EMERGENZA SARS COV-2   RIFLESSIONI

EMERGENZA SARS COV-2 RIFLESSIONI

Il termine “emergenza” deriva dal latino e-mergere, ove mergere sta per affondare; quindi emergenza come “proveniente da ciò che è affondato”.

Nell’interazione organismo vivente-mondo si svolgono continui fenomeni di risposta/attenuazione/eliminazione che consentono il gioco adattivo della vita.
Le perturbazioni legate sia ai a patogeni come virus, batteri e funghi, sia ad inquinanti molecolari di ogni sorta, entrano in contatto con i Sistemi difensivi dell’uomo.
L’infiammazione, la fiamma interna, vale o dovrebbe valere come un sacro fuoco, ove la perturbazione si incenerisce.
Questo risultato positivo è tanto più probabile quanto maggiormente efficienti sono i processi che entrano in azione e questi ultimi lo sono, se hanno già avuto esperienza, ossia hanno già conosciuto e sono in grado di ri-conoscere la perturbazione.
Questo virus sembra invece abbia incontrato l’essere umano per la prima volta.
La reattività emergente è quindi nuova, clamorosamente violenta ed in parte causale.
L’uomo è pertanto impreparato; ciò che sta accadendo non dipende solo dalla novità situazionale del suo Sistema Immunitario ma, ciò che è ancora più decisivo, dalle condizioni in cui si trova tale Sistema, dalla sua usura.

Esiste un ambito della cultura medica che predilige l’essere umano piuttosto che la malattia, l’insieme che costituisce l’essere umano, la sua storia, il suo ambiente e che considera la patologia non come un incidente di percorso, ma come un prodotto di tali relazioni e di tale storia, sia individuale sia sociale.
Tale cultura è in grado di elaborare interpretazioni di questa pandemia: ipotesi e proposte che non si limitano a combattere il virus, ma che cercano di fornire una lettura utilizzabile in senso predittivo/preventivo, tutelante la salute.
Ormai da tempo tele modello di Medicina Regolatoria Sistemica non considera la malattia come un evento casuale cui opporsi in maniera esclusivamente sintomatica, per sopprimerla, e si interroga sulle circostanze che la rendono possibile e che rendono possibile la sua cura.

L’aspetto più importante di tale approccio è la ricerca delle complesse componenti delle relazione uomo-ambiente che risultano fondamentali per promuovere e mantenere la salute, cioè un approccio saluto-genetico e non circoscritto alla pato-genesi.
Considerando la malattia sia acuta che cronica come uno sbilanciamento reattivo a perturbazioni minacciose, pur tendente ad un nuovo equilibrio, ma dagli esiti imprevedibili, poniamoci qualche domanda circa la situazione in cui SARS COV 2 ha incontrato l’essere umano, con effetti drammatici.

Che cosa di  “affondato” è emerso?
Lo scatenamento di uno stato infiammatorio severo, spesso coinvolgente non solo l’Apparato respiratorio nel suo tratto profondo, ma anche gli apparati cardio-circolatorio, gastrointestinale, il sistema nervoso, la pelle, evoca un’ “accensione” sistemica che rimanda alla riattivazione di una o più braci silenti.

Questo è l’aspetto simbolico che corrisponde all’espressione “tempesta citochinica incontrollata” della biopatologia molecolare.

Quando la fiamma è divampata, la principale risorsa, sotto forma di diverse forme terapeutiche, non può essere un estintore che domi l’incendio.
Tuttavia il fatto che gli organismi umani diventino così facilmente preda di inneschi, tanto rapidamente distruttivi, richiama lo stesso rapporto che esiste tra un fiammifero e un covone di fieno.
In altri termini lo svelamento di una drammatica semplicità degli eventi che possono rivelare la fragilità dell’essere umano, pur così complesso. E’ noto, infatti, che tanto maggiore è la complessità/specializzazione di un organismo vivente, tanto minore è la quantità di energia necessaria per ucciderlo.
Un’ altra domanda da mettere sul tavolo è se questa situazione si offre ad una possibile comprensione e possibile cambiamento, oppure permane oscura ed ineluttabile.

