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 Sintomi di allergia alimentare sono presenti solo nello 0,5 % della popolazione, che invece soffre di fenomeni di intolleranza alimentare in una percentuale collocata tra il 30 e il 40 %. Le intolleranze alimentari hanno caratteristiche diverse dalle allergie, soprattutto per il modo in cui si determinano e per i tempi necessari alla comparsa dei sintomi, anche se spesso i sintomi che si evidenziano sono identici. A differenza delle allergie alimentari che si manifestano immediatamente, la reazione che porta ai sintomi di una intolleranza assomiglia molto di più ad una intossicazione lenta; ciò è dovuto all’intervento di altre cellule o di altri anticorpi, diversi dalle Ig E. Sono reazioni più lente ed insorgono dopo ore od addirittura giorni dall’introduzione dell’alimento, talora anzi è necessario ripetere per più giorni l’introduzione dell’alimento per poter vedere comparire i sintomi. L’ introduzione di un alimento verso cui esista intolleranza agisce in pratica come una specie di lento ” avvelenamento “, anche se l’organismo è in grado di riconoscere la presenza del nemico in modo quasi istantaneo. In pratica l’organismo riconosce subito il ” nemico” , e poi per qualche giorno ” lo tiene d’occhio “, cercando dove possibile di limitare i danni dipendenti dalla sua ingestione, e alla fine ” scoppiando” solo se l’introduzione dell’alimento continua, al di là delle possibilità di controllo esistenti in ciascun individuo.Nel caso dell’allergia , in cui agiscono le Ig E, ad esempio nei confronti delle fragole, la introduzione delle fragole provoca l’immediato superamento dei livelli di guardia  da parte degli anticorpi, e quindi la comparsa repentina dei sintomi e infatti chi ne soffre arriva dal medico già segnalando la probabile esistenza dell’allergia. Ne caso invece di una intolleranza, ciò che avviene assomiglia come si è detto ad un avvelenamento progressivo, che si sviluppa nel volgere di qualche giorno. Immaginiamo che una persona sia intollerante al latte e ai suoi derivati: il primo giorno, in una condizione di scarsa infiammazione,consuma un cappuccino e una brioche al bar, ma la produzione di anticorpi non è sufficiente a scatenare i sintomi. Nel corso della notte l’organismo cerca di disintossicarsi e riesce ad eliminare alcune delle sostanze infiammatorie presenti, ma il giorno seguente la stessa persona mangia dei biscotti che contengono latte per colazione, mentre a pranzo e a cena mette del parmigiano sulla pasta, incrementando nuovamente la presenza di sostanze infiammatorie. Il terzo giorno magari mangia un gelato e un dolce arrivando molto vicino al livello di guardia. Quando, infine, il quarto  giorno prende di nuovo un cappuccino,supererà il livello di soglia e compariranno i sintomi della malattia. E’ comprensibile che il risultato possa provocare confusione: i sintomi appaiono dopo il cappuccino, che la volta precedente non aveva provocato alcun sintomo e quindi solo difficilmente viene messo in relazione con l’insorgenza della malattia. Di solito, in questi casi, viene spontaneo dare la colpa al pasto della sera precedente.

L’intolleranza alimentare è ambito della medicina e non ancora è stata completamente definito e codificato. L’osservazione empirica che sempre più pazienti presentano sintomi direttamente od indirettamente sostenuti da alimenti, non si accompagna sempre a un riscontro clinico supportato da esami di laboratorio inequivocabili. Nell’ambito della medicina le reazioni avverse agli alimenti per ora riconosciute sono: l’allergia alimentare, l’intolleranza al glutine ( celiachia ), l’intolleranza conseguente al deficit di enzimi ( lattasi e d intolleranza al lattosio ) e le reazioni idiosincrasiche ( reazioni apparentemente non giustificate ). Molto resta però da capire, anche perchè è sempre più frequente il caso di pazienti che presentano miglioramento della sintomatologia con la semplice sospensione di determinati alimenti. A fronte di queste considerazioni è più opportuno parlare esclusivamente di CAMPO DI DISTURBO ALIMENTARE, anzichè di intolleranza alimentare, proprio per evitare di cadere in confusione.

COSA SIGNIFICA CAMPO DI DISTURBO ALIMENTARE ?

