Voglia di star bene

Parliamo del vivere bene.
La premessa fondamentale per vivere bene è star bene con se stessi.
Nessuno può pensare di vivere bene con gli altri se non ha una perfetta conoscenza di sé, se non si è accettato, se non si è amato.
Vivere bene con se stessi a volte risulta difficile perché le aspettative che abbiamo nei nostri confronti spesso sono altissime: spesso non ci percepiamo per come siamo, ma per come  vorremmo essere.
Questo modo di fare, di porgerci agli altri, di interagire con chi ci è attorno crea contrasti continui.
Per vivere bene invece è sufficiente essere noi stessi, dare il meglio di noi, accettarci per come siamo, anche con le nostre debolezze.
Non dobbiamo mai vergognarci delle nostre debolezze, proprio perché sono le nostre: l’importante è riuscire a gestirle per renderle lievi, leggere; non dobbiamo fissare continuamente il pensiero sul lato carente della nostra personalità, ma amarlo, accettarlo, capire che ognuno è diverso dall’altro e che se siamo carenti da una parte, eccelliamo da un’altra.
L’equilibrio che dobbiamo cercare in noi per star bene è l’equilibrio che poi portiamo all’esterno nei rapporti con gli altri.
Quello che può aiutare moltissimo è l’Umiltà, questa parola che continuamente ripeto: UMILTÀ.
Sentirsi piccoli perché parte di un Universo, sentirsi la cellula di un corpo regolato da leggi armoniose che ci permeano, ci guidano, ed a cui noi – volenti o nolenti – dobbiamo sottostare.
Se riusciamo a sentirci una cellula, tutto diventa più facile.
La nostra personalità passa in secondo piano: in primo piano c’è la nostra voglia  di star bene con noi stessi.
Ci sono periodi della Vita in cui lo star bene con noi stessi non è possibile perché troppe sono le situazioni che ci spingono a fare, a dimostrare e forse anche a mistificare il nostro vero Essere.
Poi però arriva un momento, nella maturità, quando tutto questo ci appare inutile ed abbiamo voglia di essere noi stessi fino in fondo.
Non abbiamo più voglia di dimostrare niente a nessuno.
Facciamo un’eccezione solo per noi stessi: dobbiamo dimostrare a noi stessi che sappiamo vivere bene, che viviamo il lato migliore di noi.
Spesso questo nostro essere noi stessi può creare malintesi con gli altri, ma se ci siamo accettati in toto, accettando anche i nostri limiti, sapremo anche spiegare agli altri come siamo fatti e, se gli altri faranno lo stesso lavoro su se stessi (amandosi, accettandosi, capendosi), potranno comprendere il meccanismo: io mi accetto esattamente come sono, quindi devo essere accettato per come sono, poiché nell’essere me stesso mi sforzo sempre di dare il meglio di me.
La Vita non potrà mai chiedermi qualcosa che non sono in grado di fare o di dare: la Vita mi porge quello che è in Armonia con le mie potenzialità.
È la mia personalità che tante volte smania per Apparire, per voler essere più di quanto io sia in grado di essere.
Tutto questo va abbandonato, e allora dentro di noi scenderà una calma profonda, vera, autentica, una pacificazione interiore…
Dobbiamo quindi prenderci per mano, coccolarci, amarci e soprattutto accettarci.
Ricordiamoci che non dobbiamo dimostrare nulla: dobbiamo semplicemente Essere.
Ricordarci sempre di Essere e vivere la parte migliore di noi.
Ogni volta che le situazioni generano contrasto, ogni volta che il nostro carattere si infiamma, quando vorremmo arrabbiarci, quando vorremmo farci valere, dobbiamo fermarci e pensare se veramente ne vale la pena.
Se in quel momento stiamo difendendo noi stessi dagli altri per un principio, per l’apparenza, per voler dimostrare…  allora dobbiamo fermarci  e capire veramente che non ne vale la pena.
Noi siamo come siamo, e come tali non siamo né migliori né peggiori se l’altro ci accetta o non ci accetta, se l’altro ci loda o ci critica: noi rimaniamo come siamo.
Amare se stessi vuol dire avere una grande conoscenza di sé, e questo ci porta a non essere soggetti agli alti e bassi che derivano dai giudizi altrui.
Ascoltiamo però gli altri quando danno giudizi su di noi: riflettiamo se sono veri, se possono servirci per portare un miglioramento nel nostro essere, e poi rimandiamoli al mittente.
Non possiamo permetterci di star male per gli altri, non dobbiamo entrare in meccanismi che  deprimono la nostra Energia, che ci tolgono le forze, che alimentano solo la rabbia e il risentimento.
Dobbiamo pensare che la Vita dev’essere vissuta al meglio, con Dignità, con Consapevolezza, con Rettitudine.
Cerchiamo di isolarci da chi ci butta la Paura addosso, da chi vive con ansia, da chi vede sempre tutte le situazioni in modo negativo; prendiamo le distanze: non ci fa bene questo modo di vedere la Vita, non serve né a noi né agli altri.
Con il pessimismo non si cambiano le situazioni.
Ognuno di noi deve essere impegnato a dare il meglio, deve fare della sua Vita un capolavoro di Onestà, di Rettitudine, di Condivisione e soprattutto di apertura verso gli altri.
Accogliamo gli altri senza giudizio.
Accogliamoli come parte di noi, cerchiamo nel rapporto con l’altro di dare sempre il nostro meglio e anche l’altro verrà contagiato e darà il meglio di sé.
Portiamo dentro di noi questo proponimento: di non lasciarci abbattere dagli altri, da forze esterne, da condizionamenti che continuamente vengono indotti dall’esterno.
Chiudiamoci in noi dando valore alla nostra Vita.
La Vita è nostra e noi abbiamo il dovere di viverla al meglio: nessuno può offuscare la nostra Gioia di vivere.

di Carla Parola
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TECNICA METAMORFICA – IL TOCCO CHE TRASFORMA…

Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla. Lao Tze “Tao Te Ching”.

La Tecnica Metamorfica ti accompagna silenziosamente là dove le risposte ti aspettano da sempre, rispettando i tuoi tempi, i tuoi ritmi, ma soprattutto il tuo Essere.

                       Mappa del piede

La Tecnica Metamorfica consiste in un leggero sfioramento di punti precisi su piedi, mani e testa, su cui si riflette il periodo prenatale.

Si è rivelata un valido supporto quando ci si sente stressati, nelle fasi di passaggio della vita (infanzia, adolescenza, menopausa e andropausa…)durante la gravidanza e il post-partum, in caso di lutto, separazione, trasloco, salute carente, malattia. La Tecnica Metamorfica è stata creata lavorando con bambini portatori di handicap. E’ adatta a tutti.

Il periodo prenatale è considerato una tappa fondamentale per lo sviluppo della vita umana, sia sotto l’aspetto fisico che sotto l’aspetto caratteriale ed emozionale, venendo in essere tutto quel corredo di particolari abilità, caratteristiche, atteggiamenti mentali, schemi di condizionamento che ci accompagnano poi nel corso della vita.

Le cellule del nostro corpo sono impregnate di tutte le esperienze della nostra vita, incluso quindi il periodo prenatale.
E’ l’insieme di queste memorie che può essere trasformato. Di solito portiamo l’attenzione sulla realtà che ci circonda e siamo poco inclini a osservare ciò che accade dentro di noi. Per questo molto spesso tante percezioni e sensazioni rimangono inconsce. Guardiamo la realtà  secondo il principio di causa ed effetto,  mentre la Tecnica Metamorfica si fonda sul principio di corrispondenza,  in base al quale tutto è specchio di qualcos’altro…

Durante una sessione, il praticante esercita uno sfioramento sui punti riflessi della colonna vertebrale. Lavora prevalentemente sui  piedi e brevemente su mani e testa. In questo modo si dà alla persona uno spazio  piacevole e rilassante dove può  “semplicemente essere”.
Le sessioni, dalla durata di circa un’ora, possono essere facilmente integrate nella vita quotidiana, in quanto si è liberi di scegliere
secondo le proprie preferenze e i propri bisogni personali. Le frequenze e il numero delle sessioni sono lasciati totalmente al sentire della persona. Alcuni fanno regolari incontri, altri uno di tanto in tanto, quando ne sentono il bisogno, si sentono stanchi o poco motivati.

