DISTRESS E SOMATIZZAZIONE

stress

Cosa significa somatizzazione? Parliamo di somatizzazione quando i nostri organi assorbono l’emozione negativa non elaborata. Quindi non è altro che lo spostamento dei sintomi psichici sul corpo. L’energia emozionale, invece di essere percepita e vissuta, viene deviata su di un organo o apparato. L’organo risente con modalità diverse a queste sollecitazioni arrivando a variazioni della sua funzione come avviene nelle reazioni psicosomatiche fino ad una vera e propria alterazione della sua struttura e quindi alla malattia, come nelle vere e proprie malattie psicosomatiche.

Le difese contro il distress ( stress negativo ) si manifestano a vari livelli. Il primo stato è l’emozione ed il pensiero; il secondo sono le reazioni corporee scatenate dal sistema neurovegetativo ed il terzo ed ultimo stato le alterazioni del sistema endocrino ed immunitario.

Quindi, se una persona vive una situazione di distress giornaliero, innesca per primo il suo filtro emotivo e cognitivo che si manifesta con disperazione, pianto, richiesta d’aiuto ecc. Contemporaneamente ragiona sulla possibile via di d’uscita che non viene trovata, per paura, insicurezza ecc.. A questo punto si innesca il filtro neurovegetativo. L’individuo comincia a manifestare disturbi psicosomatici come aritmie cardiache, pressione alta, disturbi addominali ecc. Tutto questo dovrebbe portare a prendere una decisione.
Ma nulla viene modificato. Se il tempo di sovraccarico perdura troppo il sistema neurovegetativo arriva al suo esaurimento  e quindi subentra il terzo stadio che è quello immunitario dove la persona arriva a manifestare vere e proprie malattie psicosomatiche coma la psoriasi, le malattie autoimmunitarie (tiroiditi,diabete,artite reumatoide ecc.).

Malessere significa “cattiva vita”. L’individuio vorrebbe andare in una direzione ed invece ne segue un’altra; vorrebbe stare fermo ed invece corre; vorrebbe urlare e ribellarsi invece tace ed abbassa la testa. Questa “mala vita” diventa lacerante ed innesca un conflitto che blocca. L’enorme carico non risolto trova attraverso l’espressione del corpo un modo per manifestare il disagio. Esprime attraverso i sintomi il malessere che altrimenti resterebbbe muto.

Può fare questo scegliendo un organo detto “organo bersaglio”: la pelle, l’intestino, il cuore, il fegato, i polmoni ecc. L’organo bersaglio viene selezionato in base a due fattori: la debolezza ed il simbolo. Spesso viene scelto l’organo più sensibile che è geneticamente predisposto o che ha già subito attacchi nel corso della vita, ma viene anche scelto l’organo che rappresenta simbolicamente la funzione della persona dove alberga il trauma stressogeno.

L’organo come simbolo può essere descritto come una finestra aperta sulla dimensione profonda della vita psichica. Si possono dividere gli organi in tre categorie.

Organi Recettivi: ne fanno parte l’apparato digerente e respiratorio che prendono cibo ed aria dall’esterno e poi restituiscono le scorie. Ogni volta che ci troviamo a valutare segnali su questi organi si può pensare ad un problema legato a ciò che l’individuo ha mangiato o respirato, ossia ha dovuto accettare dai componenti della sua vita familiare o sociale. Qui ci orientiamo su problematiche legate alle relazioni

Organi Discriminativi: ne fanno parte l’apparato nervoso, cutaneo ed immunitario, che discriminano le cose buone da quelle cattive, selezionano , riconoscono ciò che è proprio. Un disturbo su questi apparati può far pensare ad una problematica legata alla valutazione di cosa tenere e cosa lasciare , rispetto a quello che giunge da fuori, dal mondo delle relazioni sociali. Qui ci orientiamo su problemi legati all’identità.

Organi Operativi: ne fanno parte l’apparato osseo e tendineo e l’apparato muscolare. Tali apparati servono a muoversi e a raggiungere obiettivi. Ogni volta che ci troviamo di fronte a disturbi di questi sistemi possiamo considerare un conflitto verso la dimensione di operare in modo concreto. Ci orientiamo su problemi legati alle realizzazioni.

I disturbi fisici necessitano cure e controlli periodici dato che sono cronici. In contemporanea si deve prendere cura dell’aspetto depressivo che scatena la somatizzazione. Nella somatizzazione è contenuto un conflitto che lacera: è importante trovarlo, andando a ritroso nella situazione che ha scatenato i sintomi.

