DOPO I 70 ANNI, LA PRESSIONE UN PO’ ALTA AIUTA A VIVERE MEGLIO E PIU’ A LUNGO

Uno dei disagi più presenti nelle persone avanti negli anni è la mancanza di forza e di energia.

Troppo spesso visito persone di una certa età che prendono farmaci per la pressione alta e che alla misurazione evidenziano valori di 120/70 o anche meno, ottimi valori per un trentenne, ma meno adatti ad un settantacinquenne.

Quando da distesi li faccio sedere, spesso la pressione si abbassa ulteriormente, raggiungendo valori da “bambino”.

Avviene spesso così: tra i 40 e i 60 anni si è iniziato a prendere la pillola (più spesso “le pillole”) per la pressione e queste sono diventate un’abitudine. Quindi in molti casi la pressione va a valori di 130/70 che sono perfetti tra i 40 e i 60 anni, ma negli anni successivi, quando le arterie si induriscono lievemente, gli anziani potrebbero avere bisogno di una pressione arteriosa un po’ più elevata per fare funzionare al meglio il cervello e soprattutto per stare in piedi senza vacillare e cadere.

Le persone con la pressione arteriosa più bassa, talvolta troppo bassa, sono spesso al centro di cadute e di traumi. La rottura del femore o il trauma cranico sono all’ordine del giorno.

Fa bene ricordare che la pressione arteriosa ha delle oscillazioni diurne e notturne importanti. Così, chi di giorno si misura 130/70 rischia di notte di avere 100/60 e di cadere per terra senza accorgersene quando magari si alza dal letto solo per fare pipì…

Da qualche anno, sono finalmente comparsi  alcuni lavori scientifici che evidenziano questo problema, riconoscendo che i valori richiesti per le persone di mezza età possono essere troppo bassi per chi invece ha più di 70 anni, obbligando quindi il medico ad una riflessione che vada oltre la lettura delle “Linee guida” e lo porti a considerare invece la risposta individuale.

Due recentissime ricerche, effettuate da ricercatori italiani, danesi e olandesi, hanno valutato il rischio di mortalità nelle persone di oltre 75 anni, studiando, nella prima ricerca, oltre 1500 persone di una coorte di cittadini milanesi, seguiti per 10 anni (Ogliari G et al, Age Ageing. 2015 Nov;44(6):932-7. doi: 10.1093/ageing/afv141).

In questa ricerca si è documentato che il rapporto tra pressione e mortalità in generale è a forma di “U”, ovvero che chi ha la pressione altissima e chi la ha molto bassa hanno un rischio di mortalità elevato, mentre chi la ha “medio-alta” (o almeno così si crede) ha la migliore possibilità di sopravvivenza.

I dati parlano di un valore di 165/85 come valore ottimale. Si tratta di un “numero” che spesso fa sobbalzare medici e pazienti, ritenendo che sia una pressione troppo elevata, mentre i dati statistici sono molto chiari.

Una pressione medio alta (la stessa che era considerata normale 50 anni fa) è positivamente correlata al prolungamento del benessere e della vita stessa. In altri termini “fa bene…”.

La seconda ricerca, pubblicata sul Journal of American Geriatric Society, definisce invece che quello stesso livello di pressione (165/85) è quello che garantisce per il miglior stato cognitivo negli anziani e che aiuta le persone che abbiano già avuto un declino cognitivo a migliorare le proprie performance intellettive (Ogliari G et al, J Am Geriatr Soc. 2015 Sep;63(9):1741-8. doi: 10.1111/jgs.13616. Epub 2015 Aug 17).

In pratica significa che con quella pressione anche il cervello riceve il giusto nutrimento e funziona meglio.

Sopra i 70 anni quindi, i valori di pressione ( ma lo stesso lo diciamo da anni per il colesterolo) vanno rivisti in modo da facilitare il passaggio dell’ossigeno nel cervello per mantenere elevate le capacità di movimento, l’umore e le capacità intellettive.

Torniamo quindi alla necessità di usare il buon senso nelle prescrizioni e nel considerare ogni persona una persona a sé stante, per potere sempre suggerire il meglio per il benessere e per la qualità e la durata della vita.