Si presume che si tratti dell’incapacità o impossibilità dell’organismo a metabolizzare completamente o ad utilizzare in maniera corretta determinati alimenti o gruppi di alimenti.Con l’alimentazione noi ricaviamo la nostra energia vitale, di conseguenza, un alimento non ben tollerato, non solo non ci dà energia, ma addirittura ci porta a consumare energia per poterlo poi digerire ed eliminare.Ecco perchè in caso di disturbo alimentare si accusano spesso e volentieri sintomi come la stanchezza e la sonnolenza dopo i pasti e poi per tutta la giornata.

SI NASCE CON IL CAMPO DI DISTURBO ALIMENTARE ?

No! lo si acquisisce con il tempo, quando, ad esempio sussistono delle disfunzioni digestive/enzimatiche di lieve entità o alterazioni della flora batterica intestinale. Di conseguenza, anche in assenza di sintomi, può lentamente scattare un cattivo utilizzo di determinati alimenti e quindi è possibile non tollerare bene gli alimenti stessi. Una delle cause possibili dell’insorgere di tale problema è l’alterazione dell’ecosistema intestinale che può essere determinata da terapie antibiotiche, distress, inquinamento ambientale, scarsa qualità degli alimenti, una cattiva masticazione,una cattiva digestione, ecc. Spesso i disturbi associati all’assunzione di alcuni alimenti possono essere correlati ad una non ottimale funzionalità di uno o più organi. Può essere necessario provare ad eliminare gli alimenti disturbanti per un periodo limitato (circa 2 – 4 mesi )e in ogni caso una conferma potrà essere convalidata e determinata esclusivamente con una anamnesi medica più approfondita ed a seguito di una visita medica

INTOLLERANZE E SALUTE

Si sta approfondendo di recente lo studio di una serie di fenomeni fisici e psichici dell’organismo umano, verosimilmente correlati con l’assunzione di particolari cibi ritenuti “innocui”. I fenomeni di intolleranza alimentare possono essere infatti un importante concausa, quando non addirittura la causa di gran parte delle malattie in cui sia presente infiammazione. Come abbiamo visto, mentre in una allergia alimentare si ha una risposta immediata alla ingestione di un cibo, nel caso di una intolleranza o comunque di una ipersensibilità, i sintomi si sviluppano in un certo senso per effetto di accumulo: è cioè necessario mangiare un certo alimento per più giorni continuativi perchè si sviluppi la sintomatologia. E’ importante conoscere l’esistenza di questo fenomeno, perchè gli effetti di una intolleranza sull’organismo non sono di tipo immediatamente evidente, ma giorno dopo giorno provocano la crescita di fatti infiammatori che determinano malattie sicuramente impegnative. Le intolleranze alimentari non provocano solo malattie tipicamente allergiche (come asma, raffreddore da fieno, eczema), ma anche tutte quelle patologie in cui c’è un importante componente infiammatoria: mal di testa, la sinusite, molte forme di dermatite, la colite, molte forme catarrali del bambino e dell’adulto, la tendenza di ammalarsi ripetutamente e così via. Inoltre, in presenza di intolleranza alimentare si consumano molti globuli bianchi, e quindi si vengono spesso a determinare quelle forme di malattia da carenza di difese; si tratta cioè di malattie come le tonsilliti ripetute, le otiti, le bronchiti ricorrenti e altro ancora, ma anche fenomeni come la stanchezza cronica e l’ingrassamento o il calo del rendimento muscolare o mentale. Va inoltre segnalato che spesso le intolleranze alimentari sono causa di disturbi del comportamento nel bambino .  Le più frequenti sono quelle al latte e all’uovo, ai grassi vegetali idrogenati, al lievito. Ogni cibo può comunque provocare intolleranze in determinate condizioni. Spesso le intolleranze alimentari si sviluppano nei confronti di additivi o conservanti, e talora la reattività non è necessariamente legata alla sostanza alimentare pura, ma a volte a tutta la serie di sostanze chimiche che lasciano residui in traccia nei vari processi di coltivazione, raffinazione e conservazione, e sono purtroppo diverse migliaia di sostanze, di cui la farmacologia e la chimica hanno studiato solo seicento tipi. Una volta identificata un’intolleranza alimentare, lo scopo non è comunque quello di eliminare la sostanza dall’alimentazione, ma di aiutare l’organismo a recuperare la tolleranza nei confronti di quegli alimenti. Anche di fronte a fenomeni patologici importanti, nel volgere di un tempo che va dai 3 ai 18 mesi, la maggior parte delle persone è ormai in grado di mangiare quasi quotidianamente i cibi incriminati senza per questo riammalarsi. Lo scopo, quindi, è quello di cercare di ricreare tolleranza nei confronti di quei cibi prima non tollerati.

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