento con i relativi rimedi, ci si può spiegare la comparsa recente di studi, ampiamente pubblicizzati, a sostegno di una crescente epidemia di malattie mentali e i programmi statali che impongono ai giovani controlli psicologici obbligatori, completi di eventuali trattamenti farmaceutici. Che cosa, esattamente, costituisce un disturbo mentale che richiede un trattamento? Ancora una volta, l’assorbimento ampliato di peculiarità descritte nell’imminente DSM-5 fornirà alcune indicazioni di ciò su cui si focalizzeranno i futuri screening. Una persona che esprime piacere nel fumare una sigaretta occasionale sarà classificata come sofferente di “disturbo da uso di tabacco”. A uno che ama bere in compagnia potrebbe essere applicata l’etichetta del “disturbo da uso di alcool”. A qualcuno che beve regolarmente troppe tazze di caffè o lattine di tè freddo potrebbe venire una “intossicazione da caffeina” o, peggio, un “disturbo d’ansia indotto da caffeina”. Chi passa troppo tempo a navigare in rete, visitando siti di scommesse online o siti porno o facendo troppi acquisti online, potrebbe essere giudicato rispettivamente come affetto da “dipendenza da Internet”, “disturbo da gioco d’azzardo”, “ipersessualità” o “disturbo da shopping compulsivo”, e gli si potrà prescrivere di conseguenza un adeguato regime farmacologico. Inoltre, l’espansione della psichiatria sotto l’elgida federale aumenta il potenziale per un abuso in stile sovietico per mettere a tacere i dissidenti politici, come illustra il caso di un ex Marine statunitense, Brandon Raub.
Esprimere la ferma convinzione che esistano le manipolazioni climatiche o discutere dell’inspiegabile collasso,  l’11 settembre, dell’edificio 7 del World Trade Center potrebbe essere motivo di diagnosi di un “disturbo deliratante paranoide”. Gli attivisti che richiamano l’attenzione sulla logica poco credibile della “guerra al terrorismo”, sulla Federal Reserve o sulle prevaricazioni di quello che sta diventando uno stato di polizia si potranno facilmente classificare come affetti da problemi irrisolti di “disturbo oppositivo provocatorio”.
Con una gamma talmente vasta di malattie a loro volta soggette all’interpretazione del medico psichiatra, quasi tutti siamo vulnerabili allo sguardo inquisitore della lobby psicofarmaceutica, specialmente se questo sguardo cade sui gruppi d’età più giovani.
“[La nuova legge sulla sanità accessibile] è studiata per contribuire ad aumentare gli incentivi ai professionisti della medicina e della salute mentale affinchè si prendano cura dei pazienti nell’intera sfera dell’assistenza”, sottolinea lo psicologo John M. Grohol, redattore del popolare sito PsychCentral. “Le ricerche indicano che questo tipo di assistenza integrata e coordinata si rivela benefica per il paziente. Può contribuire a portare allo scoperto i problemi di salute prima che si trasformino in disturbi più gravi”.
Il diffondersi di un’epidemia di malattie mentali, o il fatto che la professione psichiatrica ne sostenga l’esistenza, ha conseguenze gravi non solo in termini di pene personale, ma anche per interi settori economici.
Gli esperti di salute mentale sostengono che quasi il 40% degli europei soffra di disturbi mentali: questo problema costerebbe all’economia europea centinai di miliardi di euro all’anno. Uno studio del 2011 conclude che 165 milioni di residenti nell’Unione Europea sono afflitti da una forma di malattia mentale. “E’ assolutamente necessario colmare l’immenso vuoto esistente nella cura dei disturbi mentali”, afferma l’autore principale dello studio. “Dato che i disturbi mentali iniziano spesso in età giovanile, hanno un forte impatto negativo nelle fasi successive della vita… Solo un trattamento precoce e mirato nei giovani riuscirà a prevenire con efficacia il rischio di una proporzione sempre maggiore di malati gravi… i pazienti del futuro”.
Negli USA, dove la legge sulla sanità accessibile sottolinea “l’importanza di integrare e coordinare l’offerta di servizi per la salute fisica e mentale e fornisce degli incentivi agli operatori sanitari per integrare l’assistenza”, anche un individuo che ha un’assicurazione privata e che va all’ospedale per un malore fisico o un infortunio sarà sempre più soggetto alla sorveglianza e valutazione secondo gli standard stabiliti dal DSM. Il rapporto “Vigilanza sulle malattie mentali 2011” dei Centri per il Controllo delle Malattie evidenzia che il 25% degli americani soffre di malattie mentali e che uno su due svilupperà una malattia mentale in futuro. In questo modo un programma di “vigilanza sulla salute pubblica” comprende “funzionari della sanità pubblica, accademici, personale medico e paramedico e gruppi di sostegno” metterà a disposizione “più sistemi di vigilanza” per “ridurre l’incidenza, la diffusione, la gravità e l’impatto economico delle malattie mentali; valutare le associazioni fra le malattie mentali e altri problemi medici cronici (obesità, diabete, cardiopatie e abuso di alcool o sostanze); identificare gruppi ad alto rischio di malattie mentali e fornire interventi, trattamenti e misure preventive mirati; offrire parametri misurabili per valutare la riuscita degli interventi sulle malattie mentali. Il progetto si avvale del DSM per identificare e diagnosticare queste malattie.
I CDC notano poi che “l’importanza per la salute pubblica delle misure per aumentare i tassi di trattamento della depressione si riflette in Healthy People 2020″, un piano decennale del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani che include “obbiettivi nazionali per accrescere il trattamento della depressione negli adulti e il trattamento per i problemi di salute mentale nei minori”.
Per contribuire al programma, il governo degli Stati Uniti ha stabilito una Task Force per la Prevenzione che oggi raccomanda “screening della salute mentale” ai ragazzi dai 12 ai 18 anni. Così come il programma Vigilanza sulle Malattie Mentali, la Task Force utilizza il DSM come modello per le diagnosi.

Conclusione
Dato che il governo federale degli Stati Uniti e il settore assicurativo oggi sono impegnati in un investimento combinato per mitigare i rischi associati a una miriade di comportamenti personali classificati dal DSM, i singoli individui, e la società più in generale, devono chiedersi: “Ma fin dove si spinge questa vigilanza?”
Attualmente, l’individuo può ancora esercitare un certo grado di controllo rispetto a quali informazioni mediche desidera rivelare all’apparato di vigilanza medica. Tuttavia, il sempre maggiore dispiegamento di tecnologie biometriche e il rapido passaggio a una base elettronica, senza contanti, delle transazioni finanziarie praticamente assicura la fine di questa modesta sfera di privacy, nonchè la realizzazione completa di una rete panottica e di vasta portata in grado di identificare e localizzare le idiosincrasie private, producendo così dei candidati per “interventi” e trattamenti.
Per sfidare e contrastare il complesso psicofarmaceutico e la sua morsa sulla società, che va sempre più estendendosi, è assolutamente necessario comprendere e riconoscere come la sua storia si intrecci a giochi di pubblicità e pubbliche relazioni per modellare la percezione pubblica e quello che oggi costituisce un sistema di convinzioni ampiamente accettato nei confronti della salute e della malattia mentale. Il fatto che questo complesso oggi sia più che mai alleato della sovrastruttura della sanità nazionale e costituisca un elemento centrale in ambito medico delle macchinazioni del governo suggerisce l’imminente realizzazione di una vera e propria tecnocrazia farmacologica in cui, attraverso una incessante persuasione di massa e direttive legislative, sarà una falsa medicina con i suoi farmaci a riempire il vuoto di un’esistenza sciupata e insoddisfatta.