Perché si possa parlare di vero e proprio disturbo di somatizzazione, secondo la definizione del DSM, i sintomi devono comprendere almeno 4 che riguardano il dolore, due gastrointestinali, uno sessuale e un sintomo pseudoneurologico (es. vertigine). Per tutti questi sintomi fisici  e no si può trovare una spiegazione medica, un’origine fisiologica del problema. Tutto è da inquadrare nell’ambito della sfera psichica del paziente. A volte la somatizzazione è accompagnata da sintomi di ansia e depressione, sia endogena che reattiva.

Attraverso la metodica Vega test expert plus è possibile determinare ed affrontare i sintomi che si presentano sia sul piano fisico, determinando organo od apparato in sovraccarico, sia a livello emozionale per valutare causa più profonda che affonda le radici nel vissuto del paziente.

Dott. Mauro Piccini

CHIARA CORRELAZIONE TRA MICROBIOTA INTESTINALE E SISTEMA IMMUNITARIO

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Riporto l’intervista ad un bravissimo ricercatore e carissimo amico, Simone Guglielmetti

Oggi è noto come il microbiota determini la risposta immunitaria dell’ospite, ma per un approccio terapeutico personalizzato sono ancora necessari studi e conferme. Ne abbiamo parlato con Simone Guglielmetti, microbiologo che studia i probiotici e il ruolo dei batteri intestinali nei processi nutrizionali, presso il DeFens, il dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione, l’ambiente dell’Università di Milano.

Da cosa è determinata la composizione del microbiota intestinale?
Il microbiota è determinato da alimentazione, fattori connessi all’ambiente in cui siamo nati (tipo di parto, microbiota della madre) o genetici ed è quindi profondamente diverso da una persona all’altra. Si giustificano quindi le differenze nella predisposizione alle malattie in rapporto all’alimentazione e si spiega l’esigenza di un approccio di cura personalizzato.

Quindi si fanno strada nuovi target terapeutici?
Potenzialmente, modificando i batteri presenti nell’intestino o in altri distretti corporei (per esempio bocca, pelle, mucosa vaginale) possiamo intervenire su una patologia; è ciò che si cerca di fare con il trapianto di microbiota fecale, efficace nella cura delle infezioni ricorrenti da Clostridium difficile. È però un intervento aspecifico, che porta con sé potenziali rischi perché non si sa quanto il microbiota trapiantato sia adatto al metabolismo del ricevente. La produzione industriale di ceppi batterici specifici da trapiantare invece, anche se solo all’inizio, è una via promettente perché riduce le variabili.

Cosa può impedire la maturazione del sistema immunitario?
L’esposizione ad antibiotici nei primi periodi di vita correla con l’impossibilità per il sistema immunitario di svilupparsi e maturare correttamente. Alterare il microbiota in quelle età porta più facilmente a squilibri metabolici in età successiva. L’associazione oggi è chiara con la sindrome metabolica, che può causare obesità e diabete.

Cosa si sa oggi dell’interazione fra microbiota intestinale e dieta?
Il microbiota intestinale fermenta i carboidrati (l’amido, le fibre alimentari in generale, ma anche prodotti delle cellule intestinali umane come la mucina o i glicosfingolipidi) producendo acidi a corta catena fra cui gli acidi acetico, butirrico, propionico, che sono i più rappresentati in un intestino sano. Il loro livello però può essere alterato negli stati patologici caratterizzati da disbiosi intestinale, cioè da una alterazione dei microrganismi del microbiota. La carenza di acido butirrico, fondamentale per l’omeostasi intestinale e per innescare una risposta corretta del sistema immunitario, fin dall’infanzia, è legata a processi di sviluppo di cancro al colon retto, ma anche allo sviluppo di IBD (Inflammatory Bowel Disease), e nello specifico a morbo di Crohn e colite ulcerosa, caratterizzati da uno squilibrio a favore, ad esempio, di acido succinico, che è pro-infiammatorio.

Cosa succede con gli altri macronutrienti?
Per esempio, le attività enzimatiche di alcuni batteri a carico delle proteine portano alla produzione di amine biogene o trimetilammina a partire da colina o carnitina; la trimetilammina convertita in ossido di trimetilammina (TMAO) può innescare processi di aterosclerosi. Sotto dieta grassa invece, in presenza di batteri con una marcata attività 7-alfa-deidrossilasica, l’acido colico, che un acido biliare primario, viene convertito in acido desossicolico (DCA), il quale può attivare un processo tumorale a carico delle cellule stellate epatiche.