Dati Istat del 2017 segnalavano che il 45% degli italiani over 65 e il 18% degli over18 fosse affetto da una malattia cronica grave. Dati che parlavano da soli, senza necessità di commento, rendendo esplicita una situazione per cui lo stress di difesa che determina un’infiammazione persistente è funzione del tempo, ma non di un tempo astratto, solo orologio-dipendente, bensì di un tempo vissuto, di una qualità del tempo, di abitudini, stili di vita nel proprio ambiente esterno e dimensione interiore.
Va così intesa l’inflammaging, ossia l’età infiammata, simbolo di un prezzo da pagare troppo alto: il prezzo di un progressivo consumo, esaurimento ed errori del Sistema adattivo di difesa.
In tale direzione sono determinanti stili di vita anche diversi, ma simili nell’effetto che producono.
Lifestyle dell’abbondanza, con eccessi alimentari qualitativi/quantitativi, obeso-genico, dismetabolico.
Lifestyle della deprivazione, con carenza di principi nutrizionali, droghe/abitudini indotte.
Lifestyle del contrasto prolungato socio-familiare, con modalità conflittuali produttive e relazionali.

abstract da La Medicina Biologica n. 165
Mauro Piccini

#emergenza #covid #infiammazione #virus #prevenzione #piccini

 

 

 

LE 5 REGOLE DELLA GUARIGIONE

LE 5 REGOLE DELLA GUARIGIONE

Partendo dall’ovvio presupposto che la salute vada conservata, e per questo motivo tutti dovrebbero conoscere le basi della prevenzione primaria, ci troviamo oggi di fronte ad un cambiamento importante delle aspettative del paziente circa la gestione della sua malattia.
La funzione “tempo” è stata accorciata in maniera importante dalla tecnologia:
la lettera ha lasciato spazio ai messaggi o alle e-mail che in qualche decimo di secondo raggiungono ogni angolo del globo.
La scoperta scientifica più recente fa il giro del mondo senza limiti di appartenenza culturale in pochi giorni; gli spostamenti sono rapidi ed economici.
L’inconscio collettivo si è trovato in un periodo estremamente breve a riformulare il concetto di tempo.
Parimenti, il malato pretende di andare dal medico e trovare la risposta immediata al proprio problema e riprendere i propri ritmi e la propria vita normale in tempi brevissimi.
Il concetto di ” vita normale ” è così radicato che anche l’atto della dimissione da un ospedale, persino dopo un doppio bypass coronarico, il consiglio di smettere di fumare viene accompagnato dalla frase “ora può riprendere la sua vita normale”, destituendo la stessa da ogni tipo di responsabilità in ciò che ha portato il paziente a rischiare di perdere la vita.
Alla contrazione del tempo hanno fatto eco i cambiamenti culturali nel trattamento e preparazione del cibo (basti pensare il termine fast food), nella gestione degli spostamenti, nelle comunicazioni.
In questa  “rapida” evoluzione multifattoriale l’uomo non può non pretendere rapidità anche nel percorso di guarigione.
Questo sta creando un doppio movimento sociale.
Da un lato il predominio dei farmaci e dei trattamenti sintomatici rispetto a quelli causali, tanto che il messaggio chiave per la raggiunta guarigione è la scomparsa del sintomo, indipendentemente dalla reale scomparsa della malattia e degli eventuali effetti collaterali della terapia utilizzata.
Dall’altro, il sintomo stesso genera un processo di ricerca della soluzione in tempi ancora più rapidi, senza passare dal consulto medico, ma attingendo al mare di informazioni fornito dal mondo virtuale dei social.
Processo, questo, non indenne da ulteriore effetti collaterali perché, se nel 5% dei casi si potrebbe incorrere nella risposta corretta, occorre valutare come questa venga interpretata dal paziente che generalmente non possiede una formazione medica.