DISTURBI NEUROPSICHICI E SVILUPPO SPIRITUALE

 


Il ricercatore spirituale che si avvicina alla Psicosintesi trova in questa corrente psicologica il soddisfacimento di un bisogno: quello di vedere espresse e proposte, in un linguaggio scientifico, le Leggi, le “Verità” ed i metodi che erano sempre appartenuti soltanto all’ambito esoterico e mistico. Il grande merito di Roberto Assaggioli è, infatti, quello di aver cercato, e spesso trovato, una sintesi viva e creativa dei vari contenuti di correnti diverse, in taluni casi decodificando e traducendo nel linguaggio della psicologia concetti e teorie che si è soliti riservare al campo della religione e della filosofia. Ha arricchito e completato, in questo modo, l’immagine dell’uomo, che viene delineandosi da un approccio olistico e pluridimensionale. Tutto ciò ha rappresentato una vera e propria “missione” che Assagioli ha portato avanti, un servizio all’umanità, un compito assegnatogli dai Maestri.

del Dott. Roberto Assagioli

Lo sviluppo spirituale dell’uomo è un’avventura lunga e ardua, un viaggio attraverso strani paesi, pieni di meraviglie, ma anche di difficoltà e di pericoli. Esso implica una radicale purificazione e trasmutazione, il risveglio di una serie di facoltà prima inattive, l’elevazione della coscienza a livelli prima non toccati, il suo espandersi lungo una nuova dimensione interna. Non dobbiamo meravigliarci perciò che un cambiamento così grande si svolga attraverso vari stadi critici, non di rado accompagnati da disturbi neuropsichici e anche fisici (psicosomatici). Questi disturbi, mentre possono apparire all’osservazione clinica ordinaria uguali a quelli prodotti da altre cause, in realtà hanno significato e valore del tutto diverso e devono venir curati in modo ben differente. Attualmente poi i disturbi prodotti da cause spirituali vanno divenendo sempre più frequenti, poiché il numero di persone che, consciamente o inconsciamente, sono assillate da esigenze spirituali va divenendo sempre maggiore. Inoltre, a causa della maggiore complessità dell’uomo moderno e particolarmente degli ostacoli creati dalla sua mente critica, lo sviluppo spirituale è divenuto un processo interiore più difficile e complicato. Per questa ragione è opportuno dare uno sguardo generale ai disturbi nervosi e psichici che insorgono nei vari stadi dello sviluppo spirituale, e offrire qualche indicazione riguardo ai modi più adatti ed efficaci per curarli.

Nel processo di realizzazione spirituale si possono osservare 5 stadi critici:

  1. Le crisi che precedono il risveglio spirituale;
  2. Le crisi prodotte dal risveglio spirituale;
  3. Le reazioni che seguono il risveglio spirituale;
  4. Le fasi del processo di trasmutazione;
  5. La Notte Oscura dell’Anima.

1. Crisi che precedono lo risveglio spirituale

Per ben comprendere il significato delle singolari esperienze interiori che sogliono precedere il risveglio dell’anima, occorre ricordare alcune caratteristiche psicologiche dell’uomo ordinario. Questi, più che vivere, si può dire che si lasci vivere. Egli prende la vita come viene; non si pone il problema del suo significato, del suo valore, dei suoi fini. Se è volgare, si occupa solo di appagare i propri desideri personali: di procurarsi i vari godimenti dei sensi, di diventare ricco, di soddisfare la propria ambizione. Se è d’animo più elevato, subordina le proprie soddisfazioni personali all’adempimento dei doveri familiari e civili che gli sono stati inculcati, senza preoccuparsi di sapere su quali basi si fondino quei doveri, quale sia la loro vera gerarchia, ecc. Egli può anche dichiararsi ‘religioso’ e credere in Dio, ma la sua religione è esteriore e convenzionale, ed egli si sente ‘a posto’ quando ha obbedito alle prescrizioni formali della sua chiesa e partecipato ai vari riti. Insomma l’uomo comune crede implicitamente alla realtà assoluta della vita ordinaria ed è attaccato tenacemente ai beni terreni, ai quali attribuisce un valore positivo; egli considera così, in pratica, la vita ordinaria fine a sè stessa, e anche se crede a un paradiso futuro, tale sua credenza è del tutto teorica e accademica, come appare dal fatto, spesso confessato con comica ingenuità, che desidera di andarci… il più tardi possibile.

Ma può avvenire – e in realtà avviene in alcuni casi – che quest’ “uomo ordinario” venga sorpreso e turbato da un improvviso mutamento nella sua vita interiore. Talvolta in seguito a una serie di delusioni; non di rado dopo una forte scossa morale, come la perdita di una persona cara; ma talvolta senza alcuna causa apparente, in mezzo al pieno benessere e favore della fortuna (come avvenne a Tolstoj) insorge una vaga inquietudine, un senso di insoddisfazione, di mancanza; ma non la mancanza di qualcosa di concreto, bensì di alcunché di vago, di sfuggente, che egli non sa definire. A poco a poco si aggiunge un senso di irrealtà, di vanità della vita ordinaria: tutti gli interessi personali, che prima tanto occupavano e preoccupavano, si ‘scoloriscono’, per così dire, perdendo la loro importanza e il loro valore. Nuovi problemi si affacciano; la persona comincia a chiedersi il senso della vita, il perché di tante cose che prima accettava naturalmente: il perché della sofferenza propria e altrui; la giustificazione di tante disparità di fortuna; l’origine dell’esistenza umana; il suo fine.

Qui cominciano le incomprensioni e gli errori: molti, non comprendendo il significato di questi nuovi stati d’animo, li considerano ubbie, fantasie anormali; soffrendone (poiché sono molto penosi), li combattono in ogni modo; temendo di ‘perdere la testa’, si sforzano di riattaccarsi alla realtà ordinaria che minaccia di sfuggir loro; anzi talvolta, per reazione, vi si gettano con maggior foga, perdutamente, cercando nuove occupazioni, nuovi stimoli, nuove sensazioni.

Con questi ed altri mezzi essi riescono talora a soffocare l’inquietudine, ma non possono quasi mai distruggerla completamente: essa continua a covare nel profondo del loro essere, a minare le basi della loro esistenza ordinaria e può, anche dopo anni, prorompere di nuovo più intensa. Lo stato di agitazione diventa sempre più penoso, il vuoto interiore più intollerabile; la persona si sente annientata: tutto ciò che formava la sua vita le sembra un sogno, sparisce come una larva, mentre la nuova luce non è ancora sorta; anzi generalmente la persona ne ignora perfino l’esistenza o non crede alla possibilità di ottenerla. Spesso a questo tormento generale si aggiunge una crisi morale più definita; la coscienza etica si risveglia e si acuisce, la persona è assalita da un grave senso di colpa, di rimorso per il male commesso, si giudica severamente ed è colta da un profondo scoraggiamento. A questo punto sogliono presentarsi quasi sempre idee e impulsi di suicidio. Alla persona sembra che l’annientamento fisico sia la sola logica conseguenza del crollo e dei dissolvimento interiore. Dobbiamo far notare che questo è solo uno schema generico di tali esperienze e del loro svolgimento. In realtà vi sono numerose differenze individuali: alcuni non giungono allo stadio più acuto; altri vi arrivano quasi a un tratto, senza il graduale passaggio accennato; in alcuni prevalgono la ricerca e i dubbi filosofici; in altri la crisi morale è in prima linea. Queste manifestazioni della crisi spirituale sono simili ad alcuni dei sintomi delle malattie dette nevrastenia e psicastenia. Uno dei caratteri di questa è appunto la ‘perdita della funzione del reale’, come la chiama Pierre Janet, e un altro è la ‘spersonalizzazione’. La somiglianza è accresciuta dal fatto che il travaglio della crisi produce spesso anche dei sintomi fisici, quali esaurimento, tensione nervosa, depressione, insonnia, e svariati disturbi digestivi, circolatori, ecc.

2. Crisi prodotte dal risveglio spirituale

L’aprirsi della comunicazione fra la personalità e l’anima, i fiotti di luce, di gioia e di energia che l’accompagnano, producono spesso una mirabile liberazione. I conflitti interni, le sofferenze e i disturbi nervosi e fisici spariscono, spesso con una rapidità sorprendente, confermando così che quei disturbi non erano dovuti a cause materiali, ma erano la diretta conseguenza del travaglio psicospirituale. In questi casi il risveglio spirituale costituisce una vera e propria cura. Ma il risveglio non si svolge sempre in modo così semplice ed armonico, bensì può essere a sua volta causa di complicazioni, disturbi e squilibri. Questo avviene in coloro la cui mente non è ben salda, o nei quali le emozioni sono esuberanti e non dominate, oppure il sistema nervoso troppo sensibile e delicato, o ancora quando l’afflusso di energia spirituale è travolgente per la sua subitaneità e violenza. Quando la mente è troppo debole e impreparata a sopportare la luce spirituale, oppure quando vi è tendenza alla presunzione e all’egocentrismo, l’evento interiore può venire male interpretato. Avviene, per così dire, una ’confusione di piani’: la distinzione fra assoluto e relativo, fra spirito e personalità non è riconosciuta, e allora la forza spirituale può produrre un’esaltazione, una ‘gonfiatura’ dell’io personale.

