Condividi:

 

di VALENTINO CORRADI DELL’ACQUA
OMEOPATIA OGGI RIVISTA TRIMESTRALE N. 50 SETTEMBRE 2013

Su questa rivista, da sempre dedicata ad approfondimenti e spunti sull’omeopatia e su medicine non convenzionali, abbiamo sempre scritto poco per ciò che riguarda la situazione in cui si trovano i medicinali omeopatici.

Ma ora bisogna farlo. E’ urgente farlo.

Come tutti sanno, nel 1995 l’Italia ha recepito la Direttiva europea che disciplinava, per la prima volta , i medicinali omeopatici. Nel 1995 è iniziata, da parte delle aziende operanti in Italia, la lunga battaglia per regolarizzare in modo definitivo i prodotti allora presenti sul mercato. E’ iniziata la fase transitoria. I medicinali omeopatici di allora (che sono anche di adesso) sono stati autorizzati in via transitoria fino al…rinvio…2015. Un rinvio lungo 20 anni.
Entro la fine di marzo 2015 (fra circa 18 mesi), tutte le aziende italiane dovrebbero presentare i dossier tecnici per ottenere il rinnovo delle autorizzazioni al commercio dei prodotti sul mercato da quasi 20 anni.
Si dirà: avete avuto un tempo lunghissimo per prepararvi, non vorrete chiedere un altro rinvio dei termini?
Ebbene si, vogliamo un altro rinvio dei termini e poi un riesame del metodo per affrontare e risolvere il problema. E’ necessaria una svolta radicale nell’affrontare la questione. Abbiamo bisogno che, dopo quasi due decenni, il Ministero della Salute, l’Agenzia del Farmaco (AIFA) e il Parlamento dedichino qualche ora per risolvere un problema che, così come è posto, non è risolvibile.
Non è risolvibile perché in quasi 20 anni non è ancora stata definita la composizione dei dossier tecnici idonei per gli omeopatici, sui quali, dunque, non si è potuto iniziare a lavorare con certezza.
Non è risolvibile perché le aziende sono circa 20 e tutte insieme fatturano 160 milioni di euro, circa lo 0.8% del mercato farmaceutico e queste aziende dovrebbero preparare in uno spazio di tempo limitatissimo una documentazione strutturalmente molto complessa e non ancora adeguata, chiara e definita, per circa 12000 diversi medicinali e l’AIFA esaminarla nei restanti 9 mesi.
Un lavoro tecnicamente impossibile. Tanto impossibile che Francia e Germania, per citare gli esempi virtuosi sotto i nostri occhi, hanno iniziato questo percorso da tempo e hanno previsto di poterlo svolgere in oltre 10 anni di tempo. Dieci anni dal momento in cui si inizia a lavorare con le idee chiare su ciò che deve essere fatto. Entrambe hanno già superato i quindici anni.
Non è risolvibile perché le tariffe di registrazione per i medicinali omeopatici sono state equiparate a quelle dei galenici. Se, come riteniamo, dovessimo applicare le nuove tariffe previste per il rinnovo delle autorizzazioni,  le aziende omeopatiche si troverebbero nell’obbligo di pagare in un solo colpo una cifra pari  a circa il 22% del fatturato globale, ma con una incidenza percentuale molto maggiore per chi commercializza granuli e globuli. Per molti di questi unitari il solo costo tariffario sarebbe superiore al fatturato di più anni di vendita.
Sparirebbero molti ceppi, anche molto importanti per i prescrittori. Se poi l’AIFA dovesse indebitamente pretendere la tariffa prevista per la registrazione, stabilita in oltre 23.000 euro per medicinale, in un solo colpo le aziende sarebbero chiamate a versare circa 280 milioni di euro, il 160% del fatturato globale del settore.
Non penso sia necessario specificare che significherebbe la sparizione di almeno 90 prodotti su 100.
Sempre per citare gli esempi virtuosi di Francia e Germania, le tariffe per il rinnovo sono da 3 a 5 volte inferiori a quelle italiane e le tariffe per la registrazione di nuovi prodotti sono più basse tra 6 e 8 volte. Le aziende sono particolarmente preoccupate, in quanto sembra che il metodo che le autorità intendono adottare per risolvere il loro problema del rinnovo delle autorizzazioni sia quello dell’abolizione del problema stesso: la cancellazione dei medicinali omeopatici.

Infine, per non dilungarmi in tecnicismi che possono essere comprensibili solo a chi è giornalmente coinvolto nelle procedure produttive e regolatorie, esistono alcune prassi amministrative  e alcune norme di buona fabbricazione che necessitano di essere adattate alla specificità del settore omeopatico.
Il non fare questo lavoro di individuazione, di analisi e di correzione costringe le aziende  a interrompere la produzione di molte referenze e già oggi, proprio a causa di un approccio metodologico incorente, si  riscontrano difficoltà  di reperimento sul mercato.
Inoltre importanti aziende del settore abbandonano la produzione in Italia per riposizionarsi in Stati confinanti dove le norme sono più consone al settore.
Si tratta dell’ennesimo caso di miopia politica e amministrativa. L’ennesima sconfitta del sistema Italia.
A chi e a cosa serva, poi, questa guerra all’omeopatia, resta un mistero. Da sempre il mondo della medicina omeopatica è a totale carico del cittadino che spende ogni anno circa 300 milioni di euro per l’acquisto di prodotti. Per quanto sia, una buona parte di questa cifra rappresenta un buon risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale.
In 60 anni di presenza sul mercato, a fronte di 23 milioni di pezzi venduti ogni anno, i dati di farmacovigilanza ci segnalano una sicurezza assoluta dei prodotti. L’omeopatia è un’ottima medicina, sempre più cittadini l’avvicinano con soddisfazione così come certificato da autorevoli ricerche indipendenti, offre posti di lavoro in crescita in momenti di grave difficoltà economica, tutela il diritto alla libertà di scelta terapeutica, garantisce un notevole risparmio economico per le disastrate casse regionali.
Il suo mantenimento è vantaggioso per lo stato, per i cittadini e per le aziende. La guerra all’omeopatia costerebbe soldi allo stato italiano, farebbe scomparire aziende e posti di lavoro, costringerebbe i cittadini al turismo farmaceutico, magari acquistando su internet prodotti non certificati. Personalmente penso che sia venuto il momento di affrontare la questione nel suo complesso. E’ inutile nasconderci che i problemi derivano dal fatto che gli organi amministrativi e il mondo scientifico non clinico non hanno mai accettato che l’omeopatia entrasse nel novero delle medicine. In questo modo viene utilizzata così com’è la normativa farmaceutica, nata e cresciuta per affrontare i problemi di sicurezza ed efficacia dei prodotti di sintesi (farmaci), con lo scopo di penalizzare i medicinali omeopatici costretti ad indossare un abito tagliato per misure e pesi del tutto diversi. Mentre la logica dice che sia normale indossare un vestito di giusta taglia, a noi viene chiesto di cambiare corporatura per entrare nelle misure preconfezionate.
Al Ministro, agli organi di controllo e amministrativi chiediamo ancora, e continueremo a chiedere, di sederci ad un tavolo. Per organizzare un percorso che sia utile e vantaggioso per tutti. Può essere molto più facile di quanto non si creda. Se toglieremo di mezzo intolleranze e ideologismi.

Vuoi rimanere aggiornato sulle nostre ultime news?


 

Iscrivendoti al servizio acconsenti al trattamento dei dati secondo l’informativa UE 2016/679 (Leggi di più)


Condividi:
Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.