In pratica, significa che vanno messi in atto tutti gli accorgimenti che evitino un eccessivo abbattimento della pressione, preferendo ad esempio scelte dietetiche corrette e l’utilizzo di probiotici adatti piuttosto che di farmaci, utilissimi certo, quando si sono esaurite le capacità autonome di riequilibrio.

Inoltre significa che i valori di pressione cui deve aderire una persona di 70 anni e oltre non sono quelli previsti per un trentenne. Significa che ogni medico deve essere cauto nel mantenere valori bassi di pressione o nello spingere un anziano a raggiungerli.

Attilio Speciani

DISTRESS E SOMATIZZAZIONE

Cosa significa somatizzazione? Parliamo di somatizzazione quando i nostri organi assorbono l’emozione negativa non elaborata. Quindi non è altro che lo spostamento dei sintomi psichici sul corpo. L’energia emozionale, invece di essere percepita e vissuta, viene deviata su di un organo o apparato. L’organo risente con modalità diverse a queste sollecitazioni arrivando a variazioni della sua funzione come avviene nelle reazioni psicosomatiche fino ad una vera e propria alterazione della sua struttura e quindi alla malattia, come nelle vere e proprie malattie psicosomatiche.

Le difese contro il distress ( stress negativo ) si manifestano a vari livelli. Il primo stato è l’emozione ed il pensiero; il secondo sono le reazioni corporee scatenate dal sistema neurovegetativo ed il terzo ed ultimo stato le alterazioni del sistema endocrino ed immunitario.

Quindi, se una persona vive una situazione di distress giornaliero, innesca per primo il suo filtro emotivo e cognitivo che si manifesta con disperazione, pianto, richiesta d’aiuto ecc. Contemporaneamente ragiona sulla possibile via di d’uscita che non viene trovata, per paura, insicurezza ecc.. A questo punto si innesca il filtro neurovegetativo. L’individuo comincia a manifestare disturbi psicosomatici come aritmie cardiache, pressione alta, disturbi addominali ecc. Tutto questo dovrebbe portare a prendere una decisione.
Ma nulla viene modificato. Se il tempo di sovraccarico perdura troppo il sistema neurovegetativo arriva al suo esaurimento  e quindi subentra il terzo stadio che è quello immunitario dove la persona arriva a manifestare vere e proprie malattie psicosomatiche coma la psoriasi, le malattie autoimmunitarie (tiroiditi,diabete,artite reumatoide ecc.).

Malessere significa “cattiva vita”. L’individuio vorrebbe andare in una direzione ed invece ne segue un’altra; vorrebbe stare fermo ed invece corre; vorrebbe urlare e ribellarsi invece tace ed abbassa la testa. Questa “mala vita” diventa lacerante ed innesca un conflitto che blocca. L’enorme carico non risolto trova attraverso l’espressione del corpo un modo per manifestare il disagio. Esprime attraverso i sintomi il malessere che altrimenti resterebbbe muto.

Può fare questo scegliendo un organo detto “organo bersaglio”: la pelle, l’intestino, il cuore, il fegato, i polmoni ecc. L’organo bersaglio viene selezionato in base a due fattori: la debolezza ed il simbolo. Spesso viene scelto l’organo più sensibile che è geneticamente predisposto o che ha già subito attacchi nel corso della vita, ma viene anche scelto l’organo che rappresenta simbolicamente la funzione della persona dove alberga il trauma stressogeno.

L’organo come simbolo può essere descritto come una finestra aperta sulla dimensione profonda della vita psichica. Si possono dividere gli organi in tre categorie.

Organi Recettivi: ne fanno parte l’apparato digerente e respiratorio che prendono cibo ed aria dall’esterno e poi restituiscono le scorie. Ogni volta che ci troviamo a valutare segnali su questi organi si può pensare ad un problema legato a ciò che l’individuo ha mangiato o respirato, ossia ha dovuto accettare dai componenti della sua vita familiare o sociale. Qui ci orientiamo su problematiche legate alle relazioni

Organi Discriminativi: ne fanno parte l’apparato nervoso, cutaneo ed immunitario, che discriminano le cose buone da quelle cattive, selezionano , riconoscono ciò che è proprio. Un disturbo su questi apparati può far pensare ad una problematica legata alla valutazione di cosa tenere e cosa lasciare , rispetto a quello che giunge da fuori, dal mondo delle relazioni sociali. Qui ci orientiamo su problemi legati all’identità.

