Condividi:

Various animal & plant fats & oils

Gli ultimi due anni hanno sicuramente scosso le certezze relative alla divisione dei grassi in “buoni e cattivi”. Molte delle convinzioni che hanno guidato le scelte terapeutiche e preventive negli ultimi anni si rivelano quanto meno imprecise se non del tutto errate. Inoltre, il fatto che i risultati di alcuni importanti lavori effettuati su decine di migliaia di persone siano stati tenuti nascosti al mondo scientifico per lungo tempo, qualche perplessità tra i ricercatori l’ha sicuramente generata.

I grassi saturi sono risultati molto meno dannosi del previsto, grazie a studi come quello pubblicato da De Souza sul BMJ  che, una volta effettuata una correzione dei valori del colesterolo di partenza, ha evidenziato che il rischio del loro uso è molto scarso. È un articolo basato sulla revisione di lavori relativi a quasi mezzo milione di persone, che non rileva alcuna correlazione tra malattie cardiovascolari e assunzione di grassi saturi. Motivo per cui è nato il motto “Butter is back” (Il ritorno del burro).

I veri “colpevoli” sono gli acidi grassi trans (tra cui ricordiamo gli oli cotti, anche se provengono da grassi polinsaturi molto sani “da crudi”) che portano in modo inequivocabile a un aumento del rischio cardiovascolare (+20%) e del rischio globale di morte da tutte le cause (+40%).
Intorno a questi risultati si è scatenata una battaglia tra scienziati, lobby farmaceutiche e alimentari e giornali, ma nonostante le numerose sollecitazioni, il BMJ ha mantenuto, su solide basi scientifiche, il sostegno alla validità del lavoro dei suoi referenti scientifici.

Aiuta a riflettere il dibattito pubblico intervenuto nei mesi successivi, attraverso un articolo di Neal Barnard  e un articolo di Nina Teicholz  pubblicato sullo stesso BMJ.
Il tema più rilevante è stato però sollevato nel 2016, con la pubblicazione da parte di Ravanskov  di una analisi retrospettiva di lavori importanti e tenuti fino ad allora parzialmente nascosti, per mezzo della pubblicazione di soli dati parziali, pratica che ostacola la conoscenza della verità metodologica e scientifica. Si tratta di un lavoro fatto da universitari e ricercatori internazionali che pone addirittura seri dubbi sulla “ipotesi colesterolo” fino a oggi ritenuta valida. La loro revisione, applicata a circa 70.000 persone, ha confermato che dopo i 60 anni, la mortalità per tutte le cause, compresa quella per malattie cardiovascolari, non appare significativamente correlata con i livelli di colesterolo. Una vera rivoluzione concettuale. A questo si aggiunge la pubblicazione dei lavori di Ramsden  che ha segnalato come la riduzione dei livelli di colesterolo ottenuta durante il Minnesota Coronary Experiment (studio degli anni ’70 che coinvolse longitudinalmente circa 10.000 persone) non ha minimamente modificato il rischio di mortalità da eventi cardiovascolari. Il dibattito è ancora fortemente aperto.

da Nutrizione 33

 

Vuoi rimanere aggiornato sulle nostre ultime news?


 

Iscrivendoti al servizio acconsenti al trattamento dei dati secondo l’informativa UE 2016/679 (Leggi di più)


Condividi:
Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.