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Leggo e rileggo spesso Lettere a un giovane poeta, di Rainer Maria Rilke, un testo che esula dal prontuario letterario – come è stato spesso definito, erroneamente.  E’ un testo di sapienza piena, che parla al cuore di ogni uomo. Riporto questa lettera, in particolare, dedicato a tutti coloro che si stanno cercando:

Borgeby gàrd, Flädie, Svezia, 12 agosto 1904

…”Pericolose e cattive sono solo le tristezze ché portiamo tra la gente, per sopraffarle; come malattie trattate in modo superficiale e sciocco, esse non fanno che arretrare per erompere, dopo una breve pausa, tanto più virulentemente; e si ammassano nell’intimo e sono vita, sono vita non vissuta, svilita, perduta, di cui si può morire (…). Dobbiamo immaginare la nostra esistenza quanto più vasta possibile; tutto, anche l’inaudito, deve trovarvi spazio. È questo in fondo l’unico coraggio che si richieda a noi: essere coraggiosi verso quanto di più strano, prodigioso e inesplicabile ci possa accadere. (…) Poiché non è solo la pigrizia a far sì che le relazioni umane si ripetano così indicibilmente monotone e senza novità da caso a caso: è il timore di una qualche nuova, imprevedibile esperienza, di cui non ci si crede all’altezza. Ma solo chi è pronto a tutto, chi non esclude nulla, neppure il più grande degli enigmi, vivrà la relazione con un altro come cosa viva e sfrutterà fino in fondo anche la propria esistenza (…). E se solo organizziamo la nostra vita secondo quel principio che ci ingiunge di attenerci sempre al difficile, allora ciò che adesso ci appare ancora totalmente estraneo ci diverrà del tutto familiare e fido. (…)

E allora lei, caro signor Kappus, non si deve spaventare se davanti a lei sorge una tristezza, grande quanto non ne ha mai vedute prima; (…) Perché vuole escludere dalla sua vita una qualche irrequietezza, una qualche pena, una malinconia, se ignora cosa tali stati stiano operando in lei? (…) Se qualcosa nei suoi stati d’animo le appare malato, rifletta che la malattia è il mezzo con cui un organismo caccia l’intruso; dunque bisogna solo aiutarlo a essere malato, a vivere tutta la malattia e a farla erompere, poiché questo è il suo progresso”…

Da “Lettere a un giovane poeta” RAINER MARIA RILKE

 

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