Organi Operativi: ne fanno parte l’apparato osseo e tendineo e l’apparato muscolare. Tali apparati servono a muoversi e a raggiungere obiettivi. Ogni volta che ci troviamo di fronte a disturbi di questi sistemi possiamo considerare un conflitto verso la dimensione di operare in modo concreto. Ci orientiamo su problemi legati alle realizzazioni.

I disturbi fisici necessitano cure e controlli periodici dato che sono cronici. In contemporanea si deve prendere cura dell’aspetto depressivo che scatena la somatizzazione. Nella somatizzazione è contenuto un conflitto che lacera: è importante trovarlo, andando a ritroso nella situazione che ha scatenato i sintomi.

Perché si possa parlare di vero e proprio disturbo di somatizzazione, secondo la definizione del DSM, i sintomi devono comprendere almeno 4 che riguardano il dolore, due gastrointestinali, uno sessuale e un sintomo pseudoneurologico (es. vertigine). Per tutti questi sintomi fisici  e no si può trovare una spiegazione medica, un’origine fisiologica del problema. Tutto è da inquadrare nell’ambito della sfera psichica del paziente. A volte la somatizzazione è accompagnata da sintomi di ansia e depressione, sia endogena che reattiva.

Attraverso la metodica Vega test expert plus è possibile determinare ed affrontare i sintomi che si presentano sia sul piano fisico, determinando organo od apparato in sovraccarico, sia a livello emozionale per valutare causa più profonda che affonda le radici nel vissuto del paziente.

Dott. Mauro Piccini

ARTROSI E FIBROMIALGIA: QUANDO I DOLORI NASCONO NELLA PSICHE

Il problema mente-corpo: quando i dolori nascono nella psiche.

Il nostro scheletro è un’impalcatura che ci dà una forma compiuta ma è anche un organo che, più degli altri, richiama la nostra realtà materiale. Gli antichi pensavano che l’osso fosse il simbolo della materializzazione dell’energia in quanto la luce che lo colpiva veniva arrestata e non si poteva più propagare. L’osso è anche il simbolo della rigenerazione; si pensi al midollo osseo in esso contenuto, dove l’energia plasmatrice ha bisogno della materia per potersi rinnovare.

Il termine reumatismo possiede, poi, un significato enigmatico (dolore che scorre), come a indicare le modificazioni costanti, fisiche e psicologiche, che avvengono con lo scorrere degli anni.

Tante teorie e tante cure hanno fatto il loro tempo, a partire da quella dei “foci settici” a livello di denti, tonsille e appendice per cui, per oltre trent’anni la tonsillectomia e l’appendicectomia preventive, hanno mutilato milioni di individui senza apportare reali benefìci, oppure alle ripetute operazioni di ernia del disco, sempre pensate ma mai state veramente risolutive.

Il famoso “colpo della strega“, occorso durante un minimo piegamento per lavarsi i denti o raccogliere un oggetto da terra, battezzato dai raggi X come alterazioni degenerative e discopatia, come si deve considerare quando il soggetto, passato il dolore, riprende a camminare, giocare a tennis e saltare? Se facessimo una nuova radiografia alla stessa persona in condizioni di benessere, risulterebbe la stessa diagnosi.

Ma qualcosa cambia nella mente delle persone, che va dal sentirsi malato al sentirsi sano e in forma, pur con la stessa colonna vertebrale. Dimenticheremmo tutto il sistema muscolare che con lo scheletro è intimamente collegato. Infatti la rigidità del collo, delle spalle, del rachide, richiama spesso un altro tipo di rigidità, morale, sentimentale, d’azione.