DA NUTRIZIONE 33

LE SFIDE DELL’OMEOPATIA IN ONCOLOGIA INTEGRATA

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 Moshe Frenkel pubblica un articolo sulla rivista Current Oncology Reports dove cerca di rispondere alle domande più frequenti sul ruolo dell’omeopatia in oncologia integrata. Nel primo quesito, l’efficacia clinica, prendono in considerazione il ben noto studio australiano contro l’omeopatia e quello svizzero del 2011 nel quale invece l’efficacia generale delle terapie omeopatiche risulta evidente (20 su 22 revisioni sistematiche in favore). Per l’item “esperienza clinica” vengono riportate quelle della Prasanta Banerji Homeopathic Research Foundation (PBHRF) a Kolkata, India. In questo ambito sono stati esaminati 17.324 pazienti con tumori maligni trattati tra il 1990 e il 2005: nel 19% la patologia è completamente regredita dopo il trattamento omeopatico, mentre il 21% è rimasto stabile; un altro studio condotto sempre da ricercatori PBHRF all’Anderson Cancer Center in Texas ha descritto 15 pazienti con diagnosi di tumori intracranici trattati esclusivamente con i rimedi omeopatici, Ruta graveolens 6CH e Calcarea phosphorica 3X, senza chemio- o radioterapia supplementare: 6 su 7 hanno avuto regressione completa. In tema di “sicurezza”, studi a lungo termine (8 anni) su 3.709 pazienti ed una review del 2009 su otto trial controllati (per complessivamente 664 pazienti) non hanno documentato effetti avversi, anzi è emerso un dato di efficacia sulla stomatite da chemio- e radioterapia. Infine il dato degli studi preclinici in vitro su linee di cellule tumorali (fegato, prostata, cervello, rene, colon, etc.) riporta dati positivi per rimedi omeopatici quali Ruta, Phosphorus, Thuja, Phytolacca, Sabal serrulata e Carcinosinum anche a diluizioni ultra-low. L’Autore conclude che dalle evidenze riportate risulterebbe utile un approfondimento, tenuto conto anche che il ricorso all’omeopatia da parte dei pazienti oncologici è in ulteriore espansione.
Di Rosaria Ferreri

Curr Oncol Rep, 2015, 17, (43)

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ARTROSI E FIBROMIALGIA: QUANDO I DOLORI NASCONO NELLA PSICHE

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Il problema mente-corpo: quando i dolori nascono nella psiche.

Il nostro scheletro è un’impalcatura che ci dà una forma compiuta ma è anche un organo che, più degli altri, richiama la nostra realtà materiale. Gli antichi pensavano che l’osso fosse il simbolo della materializzazione dell’energia in quanto la luce che lo colpiva veniva arrestata e non si poteva più propagare. L’osso è anche il simbolo della rigenerazione; si pensi al midollo osseo in esso contenuto, dove l’energia plasmatrice ha bisogno della materia per potersi rinnovare.

Il termine reumatismo possiede, poi, un significato enigmatico (dolore che scorre), come a indicare le modificazioni costanti, fisiche e psicologiche, che avvengono con lo scorrere degli anni.

Tante teorie e tante cure hanno fatto il loro tempo, a partire da quella dei “foci settici” a livello di denti, tonsille e appendice per cui, per oltre trent’anni la tonsillectomia e l’appendicectomia preventive, hanno mutilato milioni di individui senza apportare reali benefìci, oppure alle ripetute operazioni di ernia del disco, sempre pensate ma mai state veramente risolutive.

Il famoso “colpo della strega“, occorso durante un minimo piegamento per lavarsi i denti o raccogliere un oggetto da terra, battezzato dai raggi X come alterazioni degenerative e discopatia, come si deve considerare quando il soggetto, passato il dolore, riprende a camminare, giocare a tennis e saltare? Se facessimo una nuova radiografia alla stessa persona in condizioni di benessere, risulterebbe la stessa diagnosi.

Ma qualcosa cambia nella mente delle persone, che va dal sentirsi malato al sentirsi sano e in forma, pur con la stessa colonna vertebrale. Dimenticheremmo tutto il sistema muscolare che con lo scheletro è intimamente collegato. Infatti la rigidità del collo, delle spalle, del rachide, richiama spesso un altro tipo di rigidità, morale, sentimentale, d’azione.