Alcuni anni or sono ho avuto occasione di osservare al manicomio di Ancona un caso tipico di questo genere. Uno dei ricoverati, un simpatico vecchietto, affermava tranquillamente ma ostinatamente… di essere Dio. Intorno a questa sua convinzione egli aveva fabbricato una serie delle più fantastiche idee deliranti; di schiere celesti ai suoi comandi, di grandi cose da lui compiute, ecc. Ma, a parte questo, egli era la persona più buona, gentile e premurosa che si possa immaginare, sempre pronta a render servizi ai medici e ai malati. La sua mente era così chiara e attenta e i suoi atti così accurati, che era stato fatto assistente del farmacista, il quale gli affidava le chiavi della farmacia e la preparazione di medicine. Questo non diede mai luogo ad alcun inconveniente, all’infuori della sparizione di un po’ di zucchero che egli sottraeva per far con esso cosa gradita ad alcuni dei ricoverati. Dal punto di vista medico ordinario il nostro malato verrebbe considerato come un semplice caso di delirio di grandezza, una forma paranoide; ma in realtà queste non sono che etichette puramente descrittive o di classificazione clinica, e la psichiatria ordinaria nulla sa dirci di certo sulla vera natura e sulle cause di questi disturbi. Mi sembra quindi sia lecito ricercare se non vi possa essere un’interpretazione psicologica più profonda delle idee di quel malato. È noto come la percezione interiore della realtà dello Spirito e della sua intima compenetrazione con l’anima umana dà a colui che la prova un senso di grandezza e di allargamento interiore, la convinzione di partecipare in qualche modo alla natura divina. Nelle tradizioni religiose e nelle dottrine spirituali d’ogni tempo se ne possono trovare numerose attestazioni e conferme, espresse non di rado in forma assai audace.

Nella Bibbia troviamo la frase esplicita e decisa: “Non sapete che siete Dei?

E Sant’Agostino dice: “Quando l’anima ama qualcosa, diventa a essa simile; se ama le cose terrene, diventa terrena; ma se ama Dio (si potrebbe chiedere) diventa essa Dio?”

L’espressione più estrema dell’identità di natura fra lo spirito umano nella sua pura e reale essenza e lo Spirito Supremo è contenuta nell’insegnamento centrale della filosofia Vedanta: Tat twam asi (“Tu Sei Quello”) e Aham evam param Brahman (“In verità Io Sono il Supremo Brahman”). Comunque si voglia concepire questo rapporto fra lo spirito individuale e quello universale, sia che lo si consideri come un’identità o come una somiglianza, una partecipazione, una unione, bisogna riconoscere in modo ben chiaro, e tener sempre presente in teoria e in pratica, la grande differenza che esiste fra lo spirito individuale nella sua natura essenziale – quello che è stato chiamato il ‘fondo’ o il ‘centro’ o ‘apice’ dell’anima, l’Io superiore, il Sé reale – e la piccola personalità ordinaria, il piccolo io di cui siamo abitualmente consapevoli. Il non riconoscere tale distinzione porta a conseguenze assurde e pericolose. Questo ci dà la chiave per comprendere lo squilibrio mentale del malato di cui ho fatto cenno, e altre forme meno estreme di autoesaltazione e di autogonfiatura. L’errore funesto di tutti coloro che cadono in preda a tali illusioni è quello di attribuire al proprio io personale non rigenerato le qualità e i poteri dello Spirito. In termini filosofici si tratta di una confusione fra realtà relativa e Realtà Assoluta, fra il piano personale e quello metafisico.

Da questa interpretazione di certe idee di grandezza si possono trarre anche utili norme curative. Essa ci mostra come il cercare di dimostrare al malato che egli ha torto, che le sue idee sono del tutto assurde o il deriderle, non serve a nulla; anzi non fa che inasprirlo. Invece è opportuno riconoscere con lui l’elemento di vero che c’è nelle sue affermazioni e poi cercar pazientemente di fargli comprendere la distinzione su accennata. In altri casi, l’improvvisa illuminazione interna prodotta dal risveglio dell’anima determina invece un’esaltazione emotiva, che si esprime in modo clamoroso e disordinato: con grida, pianto, canti e agitazioni motorie varie. Coloro poi che sono di tipo attivo, dinamico, combattivo, possono venir spinti dall’eccitazione del risveglio ad assumere la parte del profeta o del riformatore, formando movimenti e sette caratterizzati da un eccessivo fanatismo e proselitismo. In certe anime nobili, ma troppo rigide ed eccessive, la rivelazione dell’elemento trascendente e divino del proprio spirito suscita un’esigenza di adeguamento completa e immediata a quella perfezione. Ma in realtà tale adeguamento non può essere semmai che il termine di una lunga e graduale opera di trasformazione e di rigenerazione della personalità; quindi quell’esigenza non può che esser vana e provocare reazioni di depressione e di disperazione autodistruttive.

In alcune persone, a ciò predisposte, il ‘risveglio’ si accompagna con manifestazioni psichiche paranormali di vario genere. Esse hanno visioni, generalmente di esseri elevati o angelici, oppure odono delle voci, o si sentono spinte a scrivere automaticamente. Il valore dei messaggi così ricevuti è assai diverso da caso a caso; perciò occorre che essi vengano sempre esaminati e vagliati obiettivamente, senza prevenzioni, ma anche senza lasciarsi imporre dal modo con cui sono pervenuti, né dalla presunta autorità di chi asserisca esserne l’autore. È opportuno diffidare soprattutto dei messaggi che contengono ordini precisi e richiedono obbedienza cieca, e di quelli che tendono a esaltare la personalità del ricevente. I veri istruttori spirituali non usano mai tali metodi. Prescindendo poi dall’autenticità e dal valore intrinseco di quei messaggi, sta il fatto che essi sono pericolosi perché possono facilmente turbare, anche in modo grave, l’equilibrio emotivo e mentale.

3. Le reazioni che seguono il risveglio spirituale

Queste reazioni si producono generalmente dopo un certo tempo. Come abbiamo accennato, un risveglio spirituale armonico suscita un senso di gioia, e una illuminazione della mente che fa percepire il significato e lo scopo della vita, scaccia molti dubbi, offre la soluzione di molti problemi e dà un senso di sicurezza interiore. A questo si accompagna un vivido senso dell’unità, della bellezza, della santità della vita, e dall’anima risvegliata s’effonde un’onda di amore verso le altre anime e tutte le creature. Invero non vi è nulla di più lieto e confortante dei contatto con uno di questi ‘risvegliati’ che si trovi in un tal ‘stato di grazia’. La sua personalità di prima, coi suoi angoli acuti e coi suoi elementi sgradevoli, sembra sparita e una nuova persona, simpatica e piena di simpatia, sorride a noi e al mondo intero, tutta desiderosa di dar piacere, di rendersi utile, di condividere con gli altri le sue nuove ricchezze spirituali di cui non sa contenere in sé la sovrabbondanza. Questo stato gioioso dura più o meno a lungo, ma è destinato a cessare.

La personalità ordinaria, coi suoi elementi inferiori, era stata solo temporaneamente sopraffatta e addormentata, non uccisa o trasformata. Inoltre l’afflusso di luce e di amore spirituale è ritmico e ciclico come tutto quanto avviene nell’universo; esso quindi prima o poi diminuisce o cessa: il flusso è seguito dal riflusso. Questa esperienza interna è penosissima, e in alcuni casi produce reazioni violente e seri disturbi. Le tendenze inferiori si risvegliano e si riaffermano con forza rinnovata; tutti gli scogli, i detriti, i rifiuti, che erano stati ricoperti dall’alta marea, ricompaiono di nuovo. La persona, la cui coscienza morale si è fatta, in seguito al risveglio, più raffinata ed esigente, la cui sete di perfezione è divenuta più intensa, si giudica con maggior severità, si condanna con maggior rigore e può credere, erroneamente, di esser caduta più in basso di prima. A ciò può essere indotta anche dal fatto che talvolta certe tendenze e impulsi inferiori, che erano rimasti latenti nell’inconscio, vengono risvegliati e stimolati a una violenta opposizione dalle nuove alte aspirazioni spirituali, che sono per essi una sfida e una minaccia. Talvolta la reazione va così oltre, che la persona giunge fino a negare il valore e la realtà della propria recente esperienza interiore.