Secondo lo psicanalista americano F. Alexander, uno dei fondatori della medicina psicosomatica, le persone che soffrono di dolori articolari, sono frequentemente molto esigenti nei confronti di se stesse e dei propri familiari. A volte appaiono agli altri molto flessibili, ma la loro docilità è dettata dalla paura di fronte a persone autoritarie o che impersonano l’autorità. Spesso sono presenti in queste persone, sentimenti di collera o di ribellione, tenuti sotto controllo ma espressi dal corpo.

Nel caso dei reumatismi, il corpo appare come congelato, sperimentando un disagio o una difficoltà di adeguarsi a una situazione vissuta come angosciante o problematica.

Nel mal di schiena il nostro corpo tende a piegarsi sotto il peso di un’umiliazione, generalmente affettiva come per la fatica di sopportare fardelli troppo pesanti e compensati, ad esempio, da una marcata rigidità, nelle cervicalgie.

Per questi motivi, non tutti i gomiti del tennista sono conseguenti a sollecitazioni fisiche eccessive o tutte le cervicalgie e lombalgie risiedono sempre in una discopatia.

Nella fibromialgia, ad esempio, il dolore non deriva da uno specifico danno d’organo. Esso rappresenta un meccanismo di difesa che serve a scongiurare danni più gravi alla salute psicoemotiva dell’individuo, proteggendolo dal portare avanti meccanismi autodistruttivi. Infatti, una rabbia cronica inespressa e non canalizzata su sintomi fisici, può interferire anche con la sopravvivenza stessa dell’individuo.

Nella fibromialgia i sintomi nascono come reazione al male di vivere, similmente a quelli della sindrome da fatica cronica. Si ritrova solo in persone (prevalentemente donne) che vivono in società ad alta competizione e chi la sperimenta, raramente è cosciente della relazione tra la propria insoddisfazione, la rabbia e il sintomo dolore. Esiste un’impotenza di non poter scegliere la propria vita, di viverla senza esserne protagonisti, esacerbando la propria vulnerabilità.

Consapevoli della loro fragilità, i fibromialgici vagano da un ambulatorio all’altro, convinti di trovare una cura che, magicamente, faccia scomparire i dolori e, ovviamente, non trovano quello che cercano poiché i medici non hanno il coraggio di dire loro la verità, preferendo trattarli con antidolorifici, miorilassanti o antidepressivi.

Molte donne che hanno cominciato la loro vita in contesti depressogeni, anaffettivi e ansiogeni, presentano una particolare vulnerabilità e, nei momenti di stress cronico, di invischiamento affettivo, di eccesso di senso di responsabilità, cadono nel circolo vizioso della fibromialgia.

Questo stress interiore cronico, con il quale i fibromialgici convivono, finisce per alterare anche gli stessi neurotrasmettitori cerebrali con ripercussioni negative anche nei meccanismi del sonno.

Le loro storie parlano, spesso, di disagi affettivi nella famiglia di origine, di incomprensioni nel mondo del lavoro e degli affetti, sentendosi spesso vittime di prevaricazioni e ingiustizie da parte del prossimo. Per questo motivo, questi pazienti hanno tanto bisogno di aiuto emotivo quanto poca necessità dei farmaci.

I soggetti affetti da artrite reumatoide, poi, presentano simili tratti della personalità. Spesso si trovano in uno stato di tormento interiore; è probabile che siano eccessivamente coscienti della malattia, timorosi della critica, depressi e con una cattiva immagine di se stessi. In definitiva, anche questi soggetti hanno tanta rabbia repressa.

Ad esempio, i bambini che presentano un’artrite reumatoide giovanile, hanno spesso una storia di disagi familiari con divorzi traumatici dei genitori o la morte di uno di essi. Il fattore reumatoide presente nel sangue, infatti, non è predittivo sicuramente della malattia, ma devono concorrere altri fattori, soprattutto psicologici, per determinarla.

Anche in queste malattie le donne sono affette quattro volte più degli uomini, vivendo in un mondo dove manifestare la propria indole o disinibizione risulta sconveniente e moralmente sanzionabile.

