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L’analisi dei traumi psichici e delle sovrastrutture che vengono create in seguito ai traumi stessi svolge un ruolo determinante nel trattamento delle problematiche fisiche e psichiche dell’individuo. Mente e corpo sono una cosa sola e pertanto un trauma psichico si traduce nel tempo con manifestazioni fisiche di somatizzazione di questo.
I primi traumi psichici provengono dalla nostra infanzia, ma possono risalire anche al periodo della nascita, al periodo della gravidanza della madre e anche discendere dai nostri genitori come malattia ereditaria.
La medicina complementare ( agopuntura – omeopatia – ipnosi ) può essere un grande mezzo nel trattare queste problematiche e nell’aiutare a rivivere, elaborare e risolvere questi traumi.
L’agopuntura andando a sbloccare particolari energie e meridiani, l’omeopatia riequilibrando il segnale disturbante causato dal blocco e l’ipnosi mediante tecniche di riprogrammazione della mente inconscia imprigionata dai condizionamenti.
Anima, mente e corpo sono per la medicina complementare un’unica entità. Spesso nella nostra cultura viene dimenticato il concetto essenziale nell’evoluzione di ciascun individuo. Troviamo esempio di questo  dalla ricerca esagerata della risoluzione del semplice sintomo nella medicina ufficiale, oppure nel distacco del medico che si occupa di problemi fisici da quello che si occupa di problemi psichici, senza che ne uno ne l’altro cerchino di occuparsi di entrambi i problemi, come se fosse, appunto, che mente e corpo sono due entità ben distinte.
Le antiche medicine ci insegnano, invece, a riscoprire l’unità indivisibile dell’Uomo e a ritrovare la capacità di affrontare una problematica che non ha il nome di una malattia, ma ha il nostro stesso nome. La nostra stessa società spinge a comportamenti che portano lontano “dalla via che conduce all’Uomo”, creando stereotipi di “superuomo”.
La ricerca della perfezione fisica, del successo, dell’apparire, della carriera come scopo di vita, del non dovere provare dolore ne sofferenza, sono solo alcuni esempi del male dell’anima che ci soffoca. Queste sono solamente delle vie di fuga da noi stessi, dalle nostre debolezze, fragilità, dalla sofferenza e dal dolore che, come la felicità e la serenità sono parte della nostra esistenza.
Davanti al paziente la medicina complementare cerca di individuare le barriere di difesa che si è eretto negli anni, e delle quali non è più conscio, che lo ingabbiano e lo costringono in una realtà per la quale non è stato creato. La via della vera gioia è infatti riscoprire sé stessi.
Alla domanda su cosa fosse per lui la felicità Alexander Lowen, fondatore dell’analisi bioenergetica, rispose : ” la coscienza del cambiamento “.
Il nostro vissuto influenza corpo, mente ed anima e se questo vissuto fosse un trauma emozionale porterà negli anni a cambiamenti che porteranno in seguito ad una patologia cronica. Quando il terapeuta va a scavare nei recessi nascosti di una persona deve tornare indietro nel tempo ed andare alla ricerca del primo trauma, quel primo evento che ha scatenato tutta una serie di modificazioni la cui unica conseguenza è il suo disequilibrio.
Per capire questo dobbiano analizzare la fisiopatologia psichica e capire cosa succede.
Possiamo dire che al momento della nascita l’individuo è immacolato dal punto di vista psichico, (tralasciando la componente traumatica psichica ereditaria dei nostri genitori). Nella vita di tutti avvengono uno o molti traumi compreso il momento del parto e la vita intrauterina, che  si insinuano nell’individuo allo stato nascosto e che lentamente lo trasformano e lo condizionano.
Il trauma è un evento destabilizzante che ci mette davanti a delle scelte  e a dei cambiamenti. A livello psichico, la più semplice forma di difesa è quella di crearsi delle sovrastrutture, ossia delle barriere di difesa.
Dopo il primo trauma , la prima forma di difesa possiamo definirla primaria. Questa consiste nella percezione del trauma e nel vivere interiormente lo stato di destabilizzazione, il sentire che qualche cosa non sta andando bene, che qualcosa è cambiato, ma non si sa che cosa. E’ una sensazione di ansia e di malessere interno al quale non si sa dare un nome. E’ la prima forma di difesa, ossia lo stato di allerta.