Molti dopo la sessione notano di riuscire ad affrontare meglio questi periodi di transizione, altri trovano che in momenti di tensione sono in grado di gestire certe situazioni in modo più efficace in quanto si ha a disposizione più energia e maggiore fiducia in sé, cambia il loro modo di sentirsi e di vedere la vita; in molti casi sperimentano una crescente forza interiore, ma soprattutto le persone esprimono maggior creatività nella loro vita. 

E’ anche possibile che per qualche giorno dopo la sessione si ripresentino alcuni sintomi o stati emotivi del passato. Tutto ciò fa parte del movimento di trasformazione, che prima fa riemergere il “vecchio” per poi abbandonarlo. Vecchi modi di essere e/o di comportarsi possono spontaneamente dissolversi o emergere per concludere il loro ciclo, lasciando spazio al nuovo.

La Tecnica Metamorfica è unica nel suo genere, poiché non è né una terapia né un trattamento, e non è neanche un massaggio o un metodo volto alla guarigione.
Non prevede diagnosi né manipolazione profonda, non comporta la cura di sintomi particolari.

Il praticante
ha una naturale predisposizione all’ascolto, opera in una condizione di completo distacco, cioè mette a disposizione di chi riceve la TM un terreno privo di qualsiasi intenzione, direzione o idea preconcetta; non dà consigli, né tanto meno impone la sua volontà, nel più totale rispetto e accettazione  dell’altro. Poiché  è la forza vitale della persona che fa il lavoro e opera il cambiamento, il praticante si “mette di lato”.

Ciò crea un ambiente privo di condizionamenti, in cui l’Energia Vitale della persona ha la possibilità di fluire liberamente e operare la trasformazione dei propri schemi, in base alle sue più intime priorità, appropriandosi della capacità di guarire se stessa.

La Forza Vitale e l’Intelligenza Innata della persona sono le sole responsabili del movimento di trasformazione  e le permettono di passare da ciò che crede di essere a ciò che E’.
Per questo motivo la TM è una tecnica che ha una sua propria autonomia, che consente a chi la riceve di passare dalla consapevolezza di “avere” la vita a quella di “essere” la vita.

Non è responsabilità del praticante curare la persona. Non è a causa del lavoro del praticante che la persona si trasforma.

La persona si trasforma perché è viva: sente che è il momento di cambiare il suo panorama interno ed ha bisogno di entrare maggiormente in contatto con se stessa. E lo fa assieme al praticante. Ogni cambiamento avviene originando esclusivamente dall’interno dell’individuo.

Il praticante agisce semplicemente come catalizzatore nel processo.

La funzione del praticante è analoga a quella che la terra ha per il seme, fornire un ambiente neutro per la trasformazione. Sarà la forza vitale del seme a far sciogliere la sua dura scorza e a consentirgli di nutrirsi delle sostanze di cui ha bisogno per germogliare. Negli esseri umani la “scorza” è data da quelle emozioni, da quei sentimenti, da quei pensieri, di cui non sempre si è consapevoli, che si sono codificati sotto forma di schemi energetici e hanno dato vita a quei comportamenti che caratterizzano ciascuno di noi. Come in natura c’è bisogno del contatto tra il seme e la terra perché avvenga la trasformazione, così il praticante offre il contatto sfiorando i piedi, le mani e la testa di chi riceve la sessione.

La Tecnica può essere ricevuta da sola oppure contemporaneamente ad altri approcci, siano essi la medicina convenzionale o le terapie alternative e complementari.

Cristin Naldi
Membro Praticante Metamorphic Association

 

Ascoltarsi in profondità per aprire le porte alla guarigione

Un terapeuta può aiutare il proprio paziente a trovare un certo significato, ma la guarigione appartiene al malato.

Attenzione, tutto ciò non passa attraverso “una tecnica”.

Bisogna cominciare accettando semplicemente di riconoscere quel che proviamo ed osare parlarne, osare lasciare all’emozione la libertà di esprimersi. Ascoltare il profondo di noi stessi, prendere l’abitudine di dare un nome a ciò che proviamo: “Io provo questo”.

Non si tratta di “qualcuno”, si tratta di “me” e non è “ridicolo”.

Ma, se è vero che non bisogna fuggire l’emozione che si sta esprimendo, non per questo bisogna fissarsi su questa stessa emozione, rafforzandola così a livello del cervello: esprimerla non vuol dire “coltivarla”.

Vedremo presto che, per poter entrare nella struttura del nostro essere profondo, abbiamo da superare la dimensione emozionale.

E tuttavia, è la capacitá – o il rifiuto – di ognuno ad entrare in contatto con ciò che lo tocca più nel profondo che fa la differenza in questo approccio alla guarigione. Certo, è possibile scegliere di rimanere distanti dalla propria dimensione profonda, ma forse è importante rendersi conto che la guarigione passa, essenzialmente, attraverso il riconoscimento di quel che siamo.

Questo messaggio è rivolto a tutti, a qualsiasi età e qualunque sia la propria problematica, perchè, lo ripetiamo, nulla è irreversibile, mai, e finchè siamo vivi abbiamo qualcosa da fare…

Jean-Philippe Brébion

L’ego: il falso centro

 Come prima cosa, si deve comprendere cos’è l’ego. Un bimbo nasce. Egli viene al mondo senza alcuna cognizione, né coscienza del suo sé. E quando un bimbo nasce la prima cosa di cui diventa consapevole non è se stesso: come prima cosa diventa consapevole dell’altro. E’ naturale, perché gli occhi si aprono verso l’esterno, le mani toccano gli altri, le orecchie ascoltano gli altri, la lingua sente il sapore del cibo e il naso sente gli odori esterni. Tutti questi sensi sono aperti verso l’esterno. Nascere significa questo. Nascita significa venire in questo mondo: il mondo di ciò che sta fuori. Per cui, quando nasce un bambino, egli nasce a questo mondo. Apre gli occhi, vede gli altri.

Gli “Altri” significano il tu. Egli dapprima diventa consapevole della madre. Poi, un po’ alla volta, diventa consapevole del suo corpo. Anche questo è l’altro, anche questo appartiene al mondo esterno. Ha fame e sente il suo corpo; il suo bisogno viene soddisfatto, ed egli si dimentica del corpo. E’ così che un bimbo cresce. Prima diventa consapevole dell’altro, e poi, a poco a poco, in contrasto con l’altro, diviene consapevole di se stesso.

Tale consapevolezza è una consapevolezza riflessa. Egli non è consapevole di chi lui sia. E’ semplicemente consapevole della madre e di ciò che lei pensa di lui. Se sorride, se gli fa dei complimenti, se gli dice: “Quanto sei bello”, se lo abbraccia e lo bacia, il bimbo è soddisfatto di sé. In questo modo, è nato l’ego. Attraverso i complimenti, l’amore, le cure, egli si sente bene, sente di essere apprezzato, sente di avere un significato. Nasce un centro. Ma questo centro è un centro riflesso. Non è il suo vero essere.

Egli non sa chi è; sa solo quello che gli altri pensano di lui. E questo è l’ego: il riflesso, ciò che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno gli fa i complimenti, se nessuno gli sorride, anche in questo caso nasce un ego: un ego malato, triste, rifiutato, simile a una ferita; un ego che si sente inferiore, indegno. Anche questo è ego. Anche questo è un riflesso. Dapprima viene la madre, e all’inizio la madre rappresenta tutto il mondo. Poi alla madre si uniscono gli altri, e il mondo continua a crescere. E più il mondo cresce, più l’ego diventa complesso, perché vi si riflettono le opinioni di molte altre persone.

L’ego è un fenomeno di accumulazione, un sottoprodotto della vita vissuta con gli altri. Se un bambino vive completamente solo, non accadrà che in lui cresca un ego. Ma questo non aiuta affatto. Egli rimarrà come un animale. Questo non vuol dire che arriverà a conoscere il suo autentico sé, per nulla! Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso. E’ una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione.