Dubbi e critiche sorgono nella sua mente ed essa è tentata di considerare tutto ciò che è avvenuto come un’illusione, una fantasia, una ‘montatura sentimentale’. Essa diviene amara e sarcastica; deride sè stessa e gli altri e vorrebbe rinnegare i propri ideali e le proprie aspirazioni spirituali. Eppure, per quanto si sforzi di farlo, essa non può ritornare nello stato di prima: ha avuto la visione e il fascino della sua bellezza resta in lei, non può esser dimenticato. Essa non può più adattarsi a viver soltanto la piccola vita comune; una divina nostalgia la assilla e non le dà requie. Talvolta la reazione assume caratteri nettamente morbosi: insorgono accessi di disperazione e tentazioni di suicidio.

La cura di tali reazioni eccessive consiste soprattutto nell’impartire una chiara comprensione della loro natura e nell’indicare qual è il solo modo nel quale si possono superare. Si deve far capire a chi ne soffre che lo ‘stato di grazia’ non poteva durare per sempre, che la reazione era naturale e inevitabile. È come se egli avesse fatto un volo superbo fin presso alle vette illuminate dal sole, ammirando il vasto paesaggio che si stende fino all’orizzonte; ma ogni volo prima o poi deve finire: si viene riportati alla pianura, e si deve poi ascendere lentamente, passo a passo, il ripido pendio che conduce alla stabile conquista delle cime. Il riconoscimento che questa discesa o ‘caduta’ è un evento naturale, al quale tutti siamo sottoposti, conforta e solleva il pellegrino e lo incoraggia ad accingersi animosamente all’Ascesa.

4. Le fasi del processo di trasmutazione

L’ascesa di cui abbiamo fatto cenno consiste in realtà nella trasmutazione e rigenerazione della personalità. Un procedimento lungo e complesso, che è composto di fasi di purificazione attiva per rimuovere gli ostacoli all’afflusso e all’azione delle forze spirituali; fasi di sviluppo delle facoltà interiori che erano rimaste latenti o troppo deboli; fasi nelle quali la personalità deve restare ferma e docile, lasciandosi ‘lavorare’ dallo Spirito e sopportando con coraggio e pazienza le inevitabili sofferenze. È un periodo pieno di cambiamenti, di alternative fra luce e tenebra, fra gioia e dolore. Le energie e l’attenzione di chi vi si trova sono spesso tanto assorbite dal travaglio che gli riesce difficile far fronte alle varie esigenze della sua vita personale. Perciò chi l’osservi superficialmente e lo giudichi dal punto di vista della normalità e dell’efficienza pratica, trova che è peggiorato e vale meno di prima. Perciò al suo travaglio interiore si aggiungono spesso giudizi incomprensivi e ingiusti da parte di persone di famiglia, di amici e anche di medici, e non gli vengono risparmiate osservazioni pungenti sui ‘bei risultati’ delle aspirazioni e degli ideali spirituali, che lo rendono debole e inefficiente nella vita pratica. Questi giudizi riescono spesso assai penosi a chi ne è oggetto, che può talvolta venirne turbato e cadere in preda ai dubbi e allo scoraggiamento.

Pure questa è una delle prove che devono essere superate. Essa insegna a vincere la sensibilità personale, ad acquistare indipendenza di giudizio e fermezza di condotta. Perciò tale prova dovrebbe venir accolta senza ribellione, anzi con serenità. D’altra parte se coloro che circondano la persona sottoposta alla prova comprendono il suo stato, possono esserle di grande aiuto ed evitarle molti contrasti e sofferenze non necessarie. In realtà si tratta di un periodo di transizione: un uscire da un vecchio stadio senza aver raggiunto il nuovo. È una condizione simile a quella del verme che sta subendo il processo di trasformazione che lo farà diventare un’alata farfalla: esso deve passare per lo stato di crisalide, che è una condizione di disintegrazione e impotenza. Ma all’uomo in generale non viene elargíto il privilegio che ha il verme di svolgere quella trasmutazione protetto e raccolto in un bozzolo.

Egli deve, soprattutto oggi, restare al suo posto nella vita e continuare ad assolvere quanto meglio può i propri doveri familiari, professionali e sociali, come se non stesse avvenendo nulla in lui. L’arduo problema che deve risolvere è simile a quello degli ingegneri inglesi, che dovettero trasformare e ampliare una grande stazione ferroviaria di Londra, senza interrompere il traffico neppur per un’ora.

Non dobbiamo certo meravigliarci se un’opera così complessa e faticosa è talvolta causa di disturbi nervosi e psichici, ad esempio esaurimento nervoso, insonnia, depressione, irritabilità, irrequietezza. E questi disturbi, dato il forte influsso della psiche sul corpo, possono a foro volta facilmente produrre svariati sintomi fisici. Nel curare tali casi occorre comprenderne la vera causa, e aiutare il malato con una sapiente e opportuna azione psicoterapica, poiché le cure fisiche e medicamentose possono aiutare ad attenuare i sintomi e i disturbi fisici, ma evidentemente non possono agire sulle cause psicospirituali del male. Talvolta i disturbi sono prodotti o aggravati dagli eccessivi sforzi personali che fa l’aspirante alla vita spirituale per forzare il proprio sviluppo interno, sforzi che producono una repressione anziché la trasformazione degli elementi inferiori, e una estrema intensificazione della lotta, con una corrispondente eccessiva tensione nervosa e psichica. Questi aspiranti troppo impetuosi devono rendersi conto che la parte essenziale del lavoro di rigenerazione è fatta dallo spirito e dalle sue energie, e che quando essi hanno cercato di attirare quelle energie col loro fervore, le loro meditazioni, il loro retto atteggiamento interno, quando hanno cercato di eliminare tutto quello che può ostacolare l’azione dello spirito, devono attendere con pazienza e con fede che quell’azione si svolga spontaneamente nella loro anima.

Una difficoltà diversa in un certo senso opposta, deve essere superata nei periodi nei quali l’afflusso di forza spirituale è ampio e abbondante. Quella forza preziosa può venir facilmente sperperata in effervescenza emotiva e in attività febbrili ed eccessive.

In altri casi invece essa è tenuta troppo a freno, non viene sufficientemente tradotta in vita e utilizzata, di modo che si accumula sempre più e con la sua forte tensione può produrre disturbi e logorii interiori, come una corrente elettrica troppo forte può fondere le valvole e anche produrre dei corti circuiti. Occorre quindi apprendere a regolare opportunamente e saggiamente il flusso delle energie spirituali, evitandone la dispersione, ma usandole attivamente in nobili e feconde opere interne ed esterne.

5. La Notte Oscura dell’Anima

Quando il processo di trasformazione psicospirituale raggiunge il suo stadio finale e decisivo, esso produce talvolta un’intensa sofferenza e un’oscurità interiore che è stata chiamata dai mistici cristiani ‘Notte Oscura dell’Anima‘. I suoi caratteri la fanno rassomigliare molto alla malattia chiamata ‘psicosi depressiva’ o melanconia. Tali caratteri sono: uno stato emotivo d’intensa depressione, che può giungere fino alla disperazione; un senso acuto della propria indegnità; una forte tendenza all’autocritica e all’autocondanna, che in alcuni casi giunge fino alla convinzione di esser perduti o dannati; un senso penoso di impotenza mentale; l’indebolimento della volontà e dell’autodominio; un disgusto e una grande difficoltà ad agire.

Alcuni di questi sintomi possono presentarsi in forma meno intensa anche negli stadi precedenti, ma allora non si tratta della vera ‘Notte Oscura dell’Anima’. Questa strana e terribile esperienza non è, malgrado le apparenze, uno stato patologico; essa ha cause spirituali e un grande valore spirituale (v. San Giovanni della Croce, La Notte oscura dell’anima e E. Underhill, Mysticism – New York, 1961).

