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 La Gluten-sensitivity è una reazione nei confronti del glutine non di natura autoimmunitaria né di natura allergica; alla base di tale disturbo vi sarebbe- comunque- una iper-risposta immunitaria di tipo innato nei confronti del glutine.
La sensibilità al glutine ( GS = Gluten sensitivity ) non è una vera allergia al grano e non è celiachia.
Considerata con scetticismo da molti medici come un disturbo psicosomatico disfunzionale, è piuttosto, una patologia che causa veri problemi gastrointestinali ed altre sintomatologie; è finalmente riconosciuta e classificata da un pool di esperti internazionali, come un’entità nosologica a sé stante rispetto ai disturbi glutine-correlati, quali appunto l’allergia al frumento e la celiachia.
Il trigger sarebbe rappresentato da un eccessivo utilizzo di grani “iperconcimati” con quantità di glutine superiore al 12% rispetto al normale.
La diagnosi differenziale dei tre quadri clinici è riportata nella seguente tabella:

 

Negli ultimi anni è prevalso l’uso di grani iperconcimati ( la quantità di glutine è stata aumentata artificialmente ) diversi dai grani ” gentili” più tollerati e con una quota di glutine superiore al 12% rispetto al normale.
La selezione di frumenti sempre più atti alla panificazione, con apporti di glutine anche tre volte superiori rispetto a quelli a cui l’organismo dei nostri progenitori era avvezzo fino ad un secolo fa, è sicuramente alla radice di molti problemi di salute legati al glutine.
Il nostro organismo non si è evoluto sufficientemente per riuscire a gestire quantità elevate di queste sostanze.
In queste frazioni di glutine esistono componenti tossiche che rendono difficile la vita ai soggetti borderline per la celiachia e la GS.
” la Gluten Sensitivity e la celiachia sono parti di una gamma di disordini legati al glutine in cui ad un estremo vi sono i celiaci e all’altro le persone che possono mangiare pizza, pasta e biscotti. Al centro c’è  questa indistinta area di reazioni al glutine, la sensibilità al glutine” ( Fasano et Al; 2000;2005;2011).
Nel 2011 un ricercatore italiano, emigrato negli Usa, Alessio Fasano, direttore del Center for Celiac Research presso la University of Meryland ( è lui che ha fatto conoscere la celiachia agli americani), ha pubblicato con Anna Sapone della II Università  di Napoli, un lavoro su BMC medicine che dimostra come la Gluten sensitivity non sia affatto un problema mentale, ma una vera e propria patologia.
Quindici esperti di sette paesi hanno partecipato alla prima Consensus Conference che si è svolta a Londra l’11-12 febbraio 2011 con l’obiettivo di definire una nuova nomenclatura ed una nuova classificazione di questa patologia.
Dopo un lungo dibattito e l’analisi della letteratura scientifica sull’argomento, gli esperti hanno pubblicato le loro considerazioni e conclusioni, insieme al primo algoritmo diagnostico per la diagnosi della sensibilità al glutine.
Con la stima del 6% di prevalenza nella popolazione mondiale, e di 3 milioni di italiani con trend in aumento, la sensibilità al glutine potrebbe essere una delle più comuni patologie al giorno d’oggi.
La sensibilità al glutine è sempre una reazione alla gliadina, proteina presente nel frumento e  ad altre proteine simili che si trovano nella segale e nell’orzo. Il risultato di questa reazione è l’instaurarsi di un’infiammazione che provoca una serie di sintomi paragonabili a quelli della sindrome del colon irritabile: nausea, gastralgia, cefalea, sensazione di affaticamento, depressione, dolori muscolari, bloating, acne, obesità, disturbi ormonali, parestesie alle estremità, sensazioni di instabilità e di vertigine, arrossamenti cutanei diffusi, ma sono oltre cento i disturbi che sono stati messi in relazione con la sensibilità al glutine.
La GS viene diagnosticata soprattutto in pazienti adulti ed anziani con problemi in larga parte intestinali  che in passato venivano classificati tre quelli sofferenti di colon irritabile. La reazione al glutine è immediata, poche ore o al massimo giorni ( in genere entro le 72 ore come è tipico delle intolleranze alimentari ) tra l’introduzione delle sostanze sensibilizzanti e l’insorgenza dei sintomi .
I soggetti in questione sperimentano la remissione della sintomatologia con dieta a basso o nullo contenuto di glutine, e la ripresentano ogni volta che il glutine viene reintrodotto.
Si stima che tale condizione sia molto frequente, arrivando ad interessare fino al 6 % della popolazione generale.
