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Carattere: dipendente ma invadente
Emozione primariatristezza
Conflitto: di relazione
Diritto negato: di avere bisogno
Paura: della solitudine, sia fisica che psicologica
Illusione di sé: “non ho bisogno di nessuno, sono gli altri che hanno bisogno di me”
Comportamento: incostante e servile
Energia fisica: bassa; energia mentale: alta (+ecto, -meso, -endo)
Colore utileviola, “trova l’equilibrio tra te e gli altri”

Le tre fasi della vita in un batter d’occhio: nel passato sono stato abbandonato, vivo il presente in virtù del futuro per non essere triste, ma ho paura del futuro perché potrei sentirmi solo.

Un’anima abbandonata si sentirà vuota, cercherà di relazionarsi e di farsi accettare da tutti perché non riesce a stare, né tantomeno a restare da sola, anche se ciò comporterà una totale dipendenza dagli altri.  Proverà tristezza ogni volta che incapperà in situazioni si sentirà abbandonata o sola, sia materialmente che psicologicamente. Si prostituisce pur di tenere vicino a se la persona amata, si schiavizza per sentirsi utile, cerca di accontentare tutti per farsi desiderare e per sentirsi indispensabile, in poche parole vive con la paura della solitudine, senza considerare i propri bisogni. Il problema principale di chi si sente abbandonato é che non si sente mai amato abbastanza, anche se è in compagnia o se è apprezzato questo non è sufficiente, vuole di più, vuole continuamente la conferma che di essere il centro del mondo, è egocentrico.

Il carattere del soggetto che si sente abbandonato sarà dipendente ma invadente. Ha uno scarso senso di indipendenza, di autostima, tende ad appoggiarsi agli altri, difficilmente diventa aggressivo e ha un forte bisogno di essere accudito e curato (malato immaginario). È sempre insoddisfatto, ha continui sbalzi d’umore tra la tristezza e l’allegria, tra l’entusiasmo e il disinteresse. Socialmente è loquace e intelligente, infatti cerca costantemente di intrattenere rapporti con chiunque per farsi accettare. Le sue energie sono costantemente sfruttate per mantenere vive le relazioni, chiama, parla, esce, si rende pronto nell’accudire tutti, anche se stanco e pieno di impegni, non sa dire di “no” perché teme di non essere capito e quindi di essere abbandonato. Ogni sua scelta è demandata alla domanda: tu cosa preferisci? Anche se spesso alla fine decide lui, e questo è solo un subdolo stratagemma per far sentire partecipe chi gli è vicino. Piange quando deve raccontare le sue disavventure e i suoi abbandoni, ma poi sorride e ride improvvisamente quando torna nel presente, ha un carattere mutevole e incostante con tutti. Non si può fare affidamento su di lui perché ha troppi impegni e spesso non può concluderli tutti, ma si assume le responsabilità del fallimento perché così tutti gli vorranno sempre bene, tranne in un caso: quando viene abbandonato le sue responsabilità sono nulle e la colpa è tutta dell’altro, che non l’ha capito e amato. È un bravo bambino, capriccioso ma obbediente, e a scuola sa conquistare le maestre con la sua faccina dolce e il carattere docile.

La ferita dell’abbandono porta un senso di vuoto interiore, il soggetto non si sente mai colmo d’amore o d’affetto, il senso di privazione è riconducibile a una mancanza di contatto, di affetto e protezione da parte di uno o entrambi i genitori, freddi e distaccati. Questa mancanza gli ha impedito di soddisfare i propri bisogni di affetto e calore famigliare, e per questo motivo ritiene che adesso tutto gli sia dovuto.

L’emozione innata, in chi cerca di sanare la ferita dell’abbandono, sarà la tristezza. Si tratta di uno stato emotivo-affettivo provocato da una situazione di pessimismo, sfiducia, o avvilimento che può essere reale, causata da un avvenimento drammatico (lutto), anticipata dalla previsione o evocata dal ricordo. La tristezza può essere considerata o come preparazione al comportamento del pianto o come una forma cristallizzata di pianto inibito.  Una  situazione di abbandono porta sempre tristezza, ma in chi ha questa ferita l’emozione viene vissuta in maniera patologica fino a sfociare in paranoiche ossessione sul senso di abbandono. Si sentirà sempre triste per ogni cambiamento di vita, trasferimento, trasloco, nuovo lavoro, ecc. Ogni azione è protesa a tenere gli altri vicino a sé con il vittimismo, con malattie immaginarie, con il servilismo; non ha importanza, basta non restare soli. Il futuro e la vecchiaia sono vissuti con tristezza perché potrebbero comportare abbandono e solitudine. Ogni volta che nella vita ci si sentirà abbandonati si proverà una profonda tristezza dell’anima.

La paura esistenziale è quella di restare solo, di crescere, della vecchiaia, delle malattie, della separazione e del cambiamento, di stare soli fisicamente, del buio, della morte di persone care, di perdere gli amici, di non essere capito, del bosco, di perdersi, dell’acqua alta, della notte.

 da embriologiaemozionale.vpsite.it

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