Secondo lo psicanalista americano F. Alexander, uno dei fondatori della medicina psicosomatica, le persone che soffrono di dolori articolari, sono frequentemente molto esigenti nei confronti di se stesse e dei propri familiari. A volte appaiono agli altri molto flessibili, ma la loro docilità è dettata dalla paura di fronte a persone autoritarie o che impersonano l’autorità. Spesso sono presenti in queste persone, sentimenti di collera o di ribellione, tenuti sotto controllo ma espressi dal corpo.

Nel caso dei reumatismi, il corpo appare come congelato, sperimentando un disagio o una difficoltà di adeguarsi a una situazione vissuta come angosciante o problematica.

Nel mal di schiena il nostro corpo tende a piegarsi sotto il peso di un’umiliazione, generalmente affettiva come per la fatica di sopportare fardelli troppo pesanti e compensati, ad esempio, da una marcata rigidità, nelle cervicalgie.

Per questi motivi, non tutti i gomiti del tennista sono conseguenti a sollecitazioni fisiche eccessive o tutte le cervicalgie e lombalgie risiedono sempre in una discopatia.

Nella fibromialgia, ad esempio, il dolore non deriva da uno specifico danno d’organo. Esso rappresenta un meccanismo di difesa che serve a scongiurare danni più gravi alla salute psicoemotiva dell’individuo, proteggendolo dal portare avanti meccanismi autodistruttivi. Infatti, una rabbia cronica inespressa e non canalizzata su sintomi fisici, può interferire anche con la sopravvivenza stessa dell’individuo.

Nella fibromialgia i sintomi nascono come reazione al male di vivere, similmente a quelli della sindrome da fatica cronica. Si ritrova solo in persone (prevalentemente donne) che vivono in società ad alta competizione e chi la sperimenta, raramente è cosciente della relazione tra la propria insoddisfazione, la rabbia e il sintomo dolore. Esiste un’impotenza di non poter scegliere la propria vita, di viverla senza esserne protagonisti, esacerbando la propria vulnerabilità.

Consapevoli della loro fragilità, i fibromialgici vagano da un ambulatorio all’altro, convinti di trovare una cura che, magicamente, faccia scomparire i dolori e, ovviamente, non trovano quello che cercano poiché i medici non hanno il coraggio di dire loro la verità, preferendo trattarli con antidolorifici, miorilassanti o antidepressivi.

Molte donne che hanno cominciato la loro vita in contesti depressogeni, anaffettivi e ansiogeni, presentano una particolare vulnerabilità e, nei momenti di stress cronico, di invischiamento affettivo, di eccesso di senso di responsabilità, cadono nel circolo vizioso della fibromialgia.

Questo stress interiore cronico, con il quale i fibromialgici convivono, finisce per alterare anche gli stessi neurotrasmettitori cerebrali con ripercussioni negative anche nei meccanismi del sonno.

Le loro storie parlano, spesso, di disagi affettivi nella famiglia di origine, di incomprensioni nel mondo del lavoro e degli affetti, sentendosi spesso vittime di prevaricazioni e ingiustizie da parte del prossimo. Per questo motivo, questi pazienti hanno tanto bisogno di aiuto emotivo quanto poca necessità dei farmaci.

I soggetti affetti da artrite reumatoide, poi, presentano simili tratti della personalità. Spesso si trovano in uno stato di tormento interiore; è probabile che siano eccessivamente coscienti della malattia, timorosi della critica, depressi e con una cattiva immagine di se stessi. In definitiva, anche questi soggetti hanno tanta rabbia repressa.

Ad esempio, i bambini che presentano un’artrite reumatoide giovanile, hanno spesso una storia di disagi familiari con divorzi traumatici dei genitori o la morte di uno di essi. Il fattore reumatoide presente nel sangue, infatti, non è predittivo sicuramente della malattia, ma devono concorrere altri fattori, soprattutto psicologici, per determinarla.

Anche in queste malattie le donne sono affette quattro volte più degli uomini, vivendo in un mondo dove manifestare la propria indole o disinibizione risulta sconveniente e moralmente sanzionabile.

Già da piccole si insegna alle bambine a tenere a freno la propria aggressività rispetto a quello che si fa con i maschietti.