Non potete conoscere la verità direttamente. Prima dovete conoscere ciò che non è vero. Prima dovete scontrarvi con il falso: questo incontro, vi aiuterà a conoscere la verità. Se conoscete il falso in quanto tale, la verità sorgerà in voi. L’ego è una necessità; è una necessità sociale, è una conseguenza della società. La società è tutto ciò che vi circonda: non siete voi, ma quello che vi sta intorno. Tutto, eccetto voi, è la società. E tutti riflettono. Andrai a scuola e il maestro rifletterà chi sei. Diventerai amico di altri bambini, e gli altri bambini rifletteranno chi sei. Pian piano, tutti quanti aggiungono qualcosa al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo, in modo tale che tu non divenga un problema per la società. Gli altri non si preoccupano di te. Il loro unico interesse è la società.

La società si preoccupa di se stessa, e così dev’essere. A loro non importa che tu divenga un conoscitore di te stesso. A loro importa che tu divenga una parte efficiente del meccanismo della società: devi adattarti allo schema. Quindi, cercano di darti un ego compatibile con la società. Ti insegnano una morale. La morale comporta il darti un ego compatibile con la società. Se sei immorale, in un modo o nell’altro, sarai sempre un disadattato. Ecco perché mettiamo i criminali in prigione: non perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato; non perché la prigione possa aiutarli a migliorare, anzi… semplicemente, essi non sono compatibili.

Sono fonte di problemi. Hanno ego particolari, che la società non approva. Se la società li approvasse, tutto andrebbe bene. Un uomo ammazza qualcuno: è un assassino. E lo stesso uomo, in tempo di guerra, uccide migliaia di persone… e diventa un grande eroe. La società non è disturbata da un delitto, però il delitto deve essere commesso negli interessi della società: in questo caso è pienamente accettato.

La società non si preoccupa della moralità. La moralità presuppone semplicemente che tu ti debba adattare alla società. Se la società è in guerra, la morale cambia. Se la società è in pace, esiste una morale diversa. La morale è politica sociale. E’ diplomazia. E ogni bambino deve essere allevato ed educato in maniera tale, da rientrare negli schemi della società: questo è tutto, in quanto alla società interessa avere componenti efficienti. Alla società non interessa che tu raggiunga la conoscenza di te stesso.

La società crea un ego, perché l’ego può essere controllato e manipolato. Il sé non potrà mai essere né controllato né manipolato. Nessuno ha mai sentito parlare di un società che controlli il sé: non è possibile. E il bambino ha bisogno di un centro; il bambino è totalmente inconsapevole del suo centro. La società gli dà un centro, e il bambino a poco a poco, si convince che quello sia il suo vero centro: l’ego che gli dà la società. Un bambino torna a casa: se è risultato il primo della classe, tutta la famiglia è felice. Lo abbracciate e lo baciate, ve lo prendete sulle spalle, lo fate ballare, e gli dite: “Figlio bello! Siamo orgogliosi di te.” Gli state dando un ego, un ego sottile. E se il bambino torna a casa deluso, sconfitto, una frana — non ce l’ha fatta, oppure lo hanno messo nell’ultimo banco — allora nessuno gli fa complimenti, ed egli si sente rifiutato… la prossima volta ci metterà più impegno, perché il suo centro è stato scosso.

L’ego è sempre agitato, è sempre in cerca di alimento, in cerca di qualcuno che gli faccia delle lodi. E’ per questo motivo che chiedete continuamente attenzione. Ho sentito raccontare: Mulla Nasruddin e sua moglie stavano uscendo da un cocktail party, e Mulla disse: “Cara, nessuno ti ha mai detto che sei affascinante, che sei bella, che sei stupenda?” Sua moglie si sentì salire alle stelle, era felicissima. Rispose: “Mi domando come mai nessuno me l’abbia mai detto.” Nasruddin replicò: “E allora, cosa te lo fa pensare… ?” Tu prendi dagli altri l’idea di chi sei. Non è un’esperienza diretta. Sono gli altri a darti l’idea di chi sei. Essi danno forma al tuo centro.

Questo centro è falso, perché porti in te stesso il tuo vero centro. Nessun altro può metterci voce… non sono affari suoi! Nessun altro gli può dare una forma… vieni al mondo con quel centro. Tu sei nato con lui. Quindi, tu hai due centri. Un centro tuo, che ti è dato dall’esistenza stessa: questo è il sé. E l’altro creato dalla società: questo è l’ego.

E’ una cosa falsa… ed è in se stesso un grandissimo stratagemma. Attraverso di esso la società ti controlla: devi comportarti in un certo modo, perché solo in questo caso la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo; devi ridere in un certo modo; devi assumere un certo comportamento, avere una morale, un codice. Solo così la società ti apprezzerà, e se ciò non accade, il tuo ego ne sarà sconvolto. E quando l’ego viene scosso, tu non sai più dove sei, non sai più chi sei.

Gli altri ti hanno dato quell’idea. Quell’idea è l’ego. Cercate di capirlo quanto più profondamente possibile, perché questa è una cosa che si deve gettare via. E a meno che non la gettiate via, non potrete mai raggiungere il sé… perché voi tutti siete dipendenti dal centro: non potete muovervi, e di conseguenza non siete in grado di guardare nella direzione del sé. E ricordate: ci sarà un periodo di transizione, un intervallo di tempo, durante il quale l’ego sarà fatto a pezzi; voi non saprete più dove siete né chi siete, e tutti i confini si confonderanno. Sarete confusi, nel caos. In questo caos, avrete paura di perdere il vostro ego, ma deve essere così.

Bisogna passare attraverso il caos per arrivare a toccare il vero centro. Se avrete coraggio, questo periodo sarà breve. Se invece avete paura e ricadete nell’ego, e ricominciate ancora una volta a organizzarlo, allora ci vorrà moltissimo tempo, forse addirittura intere vite. Una volta un bambino andò a far visita ai nonni; aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo mise a letto, improvvisamente si mise a gridare, a piangere: “Voglio andare a casa, ho paura del buio.” La nonna allora gli disse: “So bene che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto la luce accesa, perché allora qui hai paura?” Il bambino rispose: “E’ vero, ma quello è il mio buio; questo buio qui, invece, non lo conosco.” Anche dell’oscurità si pensa: “Questa è la mia”. All’esterno… un’oscurità sconosciuta. Con l’ego la sensazione è: “Questa è la mia oscurità.” Può anche essere difficoltoso; può creare molte sofferenze, tuttavia si pensa: è mio. Qualcosa da afferrare; qualcosa a cui aggrapparsi; qualcosa sotto i piedi… non siete in un limbo, nel vuoto. Puoi anche essere infelice, ma perlomeno esisti. Persino l’essere sofferente ti dà il senso di “Io sono”.

Se te ne allontani, arriva la paura; inizi a temere l’oscurità che non conosci e il caos… perché la società è riuscita a far luce solo su una piccola parte del tuo essere. E’ come entrare in una foresta: fai un po’ di pulizia, liberi un piccolo spazio, lo recinti, costruisci una capanna, un giardinetto, un prato… e sei soddisfatto. Oltre la siepe, la foresta, il mondo selvaggio. Qui tutto è a posto: hai pianificato tutto. E’ accaduta la stessa cosa. La società ha fatto un po’ di pulizia nella vostra consapevolezza. Ha ripulito perfettamente una piccola parte e l’ha recintata. E lì dentro tutto è a posto. E’ questo che fanno tutte le vostre università.

Tutta la cultura e tutti i condizionamenti, servono solo a ripulire quella piccola porzione del vostro essere in modo tale da farvi sentire a casa. Ma ecco che vi spaventate. Oltre la siepe c’è il pericolo. Voi esistete oltre la siepe, così come esistete al suo interno, e la vostra mente cosciente è appena una parte, un decimo di tutto il vostro essere. Gli altri nove decimi sono in attesa, nell’oscurità, e in questi nove decimi è nascosto, da qualche parte, il vostro centro reale. E’ necessario rischiare… essere coraggiosi.

Occorre fare un passo nell’ignoto. Per un attimo, tutti i confini spariranno. Per un attimo, avrete le vertigini. Per un attimo, sarete spaventati e sconcertati, come se fosse avvenuto un terremoto. Ma se siete coraggiosi e non tornate indietro, se non ricadete di nuovo nell’ego e continuate ad andare avanti… dentro di voi esiste un centro, che possedete da vite intere. Questa è la vostra anima, il vostro sé.