Sembra paradossale, dunque, ma diventa inevitabile indicare non solo la strada, ma anche la modalità per guarire.

1)  La guarigione è un percorso attivo.
Nella gestione di una malattia occorre riposare, alimentarsi adeguatamente, idratarsi al meglio e ridurre i fattori stressogeni allo scopo di riservare energie per il processo di guarigione e non sprecarle per la routine. Questo cambiamento non viene dall’esterno ma dalla decisione propria del paziente e dal suo atteggiamento attivo e condiscendente.

2) La guarigione richiede tempo.
Dare dei tempi tecnici cercando riferimenti nella propria esperienza. Se l’aumento della temperatura serve al corpo per ripulirsi, la normalizzazione della stessa non è sufficiente per decretare la guarigione. E’ difficile convincere il paziente che il mondo “può andare avanti ” anche senza di lui.

3) La guarigione richiede regole.
Il paziente deve essere aiutato a comprendere che la guarigione è un insieme di comportamenti e regole che vanno dall’adattamento dello stile di vita al rispetto del riposo, alla formulazione di scelte alimentari corrette, alla riduzione dello stress e degli elementi stressogeni.
Si ottengono questi risultati applicando regole e disciplina. Un aspetto fondamentale di queste regole è rappresentato dalla capacità di aspettare il giusto tempo con la dovuta pazienza.

4) Lo stress rallenta la guarigione fino a renderla impossibile.
La malattia per sé è una condizione di stress.
E’ molto probabile che il paziente si trovi nella fase di adattamento. Ciò implica che alcune funzioni ricevono meno energia ed importanza rispetto a quelle focalizzate sulla sopravvivenza.
Per questo motivo è importante, se non addirittura vitale, che le fonti di stress evitabili possano essere accantonate per tutta la durata della terapia e della convalescenza, anche se questo dovesse allontanare il paziente dalla routine lavorativa o dalle problematiche della vita sociale.

5) Non sprecare energie durante il processo di guarigione.
Nel processo di guarigione si assiste al dirottamento delle energie verso la lotta nei confronti dell’agente patogeno, al drenaggio delle tossine prodotte in questa lotta ed al recupero omeostatico della normalità.
Tutto questo richiede energia.
Ciò che obbliga ad un utilizzo superfluo dell’energia va a discapito della guarigione.

da La Medicina Biologica n. 165
Dott. Mauro Piccini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL MARTELLO DEGLI SCETTICI PER I CHIODI DELL’OTTUSITA’

IL MARTELLO DEGLI SCETTICI PER I CHIODI DELL’OTTUSITA’

di Gino Santini

L’informazione scientifica è in crisi profonda e non riesce a trovare gli anticorpi giusti per uscire da questa sindrome del Marchese del Grillo che la avvolge. Fra le tante, una causa appare determinante: la tipica sicurezza con la quale l’illustre clinico-opinionista di turno, quando interrogato su un qualunque argomento, sguaina la sua verità incontrastata con il cipiglio di un Alberto da Giussano davanti a tanti Barbarossa ignoranti. Senza immaginare che la scienza procede per dubbi e che un simile atteggiamento spesso ha solo l’effetto di spingere la barca di chi lo ascolta verso le infide scogliere del complottismo.