Già da piccole si insegna alle bambine a tenere a freno la propria aggressività rispetto a quello che si fa con i maschietti.

Queste considerazioni sono tanto più importanti in una visione psicosomatica dove il corpo interagisce continuamente con la psiche e, forse, riescono a spiegare molto più di tante radiografie.

Tratto da “Curare i reumatismi con Metodi Naturali” di Paolo Giordo

LA FLORA BATTERICA INTESTINALE FA BENE ALLO SVILUPPO DEL CERVELLO

Vi trasmetto questo articolo tratto dal Congresso Sip – Società Italiana di Psichiatria – dove si evince l’importanza dei probiotici nell’asse intestino cervello e la disbiosi come fattore neuroinfiammatorio.

Congresso Sip. “Psicobiotica”: la flora batterica fa bene allo sviluppo del cervello

Lo studio che annuncia la correlazione benefica tra flora batterica e cervello è stato presentato aggi nella giornata conclusiva del 47° Congresso Sip a Giardini Naxos. Le funzionalità e la prontezza del cervello dipendono dalla buona composizione della flora batterica intestinale.

15 OTT – Inizia l’era della “psicobiotica”. Intestino e cervello vanno di pari passo; se la flora batterica che alberga nell’intestino ha una buona composizione, il cervello si svilupperà in modo perfetto, sia durante la vita fetale, che nell’infanzia. I risultati dello studio che ha portato a questa scoperta sono stati presentati nell’ultima giornata del 47° Congresso della Società italiana di psichiatria (Sip) a Giardini Naxos da John F. Cryan, neuroscienziato della University College Cork. La “psicobiotica”, dunque, analizza il rapporto tra i microorganismi che vivono nel nostro corpo, quelli intestinali in particolare, e i disturbi mentali. Questo inedito legame è ricchissimo di implicazioni, sia a livello terapeutico che preventivo. Secondo lo studio il rapporto tra microbioma intestinale e psiche sarebbe dovuto al fatto che i batteri presenti nell’intestino, producendo molto Dna, sintetizzano molecole che, per un complesso meccanismo di mediazione immunitario, ormonale e neurale, modulano lo sviluppo del cervello sia nella vita fetale sia dopo. La novità sta proprio nell’aver chiarito in buona parte in cosa consiste questo meccanismo. Scoprendo  anche correlazioni con l’autismo nei bambini.

  “Con questa scoperta si aprono possibilità interessantissime e rivoluzionarie dal punto di vista clinico, afferma Giovanni Biggio, Ordinario di Farmacologia all’università di Cagliari -. Parliamo infatti di poter trattare, in un prossimo futuro, i disturbi cerebrali e mentali modificando la flora batterica intestinale. Sembra fantascienza, ma è la conseguenza diretta di evidenze scientifiche. Per esempio si può ipotizzare di usare probiotici mirati in funzione antidepressiva. Ma da questa scoperta derivano anche preziose indicazioni per prevenire molti problemi nervosi e mentali. Si pensi che, alla nascita, il microbioma intestinale del neonato viene stabilito dalla flora del canale vaginale della madre con la quale viene a contatto”. Quindi, spiega Biggio, ecco una prima considerazione: “attenzione all’equilibrio di questa flora vaginale, perché se è alterata risulterà alterato anche quella intestinale del bambino, con conseguenze anche sul cervello e sulla psiche. Infine, ecco un’ulteriore ragione per affermare che il parto naturale è migliore di quello cesareo, in cui questo contatto è assente, con conseguenze che sono tutte da studiare. Inoltre questa scoperta prova, se mai ce ne fosse bisogno, che bisogna stare molto attenti con gli antibiotici in alte dosi e somministrazioni prolungate: distruggendo la flora intestinale potrebbero provocare o disturbi anche cerebrali, psichici”, conclude Biggio.

“I recenti studi in questo campo – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente del Congresso – confermano la necessità di porre particolare attenzione in gravidanza allo stress e agli stili di vita negativi (alcol tabacco e droghe). Anche l’alimentazione può influenzare in senso positivo negativo la comparsa di una depressione perinatale e il successivo sviluppo cerebrale del nascituro e poi del bambino. Aspetti legati all’alimentazione possono aumentare la resilienza, ridurre lo stress. Le ricerche sul ruolo della flora intestinale sui comportamenti umani, in particolare sull’ansia e sulle paure, stanno evidenziando delle nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili”.