Quando vi ci avvicinerete, tutto cambierà, tutto si organizzerà di nuovo. Ma questa volta l’assestamento non sarà opera della società. Ora ogni cosa diventerà un tutto organico e armonico, non un caos: nascerà un nuovo ordine. Ma questo non è più l’ordine della società: è l’ordine stesso dell’esistenza: è ciò che Buddha, chiama Dhamma; Lao Tzu, Tao; Eraclito, Logos. Non è fatto dall’uomo: è l’ordine stesso dell’esistenza. Ecco che allora, all’improvviso, tutto sarà di nuovo bello; anzi, per la prima volta, è davvero bello, perché le cose fatte dall’uomo non possono essere belle.

Al massimo se ne può nascondere la bruttezza, ma niente di più. Si può cercare di renderle attraenti, ma non potranno mai essere belle. La differenza è la stessa che esiste tra un fiore vero e uno di plastica o di carta. L’ego è un fiore di plastica, morto. Sembra un fiore, ma non lo è. Di fatto, non lo si può chiamare fiore. Anche da un punto di vista linguistico è sbagliato, perché un fiore è qualcosa che fiorisce, mentre questo oggetto di plastica è solo un oggetto, non può fiorire. E’ morto, in lui non c’è vita alcuna. Tu hai, dentro di te, un centro in fiore. E’ per questo che gli hindu lo chiamano Fior di Loto, perché è qualcosa che fiorisce. Lo chiamano il loto dai mille petali.” Mille”, significa “infiniti petali”.

E continua a fiorire, non si ferma mai, non muore mai. Voi però, vi accontentate di un ego di plastica. E sono molti i motivi per cui vi accontentate. Con una cosa morta ci sono molti vantaggi. Il primo, è che una cosa morta non muore mai. Non può… non è mai stata viva. Quindi, potete comprare fiori di plastica; sotto un certo aspetto vanno bene: durano molto… non sono eterni, ma durano a lungo. Il fiore vero, che spunta in giardino, è eterno, ma non dura a lungo. E ciò che è eterno ha un suo modo di esserlo.

E questa è la via di ciò che è eterno: nascere e morire continuamente. Con la morte si ricrea, torna a essere di nuovo giovane. A noi sembra che il fiore vero sia morto… non muore mai, cambia semplicemente corpo, e in questo modo è sempre fresco.

Lascia il vecchio corpo e entra in quello nuovo. Fiorisce da qualche altra parte… e continua a fiorire. Ma noi non siamo in grado di cogliere questa continuità, perché è invisibile: vediamo solo un fiore e poi un altro fiore… non vediamo mai la continuità. E’ lo stesso fiore che è sbocciato ieri. E’ lo stesso sole… ma con un abito diverso. L’ego ha una sua qualità: è morto, è una cosa di plastica. Ed è molto facile averlo, perché sono gli altri a dartelo. Non hai bisogno di cercarlo, non è richiesta nessuna ricerca.

Ecco perché solo diventando un ricercatore dell’ignoto, potrai essere un individuo, altrimenti non lo sarai mai. Tu sei solo parte della folla. Sei tu stesso una folla. Se non hai un centro reale, come farai a essere un individuo? L’ego non è dell’individuo. E’ un fenomeno sociale, appartiene alla società, non è tuo. Ti dà però una funzione nella società, ti inserisce in una gerarchia. E se ti accontenti di questo, perderai ogni occasione di trovare il tuo “sé”. Ed è per questo che sei così infelice. Con un vita artificiale, come puoi essere felice? Con una vita falsa, come puoi vivere in estasi e in beatitudine? Ed ecco che questo ego crea molte sofferenze, milioni di sofferenze.

Tu non lo puoi vedere, perché è la tua stessa oscurità e tu sei identificato con essa. Non hai mai notato che tutti i tipi di infelicità penetrano in te attraverso l’ego? Non ti può rendere beato, può solo renderti infelice. L’ego è l’inferno. Ogni volta che soffri, cerca semplicemente di osservare, di analizzare… e scoprirai, che è l’ego, in qualche modo, la causa di tutto. Inoltre, esso continua a scoprire nuovi motivi di sofferenza. Una volta mi trovavo a casa di Mulla Nasruddin, e la moglie diceva cose terribili su di lui in modo rabbioso, villano, aggressivo, era quasi sul punto di scoppiare, con violenza.

Il Mulla se ne stava però seduto in silenzio, e ascoltava. All’improvviso la moglie si voltò verso di lui e gli disse: “E così, hai ancora da ridire, vero?” Mulla rispose: “Ma se non ho aperto bocca.” “Lo so”, rispose la moglie, “ma stai ascoltando in modo molto aggressivo.” Sei un egoista, come tutti. Alcuni problemi sono grossolani, superficiali, e non presentano troppe difficoltà. Altri invece sono sottili, profondi e sono questi i veri problemi.

L’ego lotta in continuazione con gli altri, perché non ha nessuna confidenza con se stesso; non può averne, è qualcosa di falso. Quando non hai niente in mano e invece pensi di avere qualcosa, ecco che nasce il problema. Se qualcuno dice: “Non c’è niente”, comincerà subito la lotta, perché anche tu senti che non c’è niente… l’altro ti rende cosciente di questa evidenza. L’ego è falso, è nulla, e questo lo sai anche tu. Come puoi non saperlo? E’ impossibile.

Un essere consapevole, come può non sapere che il suo ego è semplicemente falso? Gli altri gli dicono che non c’è niente, e tutte le volte che gli altri ti dicono che non c’è niente, ti feriscono, dicono la verità, e niente colpisce come la verità. Devi difenderti: se non lo fai, se non stai sulla difensiva, che cosa accadrà di te? Ti perderai. La tua identità si spezzerà. Per questo devi difenderti e lottare: qui nasce il conflitto. Chi è centrato nel suo sé, non è mai in conflitto. Possono essere gli altri a lottare con lui, ma lui non si metterà mai in conflitto con nessuno.

Una volta, mentre un maestro Zen camminava per la strada, un uomo si precipitò su di lui e lo colpì duramente. Il maestro cadde, poi si rialzò, e riprese a camminare nella stessa direzione di prima, senza neppure voltarsi indietro. Un discepolo che era con il maestro rimase molto colpito e chiese: “Chi è quell’uomo? Che cosa vuol dire tutto questo? Nessuno può voler uccidere un essere che vive come te; e tu non lo hai neppure guardato. Chi è, e perché l’ha fatto?” Il maestro rispose: “E’ un problema suo, non mio.” Puoi metterti a combattere con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se tu rimani ferito in quella lotta, anche questo sarà un tuo problema, non suo. L’illuminato non può colpirti. E’ come picchiare contro un muro: ti potrai anche ferire, ma non è il muro che ti colpisce. L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché? Perché se nessuno ti presta attenzione, il tuo ego inizia a sentirsi affamato.

Vive sull’attenzione degli altri. Perciò, anche se qualcuno lotta ed è in collera con te, questo ti va bene: per lo meno ti ha prestato attenzione. Se qualcuno ti ama tutto va bene; ma se nessuno ti ama, ti va bene anche la rabbia. Perlomeno sei oggetto di attenzione. Se però questa attenzione non esiste, se nessuno pensa che sia importante, che tu sia qualcuno, come farai a nutrire l’ego? E’ necessaria l’attenzione degli altri… e tu cerchi di attirarla in mille modi: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti in modo educato, cerchi di cambiare.

Quando percepisci che la situazione è di un certo tipo, ti adegui immediatamente, in modo che la gente ti presti attenzione. Questo è vero e proprio mendicare. Un vero mendicante è colui che ricerca e chiede attenzione. E un vero imperatore è colui che vive di se stesso, che ha un proprio centro e non dipende da nessun’altro. Buddha è seduto sotto l’albero del bodhi… se il mondo di colpo scomparisse, farebbe forse qualche differenza per lui? No, per nulla. Se il mondo intero scomparisse, non farebbe alcuna differenza, perché egli ha conseguito il proprio centro.