Un problema che gli omeopati conoscono bene. Gli anglosassoni hanno un termine specifico per definire queste performance ad uso mediatico: lo chiamano “sciolism”. Aiutandoci con Wikipedia (dal latino “scio”, conosco), consiste nell’esprimere opinioni su un argomento conosciuto solo superficialmente o del quale si ha scarsa comprensione. Il passo successivo consiste nel considerare lo scenario proposto, per quanto approssimativo e superficiale, come scientificamente valido a prescindere e quindi non suscettibile di contraddittorio, che tra l’altro rischierebbe di deludere folte schiere di ben addestrati adepti osannanti. Come dire, l’esatto contrario di un corretto percorso di conoscenza scientifica, con una una visione del fenomeno in oggetto limitata quanto angusta e lontana dalla realtà, ma forse proprio per questo più facile da spiegare e altrettanto lineare da seguire. Con queste premesse parlare di visione totale dell’individuo, di interazione con l’ambiente e financo proporre dei modelli di patologia cronica è assolutamente vietato: concetti difficili e troppo complessi!

Questa visione “pret-a-porter” della scienza (in questo, sì, scarsamente democratica) favorisce inevitabili processi di estremizzazione e di generalizzazione: molto spesso il solito esempio negativo – reperibile in ogni categoria professionale – viene preso come rappresentativo di tutto un gruppo. Perchè perdere tempo con inutili distinzioni se ho già deciso a priori come stanno le cose? L’annosa questione della vaccinazione obbligatoria è esemplificativo: il pacchetto deve essere accettato “in toto”, senza mezzi termini. Chi si azzarda a scompaginarlo, come invece dovrebbe normalmente avvenire considerando l’estrema complessità del problema, viene subito inserito nella categoria ostile e, se medico, diventa in automatico a rischio radiazione per lesa maestà della verità depositata. Con tanti saluti al confronto scientifico. Lo stesso spettacolo già visto anche più recentemente per l’utilizzo delle mascherine, il ritorno dell’ondata virale o i vari gradi di distanziamento sociale. Così è, se vi pare, come direbbe il Laudisi pirallendiano.

Questo scenario clinico molto lineare (ma completamente immaginario) in cui esistono solo bianchi o neri smaschera l’incapacità dialettica e culturale dei paladini di una comunità scientifica da mass media che non hanno tempo e capacità di affrontare i discorsi “grigi” legati – per dirne una – alla complessità dell’individuo; senza pensare che i proclami dell’EBM di cui si riempiono spesso la bocca vanno esattamente in direzione opposta. E così finisce che chi sa usare solo il martello vede solo chiodi, come chiosava Mark Twain. Questo è quello che accade regolarmente quando si parla di omeopatia. Per pochi spiccioli di agognata visibilità televisiva questi novelli Torquemada si divertono a bollare dei loro colleghi come eretici, con qualche benpensante decisamente limitato che arriva a sblaterare anche di truffa e cialtroneria!

In sintesi, squallidi giochetti di bottega di piccoli personaggi che sono smascherati, in primis, dai risultati e dal fatto che i medici che hanno deciso di seguire i sentieri della Medicina Integrata lo hanno fatto mettendosi in gioco e superando gli angusti limiti accademici, per incrementare sia la loro “cassetta degli attrezzi” che la visione clinica di una medicina personalizzata. Per fortuna dei loro pazienti.

da Omeopatia33
Dott. Mauro Piccini

LA CURIOSITA’ DI SAPERE

LA CURIOSITA’ DI SAPERE

Il sapere non si conquista di colpo, per scienza infusa o per immediata illuminazione.
Presuppone lunghi e disciplinati processi di apprendimento. Non può, tuttavia, svilupparsi in mancanza di creatività e di propensione al rischio intellettuale.

Ogni individuo affronta dapprima un viaggio a ritroso per assorbire e recuperare parte di quanto ha ereditato dalla propria tradizione e dagli sforzi congiunti dell’intera specie umana. Non dovrebbe, in seguito, contentarsi di trasmettere semplicemente ciò che ha imparato, ma sforzarsi, secondo le sue capacità,  di restituire aumentato il patrimonio ricevuto.
Per quanto di poco, ciascuno può accrescere il sapere proprio ed altrui intraprendendo, attorno al globo intellettuale, viaggi di scoperta che conducono ad oltrepassare le posizioni raggiunte quando sono ormai diventate insoddisfacenti.
Inizia allora l’esplorazione di altre possibilità, e le anomalie e le dissonanze cognitive riscontrate passano dai margini al centro dell’attenzione. Nel disincagliarsi dall’immobilità stagnante di idee e convinzioni non più intimamente condivise, si prova un sentimento misto, di gioia e d’inquietudine. Si è finalmente abbandonata una rendita di posizione intellettuale di valore decrescente e, seppure in forma nebulosa, si sente che qualcosa comincia ad agitarsi nella mente.

