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Riporto l’intervista ad un bravissimo ricercatore e carissimo amico, Simone Guglielmetti

Oggi è noto come il microbiota determini la risposta immunitaria dell’ospite, ma per un approccio terapeutico personalizzato sono ancora necessari studi e conferme. Ne abbiamo parlato con Simone Guglielmetti, microbiologo che studia i probiotici e il ruolo dei batteri intestinali nei processi nutrizionali, presso il DeFens, il dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione, l’ambiente dell’Università di Milano.

Da cosa è determinata la composizione del microbiota intestinale?
Il microbiota è determinato da alimentazione, fattori connessi all’ambiente in cui siamo nati (tipo di parto, microbiota della madre) o genetici ed è quindi profondamente diverso da una persona all’altra. Si giustificano quindi le differenze nella predisposizione alle malattie in rapporto all’alimentazione e si spiega l’esigenza di un approccio di cura personalizzato.

Quindi si fanno strada nuovi target terapeutici?
Potenzialmente, modificando i batteri presenti nell’intestino o in altri distretti corporei (per esempio bocca, pelle, mucosa vaginale) possiamo intervenire su una patologia; è ciò che si cerca di fare con il trapianto di microbiota fecale, efficace nella cura delle infezioni ricorrenti da Clostridium difficile. È però un intervento aspecifico, che porta con sé potenziali rischi perché non si sa quanto il microbiota trapiantato sia adatto al metabolismo del ricevente. La produzione industriale di ceppi batterici specifici da trapiantare invece, anche se solo all’inizio, è una via promettente perché riduce le variabili.

Cosa può impedire la maturazione del sistema immunitario?
L’esposizione ad antibiotici nei primi periodi di vita correla con l’impossibilità per il sistema immunitario di svilupparsi e maturare correttamente. Alterare il microbiota in quelle età porta più facilmente a squilibri metabolici in età successiva. L’associazione oggi è chiara con la sindrome metabolica, che può causare obesità e diabete.

Cosa si sa oggi dell’interazione fra microbiota intestinale e dieta?
Il microbiota intestinale fermenta i carboidrati (l’amido, le fibre alimentari in generale, ma anche prodotti delle cellule intestinali umane come la mucina o i glicosfingolipidi) producendo acidi a corta catena fra cui gli acidi acetico, butirrico, propionico, che sono i più rappresentati in un intestino sano. Il loro livello però può essere alterato negli stati patologici caratterizzati da disbiosi intestinale, cioè da una alterazione dei microrganismi del microbiota. La carenza di acido butirrico, fondamentale per l’omeostasi intestinale e per innescare una risposta corretta del sistema immunitario, fin dall’infanzia, è legata a processi di sviluppo di cancro al colon retto, ma anche allo sviluppo di IBD (Inflammatory Bowel Disease), e nello specifico a morbo di Crohn e colite ulcerosa, caratterizzati da uno squilibrio a favore, ad esempio, di acido succinico, che è pro-infiammatorio.

Cosa succede con gli altri macronutrienti?
Per esempio, le attività enzimatiche di alcuni batteri a carico delle proteine portano alla produzione di amine biogene o trimetilammina a partire da colina o carnitina; la trimetilammina convertita in ossido di trimetilammina (TMAO) può innescare processi di aterosclerosi. Sotto dieta grassa invece, in presenza di batteri con una marcata attività 7-alfa-deidrossilasica, l’acido colico, che un acido biliare primario, viene convertito in acido desossicolico (DCA), il quale può attivare un processo tumorale a carico delle cellule stellate epatiche.

DA NUTRIZIONE 33

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