A questa, che è stata anche chiamata la ‘crocefissione mistica‘ o ‘morte mistica‘, segue la gloriosa resurrezione spirituale che pone fine a ogni sofferenza e a ogni disturbo, dei quali è sovrabbondante compenso, e che costituisce la pienezza della salute spirituale. Il tema da noi scelto ci ha obbligati a occuparci quasi esclusivamente dei lati più penosi e anormali dello sviluppo interiore, ma non vorremmo certo dar l’impressione che coloro che seguono la via dell’ascesa spirituale siano colpiti da disturbi nervosi più facilmente degli uomini ordinari.

È opportuno perciò mettere bene in chiaro i punti seguenti:

  • In molti casi lo sviluppo spirituale si svolge in un modo più graduale e armonico di quello che è stato descritto, a guisa che le difficoltà vengono superate e i diversi stadi passati senza reazioni nervose e fisiche.
  • I disturbi nervosi e mentali degli uomini e delle donne ‘ordinari’ sono spesso più gravi, più difficili a sopportare e a curare di quelli prodotti da cause spirituali. I disturbi degli uomini ordinari sono spesso prodotti da conflitti violenti fra le passioni, o fra gli impulsi inconsci e la personalità cosciente; o dalla ribellione contro condizioni o contro persone che sono in contrasto coi loro desideri e le loro esigenze egoistiche. Non di di rado è più difficile curarli, perché gli aspetti superiori sono troppo deboli e vi è poco a cui fare appello per indurli a fare i sacrifici necessari e a sottomettersi alla disciplina occorrente per produrre gli assestamenti l’armonia che possono render loro la salute.
  • Le sofferenze e i disturbi di coloro che percorrono la via spirituale, per quanto possano talora essere gravi, sono in realtà solo reazioni temporanee e per così dire le scorie di un processo organico di crescita e di rigenerazione interna. Perciò essi spariscono spesso spontaneamente quando la crisi che li aveva prodotti si risolve, o cedono più facilmente a una cura adatta.
  • Le sofferenze prodotte dalle basse maree e dai riflussi dell’onda spirituale sono ampiamente compensate dalle fasi di afflusso e di elevazione, e dalla fede nel grande scopo e nell’alta mèta dell’avventura interiore.

Questa visione di gloria costituisce una ispirazione potente, un conforto infallibile, una sorgente inesauribile di forza e di coraggio. Noi dovremmo quindi rievocare tale visione nel modo più vivido e il più spesso possibile, e uno dei più grandi benefici che possiamo arrecare a chi è tormentato da crisi e conflitti spirituali è di a fare altrettanto. Cerchiamo di immaginare vividamente la gloria e la beatitudine dell’anima vittoriosa e liberata che partecipa coscientemente alla Saggezza, alla Potenza, all’Amore della Vita Divina. Immaginiamo con visione ancor più larga la gloria del Regno di Dio realizzato sulla terra, la visione di una umanità redenta, dell’intera creazione rigenerata e manifestante con gioia le perfezioni di Dio.

Sono visioni di tal genere che hanno reso capaci i grandi mistici e santi di sopportare sorridendo i loro tormenti interiori e il loro martirio fisico, che hanno fatto dire a San Francesco: ”Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena mi è diletto!”.

Ma ora dobbiamo scendere da queste altezze e ritornare un istante nella valle ove le anime sono in travaglio.

Considerando la questione dal punto di vista più strettamente medico e psicologico, occorre rendersi ben conto che, come abbiamo accennato, mentre i disturbi che accompagnano le varie crisi dello sviluppo spirituale appaiono a un primo esame molto simili – e talvolta identici – a quelli dei malati ordinari, in realtà le loro cause e il loro significato sono molto differenti, anzi in un certo senso opposti; quindi la cura deve essere corrispondentemente diversa.

I sintomi neuropsichicí dei malati ordinari hanno generalmente un carattere regressivo. Quei malati non sono stati capaci di compiere i necessari assestamenti interni ed esterni che fari parte del normale sviluppo della personalità. Per esempio, essi non sono riusciti a liberarsi dall’attaccamento emotivo ai genitori e restano quindi in uno stato di dipendenza infantile da essi o da chi, anche simbolicamente, li sostituisce. Talvolta invece la loro incapacità o cattiva volontà a far fronte alle esigenze e alle difficoltà della normale vita familiare e sociale fari sì che essi, anche senza rendersene conto, cerchino rifugio in una malattia che li sottragga a quegli obblighi. In altri casi si tratta di un trauma emotivo: per esempio una delusione o una perdita che essi non sanno accettare e a cui reagiscono con una malattia. In tutti questi casi si tratta di un conflitto fra la personalità cosciente e gli elementi inferiori che spesso operano nell’inconscio, con la parziale vittoria di questi ultimi.

Invece i mali prodotti dal travaglio dello sviluppo spirituale hanno un carattere nettamente progressivo. Essi dipendono dallo sforzo di crescere, da una spinta verso l’alto; essi sono il risultato di conflitti e squilibri temporanei fra la personalità cosciente e le energie spirituali che irrompono dall’alto.

Da tutto ciò risulta evidente che la cura per i due tipi di malattie deve essere molto diversa.

Per il primo gruppo il compito terapeutico consiste nell’aiutare il malato a raggiungere il livello dell’uomo ‘normale’, eliminando le repressioni e le inibizioni, le paure e gli attaccamenti, aiutandolo a passare dal suo eccessivo egocentrismo, dalle sue false valutazioni, dalle sue concezioni deformate della realtà a una visione oggettiva e razionale della vita, all’accettazione dei suoi doveri e obblighi e a un giusto apprezzamento dei diritti degli altri.

Gli elementi non ben sviluppati, non coordinati e contrastanti, devono venir armonizzati e integrati in una psicosintesi personale.

Per i malati del secondo gruppo il compito curativo è invece quello di produrre un assestamento armonico, favorendo l’assimilazione e l’integrazione delle nuove energie spirituali con gli elementi normali preesistenti, cioè di compiere una psicosintesi transpersonale intorno a un più alto centro interno.

È chiaro quindi che la cura adatta per i malati del primo gruppo è insufficiente, anzi può essere anche dannosa, per un malato del secondo. Le sue difficoltà aumentano, anziché diminuire, se egli è nelle mani di un medico che non comprenda il suo travaglio, che ignori o neghi le possibilità dello sviluppo spirituale.

Tale medico può svalutare o deridere le aspirazioni spirituali del malato, considerandole come vane fantasie o interpretandole in modo materialistico. Così il malato può venir da lui indotto a ritener di far bene cercando di indurire il guscio della propria personalità e rifiutandosi di dare ascolto agli insistenti appelli della sua anima. Ma questo può solo aggravare il suo stato, render più aspra la lotta, ritardare la soluzione.

Invece un medico che percorra egli pure la via spirituale, o che almeno abbia una chiara comprensione e un giusto apprezzamento della realtà e delle conquiste spirituali, può essere di grande aiuto a un malato di quel genere.

Se, come spesso è il caso, questi è ancora allo stadio dell’insoddisfazione, dell’irrequietezza e delle inconsce aspirazioni; se egli ha perduto ogni interesse per la vita ordinaria ma non ha ancora avuto un lume della Realtà Superiore; se egli cerca sollievo in direzioni sbagliate ed erra per vicoli ciechi, allora la rivelazione della vera causa del suo male e un aiuto efficace a trovare la vera soluzione possono facilitare e accelerare molto il risveglio dell’anima, che costituisce di per sè stesso la parte principale della cura.

Quando una persona si trova al secondo stadio, quello nel quale si bea nella luce dello spirito e fa gioiosi voli verso le altezze supercoscienti, si può farle molto bene spiegandole la vera natura e funzione di quelle sue esperienze, preavvisandola che esse sono necessariamente temporanee e descrivendole le ulteriori vicissitudini del pellegrinaggio. Così quella persona è preparata quando sopraggiunge la reazione, e le viene in tal modo risparmiata quella parte non piccola di sofferenza, prodotta dalla sorpresa della ‘caduta’ e dai dubbi e dagli scoraggiamenti che ne conseguono. Quando un tal preavviso non è stato dato e la cura viene iniziata durante la reazione depressiva, il malato può essere molto sollevato e aiutato dall’assicurazione, avvalorata da esempi, che si tratta di uno stato temporaneo dal quale uscirà sicuramente.

Nel quarto stadio, quello degli ‘incidenti dell’ascesa’, che è il più lungo e multiforme, l’opera di chi aiuta è corrispondentemente più complessa.