Tu invece, se tua moglie scappa, divorzia, va con qualcun altro, vai in pezzi, resti completamente sconvolto: lei, infatti, ti prestava attenzione, si dedicava a te, ti amava, ti stava sempre attorno, ti faceva sentire qualcuno. Ora, il tuo impero è completamente perduto, sei semplicemente distrutto. Cominci a pensare al suicidio. Ma perché? Perché se la moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché se il marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai nessun centro che sia davvero tuo. Erano il marito o la moglie a dartelo. Questo è il modo in cui la gente vive. Questo è il modo in cui si diventa dipendenti dagli altri. E’ una vera e propria schiavitù, ed è molto profonda. L’ego deve essere schiavo: dipende dagli altri. Solo una persona priva di ego è per la prima volta un maestro, non più uno schiavo. Cerca di capirlo. Inizia a cercare l’ego: non negli altri — che non ti riguarda — ma in te stesso.

Tutte le volte che ti senti infelice, meschino, chiudi immediatamente gli occhi: cerca di scoprire dove ha origine questa infelicità, e ogni volta scoprirai che il tuo falso centro è entrato in conflitto con qualcuno. Ti aspetti qualcosa… e non succede niente. Ti aspetti qualcosa… e accade tutto il contrario: il tuo ego ne rimane sconvolto, cadi nell’infelicità più nera. Limitati ad osservarlo: quando ti senti infelice prova a scoprirne il motivo. Le cause non stanno al di fuori di te. Il motivo fondamentale è dentro di te, ma tu guardi sempre al di fuori, chiedi sempre: chi mi rende così infelice? Chi provoca questa mia rabbia, questa mia angoscia? Se guardi all’esterno, non lo scoprirai mai.

Limitati a chiudere gli occhi e a guardare sempre dentro di te. La fonte di ogni miseria, rabbia, angoscia, è nascosta dentro di te: è il tuo ego. E se trovi la fonte, sarà facile andare oltre. Se riesci a vedere che il tuo stesso ego è la causa di ogni sofferenza, preferirai abbandonarlo, perché nessuno può portarsi dietro la causa della propria sofferenza, una volta che la conosce.

E ricordarti che non c’è bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi farlo. Se ci provi, arriverai ad avere un ego più raffinato che dirà: “Sono diventato umile”. Non cercare di essere umile. Di nuovo sarà una maschera dell’ego, ancora non sarà morto. Non cercare di essere umile. Nessuno può darsi da fare per essere umile; e nessuno lo può diventare attraverso lo sforzo.

Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione: è l’ombra del vero centro. Un uomo davvero umile, non è né umile né egoista. E’ unicamente semplice. Non è neppure consapevole di esser umile.

Se si è consapevoli di essere umili, l’ego esiste ancora. Guarda le persone umili… ce ne sono a milioni che credono di esserlo. Si inchinano molto profondamente, ma osservali: sono gli egoisti più elusivi. Ora si nutrono alla fonte dell’umiltà. Dicono: “Sono umile”, e poi ti guardano e aspettano la tua approvazione. “Come sei umile!” vorrebbero sentirti dire. “Sei davvero l’uomo più umile del mondo; nessuno è umile come te.” E osserva il sorriso che compare sui loro volti.

Che cos’è l’ego? L’ego è una gerarchia che si fonda sull’idea: ” Nessuno è come me”, e che può benissimo alimentarsi con l’umiltà. “Nessuno è come me, sono il più umile di tutti gli uomini.” Una volta, accadde che un fachiro, un mendicante, pregasse in una moschea, la mattina presto, quando era ancora buio.

Era una festa religiosa per i mussulmani, e lui pregava dicendo: “Non sono nessuno, sono il più povero dei poveri, il più peccatore tra i peccatori.” All’ improvviso, un’altra persona cominciò a pregare. Era l’imperatore di quel Paese, che non si era accorto che qualcun altro stava pregando — era ancora buio — e anche lui cominciò a dire: “Non sono nessuno, non sono niente. Sono semplicemente vuoto, un mendicante che bussa alla tua porta.” E quando si accorse che qualcun altro stava dicendo la stessa cosa, sbottò: “Smettila! Chi è che cerca di superarmi? Chi sei? Come osi dire davanti al tuo imperatore che non sei nessuno, mentre anche lui lo sta dicendo?”

Ecco come funziona l’ego. E’ così sottile e astuto, che bisogna stare molto, molto attenti: solo così lo si può vedere. Non cercare di essere umile, cerca semplicemente di capire che tutta l’infelicità e l’angoscia nascono dall’ego. Osserva semplicemente! Non c’è bisogno di lasciarlo cadere, non si può. Chi ci riuscirà? A quel punto, colui che lo lascerà cadere, diventerà un nuovo ego, perché l’ego ritorna sempre. Qualunque cosa tu faccia, limitati a metterti in disparte e osserva, guarda: non fare altro.

Qualunque cosa tu faccia — umiliarti, renderti modesto e semplice — niente ti sarà di aiuto. Puoi solo fare una cosa: limitarti a osservare che l’ego è la fonte di ogni miseria. Ma non dirlo, non ripeterlo, osserva. Perché dire che è la fonte di ogni infelicità, e continuare a ripeterlo, non serve a niente.

Tu devi arrivare a capirlo. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi semplicemente gli occhi: non cercare di scoprirne le cause all’esterno; prova a vedere da dove viene questa disperazione. E’ il tuo stesso ego. Se continui a sentire e a capire, se questa comprensione che l’ego ne sia la causa, si radica profondamente in te, un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso. Nessuno lo lascia cadere; nessuno è in grado di lasciarlo cadere.

Puoi semplicemente osservare che, a un certo punto, è scomparso, perché la comprensione stessa che sia l’ego a creare ogni sofferenza, lo fa cadere. Questa profonda comprensione, è la caduta stessa dell’ego. Ma tu sei bravissimo a vedere l’ego degli altri; anche se nessuno, in realtà, è in grado di vedere l’ego di un altro…. quando invece riguarda te, nasce il problema, perché non conosci questa regione, non l’hai mai attraversata.

Il vero sentiero verso il divino, verso l’assoluto, deve passare attraverso la regione dell’ego. Bisogna riconoscere come falso ciò che è falso. Bisogna riconoscere la fonte della nostra sofferenza in quanto tale, e a questo punto l’ego cade da solo, semplicemente. Quando ti rendi conto che è un veleno, cade da sé. Quando ti rendi conto che è fuoco, cade da sé. Quando ti rendi conto che è l’inferno, cade da sé.

Quindi non affermare mai: “Ho lasciato cadere l’ego”. Ridi semplicemente di tutto, del fatto che eri tu stesso l’autore di tutta la tua sofferenza. Stavo guardando dei fumetti di Charlie Brown. In uno di questi, gioca con i cubi, per costruirsi una casa. E’ seduto al centro, e monta le pareti… a un certo punto, si trova chiuso dentro: ha costruito pareti tutt’intorno a sé, e si mette a gridare: “Aiuto! Aiuto!” E’ stato lui a fare tutto! E ora è chiuso dentro, imprigionato. E’ un atteggiamento infantile, ma è quello che avete fatto tutti voi, finora. Avete costruito una casa tutto intorno a voi, e ora gridate: “Aiuto! Aiuto!” E la sofferenza aumenta a dismisura, perché colui che dovrebbe portarvi aiuto, si trova sulla stessa barca. Una donna bellissima va dallo psicanalista per la prima seduta, e lui, d’acchito, le chiede: “Per favore si avvicini”. E non appena la paziente gli si avvicina, il dottore le salta addosso, stringendosela tra le braccia e baciandola.

La donna rimane esterrefatta. Lo psicanalista continua: “Ora si segga pure. Questo risolve i miei problemi… adesso parliamo dei suoi!” Il problema diventa complesso, perché chi dovrebbe portare aiuto, si trova sulla stessa barca. Ed è, inoltre, felice di aiutare, perché in questo modo l’ego si sente molto, molto bene: sei di grande aiuto, sei un guru, un maestro, stai aiutando una infinità di persone; e quanto più numerosi sono i tuoi seguaci, tanto meglio ti senti.

Ma tu sei sulla stessa barca: non puoi aiutarli. Anzi, li danneggerai. Chi ha ancora i propri problemi, non può essere di grande aiuto. Solo chi non ne ha più, può aiutarti. Solo allora, avrà la chiarezza per vedere attraverso di te: una mente che non ha problemi propri, può vederti: per lei diventi trasparente.