Nella GS non si registrano alterazioni della permeabilità intestinale , aumentata significativamente nella celiachia. Inoltre, secondo le ultime valutazioni effettuate durante il Congresso Mondiale dei Celiacologi svolto ad Oslo nel settembre 2011, la GS sarebbe prodromica a patologie complesse come la Sindrome da fatica cronica e le artriti reattive, patologie di cui tanto si comincia a parlare ma i cui meccanismi patogenetici non sono ancora molto noti. Quello che si realizza è un’infiammazione cronica progressiva che, se lasciata alla sua naturale evoluzione, può inevitabilmente evolvere verso patologie maggiormente critiche e complesse.
Per la corretta diagnosi della GS è necessario escludere la celiachia e l’allergia al frumento . Infatti per formulare la diagnosi di questa patologia , è necessario avviare una dieta priva di glutine e proseguirla per vari mesi.
Il limite soggettivo di tolleranza alle microtracce è geneticamente determinato e varia da individui ad individuo: è buona norma dopo circa tre mesi di svezzamento dal glutine, reintrodurre una piccola quantità fino al massimo tollerabile. Il primo sintomo che genericamnete si ripresenta è un notevole meteorismo accompagnato da tensione addominale e/ o scariche diarroiche.
Spesso molti medici che disconoscono questo spettro di intolleranza al glutine ritengono che i pazienti non celiaci riconosciuti sierrologicamnete ma migliorati grazie alla dieta senza glutine, stiano semplicemente beneficiando di un effetto placebo.
Ora sappiamo il contrario…che i pazienti sensibili al glutine possono essere ” curati” con la dieta gluten  free.
La differenza che nella celiachia si deve seguire una dieta priva di glutine per tutta la vita, badando anche alle microtracce. Nella GS le microtracce hanno meno importanza e- oltretutto- la patologia potrebbe non essere permanente ma transitoria; infatti , a differenza della celiachia, la sensibilità al glutine non segue un percorso prefissato: i sintomi possono essere più pronunciati o scomparire nel tempo.
Trattandosi di individui che generalmente non necessitano di una dieta gluten free stretta si può consigliare un periodo di tre mesi di dieta aglutinata per ridurre la sintomatologia.
A volte si tratta di pazienti che possono arrivare ad ingerire gradualmente modeste quantità di glutine, anche fino a 100 grammi al giorno, in cui è consigliabile sostituire il grano con farine che contengono una quota minima di glutine e con legumi o riso, consumando glutine ogni 3 giorni a piccole dosi, ovvero una dieta gluten free per piccole quantità tollerabili.
La soglia individuale è variabile: alcuni anche alla reintroduzione di piccoli quantitativi, lamentano meteorismo e bloating mentre altri sopportano meglio piccili carichi.
La sensibilità può aumentare nel corso della vita o scomparire naturalmente senza lasciare reliquati, a differenza della celiachia che si accompagna ad un effetto cumulativo.
La non -celiac-gluten sensitivity, nonostante interessi una moltitudine di persone, non è riconosciuta nel nostro Paese; in Italia vi è solo il riconoscimento della malattia celiaca.
Un individuo viene definito affetto da malattia celiaca, avendo diritto a ricevere gratuitamente i prodotti senza glutine, solo quando abbia tutte le caratteristiche della malattia celiaca.
Il paziente sensibile al glutine non celiaco, mancando anche di una delle caratteristiche, non può avere la possibilità di rimborso. Bisogna mettere il decisore nelle condizioni, con nuovi dispositivi normativi che riconoscano la patologia, di poter accettare il disturbo anche negli individui sensibili al glutine. E’ pertanto chiaro che vi sia una forte contraddizione. Rispetto a numeri così elevati per quanto riguarda la non celiac gluten sensitivity siamo di fronte ad una importante vacatio normativa.
Attualmente soprattutto nelle mense scolastiche, molti istituti non accettano ricette indicanti tale patologia considerandole ” eccessi” dei genitori e variazioni al piano alimentare. Anche il personale e gli insegnanti dovrebbero essere allertati rispetto a questa intolleranza, evitando scambi di alimenti tra bambini; fatto che attualmente vanifica gli sforzi che i genitori dei bimbi affetti da GS attuano a domicilio.
Nella GS è bene valutare la possibilità di eliminare per qualche tempo le fonti di glutine , prima tra tutti il grano.
Non si tratta per forza di consumare alimenti per celiaci, ma più semplicemente orientarsi verso cereali privi di glutine, come miglio, mais, tutte le varietà di riso e il grano saraceno, o che ne  hanno meno come l’avena e il farro.
La medicina funzionale permette con successo la diagnosi della GS  e con l’utilizzo della terapia biologia atta a riprestinare l’equilibrio del sistema eliminando i fattori disturbanti si arriva in tempi brevi alla remissione e molte volte alla scomparsa del disturbo.

Abstract da: La Medicina Biologica n. 137

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