I suoi aspetti principali sono:

  1. Chiarire a colui che soffre il significato di quanto sta avvenendo in lui e indicargli il giusto atteggiamento da prendere;
  2. Insegnargli come si possono dominare le tendenze inferiori senza però reprimerle nell’inconscio;
  3. Insegnargli, ed aiutarlo, a trasmutare e sublimare le proprie energie psichiche;
  4. Aiutarlo a sostenere e far buon uso delle energie spirituali che affluiscono nella sua coscienza;
  5. Guidarlo, e cooperare con lui, nel lavoro di ricostruzione della sua personalità, di psicosintesi.

Nello stadio della ‘Notte Oscura dell’Anima‘ è assai difficile prestare aiuto, perché chi vi si trova è avvolto in una nube così densa, è tanto immerso nella sua sofferenza che la luce dello spirito non giunge alla sua coscienza.

L’unico modo di dare forza e sostegno è il ripetere instancabilmente l’assicurazione che si tratta di una esperienza transitoria e non di uno stato permanente, come tende a credere chi vi si trova  ed è ciò che più gli dà disperazione. È bene inoltre assicurargli con energia che il suo tormento, per quanto terribile, ha un sì grande valore spirituale e gli sarà apportatore di tanto bene che dopo arriverà a benedirlo; così egli viene aiutato a sopportarlo e ad accettarlo con calma, rassegnazione e con forte pazienza.

Riteniamo opportuno accennare che queste cure psicologiche e spirituali non escludono l’uso sussidiario di mezzi fisici, che possono alleviare i sintomi e concorrere al buon esito della cura. Tali sussidi saranno soprattutto quelli che coadiuvano all’opera sanatrice della natura, come un’alimentazione igienica, esercizi di rilassamento, contatto con gli elementi naturali, un ritmo adatto delle varie attività fisiche e psichiche. In alcuni casi la cura è resa più complicata dal fatto che vi è nel malato un misto di sintomi progressivi e di sintomi regressivi. Si tratta di casi di sviluppo interiore irregolare e disarmonico.

Queste persone possono raggiungere alti livelli spirituali con una parte della loro personalità, ma essere d’altro lato schiave di attaccamenti infantili o sotto il dominio di ‘complessi’ inconsci. Si potrebbe anzi dire che, con un’analisi accurata, nella maggioranza di coloro che percorrono la via spirituale si trovano  – come, si noti, in quasi tutti i cosìddetti ‘normali’ – dei resti più o meno grandi di limitazioni di quel genere. Resta però il fatto che, nella grande maggioranza dei casi, vi è una netta prevalenza o dei sintomi regressivi o di quelli progressivi.

Ma la possibilità che sintomi di entrambi i gruppi si trovino frammisti nello stesso malato deve esser sempre tenuta presente, e occorre che ogni disturbo venga accuratamente studiato e interpretato, per accertarne la vera causa e trovarne quindi la cura adatta.

Da tutto quanto abbiamo detto risulta chiaro che per curare in modo efficace e soddisfacente i disturbi nervosi e psichici che accompagnano lo sviluppo spirituale, occorre una duplice serie di conoscenze e di pratica: quella dei medico esperto di malattie nervose e di psicoterapia, e quella del serio studioso o del pellegrino sulle vie dello Spirito.

Questa duplice competenza si trova attualmente di rado associata; ma dato il rapido crescere dei numero delle persone bisognose di simili cure, tutti coloro che siano in grado di farlo dovrebbero accingersi risolutamente a prepararsi per quell’opera di bene. Tali cure poi sarebbero rese più facili se si potesse anche formare e assistenti opportunamente preparati, sì da saper cooperare intelligentemente.

Infine sarebbe molto utile che il pubblico in generale fosse informato dei fatti principali riguardanti le connessioni fra disturbi neuropsichici e crisi interiori, in modo che i familiari possano facilitare il compito dei malato e quello del medico, invece di complicarlo e ostacolarlo con l’ignoranza, i pregiudizi, e anche l’opposizione attiva, come purtroppo avviene assai spesso.

Quando questa triplice opera di preparazione sarà stata fatta presso i medici, le infermiere e il pubblico, una grande somma di sofferenze non necessarie verrà eliminata e molti pellegrini potranno raggiungere con meno lungo e meno aspro travaglio l’alta meta che perseguono: l’unione con la Divina Realtà.

Hearthaware

Autore: Dott. Roberto Assagioli (1933) Fonte: Dossier Assagioli e Goswami

COME IL PENSIERO INFLUENZA IL DNA E OGNI CELLULA

EPIGENETICA:

Conversazione – Intervista con Bruce Lipton

Durante il periodo in cui Bruce Lipton lavorava come ricercatore e professore alla scuola di medicina, fece una sorprendente scoperta sui meccanismi biologici attraverso i quali le cellule ricevono ed elaborano le informazioni: infatti, piuttosto che controllarci, i nostri geni sono controllati, sono sotto il controllo di influenze ambientali al di fuori delle cellule, inclusi i pensieri e le nostre credenze. Questo prova che non siamo degli “automi genetici” vittimizzati dalle eredità biologiche dei nostri antenati.

Siamo, invece, i co-creatori della nostra vita e della nostra biologia.

Lipton descrive questa nuova scienza, chiamata epigenetica, nel suo libro “The Biology of Belief: Unleashing the Power of Consciousness, Matter and Miracles” (N.d.T.: Biologia delle Credenze: Liberare il Potere della Consapevolezza, della Materia e dei Miracoli) (2005: Mountain of Love/Elite Books). Pieno di citazioni e riferimenti di altri scienziati che conducono, in tale campo, ricerche all’avanguardia, questo libro potrebbe, letteralmente, cambiare la vostra vita al suo livello più fondamentale.

Fino alla scoperta dell’epigenetica, si credeva che il nucleo di una cellula, contenente il DNA, fosse il “cervello” della cellula stessa, del tutto necessario per il suo funzionamento. Di fatto, come hanno scoperto Lipton ed altri, le cellule possono vivere e funzionare molto bene anche dopo che i loro nuclei siano stati asportati. Il vero “cervello” della cellula è la sua membrana, che reagisce e risponde alle influenze esterne, adattandosi dinamicamente ad un ambiente in perpetuo cambiamento. Che cosa significa questo per noi, quali collezioni di cellule chiamati esseri umani? Man mano che incrociamo le diverse influenze ambientali, siamo noi a suggerire ai nostri geni cosa fare, di solito inconsciamente. I carboidrati ci fanno ingrassare? Sì,se lo crediamo. Saremo amati, avremo successo nel lavoro, saremo ricchi? Se ci crediamo, lo saremo.

Lipton ci mostra anche come Darwin avesse torto. La competizione non è la base dell’evoluzione; non è la sopravvivenza del più forte che ci permette di sopravvivere e prosperare. Al contrario, dice, dovremmo leggere l’opera di Jean-Baptiste de Lamarck, che venne prima di Darwin e dimostrò che la cooperazione e la comunità sono la base della sopravvivenza. Immaginate se ciascuna dei vostri trilioni di cellule decidesse di farcela da sé, di combattere per essere la regina della collina piuttosto che cooperare con le cellule compagne. Per quanto sopravvivereste ?

L‘INTERVISTA

Barbara Stahura: La premessa di base della tua ricerca e del tuo libro, The Biology of Belief, è che il DNA non controlla la nostra biologia.

Bruce Lipton: Sì. Ho cominciato a studiare questo verso la fine degli anni ’60. Da allora la scienza di frontiera ha iniziato a rivelare tutte le cose che avevo osservato. I biologi che fanno ricerca d’avanguardia sono a conoscenza di ciò che dico nel libro. Il pubblico, però, non ne ha comprensione alcuna perché, o gli arriva in forma abbreviata, o quello che gli viene venduto è la credenza che siamo controllati dai nostri geni, sebbene ciò non sia sostenuto dalla scienza d’avanguardia. Tutto il mio sforzo si è concentrato nel far giungere al mondo l’informazione d’avanguardia. L’orientamento mentale del pubblico è stato programmato secondo la credenza che siamo degli automi genetici, che i geni controllano la nostra vita, che ne siamo vittime, e via di seguito. Il punto, però, è che la scienza di frontiera – quella di cui parlo – si è stabilizzata da almeno 15 anni. È ora che sia portata nel mondo perché è lì che viene usata.