Una mente che non ha problemi, può vedere dentro di sé, ed è per questo che è in grado di vedere attraverso gli altri. In Occidente, esistono numerose scuole di psicoanalisi, ma non sono di aiuto alle persone, anzi sono piuttosto un danno. E questo perché chi aiuta gli altri, o cerca di aiutarli, o si propone in quanto aiuto, in realtà si trova sulla stessa barca di coloro che vorrebbe salvare. E’ difficile vedere il proprio ego. E’ molto facile vedere quello degli altri. Ma non è questo il punto, tu non li puoi aiutare. Prova a vedere il tuo ego.

Osservalo semplicemente. E non avere fretta di lasciarlo cadere, osservalo semplicemente. Quanto più lo osservi, tanto più sarai in grado di osservarlo. E un giorno, all’improvviso, ti accorgerai che è semplicemente caduto. E quando cade per conto suo, solo in questo caso cade veramente. Non c’è altro modo. Non puoi farlo cadere prima del tempo. Cade esattamente come una foglia secca.

L’albero non fa niente: basta un soffio di vento, qualcosa che accade… e la foglia secca semplicemente si stacca. L’albero non si accorge nemmeno che la foglia secca sia caduta. Non fa rumore, non pretende niente, proprio niente. La foglia secca cade semplicemente, e non fa altro che frantumarsi sul terreno. Proprio così…

Quando, attraverso la comprensione e la consapevolezza, maturerai, e avrai realizzato davvero che l’ego è la causa di tutta la tua sofferenza, un giorno vedrai semplicemente cadere quella foglia secca. Si poserà a terra, morirà per conto suo, senza che tu abbia fatto nulla, senza la pretesa di essere stato tu a farla cadere. Ti accorgerai che l’ego è semplicemente scomparso, e in quel momento emergerà il vero centro. Questo vero centro è l’anima, il sé, dio, la verità o qualsiasi altro nome gli vogliate dare. E’ senza nome, per cui gli si può dare qualunque nome. Puoi dargli tu stesso il nome che preferisci.

Copyright © 2003 Osho International Foundation Osho,

tratto da: Tantra: La comprensione suprema

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Ma l’ego è il mio senso di me stesso, no?

No. L’ego è ciò che credi di essere. Non ha nulla a che fare con Chi Sei Realmente.

Questo non contraddice un tuo precedente insegnamento, cioè che è giusto avere un amor proprio?

No. Avere amor proprio è un’ottima cosa: l’ego è necessario per sperimentare ciò che stai provando adesso, cioè la sensazione di essere un’entità separata in un mondo relativo.

Okay, adesso sono totalmente confuso.

Anche questo va benissimo. La confusione è il primo passo verso la saggezza. Folle è chi crede di avere tutte le risposte.

Insomma, avere un ego va bene o non va bene?

Questa è una domanda complessa. Voi siete entrati nel mondo relativo (quello che Io definisco il Regno del Relativo) per sperimentare ciò che non potreste provare nel Regno dell’Assoluto. Cercate di sperimentare Chi Siete Realmente. Nell’Assoluto potete saperlo, ma non sperimentarlo. E il desiderio della vostra anima è quello di conoscersi attraverso l’esperienza. Il motivo per cui nel Regno dell’Assoluto non potete sperimentare nessun aspetto di Chi Siete Realmente è che in quella dimensione non c’è nulla che voi non siate. L’Assoluto è l’assoluto. Il Tutto di Ogni Cosa. L’Alfa e Omega, senza nulla nel mezzo. Non ci sono gradi dì “assolutezza”. I gradi di qualunque cosa possono esistere soltanto a livello relativo. Il Regno del Relativo è stato creato allo scopo di permettervi di conoscere Voi Stessi come esseri magnifici, tramite l’esperienza. Nel Regno dell’Assoluto non c’è altro che la magnificenza, quindi la magnificenza “non è”. Ovvero, non può essere sperimentata, non può esseRe conosciuta tramite l’esperienza, perché non è possibile sperimentare la magnificenza in assenza di ciò che, non è magnifico. In verità, siete Uno con tutte le cose. questa è la vostra magnificenza! Eppure, mentre siete in questo stato di unità con il tutto, non potete conoscerla, perché non esiste nient’altro, e quindi essere Uno con tutte le cose non significa nulla. Nella vostra esperienza, siete semplicemente “voi” e non sperimentate in alcun modo la magnificenza di tutto ciò. L’unico modo che avete per sperimentare la magnificenza di questa unità è quello di creare una condizione in cui non essere Uno con tutte le cose sia possibile. Ma poiché nel Regno dell’Assoluto, che rappresenta la realtà ultima, tutto è Uno, creare qualcosa che non sia parte di tale unità è impossibile. Non è impossibile, tuttavia, creare l’illusione di non essere Uno con tutto. È stato questo il motivo per cui è stato creato il Regno del Relativo. Come il paese delle meraviglie di Alice, in cui le cose non sono ciò che sembrano. Il vostro ego è lo strumento principale che avete a disposizione per creare tale illusione. Vi permette di immaginarvi separati da Tutto il Resto di Voi. È la parte di voi che vi vede come individui. Voi non siete individui, eppure dovete individualizzarvi, per comprendere e apprezzare l’esperienza del tutto. Perciò, in questo senso, avere amor proprio è “bene”. Lo è alla luce dì ciò che tentate di fare. Ma averne troppo non va bene, rispetto a ciò che state cercando di fare. Il vostro scopo è quello di usare l’illusione della separazione per comprendere e apprezzare meglio l’esperienza dell’Unione, che rappresenta Chi Siete Realmente. Quando l’amor proprio diventa così forte che riuscite a vedere soltanto il vostro Sé separato, perdete ogni possibilità di sperimentare il Sé unificato e siete perduti. Vi siete letteralmente smarriti nel mondo dell’illusione e vi tocca restarci per molte vite, finché riuscirete a liberarvene, o finché qualcun altro, un’altra anima, non vi aiuterà a uscirne. Questo significa l’espressione “restituire le persone a se stesse”. Questo è ciò che le Chiese cristiane intendevano con il concetto di “salvatore”. L’unico loro errore è stato quello di proporsi quale unico strumento di “salvazione”, rafforzando così l’illusione della separazione, proprio quella separazione da cui in teoria cercano di salvarvi. Insomma, capire se è o meno una buona cosa avere amor proprio è una questione complessa: tutto dipende da ciò che state cercando di fare. Se usate l’ego come uno strumento attraverso il quale sperimentare la Realtà Unica, è un bene. Se è l’ego a usare voi per impedirvi di sperimentare tale realtà, non è un bene. Comunque potrete sempre scegliere liberamente, rispetto a ciò che siete venuti a fare qui. Se trovate piacevole non sperimentare voi stessi come parte dell’Uno, avete la scelta di non fare quell’esperienza proprio adesso. Solo quando ne avrete avuto abbastanza della separazione, dell’illusione, della solitudine e del dolore, cercherete la via per tornare a casa. E scoprirete che Io sono lì, che sono sempre stato lì.

Sempre. In tutti i modi.

Tratto dal libro “Conversazioni con Dio Un dialogo fuori dal comune” di Neale Donald Walsch

visionealchemica

 

Fiori di Bach: Rescue Remedy

Fiori di Bach: Rescue Remedy

Parola chiave: Emergenza

Livello transpersonale
Si tratta della combinazione di cinque essenze: Roch Rose, Impatiens, Clematis, Cherry Plum e Star of Bethlehem. Rescue Remedy è un marchio originale protetto, perciò ogni produttore è costretto a chiamarlo in maniera diversa.
Si tratta di una combinazione principalmente transpersonale, perchè non si relaziona con alcun tipo di persona, bensì con determinate circostanze.
Il suo obiettivo è essere d’aiuto in situazioni che rappresentano un’emergenza, un trauma o uno schock, sia fisico che psichico, grande o piccolo che sia. L’idea originaria fu quella di risolvere la maggior quantità possibile di situazioni di emergenza con una formula standard, cosa che rappresenta un’eccezione all’interno del sistema floreale.
Esistono due requisiti imprescindibili per accedere a questa èlite floreale, a questo reparto d’assalto per situazioni d’emergenza:

a) Azione rapida. Si tratta di una formula per le urgenze.
b) Ampio spettro d’azione. Deve servire per agire in tutte le emergenze di tutti gli esseri viventi.