Queste considerazioni sono tanto più importanti in una visione psicosomatica dove il corpo interagisce continuamente con la psiche e, forse, riescono a spiegare molto più di tante radiografie.

Tratto da “Curare i reumatismi con Metodi Naturali” di Paolo Giordo

LA FLORA BATTERICA INTESTINALE FA BENE ALLO SVILUPPO DEL CERVELLO

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Vi trasmetto questo articolo tratto dal Congresso Sip – Società Italiana di Psichiatria – dove si evince l’importanza dei probiotici nell’asse intestino cervello e la disbiosi come fattore neuroinfiammatorio.

Congresso Sip. “Psicobiotica”: la flora batterica fa bene allo sviluppo del cervello

Lo studio che annuncia la correlazione benefica tra flora batterica e cervello è stato presentato aggi nella giornata conclusiva del 47° Congresso Sip a Giardini Naxos. Le funzionalità e la prontezza del cervello dipendono dalla buona composizione della flora batterica intestinale.

15 OTT – Inizia l’era della “psicobiotica”. Intestino e cervello vanno di pari passo; se la flora batterica che alberga nell’intestino ha una buona composizione, il cervello si svilupperà in modo perfetto, sia durante la vita fetale, che nell’infanzia. I risultati dello studio che ha portato a questa scoperta sono stati presentati nell’ultima giornata del 47° Congresso della Società italiana di psichiatria (Sip) a Giardini Naxos da John F. Cryan, neuroscienziato della University College Cork. La “psicobiotica”, dunque, analizza il rapporto tra i microorganismi che vivono nel nostro corpo, quelli intestinali in particolare, e i disturbi mentali. Questo inedito legame è ricchissimo di implicazioni, sia a livello terapeutico che preventivo. Secondo lo studio il rapporto tra microbioma intestinale e psiche sarebbe dovuto al fatto che i batteri presenti nell’intestino, producendo molto Dna, sintetizzano molecole che, per un complesso meccanismo di mediazione immunitario, ormonale e neurale, modulano lo sviluppo del cervello sia nella vita fetale sia dopo. La novità sta proprio nell’aver chiarito in buona parte in cosa consiste questo meccanismo. Scoprendo  anche correlazioni con l’autismo nei bambini.

  “Con questa scoperta si aprono possibilità interessantissime e rivoluzionarie dal punto di vista clinico, afferma Giovanni Biggio, Ordinario di Farmacologia all’università di Cagliari -. Parliamo infatti di poter trattare, in un prossimo futuro, i disturbi cerebrali e mentali modificando la flora batterica intestinale. Sembra fantascienza, ma è la conseguenza diretta di evidenze scientifiche. Per esempio si può ipotizzare di usare probiotici mirati in funzione antidepressiva. Ma da questa scoperta derivano anche preziose indicazioni per prevenire molti problemi nervosi e mentali. Si pensi che, alla nascita, il microbioma intestinale del neonato viene stabilito dalla flora del canale vaginale della madre con la quale viene a contatto”. Quindi, spiega Biggio, ecco una prima considerazione: “attenzione all’equilibrio di questa flora vaginale, perché se è alterata risulterà alterato anche quella intestinale del bambino, con conseguenze anche sul cervello e sulla psiche. Infine, ecco un’ulteriore ragione per affermare che il parto naturale è migliore di quello cesareo, in cui questo contatto è assente, con conseguenze che sono tutte da studiare. Inoltre questa scoperta prova, se mai ce ne fosse bisogno, che bisogna stare molto attenti con gli antibiotici in alte dosi e somministrazioni prolungate: distruggendo la flora intestinale potrebbero provocare o disturbi anche cerebrali, psichici”, conclude Biggio.

“I recenti studi in questo campo – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente del Congresso – confermano la necessità di porre particolare attenzione in gravidanza allo stress e agli stili di vita negativi (alcol tabacco e droghe). Anche l’alimentazione può influenzare in senso positivo negativo la comparsa di una depressione perinatale e il successivo sviluppo cerebrale del nascituro e poi del bambino. Aspetti legati all’alimentazione possono aumentare la resilienza, ridurre lo stress. Le ricerche sul ruolo della flora intestinale sui comportamenti umani, in particolare sull’ansia e sulle paure, stanno evidenziando delle nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili”.