BS: Questa scienza relativamente nuova sulla quale tu scrivi viene chiamataepigenetica.

Ci spiegheresti di che cosa si tratta?

BL: L’epigenetica è quella scienza che mostra che i geni non si auto-controllano, ma sono controllati dall’ambiente. Si sa da circa 15 anni, e ora fa finalmente fa capolino da dietro l’angolo. Ti faccio un esempio. La Società Americana per il Cancro ha recentemente pubblicato una statistica che afferma che il 60 per cento dei tumori sono evitabili, cambiando stile di vita e dieta. Quest’informazione proviene da un’organizzazione che ha cercato per circa 50 anni i geni del cancro. E ora se ne viene fuori dicendo: è lo stile di vita, non sono i geni. Ci siamo focalizzati sul cancro come se fosse una questione genetica, ma solo il cinque per cento dei cancri ha una connessione genetica. Il novantacinque per cento dei cancri in effetti non ha nessuna connessione coi geni. La ragione (che ci fa dire che c’è una connessione genetica) è che tale spiegazione è fisica, tangibile, perciò preferiamo lavorare su di essa. E il 95 per cento che ha un cancro e non c’è una connessione genetica? Non è facile fare esperimenti su qualcosa sulla quale non puoi focalizzarti fisicamente.

BSCosì il determinismo genetico – l’idea che siamo controllati dai nostri geni – è inevitabilmente incrinata, come dici nel libro.

BL: Sì.

BS: Hai scritto anche di Jean-Baptiste de Lamarck e della sua teoria dell’evoluzione – che sopravviviamo attraverso la cooperazione, piuttosto che la più recente idea darwiniana di competizione e sopravvivenza dei più forti. Che tutti i nostri trilioni di cellule devono cooperare per mantenere il nostro corpo in perfetto funzionamento, in quanto noi esseri umani non possiamo sopravvivere senza grandissime quantità di cooperazione gli uni con gli altri e con il nostro ambiente.

BL: Immediatamente, appena hai detto cooperazione, stavi violando la teoria darwiniana, che è competizione e lotta. Di fatto, si tratta di un’interpretazione erronea. La nuova scienza ci dice che quella credenza è sbagliata. La credenza di cui hai appena parlato, invece – la natura della cooperazione e della comunità – è in effetti il principio basilare dell’evoluzione.

Nel 1809 Lamarck ha scritto che i problemi che tormenteranno l’umanità verranno dal suo separarsi dalla natura, e ciò condurrà alla distruzione della società. Aveva ragione, perché la sua enfasi sull’evoluzione era che un organismo e l’ambiente creano un’interazione cooperante. Se volete capire il destino di un organismo, dovete capire la sua relazione con il suo ambiente. Poi ha affermato che separarci dal nostro ambiente significa assumere la nostra biologia e tagliarci fuori dalla nostra sorgente. Aveva ragione. E quando arrivi a capire la natura dell’epigenetica, la sua teoria ora ha trovato sostanza. Senza alcun meccanismo che, all’inizio, le desse un senso – e specialmente da quando abbiamo comprato il concetto dei biologi neo-darwiniani che affermano che tutto è controllato geneticamente – Lamarck sembrava stupido. Ma sai cosa? Aveva proprio ragione.

BS: La tua dimostrazione che il “cervello” della cellula non è il DNA ma, bensì, la sua membrana è affascinante. Che significato ha questa scoperta riguardo a ciò che pensiamo di noi stessi e della nostra vita, dal momento che siamo proprio una comunità di cellule?

BL: Se due cellule si uniscono e stanno comunicando, useranno i loro “cervelli” per farlo, giusto? E se dieci cellule si uniscono, useranno i loro cervelli affinché la loro comunicazione reciproca abbia un senso. Quando prendi un insieme di un trilione di cellule, come in un cervello umano, queste opereranno ancora secondo il principio del cervello cellulare. Beh, quando abbiamo comprato l’idea che i geni ed il nucleo formano il cervello della cellula – che ci porta fuoristrada – e la applichi come fosse un principio di neurologia o di neuro-scienza, ti sei già incamminato nella direzione sbagliata. Non puoi arrivare da nessuna parte perché quello non è il cervello della cellula. I nostri principi su come funziona l’intelligenza sono stati totalmente sviati. Ecco perché, dopo tanta neuro-scienza, se chiedi a qualcuno: “come funziona, veramente, il cervello?” La risposta sarà: “veramente, non lo sappiamo”.

Il Progetto Genoma Umano dice che quel modello è sbagliato. Pensavamo che ci volessero più di 100.000 geni per far funzionare un essere umano. Il fatto che ce ne siano meno di 25.000 ha messo un bastone tra le ruote dell’intero processo. Come può esserci un tale esiguo numero di geni a formare una cosa così complessa come un essere umano? La risposta è che ci vuole molto di più dei soli geni a farlo funzionare – che è l’apporto dall’ambiente che può alterare la lettura dei geni.

Ci sono 140.000 proteine in un corpo umano, e si credeva che ciascuna richiedesse un gene separato per prodursi. Di colpo, trovi che ci sono 25.000 geni e 140.000 proteine, e non ci siamo con i numeri. L’epigenetica rivela qualcosa di così sorprendente che la scienza stessa ha dei problemi a comprendere la forza di questo nuovo significato, e suona così: con il controllo epigenetico, che significa il controllo mediato dall’ambiente, un singolo gene può essere usato per creare 2000 o più proteine diverse dalla stessa matrice. Il controllo epigenetico è come un lettore che può leggere l’impronta originaria e ristrutturarla per produrne qualcosa di diverso. Ed ecco come un singolo gene può essere usato per creare molti prodotti proteici differenti. Non è stato il gene che ha prodotto ciascuna proteina, è stato il controllo epigenetico che l’ha fatto, e questo è il feedback diretto dall’ambiente. Ci allontana da quel meccanismo che dice che siamo solo macchine.

BSE ci dice invece che non siamo vittime.

Siamo co-creatori.

BL: Assolutamente.

BS: Per tanti l’idea che siano i nostri pensieri a creare la realtà, che è quello su cui si basa la Scienza Religiosa e altre tradizioni metafisiche e spirituali, è un’idea puramente spirituale. Ma la fisica quantistica ha aggiunto all’idea, il fatto scientifico. E ora, il tuo lavoro e quello di altri porta quel concetto a livello delle cellule. Che lo rende in qualche modo più reale, più tangibile.

BL: Se si definisce lo spirito più o meno su questi parametri si potrebbe ottenere una definizione del tipo “una forza motrice invisibile.” Se definisco la natura della meccanica quantistica, è una forza motrice invisibile. Di fatto afferma: “Sì, ci sono forze invisibili che modellano la nostra esistenza”. Poiché la nostra biologia è tradizionalmente basata su un concetto newtoniano e materialistico, la natura di quel sistema è di considerare le forze invisibili come non rilevanti. Però, quello che la meccanica quantistica ha stabilito è che le forze motrici invisibili sono tutto. Perciò, se la nostra scienza non si adatta alla nuova fisica, sta di fatto ostacolando il progresso in evoluzione. Quando si introducono nuove forze, si deve dar loro nuovo credito, e quando lo si fa, i ricercatori spirituali saltano su e dicono: lo sapevo! E i fisici quantistici saltano su e dicono, lo sapevo! Stiamo sempre parlando della stessa cosa. Se lo ammettessimo, l’opportunità di unione diventa così tangibile che è quasi fisica. Sì, possiamo sentirla! Ora possiamo essere tutti d’accordo. Tu la chiami come vuoi, io la chiamo come voglio. Ma siamo tutti governati da queste forze invisibili.

BS: Ho letto una tua intervista nella quale hai affermato, “piuttosto che esser vittime dei nostri geni, lo siamo stati delle nostre percezioni.” Puoi aggiungere qualcosa su ciò che significa essere una vittima delle nostre percezioni?