L’effetto del Rescue Remedy (RES) è dato sia dall’azione di ognuno dei suoi componenti che dal prodotto della somma di cinque energie compatibili che lavorano in sinergia in uno stesso flacone. Il motivo della presenza di ognuna delle essenze nella formula è il seguente:

Star of Bethlehem: Per il trauma e per ripararne le conseguenze.
Clematis: Per lo scoraggiamento e lo stordimento di uno shock. Per l’apporto energetico   necessario in molti processi di riparazione.
Rock Rose: Per il panico e la brusca paralizzazione che si verifica nei primi momenti di molte situazioni di allarme
Impatiens: Per lo stress, l’accellerazione e l’ansia. Per il dolore e l’infiammazione.
Cherry Plum: Per la mancanza di controllo o la paura di perderlo.

Il RES è una vera e propria formula di compensazione energetica, in un certo senso un modo per cavarsela in attesa di un trattamento di fondo.
L’elenco di situazioni che possono essere trattate con il RES sarebbe interminabile, ma vediamone alcune: incidenti, aggressioni, dolori, infiammazioni, cattive notizie, discussioni violente, forte tensione fisica o psichica, stordimento, agitazione, ansia, angoscia, stress, crisi nervose, svenimenti, affrontare situazioni impegnative come parlare in pubblico, colloqui che suscitano paura o ansia, esami, parto, interventi chirurgici, cure dentarie ecc.
Come si nota in questo elenco non si deve utilizzare RES solo in momenti estremamenti difficili. Infatti, Chancellor riporta casi in cui lo consiglia per esempio nei bambini piccoli che mostrano cambiamenti di comportamento (a volte quasi irrilevanti), perchè questi ultimi sono l’evidenza di scombussolamenti energetici che potrebbero portare in futuro alla malattia.
Anche all’inizio di una malattia infettiva, quando compaiono febbre e malessere, può essere di grande utilità, con l’aggiunta di Crab Apple.
Anche gli animali possono beneficiare del RES, e in effetti per loro è il rimedio più prescritto. La formula si può aggiungere all’acqua o ai pasti che consumano.
Anche nel caso delle piante si può ricorrere a questa formula. Un cambiamento di vaso e molte altre situazioni possono significare un trauma importante per la pianta, perciò bisognerà somministrare loro RES e Walnut, aggiungendole all’acqua d’irrigazione e, a volte, vaporizzandolo sulle foglie.
Il RES si può assumere dal comune flaconcino contagocce come gli altri rimedi oppure direttamente in bocca (2 gocce per volta dal flaconcino stock) o anche in un bicchiere d’acqua (4 gocce), precisando di berlo a piccoli sorsi intervallati. La frequenza di assunzione varia a seconda del caso: da ogni 30 secondi o meno (fino alla stabilizzazione del quadro) fino a 6 volte al giorno, in casi più cronici.
Quando la persona è incosciente, le si possono inumidire le labbra con alcune gocce di RES, mettergliele dietro le orecchie, sui chakra o sui polsi.
Il RES dovrebbe essere presente in tutti gli armadietti domestici dei medicinali, perchè può essere un valido rimedio per una vasta gamma di problematiche. Molte persone che non conoscono il sistema floreale di Bach sono assidui utilizzatori del RES, sia in gocce sia in crema. Esiste un Rescue Remedy in crema, preparato con l’aggiunta di Crab Apple. E’ concepito per trattamenti localizzati e unisce all’effetto detraumatizzante del RES l’effetto purificatore e depurativo di Crab Apple.
Risulta di grande efficacia in scottature, traumatismi, distorsioni, patologie dermatologiche acute molto diverse, punture d’insetti, allergie e molti altri casi.
In realtà, il RES è una meravigliosa formula sintomatica per cavarsela in una moltitudine di situazioni complicate, uno strumento accessibile ed economico che offre sollievo nei momenti duri e addirittura drammatici. Ma bisogna anche ricordare che costituisce una soluzione momentanea, in attesa di un trattamento floreale personalizzato.
In ogni caso, il RES dovrebbe far parte di tutti gli armadietti domestici dei medicinali…e di tutti i servizi sanitari di emergenza.

Abstract: Ricardo Orozco – opere

Fiori di Bach: Rock Water

Fiori di Bach: Rock Water

Descrizione originale di Bach

Per quelli che sono molto rigidi nel loro modo di vivere. Si negano molte delle gioie e dei piaceri della vita perchè ritengono che possano interferire nel loro lavoro. Sono severi maestri con se stessi. Desiderano essere sani, forti e attivi e faranno qualsiasi cosa reputano necessaria per conservare questa condizione. Sperano che il loro esempio induca gli altri a imitare le loro idee per diventare alla fine migliori.

Parola chiave: Ossessività, repressione, rigidità morale, puritanesimo, dogmatismo, metodocità, desiderio di essere preso ad esempio, sublimazione, perfezionismo, ascetismo, fanatismo, il martire, colui che porta il cilicio, cristallizzazione, rigidità statica, durezza.

Livello tipologico
E’ l’unica essenza che non deriva da un fiore, ma è acqua proveniente da diverse sorgenti, tanti quanti sono i produttori.