Alla partenza non si sa ancora bene cosa si debba cercare. Ci si aiuta con criteri intuitivamente ritenuti fecondi, mediante l’installazione di ponteggi provvisori per elaborare possibili teorie: metafore, giochi combinati di concetti e immagini, ricerca di simmetrie e di eleganza formale. Se l’indagine ha successo, ci si meraviglia e ci si compiace di essere giunti, per abilità e fortuna, dove effettivamente si è. Questa soddisfazione non è da intendersi nel senso delle parole di Cromwell (che nessuno sale tanto in alto come quando non sa dove va), ma che solo quando si è trovata la soluzione si scopre retroattivamente la necessità del processo verso di essa.

Nell’ambito della scoperta scientifica, il tragitto può talvolta trasformarsi in metodo (ossia, etimologicamente, in meta-hodos,
“strada attraverso cui”), in cammino sicuro da indicare ad altri per conseguire determinati scopi.
Per scoprire qualcosa occorre spesso andare controcorrente, in direzione contro-intuitiva, capovolgendo il senso comune e spezzando pregiudizi millenari.
Vi è un enorme spreco di intelligenza e di vita nelle nostre società, vi sono energie latenti che restano imprigionate ed inespresse a causa del torpore mentale diffuso dai sistemi educativi inidonei a promuovere la curiosità e la ricerca e da politiche che non sono in grado di offrire strumenti adeguati.

L’arduo compito che ci attende -nella scuola, nell’università, nell’industria e nella politica, ma, per ciascuno, individualmente nel proprio settore di competenza- è quello di risvegliare tali energie, di coniugare la fantasia con la concretezza e il senso del possibile con i vincoli della realtà.

da Remo Bodei, Nella fucina dei saperi, Sole 24 Ore
Dott. Mauro Piccini

BUONA ESTATE E BUON SILENZIO

BUONA ESTATE E BUON SILENZIO

Buona estate e buon silenzio.

Gaston ci ha insegnato che siamo molto di più delle limitazioni della nostra mente, che il conoscere le cose è solo un pensare intorno alle cose e che l’emozione è un sentire non le cose, ma solo la nostra reazione ad esse. Ciascuno di noi ha una forza vitale che se liberata supera di gran lunga ogni limitazione. La vita è il nostro maestro, la vita è costante movimento, non si ferma mai, non possiamo incasellarla in un rigido sistema intellettuale.

Non possiamo trovare l’illuminazione nelle parole o nelle idee, l’illuminazione è una cosa viva, non può essere imprigionata in parole, facile è confondere la saggezza con la dottrina, potremmo studiare tutta la vita testi sacri senza diventare per nulla saggi, la dottrina mostra solo una via ma non la proclama. Come scrisse C.G.Jung: “Quello che vi do, non è né una dottrina né un insegnamento. E da quale pulpito potrei indottrinarvi? Vi informo della via presa da quest’uomo, della sua via, ma non della vostra. La mia via non è la vostra via, dunque non posso insegnarvi nulla. La via è in voi, ma non in dèi, né in dottrine, né in leggi. In noi è la via, la verità e la vita… Chi dovrebbe vivere la vostra vita, se non voi stessi? Dunque vivete voi stessi”.