BL: In un certo senso, sappiamo attraverso lo studio della membrana cellulare, attraverso lo studio dell’epigenetica, che questo è fondamentale. L’epigenetica dice che i segnali ambientali influenzano l’espressione genetica, e questi segnali ambientali talvolta sono diretti, e tal’altra sono interpretazioni, quando per es.le percezioni diventano credenze. Così, ho una credenza su qualcosa, che è una percezione, e aggiusto la mio biologia a quella particolare credenza. Come col cancro terminale, se credo a quello che i medici mi dicono, lo loro diventa una vera e propria predizione. Se dicono che ho il cancro terminale e sono d’accordo, allora essenzialmente morirò quando, a detta loro, accadrà. Quali sono le persone che non lo fanno? I casi di “remissione spontanea.” Almeno una persona, scommetto, non ha “comprato” quella diagnosi. E la sola ragione per la quale ne sono usciti è che avevano un altro sistema di credenze completamente diverso, e quindi sono stati capaci di cambiarlo.

BS: Come possiamo cambiare le nostre percezioni o credenze fino a quel punto?

BL: La prima cosa è acquisire le nuove percezioni

di come funziona la vita. Lasciare andare o riconsiderare le percezioni con le quali ci siamo formati, che, inevitabilmente, sono vittimizzanti: sono fragile, l’ambiente mi può attaccare, lo zucchero fa male. Queste sono credenze acquisite. Ma la questione è, sono veramente vereSono vere se questo è ciò che credi, dal momento che la percezione governa la biologia. Se sono programmato dalla percezione che lo zucchero è dannoso alla mia biologia e lo mangio, allora essendone a conoscenza intossico il mio sistema con la credenza, non con lo zucchero. La maggior parte di queste percezioni si manifestano come credenze limitanti o auto-sabotanti su quello che possiamo o non possiamo fare. Come l’auto-guarigione. La tendenza è, no, non ti puoi guarire da solo, devi andare da qualcun altro che ti guarirà. Santo cielo! Dopo parecchi miliardi di anni di evoluzione, il sistema fu progettato per auto-guarirsi. Per quanti milioni di anni gli esseri umani hanno fatto senza medici? Perché abbiamo bisogno di così tanti medici ora? Perché la percezione è che siamo deboli e fragili, ed abbiamo bisogno del loro aiuto. Bene, questa è una percezione. Quando eliminiamo questa percezione ed iniziamo ad immettere nuove percezioni, allora cambiamo la risposta della nostra biologia al mondo che ci circonda.

Man mano che cambiamo le nostre percezioni, cambiamo le nostre risposte. Le percezioni con le quali operi – ti danno sostegno o te lo tolgono? Ti rendono più forte o più debole?

“Ognuno di noi ha le potenzialità per creare

una vita piena di salute,

felicità e amore.

Anche tu puoi cambiare ed essere non più vittima,

ma creatore!”

Queste percezioni sono nel subconscio, che controlla il 95 per cento della nostra vita. E, quando lo fa, lo fa senza che noi ce ne accorgiamo. Non vediamo di fatto i programmi che sono automatici. Funzionano perché il conscio è occupato, ed i programmi automatici ne prendono il posto. Quando il conscio è occupato a fare qualcosa, non sta osservando se stesso. Ci sono due fattori che ci aiutano a capire questo. Uno, la mente cosciente opera con un processore da 40 bit, che significa che può interpretare ed elaborare 40 bit di stimoli nervosi – un bit è uno stimolo nervoso – al secondo. Il che significa che entrano 40 stimoli al secondo e la mente cosciente li discerne e li capisce. La mente subconscia in quello stesso secondo sta elaborando 40 milioni di bit. Da rilevare: se confronto l’elaborazione della mente conscia con quella subconscia, la subconscia è un milione di volte più potente nell’elaborare informazioni. Elemento numero due: i neuroscienziati cognitivi dicono che il 5 per cento del nostro comportamento giornaliero è controllato dalla nostra mente cosciente ed il 95 per cento dal programma subconscio. Perciò nella nostra esistenza quotidiana, la mente subconscia è la fonte più potente della nostra biologia. La mente subconscia è un nastro registratore. Non c’è nessuno lì. È praticamente un congegno di stimolo-risposta. Non c’è bisogno di esserne coscienti. Voi ve ne andate in giro per il mondo, e farà quello che deve fare senza che dobbiate pensarci.

Quando la mente cosciente è occupata, non sta osservando il subconscio. Ed il subconscio è composto dai programmi fondamentali che abbiamo ricevuto dagli altri nei primi sei anni. Mentre si vive la vita con le nostre intenzioni e i desideri della mente cosciente, il 95 per cento del comportamento viene dalla mente subconscia, che è stata programmata da altri.

E la maggior parte di tale programmazione è veramente limitante. Non ti puoi guarire da solo, non sei abbastanza intelligente, non ti meriti le cose buone, non sei bravo in disegno o quello che è. Queste affermazioni diventano programmi subconsci, che si attivano quando non faccio attenzione. La mente cosciente nella maggioranza è occupata a pensare al futuro o al passato. E se il conscio è occupato in questo, nel momento presente, si è veramente guidati dal subconscio. Il vostro cosciente è occupato a cercare di pensare: “Mi merito un aumento e di certo dovrei salire di grado in questa ditta.” Mentre lo fate di certo, state operando dal subconscio, e quello ha un programma che afferma che non vi meritate le cose. Qual è allora l’espressione del vostro comportamento? Il comportamento che è coerente con “Non mi merito.” Ciò significa che farete degli errori o altro che renderanno legittimo che non vi meritiate le cose. Non ve ne rendete conto perché non l’avete visto all’opera, e diventate frustrati riguardo la vostra vita perché ci provate così tanto ad avere successo e non andate mai da nessuna parte. E poi, ovviamente, la tendenza è, non sei tu, è il mondo ad ostacolarti. La grande e bizzarra sorpresa è che il mondo vi darà qualsiasi cosa. E’ il vostro stesso sé che è d’intralcio.

BS: Come facciamo a vincere l’opposizione della nostra programmazione subconscia?

BL: Diventane cosciente. Ci sono un paio di modi di farlo. Il modo più antico è quello dell’attenzione Buddhista. Se sei cosciente di essere qui in questo momento, mentre fai questo stupido errore, osservi l’errore, e potresti rimediarlo. La consapevolezza,però, è una cosa molto difficile da addestrare, ed è anche un processore da 40 bit che cerca di far funzionare completamente il processore da 40 milioni di bit. Perciò, per la maggior parte della gente è una procedura molto difficile perché le loro vite sono così indaffarate e sono talmente occupati che non riescono a prendere atto di ciò.

L’altro modo è, puoi ritornarci dentro e riscrivere il programma, ma ci sono due cose che devi fare:

A) Identificare il programma, e
B) Eseguire una procedura per riscriverlo.

Quello che riflette è qualcosa alla quale la maggior parte della gente non ha fatto attenzione e è da dove vengono la maggior parte dei problemi. Pensano che possono semplicemente parlare alla mente subconscia e che questo la migliorerà. Ma la mente subconscia è un nastro registratore. Mettete un nastro nel vostro mangiacassette, accendetelo, e poi ditegli di riprodurre qualcosa di diverso. Il fatto è, che lì, non c’è nessuno. Non farà niente. Ed il potere del pensiero positivo – la maggior parte della gente dice, il potere del pensiero positivo! Provalo! E quando non funziona si sentono peggio perché non possono neanche fare quello. Perché non funziona? Perché se il programma subconscio non è allineato con la direzione conscia, allora si ha un programma che funziona su un processore di 40 milioni di bit 95 per cento del tempo, che vi tira giù mentre voi impiegate il 5 per cento del vostro tempo nella vostra immaginazione pensando pensieri positivi, mentre il vostro subconscio sta conducendo lo spettacolo e sabotandovi proprio nel bel mezzo dei vostri pensieri positivi.

Il pensiero positivo funziona solo se le credenze nel subconscio sono in linea con esso, o se siete completamente attenti. Se siete totalmente attenti ed usate quel desiderio di essere positivi e far funzionare le cose, allora vi accorgerete quando il vostro subconscio sta facendo andare un nastro e voi potete cancellarlo. Ma se non siete attenti e pensate solo pensieri positivi, allora non state conducendo lo spettacolo. Da qui vengono i conflitti. E, ovviamente, se voi foste così positivi nella vostra mente e pensaste che state conducendo lo spettacolo e pensando che non funzioni, ovviamente il mondo vi è contro. No, il mondo non vi è contro, sono i programmi limitanti ed auto-sabotanti che acquisiamo in gioventù. Qui è dove dobbiamo azzerarci.

di Bruce H. Lipton 

Fonte: scienza e conoscenza/scienza/lipton biologia credenze

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