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Su una rivista letta, tra le domande dei lettori spiccava, per risalto e modalità di presentazione la lettera di una collega anestesista imbufalita dal fatto che avendo portato il prorio bambino di 4 mesi e mezzo di vita ad effettuare il secondo richiamo della vaccinazione esavalente, avesse incontrato una pediatra riflessiva.
La pediatra, senza ovviamente contrastare la scelta vaccinale fatta dalla madre suggeriva infatti la utilizzazione di un medicinale omeopatico che viene tradizionalmente usato per contrastare i possibili effetti negativi della vaccinazione. Nella lettera l’anestesista esprimeva dissenso e criticava pesantemente il fatto che il medico in questione avesse “osato” suggerire (non obbligare) alla neomamma l’impiego di una forma terapeutica diversa da quella dominante, che la madre ritiene ovviamente unica garanzia di scientificità.
Siamo ovviamente abituati alle comunicazioni che la stampa in numerose occasioni riserva all’omeopatia e ai suoi cultori (qui la lettera titolava “Omeopatia: Disinvolte alternative per i bambini”), ma in questo particolare caso ci sentiamo di fare alcune considerazioni aggiuntive.
La prima è che la somma di 6 vaccinazioni accorpate in una sola inoculazione lascia delle perplessità anche in chi sostiene le vaccinazioni, e purtroppo i VAERS (i registri degli eventi avversi alle vaccinazioni) testimoniano della aumentata frequenza di reazioni in chi effettua vaccinazioni combinate rispetto a chi le effettua staccate una dall’altra.
Inoltre nella vaccinazione esa o eptavalente ben due (o tre) delle vaccinazioni sono facoltative, quindi non corrispondenti ad un obbligo di legge. Il programma di vaccinazioni consigliato prevede sicuramente questo tipo di vaccinazioni, ma la stessa struttura che consiglia il piano vaccinale dice anche di vaccinare per l’influenza i bambini di 6 mesi mentre la Cochrane (ente internazionale al di sopra delle parti) ha documentato con chiarezza che la vaccinazione antinfluenzale per i bambini minori di due anni è assolutamente inutile.
Diciamo quindi che nel “contratto” con il pediatra, la scelta della madre presentava alcuni aspetti in cui il dubbio si affacciava con prepotenza. A quel punto la pediatra ha suggerito (secondo la sua coscienza medica) di integrare un medicinale omeopatico, che la madre non ha gradito.
Molto probabilmente la pediatra ha anche fatto una coccola al bambino (metodica non validata sul piano scientifico ma usata da tutti) per distrarlo dalla iniezione. Probabilmente ha usato una tecnica ineittiva attenta (i pediatri sono bravissimi) che è di tipo esperienziale e personale e non validata dal punto di vista scientifico. Il pediatra cioè esprime in ogni suo gesto la propria umanità (non validata sul piano scientifico) ma valida da millenni. Eppure la madre non ritiene che il o la pediatra possa esprimere un pensiero e suggerire qualcosa.  Non esprimiamo alcuna forma di giudizio su questo collega, ma l’occasione è sicuro spunto di riflessione.
Siamo dell’idea che pensare all’omeopatia faccia parte di un normale pensiero collaterale che possa aiutare chi può avere dei problemi (e le vaccinazioni ne possono dare). Per ora pensare omeopaticamente non è ancora un reato. Chiunque in Italia può pubblicizzare quello che vuole, ma l’omeopatia deve farlo di nascosto, utilizzando strumenti di tipo informativo di difficile formulazione, privando il pubblico della possibilità di conoscere in modo palese e chiaro ciò che utilizza o che trova, serenamente pubblico e pubblicizzato, nelle farmacie di tutta Europa, di cui evidentemente, per qualche verso l’Italia non fa parte…

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