A questo stato di allarme, sempre a livello inconscio, si cerca di dare un nome al malessere, di trovare una causa, un colpevole. Si inizierà sempre a livello inconscio a colpevolizzare se stessi, la famiglia o le persone che sono attorno o alla nostra vita. Sarà una fase di rabbia inconscia non espressa verbalmente, la quale  allontanerà sempre di più dal vero problema, distogliendo l’attenzione su un colpevole inventato che ovviamente non è realmente la causa dei problemi. Questa fase viene detta secondaria. A questo punto dopo avere individuato il colpevole si deciderà come proteggersi e come combatterlo e si entrerà nella fase terziaria che si divide in due modalità: l’atteggiamento ipertrofico e l’atteggiamento distruttivo che può essere distruttivo verso noi stessi, o verso gli altri, o verso entrambi. L’atteggiamento ipertrofico è rappresentato da colui che si crea delle corazze psichiche e fisiche di conseguenza, da tutti e tutto. Alcuni esempi possono essere la ricerca del successo, della gloria, della ricchezza, del potere, un’ ipertrofia dell’ ego, di tutto ciò che ci rende dei super-uomini privi di dolore e sofferenza e che non possono essere scalfiti da nulla. Se si osservano queste persone si nota che anche i loro atteggiamenti fisici rispecchiano il loro stato interiore. Voce forte e tonante, risate intense, petto in fuori, spalle diritte e testa alta, sorriso con denti serrati (segno di rabbia e aggressività repressa), atteggiamento dittatoriale con i sottoposti, sottomesso e ben disposto con i superiori, tanto per citare alcuni esempi.
L’atteggiamento distruttivo invece può essere rivolto verso noi stessi, gli altri o ad entrambi. Gli atteggiamenti saranno governati dal desiderio di distruzione. Verso noi stessi possono essere , per esempio, il continuo colpevolizzarsi, l’essere giudici impietosi di noi stessi, il condurre una vita all’eccesso di iper-lavoro o iper-fatica per non pensare alla propria vita  portando alla distruzione del nostro corpo, provare una rabbia smodata verso di noi e arrivare fino ai punti estremi che possono portare alla depressione e a idee suicide. L’atteggiamento distruttivo verso gli altri può essere dato come esempi dalla violenza e rabbia distruttiva verso gli altri, desideri di vendetta, impossibilità a perdonare gli altri, trattamento spietato con i sottoposti (ma non per ipertofizzare l’ego ma per il gusto di annientare le altre persone) fino ad arrivare ai punti estremi di idee omicide.
Quanti personaggi noti o fatti di cronaca ormai quotidiani rientrano in questa classificazione…..
Come si può notare da questa classificazione, ogni passo che inizia con la fase primaria, fino alla fase terziaria porta ad una perdita di vista totale del trauma originale che ha causato tutta questa catena di sovrastrutture.
Lo scopo della terapia dever essere individuare e trattare il problema alla radice. E’ importante conoscere l’iter delle sovrastrutture psichiche elencato sopra, perchè in un trattamento corretto si osserva una regressione del paziente nel tempo dalla fase terziaria, alla secondaria fino alla primaria, con tutti i loro stati emotivi che le caratterizzano, fino a rivivere ed elaborare il trauma o i traumi originari di tutto.
“Se vogliamo che un germoglio di una pianta cresca dobbiamo prima di tutto arare il terreno”. Lo scopo della terapia è perciò arare il terreno psichico del paziente per poter permettere la sua rinascita. E’ un cammino di rinascita e per rinascere, come detto prima, occorre distruggere ciò che ci imprigiona, e questa distruzione potrà sembrare non piacevole, vista nei canoni occidentali di guarigione, ovvero assenza di sintomi e benessere assoluto. Questo conceto è errato perche va contro le leggi e il fluire della natura.
Il sentimento che caratterizzerà il processo di guarigione sarà infatti la leggerezza di risentirsi bambini con le nostre paure e fragilità, ma anche una gioia e libertà nel sentirsi così. Ci vuole tempo, ma …ogni albero ha bisogno del suo tempo per crescere.

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