Fino a quando non cesseremo di identificarci con la “persona” e non la useremo come mezzo di resistenza alla vita, quando non opporremo più resistenza al mondo esterno, quando porremo fine alla nostra ostilità, sperimenteremo il “vuoto”, non significa che esso sia il puro nulla, ma che oltrepassa ogni idea di cui la mente sia capace, il contenitore del tutto… Il vero IO non è un’idea ma un’esperienza.

Possiamo solo accogliere-abbracciare la vita e ogni sua manifestazione, senza opporre resistenza, passando da una fase all’altra così come alla primavera seguono l’estate e poi l’autunno e l’inverno… preoccuparci o aver timore di tutto sarebbe come proclamarsi ignoranti davanti a queste leggi della natura.

Tutto è movimento e crescita, è il corso della natura, il principio che determina il cambiamento e lo governa, il continuo movimento della vita che non si ferma neanche per un attimo. Nulla nell’universo è statico, immobile o perfetto perché sarebbe morto, tale pensiero è nato solo nella mente degli uomini che vorrebbero aggrapparsi alle cose nella speranza che si possano fermare o rimanere perfette, possiamo solo arrenderci alla loro forza senza opporci.

Auguro a tutti Voi una serena estate. La vita in questa particolare fase storica ci sta insegnando ad abbracciare ogni cosa e ricordiamoci ciò che è detto nel Mumon-kan:

Nessun cancello sbarra le pubbliche strade;
Vi sono sentieri di ogni genere;
Coloro che oltrepassano questa barriera
Camminano liberamente per tutto l’universo.

Cristin

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#cristin #cambiamento #libertà #universo #movimento #vita

UN NUOVO MONDO

UN NUOVO MONDO

Il femminile è stato per secoli sacrificato, abusato, calpestato e privato di dignità e rispetto; dal canto suo il maschile ha condotto e dominato il mondo dimenticando che l’incontro con il femminile è evoluzione, è forza generativa, è portare a compimento.

Il femminile è stato relegato.
Hanno cercato di spegnere la nostra luce, quella luce che illumina ogni cosa, che sa accogliere e abbracciare anche le più feroci atrocità, quella vitalità che nessuna prigionia o costrizione può spegnere o silenziare, quella sensibilità che sente e vede ciò che ancora non si è svelato; la capacità creativa di donare all’esterno e nutrire l’interno, di saper ricevere e rispondere… generatrice di vita.

Ciascuna di noi nel proprio piccolo spazio ha vissuto piccoli o grandi abusi, sia a livello psichico, mentale, emotivo, famigliare, lavorativo ed economico: ci siamo scontrate con la “sapienza razionale” maschile, con il suo potere che ha cercato in tutti i modi di zittire e offuscare quella natura imprevedibile che ci appartiene, che smuove montagne e crea tempeste, che fa tremare un mondo eccessivamente razionale, sempre attivo, controllore e manipolativo perdendo il valore dell’ESSERE, della condivisione e della fratellanza.

Vuole nascere un mondo nuovo dove maschile e femminile, uomo e donna si incontrano in un amorevole abbraccio – senza differenze, senza divisioni – per concepire e partorire una nuova vita, un nuovo modo di comunicare e di collaborare.
Una fusione creativa dove attivo e ricettivo interagiscono, dove volontà e intuizione si integrano, dove razionalità e sensibilità danzano insieme per far crescere un nuovo ESSERE. Un’ unione che radica una nuova vita.

Siamo noi a decidere che non ci sono più debiti da pagare, che siamo libere di andare incontro alla vita non certo per un esito finale ma per ricominciare… ricominciare a fiorire dai nostri dolori e dalle nostre risate.

Siamo pronte, è tempo, dobbiamo tornare a casa.

Adrienne Rich scrive:
Giù accanto al relitto

C’è una scala.
La scala è sempre lì
innocentemente penzola
lungo la fiancata della goletta…
Scendo…
Esploro il relitto…
Riesco a vedere i danni subiti
e i tesori che trionfano…

Cristin
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