“Secondo l’American Psychological Association (APA) – precisa Eugenio Aguglia, presidente del comitato scientifico locale del Congresso SIP e direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Catania – i batteri intestinali producono una vasta gamma di sostanze neurochimiche che il cervello utilizza per la regolazione dei processi fisiologici e mentali, compresa la memoria, l’apprendimento e l’umore. Infatti il 95% della fornitura al corpo di serotonina è prodotto dai batteri intestinali. Ma non solo. Nel 2013, uno studio condotto da ricercatori della Arizona State University – prosegue Aguglia – ha scoperto che i bambini con autismo possedevano livelli più bassi di tre tipi di batteri intestinali (Prevotella, Coprococcus e Veillonellaceae) rispetto ai bambini liberi dalla condizione. Uno studio più recente dello stesso team ha scoperto che le concentrazioni di sostanze chimiche specifiche prodotte da batteri intestinali – i metaboliti – in campioni fecali di bambini con autismo, differivano per le concentrazioni da quelle rilevate nei bambini senza il disordine. Proprio questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che i microbi intestinali alterano i metaboliti associati con la comunicazione tra l’intestino e il cervello e interferiscono con le funzioni cerebrali”, conclude.
Marzia Capos

PATOLOGIE NEUROLOGICHE: IL FUTURO PORTERÀ AD UNA DIAGNOSI PRECOCE

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L’ Associazione Nazionale Malati Reumatici ANMAR ha indetto per il prossimo 11 Ottobre la giornata mondiale dedicata ad artrite reumatoide e fibromialgia. L’evento mira a rendere consapevole l’ascoltatore sull’ importanza dell’alimentazione per la cura delle suddette patologie reumatiche.

In particolare con il termine artrite reumatoide si intende una malattia autoimmune di origine infiammatoria che colpisce nel nostro Paese circa 300 mila persone. La patologia può provocare deformazione e dolore che possono portare fino alla perdita della funzionalità articolare. Laura Bazzichi, responsabile dell’Ambulatorio di Fibromialgia e Fatica Cronica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana sottolinea che: “Nelle persone che soffrono di questa malattia l’obiettivo principale è la riduzione di peso e la modificazione nella composizione dei pasti”, ed afferma, inoltre, che “Le diete a bassa immunogeneticità, come ad esempio la vegana libera da glutine, sembrano ridurre l’immunoreattività nei confronti di antigeni contenuti nei cibi”.

Si dovrebbero preferire a tavola cibi freschi e si dovrebbero evitare cibi conservati dei fast food. Gli esperti consigliano di seguire la dieta mediterranea che è in grado di ridurre il dolore e la rigidità articolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide possedendo caratteristiche antinfiammatorie, antiossidanti e protettive del sistema cardiovascolare.

Per quanto concerne la fibromialgia, una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso e stanchezza che affligge circa un milione di italiani, anche in questo caso una alimentazione accurata apporta notevoli benefici. A tal proposito sempre Laura Bazzichi sostiene che: ”Il paziente affetto da fibromialgia è spesso sovrappeso o obeso, e questa condizione aumenta il dolore, la stanchezza, peggiora la qualità del sonno e aumenta i disturbi dell’umore”. Il consiglio principale dell’esperta è quello di rendere la dieta ricca di frutta e verdura, soprattutto cruda, che aumenta l’introito di vitamine e sali minerali, una protezione per questi pazienti carenti di difese antiossidanti. Indagini effettuate su un gruppo di soggetti con fibromialgia hanno dimostrato che seguire una dieta vegetariana diminuisca l’impatto della patologia sulla vita del paziente del 46% (punteggi FIQ) dopo 7 mesi di dieta e del 33% dopo soli 60 giorni. Infine dopo 7 mesi di dieta vegetariana il soggetto mostra  in termini di vitalità, salute generale, ruolo emotivo e salute mentale (scale dell’SF36) una qualità di vita identica a quello dell’individuo sano.

Concludendo, appare evidente il fondamentale ruolo dell’alimentazione e appare ben chiaro come già a tavola si possano alleviare i sintomi delle patologie reumatiche, contribuendo anche a colmare le carenze che si verificano in seguito alle terapie.

La fonte: La Stampa

Il trattamento di queste patologie mediante agopuntura, mesoterapia e neuralterapia trova soluzioni positive nel ridurre la sintomatologia e l’utilizzo de farmaci. Fermo restando che un approccio funzionale che tende ad eliminare  i fattori di disturbo alimentari e non rimane fondamentale.

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