“Secondo l’American Psychological Association (APA) – precisa Eugenio Aguglia, presidente del comitato scientifico locale del Congresso SIP e direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Catania – i batteri intestinali producono una vasta gamma di sostanze neurochimiche che il cervello utilizza per la regolazione dei processi fisiologici e mentali, compresa la memoria, l’apprendimento e l’umore. Infatti il 95% della fornitura al corpo di serotonina è prodotto dai batteri intestinali. Ma non solo. Nel 2013, uno studio condotto da ricercatori della Arizona State University – prosegue Aguglia – ha scoperto che i bambini con autismo possedevano livelli più bassi di tre tipi di batteri intestinali (Prevotella, Coprococcus e Veillonellaceae) rispetto ai bambini liberi dalla condizione. Uno studio più recente dello stesso team ha scoperto che le concentrazioni di sostanze chimiche specifiche prodotte da batteri intestinali – i metaboliti – in campioni fecali di bambini con autismo, differivano per le concentrazioni da quelle rilevate nei bambini senza il disordine. Proprio questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che i microbi intestinali alterano i metaboliti associati con la comunicazione tra l’intestino e il cervello e interferiscono con le funzioni cerebrali”, conclude.
Marzia Capos

LE SPEZIE MEDICINALI DELLA FARMACOLOGIA CINESE

Molte sostanze che in Occidente vengono considerate semplicemente delle spezie da utilizzare in ambito culinario (zenzero, cannella) e cosmetico (chiodi di garofano) o per favorire la conservazione degli alimenti (pepe) sono inserite in Cina tra i farmaci “riscaldanti”; si tratta di rimedi in grado di fornire calore per combattere il freddo interno o esterno. I rimedi riscaldanti possono, a loro volta, essere suddivisi in due grandi categorie, a seconda che il loro effetto si svolga prevalentemente in superficie o in profondità, all’esterno o all’interno:

–          i rimedi piccanti e caldi che liberano l’esterno (xin wen jie biao yao) agiscono all’esterno ed in superficie; tra essi ritroviamo il ramo della cannella e lo zenzero fresco;

–          i rimedi che riscaldano l’interno ed eliminano il freddo (wen han yao) agiscono invece all’interno ed in profondità; a questa categoria appartengono la corteccia della cannella e lo zenzero preparato, oltre al pepe, ai chiodi di garofano ed ai semi di finocchio.

A queste due categorie di farmaci appartengono ovviamente anche dei rimedi che non compaiono normalmente sulle nostre mense: tra i farmaci che liberano l’esterno ricordiamo l’Ephedra sinica, la Laedebouriella, la Schizonepeta, la Perilla ed il bocciolo della Magnolia, tra quelle che agiscono all’interno occorre citare l’Aconitum e l’Evodia.

Molte altre spezie, non inserite tra i farmaci riscaldanti, vengono comunemente utilizzate nelle farmacie cinesi: ricordiamo la noce moscata tra i rimedi astringenti, la scorza del mandarino tra quelli che mobilizzano l’energia, il cardamomo tra i rimedi che promuovono la digestione dei cibi, la salvia tra i farmaci che mobilizzano il sangue e le foglie di menta, inserite tra i farmaci che rinfrescano l’esterno.

Il fatto che delle sostanze di normale uso culinario siano utilizzate contemporaneamente come farmaci ci ricorda un aspetto importante della medicina cinese, di quella tibetana e di quella ayurvedica che spesso si tende a dimenticare: l’alimentazione correttamente impostata è la migliore medicina preventiva che si possa praticare.

Una corretta alimentazione è, a sua volta, l’esito di due fattori concomitanti: una buona conoscenza della propria costituzione e di come essa possa essere corroborata con il cibo e, contemporaneamente, una buona conoscenza delle caratteristiche degli alimenti e dei metodi di cottura più corretti da utilizzare.