Si tratta di persone rigide e dure, con un’esagerata brama di perfezione. Sono severe con se stesse e hanno punti di vista rigorosi e inamovibili. Molto represse, sono totalmente incapaci di godersi la vita, che dirigono verso il raggiungimento di determinate mete con dedizione esclusiva e una grande durezza, privandosi dei piaceri e rifiutando tutto ciò che secondo loro li allontanerebbe dagli obiettivi. Vivono una concezione ascetica e severa dell’esistenza.
Reprimono pensieri, sentimenti e azioni per non cadere in tentazioni che li potrebbero distogliere dai loro rigidi obiettivi. Se cedono a causa degli alti e bassi della vita, immediatamente nasce in loro il senso di colpa e l’autorimprovero, oltre ad una sensazione di sporcizia, vergogna e impurità. Questi sentimenti, già molto radicati, si accentuano di fronte alla possibilità di qualsiasi “depravazione”. Sono, in realtà, dei puritani .
Nella maggior parte dei casi, si arriva a Rock Water (RWA) da uno stile di personalità ossessivo (ossessivi puritani). Come in tutti gli ossessivi, vi è una lotta interiore permanente tra l’obbedienza e la sfida. Generalmente hanno ricevuto un’educazione troppo rigida e repressiva dove per sopravvivere era necessario sviluppare un ferreo controllo emozionale, reprimendo una serie di impulsi catalogati come sporchi e inadeguati. Molti sono cresciuti con un forte senso di colpa e una grande paura di perdere il controllo, insomma, con una notevole insicurezza e indecisione.
Degli ossessivi puritani, Millon scrive: “I loro istinti e impulsi sono così forti, ma nello stesso tempo reagiscono contro di essi con una tale intensità, che li porta a cercare protezione nella giustizia divina per purificarsi, trasformarsi e contenersi. La maggior parte sente la continua pressione di impulsi aggressivi e sessuali ripugnanti e irrazionali e adotta uno stile di vita ascetico e austero che gli proibisca i suoi oscuri impulsi e le fantasie.  Le emozioni  in questi casi risultano inaccettabili per il soggetto e vengono canalizzate in comportamenti approvati socialmente. Questo meccanismo di difesa è noto come sublimazione.
Vivono secondo teorie e dogmi troppo rigidi, invece di accettare con generosità e indulgenza le debolezze e i limiti umani. Il dogma costituisce sempre il salvavita degli insicuri.  Questo spiega perchè RWA soffra di una bassa autostima e manchi di autoaccettazione.
Molti RWA si creano un automodello di perfezione o ricorrono a qualche modello preesistente, per esempio una corrente religiosa o un suo equivalente. La meta da raggiungere, oltre che di natura religiosa, può essere spirituale, sportiva, alimentare, politica, estetica e così via. Quindi, per essere un vero RWA si deve possedere un requisito indispensabile: l’autorepressione. Sempre pronta a censurare e contenere gli impulsi naturali che cospirano contro la meta prescelta. In realtà, la meta sublimata è solo un pretesto per contenere gli impulsi “ripugnanti” che li tormentano.
Da qui deriva il loro alto livello di repressione e paura di perdere il controllo.
A differenza di altri ossessivi all’origine di RWA ci può essere una maggiore repressione degli aspetti sessuali e morali. In molti casi il puritanesimo dipende da un modo integralista di concepire la religione. Ma questo non è un requisito obbligatorio, perchè negli ultimi decenni lo stantio puritanesimo religioso è stato sostituito in gran parte da quello sportivo e politico. Esistono in parte non pochi RWA nelle palestre, molti ultranazionalisti e persino stalinisti. Anche altri sostituti delle religioni convenzionali hanno conquistato la loro fetta di mercato, ma mostrano lo stesso integralismo fanatico: sette pseudoreligiose, correnti alimentari, ecc. Sono le varie tendenze socioculturali di ogni epoca a canalizzare gli individui con queste caratteristiche di ossessività verso le offerte esistenti in quel momento.
RWA cerca di proteggersi da pensieri e tendenze “pericolosi” conducendo una vita metodica e rituale dove non può accadere alcun imprevisto. La sua capacità di adattamento è inesistente.
Visti dall’esterno appaiono un pò strani: troppo rigidi e freddi, riservati, meccanici e per niente spontanei, incapaci di rilassarsi e captare l’atmosfera emozionale interpersonale. Usano un linguaggio troppo metallico, senza sfumature emozionali. Da buoni ossessivi, sono molto perfezionisti e scrupolosi, terribilmente ordinati, metodici e affettati. La maggior parte sono avari e meschini dal punto di vista materiale.
I soggetti RWA possono arrivare a trasformarsi in martiri, mettendosi alla prova con discipline disumane. L’ascetismo passa naturalmente per la privazione di ciò che considerano piaceri impuri e debilitanti dello spirito, come il sesso, l’alimentazione, l’ozio o direttamente il divertimento. Possono persino mortificarsi, perciò ho deciso di mantenere nelle parole chiave “colui che porta il cilicio”, immagine che allude alle discipline che spingevano o spingono i devoti a martirizzare le loro carni con alcuni strumenti di tortura.
Un’altra caratteristica importante in RWA è la sua pretesa di servire da esempio agli altri. Una filosofia degna come il vegetarianesimo non nasce in RWA in modo naturale, guidata cioè dall’amore per gli animali o per la natura, o come scelta ecologica di impegno, salute e crescita personale, bensì piuttosto come un bisogno di sentirsi superiore agli altri per via della sua grande mancanza di sicurezza.
Un problema aggiuntivo è che, oltre ad essere dogmatici e intransigenti, possono essere fanatici e integralisti come gli antichi inquisitori o specializzarsi nella pignoleria, diventando burocrati implacabili che amano complicare la vita agli altri.
Li possiamo trovare in tutti i settori, dove rispetteranno e faranno rispettare le regole e le leggi a qualsiasi prezzo. Il fatto di non disobbedire alla legge non significa affatto che siano etici. Hanno dentro molta ira e risentimento da riversare sugli altri.
L’aggressività dei RWA si spiega con la rabbia interiore che sentono nel doversi reprimere. Sono dediti a seguire le regole, ma nello stesso tempo provano risentimento nell’essere così limitati da queste e li irrita ancor di più che gli altri possano infrangerle. Spostano così la loro ostilità verso l’esterno. La maggior parte dei RWA sono eccessivamente critici verso le imperfezioni degli altri e quasi sempre dispregiativi con chi sta “sulla buona strada”.
L’attitudine mentale di RWA spesso si manifesta in modo fisico mediante mancanza di elasticità, rigidità varie e articolari.
Dal punto di vista emozionale è freddo e poco – o per niente – espansivo, perchè la vita affettiva potrebbe rappresentare un ostacolo per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Per questo motivo, cercherà  (se è quello che cerca) partner sentimentali che seguano le sue stesse regole e abbiano obiettivi simili,  ma indubbiamente l’aspetto sessuale delle relazioni intime rimane di solito qualcosa che li ripugna.

Roch Water come stato
RWA è tutto il contrario della dispersione, perciò alcuni adolescenti o giovani possono, in qualche momento della vita, oscillare al polo opposto in cerca di compensazione. Anche altre personalità insicure possono cercare di diventare per un breve tempo dei RWA, giustificando così il loro isolamento difensivo.
L’essenza si può usare inoltre quando una persona presenta comportamenti irremovibili, per esempio nel caso di genitori nei confronti dei figli o viceversa, liti familiari o simili, anche se chi l’assume non corrisponde al profilo RWA.

Livello spirituale
Per la Scheffer: “Il suo errore consiste nell’avere una grande ostinazione e obiettivi un pò materiali completamente equivocati. Egoisticamente vorrebbe imporre un’evoluzione, ma confonde l’effetto esterno con la causa interna. Ignora che un effetto esterno, per esempio un cambiamento nel modo di vivere, si produce da sè solo quando si creano le condizioni interne affinchè si realizzi.”

Come scive Barnard in questa analogia: “L’acqua sceglie sempre la strada di minor resistenza (…) si può adattare rispondendo al cambiamento, mentre la pietra è quella che si frappone sulla sua strada (…).”
Per Katz e Kaminski, l’essenza “aiuta a sviluppare una maggiore flessibilità interna e, in particolare, una capacità di sentire ciò che è vivo e le correnti impetuose della sua vita emozionale.”
Le descrizioni di autori così prestigiosi sono senz’altro molto interessanti e credo che tutti abbiano ragione nelle loro affermazioni, ma dobbiamo anche tenere in considerazione che RWA non cerca davvero un’evoluzione spirituale, nè un’eccelenza. Tutto sembra un paravento, un pretesto socialmente accettabile e persino ammirato, per nascondere quella serie di pulsioni indegne che lo tormentano.
Le descrizioni precedenti serviranno piuttosto a chi non è RWA come tipologia, ma adotta lo stato con dei presunti fini spirituali. Senza dubbio queste persone cadono in una vera e propria trappola dell’ego. Per Chancellor: “Non si tratta di dominio di se stessi, perchè il vero autodominio deriva dalla dimenticanza dell’essere e non dal concentrarsi su di esso.”
La disciplina che RWA applica a se stesso porta a un inevitabile autoaccentramento. In tal modo, sembra che l’unico a rafforzarsi sia l’ego…proprio il contrario di quello che prevede qualsiasi modello di evoluzione spirituale. In ultima istanza, l’apprendimento non si struttura in base a quando e come decide l’ego, quindi, con il suo atteggiamento pretenzioso e per niente umile, RWA riesce solo ad alimentare l’ego. La volontà di essere perfetto è già un indicatore di RWA. L’anima non pretende infatti che siamo crudeli e tirannici con noi stessi.
Comunque è sorprendente la grande quantità di persone che si credono più spirituali o evolute perchè non fumano, non bevono alcolici, fanno meditazioni ecc. In realtà, come abbiamo sottolineato in altri punti, dagli scritti di Bach si può dedurre che l’evoluzione spirituale dipende molto di più da ciò che che si è, che da ciò che si pretende di essere. Vale a dire, che deriva dallo sviluppo e dall’applicazione di certe virtù o lezioni che sono sempre, assolutamente sempre, legate ad un elevato livello di autocoscienza ed empatia, entrambe basilari per una buona intelligenza emozionale. E non dimentichiamo che i Fiori di Bach sono intelligenza emozionale liquida. Lo stesso veicolo con cui li assumiamo, l’acqua, è un esempio magistrale di flessibilità.
Bach scrisse saggiamente: “Dobbiamo mantenere un pensiero flessibile, perchè le idee preconcette e i pregiudizi non ci privino dell’opportunità di raggiungere una conoscenza più ampia e più nuova. Dobbiamo essere sempre disposti ad aprire la mente e a rifiutare qualsiasi idea, per quanto sia radicata, se l’esperienza ci mostra una verità migiore.”
In conclusione, l’assunzione di RWA, sia quando è una tipologia sia quando è solo uno stato momentaneo, tratta l’autoaccettazione obiettiva e umile, requisito indispensabile per iniziare qualsiasi percorso spirituale.

Abstract: Ricardo Orozco – opere

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