Perchè oggi gli ansiolitici sono la specialità farmaceutica più prescritta e venduta nel mondo occidentale?
Alcuni dati statistici: nel mondo 400 milioni di persone soffrono di attacchi di panico e ansia. Il 18% della pololazione degli Stati Uniti è colpita dall’ansia; il 50% della popolazione viene colpito, almeno una volta nella vita da disturbi depressivi o ansia. Si calcola che nel 2020 il disturbo d’ansia rappresenterà la seconda causa più importante di malattia.
Secondo l’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed), l’utilizzo degli psicofarmaci è aumentato, dal 2000 al 2003, del 75%; l’ESPAD (Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze), in uno studio su 35 paesi europei, su 100.000 studenti tra i 15 e i 16 anni, ha evidenziato che gli italiani risultano al quarto posto per uso di tranquillanti e sedativi.
In Italia circa 12 milioni e mezzo di persone fanno uso di ansiolitici. Solo nel 2006, in Gran Bretagna, sono state vendute 3,6 milioni di dosi di Diazepam (ansiolitico), entrato in commercio dal 1960.
La civiltà del benessere condanna inevitabilmente l’uomo ad una fragilità psichica sempre maggiore e alla tentazione di cercare soluzioni e risposte ai problemi attraverso scorciatoie e metodi che possibilmente non richiedono alcun merito, sacrificio o sforzo personale.
E’ la strada che fatalmente conduce alla dipendenza: è tipico di ogni forma di dipendenza trasformare (illusoriamente e senza merito) il malessere in benessere. L’ansia, nella sua dimensione d’agonscia esistenziale, non è altro che la cartina al tornasole di una cultura dell’effimero, conformista e materialistica, che finisce per generare frustrazione esistenziale, insicurezza, isolamento e solitudine e, ancora, assenza di valori ed ideali che inevitabilmente conduce ad un radicale sentimento di mancanza di significato, carenza di interessi e assenza di motivazioni (le nuove “nevrosi noogene” secondo Viktor Frankl). “La paura, l’ansia sono imparentate con la comodità, con l’essere attaccati alle abitudini”; “…è la paura del vuoto, l’horror vacui…” (Rudolf Steiner).
Cosa accadrebbe all’uomo moderno se improvvisamente non potesse più disporre di questi farmaci?
Immediatamente vivrebbe tutto ciò che conosciamo come sindrome da astinenza, aumenterebbe la percezione dolorosa della propria fragilità, della propria nudità esistenziale….
In un secondo momento, scoprirebbe che non è possibile combattere, eliminare o estirpare l’ansia, me che si può imparare a vivere con essa lasciandosi educare (“L’esperienza e il sopportare l’ansia rafforzano la coscienza di sè e l’esperienza di sè grazie al diverso. Perciò l’evoluzione dell’autocoscienza non è da separare dall’esperienza e dalla frequentazione con l’ansia” – Rudolf Steiner).
L’ansia è un fedele guardiano che sta alla soglia tra ciò che conosciamo (e che ci dà sicurezza) e l’ignoto, tra la tendenza ad aggrapparsi al passato, alle proprie fragili sicurezze ed il coraggio di trasformarsi verso il futuro. Temiamo ciò che non conosciamo, che non riusciamo a prevenire, a controllare, a pianificare: l’ansia custodisce quella enigmatica duplice soglia che impedisce l’accesso (verso l’interiorità) alla vera conoscenza di sè e (verso l’esterno) alla conoscenza del mondo, autentico respiro dell’anima tra se (inspirazione) e mondo (espirazione).
La fenomenologia dell’ansia, in particolare quando culmina in attacco di panico, nel suo oscillare tra un eccessivo fluire verso il mondo con l’esperienza drammatica di perdere la coscienza dell’io, di perdere i confini ed il limite del sè (spersonalizzazione e angoscia di morte), ed un irrompere del mondo stesso all’interno dell’anima (contrazione e irrigidimento in se stessi) sta a testimoniare che i confini tra io e mondo vacillano, la coscienza oscilla tra un eccessivo stato di veglia e di autopercezione e uno stato di confusione e stordimento. L’ansia, come la paura o altre emozioni negative, hanno solo un significato pedagogico: a fronte della paura, del dubbio, dell’insicurezza esistenziale, dell’odio, ecc., l’uomo è chiamato a sviluppare coraggio, conoscenza spirituale, fiducia nel proprio destino e nella vita, determinazione, dedizione disinteressata al mondo, disponibilità a servire, capacità d’iniziativa.
Intervista a Stefano Gasperi, Medico Antroposofo
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