Se un paziente soffre di problemi di freddo, deve utilizzare un’alimentazione basata su cibi di natura calda, se invece accusa fenomeni infiammatori con segni di calore, deve mangiare alimenti freschi; se l’organismo tende alla stasi ed al ristagno, è bene utilizzare alimenti piccanti che mobilizzano ed evitare quelli di sapore astringente che trattengono. Occorre dunque conoscere la caratteristica dei cibi e quella dei condimenti e delle spezie che, aggiunti ai cibi stessi durante o alla fine della cottura, sono in grado di modificarli. 
Partendo da regole molto semplici è possibile impostare un buon regime dietetico che ci permette di migliorare gli aspetti negativi della nostra costituzione e di sfruttarne a pieno quelli positivi.

Da Olos e Logos

PATOLOGIE NEUROLOGICHE: IL FUTURO PORTERÀ AD UNA DIAGNOSI PRECOCE

L’ Associazione Nazionale Malati Reumatici ANMAR ha indetto per il prossimo 11 Ottobre la giornata mondiale dedicata ad artrite reumatoide e fibromialgia. L’evento mira a rendere consapevole l’ascoltatore sull’ importanza dell’alimentazione per la cura delle suddette patologie reumatiche.

In particolare con il termine artrite reumatoide si intende una malattia autoimmune di origine infiammatoria che colpisce nel nostro Paese circa 300 mila persone. La patologia può provocare deformazione e dolore che possono portare fino alla perdita della funzionalità articolare. Laura Bazzichi, responsabile dell’Ambulatorio di Fibromialgia e Fatica Cronica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana sottolinea che: “Nelle persone che soffrono di questa malattia l’obiettivo principale è la riduzione di peso e la modificazione nella composizione dei pasti”, ed afferma, inoltre, che “Le diete a bassa immunogeneticità, come ad esempio la vegana libera da glutine, sembrano ridurre l’immunoreattività nei confronti di antigeni contenuti nei cibi”.

Si dovrebbero preferire a tavola cibi freschi e si dovrebbero evitare cibi conservati dei fast food. Gli esperti consigliano di seguire la dieta mediterranea che è in grado di ridurre il dolore e la rigidità articolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide possedendo caratteristiche antinfiammatorie, antiossidanti e protettive del sistema cardiovascolare.

Per quanto concerne la fibromialgia, una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso e stanchezza che affligge circa un milione di italiani, anche in questo caso una alimentazione accurata apporta notevoli benefici. A tal proposito sempre Laura Bazzichi sostiene che: ”Il paziente affetto da fibromialgia è spesso sovrappeso o obeso, e questa condizione aumenta il dolore, la stanchezza, peggiora la qualità del sonno e aumenta i disturbi dell’umore”. Il consiglio principale dell’esperta è quello di rendere la dieta ricca di frutta e verdura, soprattutto cruda, che aumenta l’introito di vitamine e sali minerali, una protezione per questi pazienti carenti di difese antiossidanti. Indagini effettuate su un gruppo di soggetti con fibromialgia hanno dimostrato che seguire una dieta vegetariana diminuisca l’impatto della patologia sulla vita del paziente del 46% (punteggi FIQ) dopo 7 mesi di dieta e del 33% dopo soli 60 giorni. Infine dopo 7 mesi di dieta vegetariana il soggetto mostra  in termini di vitalità, salute generale, ruolo emotivo e salute mentale (scale dell’SF36) una qualità di vita identica a quello dell’individuo sano.

Concludendo, appare evidente il fondamentale ruolo dell’alimentazione e appare ben chiaro come già a tavola si possano alleviare i sintomi delle patologie reumatiche, contribuendo anche a colmare le carenze che si verificano in seguito alle terapie.

La fonte: La Stampa

Il trattamento di queste patologie mediante agopuntura, mesoterapia e neuralterapia trova soluzioni positive nel ridurre la sintomatologia e l’utilizzo de farmaci. Fermo restando che un approccio funzionale che tende ad eliminare  i fattori di disturbo alimentari e non rimane fondamentale.

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